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Il Mediterraneo di Brondino, da “lago di pace” a “cimitero liquido”. Riflessioni storiografiche e prospettive di ricerca

i__id15264_mw600__1xdi Salvatore Speziale

Mediterraneo: luogo privilegiato dell’uomo, della storia e della storiografia

Sebbene possa apparire lapalissiano ai più, s’intende ugualmente ribadire in questa sede come il Mediterraneo sia sempre stato, e continui ad essere tuttora, un luogo privilegiato dell’uomo, nella sua pluralità e complessità, della storia, nell’accezione più onnicomprensiva del termine, e, di conseguenza, della storiografia, nelle sue varie declinazioni metodologiche e tematiche. Tale affermazione, di per sé ricca e articolata, potrebbe invece apparire addirittura riduttiva se non si tenesse conto delle altre scienze sociali e delle cosiddette scienze esatte che in quello stesso bacino hanno sempre trovato un terreno fertile per le speculazioni teoriche e per le applicazioni sul campo, generando un continuo e proficuo scambio di conoscenze e innovazioni.

Da questa premessa deriva il fatto che, proprio in quanto luogo così privilegiato, nel corso dei secoli, quel mare e tutto ciò che gli sta attorno è stato visto e narrato come tutto e il contrario di tutto, oggetto di visioni le più disparate e di definizioni le più distanti e opposte, offerte e profuse da chi lo ha osservato da vicino e da lontano: crocevia di popoli e/o luogo di segregazione; culla di religioni e/o teatro di conflitti religiosi; spazio di dialogo e/o di incomprensione; luogo di mediazione e/o di conflitto; area di accoglienza e/o di respingimento; terreno di conoscenza reciproca e/o di disconoscimento e ignoranza; regione di tolleranza e/o del suo contrario; luogo di incontro e/o di scontro; posto di convivenza, coabitazione, coesistenza e/o di esclusione, isolamento e separazione, se non di scontro di civiltà.

Tra i tanti estremi, di cui solo alcuni sono qui sopra elencati in maniera nettamente dicotomica, volutamente non esaustiva e dichiaratamente non metodica, si collocano le riflessioni di studiosi che con maggiore competenza e penetrazione si sono occupati di Mediterraneo. I loro nomi, di per sé, rimandano direttamente a interpretazioni e restituzioni tanto articolate e complesse quanto affascinanti e stimolanti: da Fernand Braudel a Predrag Matvejević, da David Abulafia a Franco Cassano, da George Duby a Iain Chambers, da Salvatore Bono a Franco Cardini, da Andrea Riccardi a Georges Corm, giusto per citare alcuni degli autori che saranno esplicitamente o implicitamente ripresi per varie ragioni nel prosieguo del discorso. La vastità e la profondità delle loro opere, riconosciute a livello internazionale, e le loro ponderose bibliografie di riferimento, testimoniano la complessità e la ricchezza delle tematiche trattate, e contribuiscono in maniera significativa alla comprensione delle dinamiche storiche, culturali e sociali del Mediterraneo.

91ucysnjgml-_ac_uf10001000_ql80_Un’occasione per rileggere e ripensare il Maghreb e il Mediterraneo

All’interno di questa partecipata osservazione e di questa consistente produzione di senso nel quadro mediterraneo di varie epoche e di varia geometria trova collocazione il percorso storiografico, diplomatico e umano di Michele Brondino. I temi cardine della sua produzione possono essere prevalentemente, ma non esaurientemente, situati – seguendo le stesse parole usate dallo Studioso – tra gli estremi temporali e spaziali del “lago di pace”, fiduciosamente ipotizzato a partire dalla metà del XX secolo ma già “presente” in tempi anteriori, al “cimitero liquido”, drammaticamente osservato dai nostri occhi nella quotidiana e perenne emergenza, passando per lo “spazio di progresso e pace”, troppo ottimisticamente prognosticato dai partecipanti della Conferenza di Barcellona del 1995.

Volendo dare contezza delle ragioni di queste scansioni temporali simboliche sembra difficile non vedere nel concetto di “lago di pace” quell’ideale, condiviso da Brondino, di cooperazione e armonia che ha radici storiche profonde e alle quali si può e si deve ancora attingere. Un concetto che è stato anche al centro di visioni storiche ben documentate e articolate come quella di Fernand Braudel che, già nel suo studio magistrale La Méditerranée et le Monde Méditerranéen à l’Époque de Philippe II (Armand Colin, 1949), descrive il Mediterraneo come uno spazio unificato da interazioni commerciali e culturali che hanno favorito la nascita di una civiltà mediterranea comune nonostante le divisioni, le competizioni, le contrapposizioni e le guerre. Tuttavia, Brondino, e noi insieme a lui, non ignora di certo la realtà attuale del Mediterraneo che gli appare sempre più come un “cimitero liquido”, una metafora tanto condivisa quanto dolorosamente adeguata alla tragedia delle migrazioni contemporanee e delle numerose vite perse nel tentativo di attraversare questo stretto mare.

2-breviariomediterraneoQuesta visione è declinata e fatta propria anche da altri studiosi come Predrag Matvejević, che nel suo Breviario mediterraneo (GZH, 1987; Garzanti, 1991) riflette sulla dualità del Mediterraneo come luogo di vita e di morte, di accoglienza e di respingimento. Il terzo concetto chiave, intermedio nella scansione temporale di Brondino, è relativo allo “spazio di progresso e pace”, un ideale che notoriamente ha trovato espressione nella Conferenza di Barcellona del 1995. Questa conferenza, che mirava a promuovere la cooperazione e la stabilità nella regione attraverso il partenariato euro-mediterraneo ha prodotto, notoriamente, risultati spesso deludenti rispetto alle aspettative ottimistiche degli organizzatori. Franco Cassano, tra gli altri, nel suo Il pensiero meridiano (Laterza, 1996), discute proprio le sfide e le ambiguità legate alla realizzazione di un tale progetto in una regione storicamente complessa e politicamente instabile.

Da questa breve e incompleta rassegna di posizioni si evince come e perché la riflessione storiografica di Michele Brondino sul Maghreb e sul Mediterraneo si muova attraverso queste tre prospettive, fornendo di conseguenza un quadro ricco e sfaccettato del Mediterraneo. Attraverso la sua ricerca, egli ci invita a riflettere sia sulle potenzialità di questo mare come simbolo di cooperazione e scambio culturale, sia sulle sfide e le tragedie che lo caratterizzano nella contemporaneità. In quest’ottica, l’occasione che ai nostri occhi può rendere opportuna sia la rivisitazione dell’opera di Michele Brondino che la riapertura di una riflessione, se non un vero e proprio ripensamento, sul grande spazio mediterraneo e sul teatro maghrebino in particolare, è offerta dalla monumentale raccolta dei principali saggi scritti dall’Autore nel corso di quarant’anni. Questa pregevole silloge di oltre 80 lavori, nata nel settembre 2023, è il frutto della certosina e paziente curatela della storica tunisina Raoudha Guemara, della preziosa collaborazione di Yvonne Fracassetti-Brondino, e della casa editrice Mimesis.

9788857598758Il titolo generale della raccolta e i titoli dei due volumi che la compongono paiono precisamente appropriati rispetto ai contenuti e, giocoforza, all’orizzonte intellettuale e umano dell’Autore e meritano di essere almeno succintamente vagliati. In effetti, il titolo generale Maghreb e Mediterraneo. Terra e uomini tra un deserto e un mare, incornicia chiaramente l’intera raccolta, indicando con il suo triplo binomio gli ambiti geografici e gli oggetti della ricerca, nonché le coordinate spaziali entro cui lo studio storico e l’attività diplomatica dell’Autore si sono dispiegati. Il titolo del primo volume, Il Maghreb nella morsa della storia contemporanea, delimita il primo degli ambiti geografici, quello più ristretto e su cui maggiormente si è rivolta l’attenzione di Brondino, e la dimensione temporale più frequentata. Invece, il titolo del secondo volume, Il Mediterraneo continente liquido, crogiuolo di civiltà e laboratorio politico, espande la dimensione spaziale e affronta alcuni concetti chiave che stanno più a cuore dello Studioso e che rimandano a questioni dirimenti del nostro tempo: la “liquidità” del mare in riferimento alla mobilità che esso consente oltre che alla “società liquida” di Zygmunt Bauman, l’intersecazione culturale e la coesistenza di civiltà diverse espresse sempre in prospettiva critica rispetto a Samuel P. Huntington (The Clash of Civilization and the Remaking of World Order, Simon & Schuster, 1996), e, infine, la natura laboratoriale sociopolitica del Mediterraneo.

É opportuno sottolineare in prima battuta che nonostante l’ampiezza dell’opera – il primo volume conta 769 pagine e il secondo 303, per un totale di 1072 pagine – questa non contiene affatto tutta la produzione dell’Autore. A parte alcuni saggi, esclusi per ragioni indicate nella prefazione dalla curatrice, non si è potuto includere, per comprensibili motivi di spazio e di opportunità editoriale, né le otto monografie né le undici curatele menzionate nel profilo biografico di Brondino in calce all’opera. Un profilo fin troppo essenziale per comprendere appieno l’Uomo e l’Autore, ma comunque sufficiente, per chi non ne avesse contezza, per seguire il lungo viaggio di esplorazione, incontro, ricerca e scrittura che ha caratterizzato gran parte della sua vita di storico e di diplomatico nello spazio del Maghreb e del Mediterraneo, nel tempo della storia contemporanea otto-novecentesca e dell’attualità più stringente.

La prefazione della curatrice mette opportunamente in primo piano le difficili problematiche sperimentate durante la raccolta, selezione, cura e aggregazione dei numerosi scritti in italiano e in francese, lingue mantenute per rispettare la dimensione nazionale e internazionale dell’Autore. Tutte queste operazioni sono state possibili anche grazie allo sviluppo logico e coerente del percorso di studi che sembra delinearsi chiaramente davanti agli occhi di Raoudha Guemara fin dagli esordi. Come ella stessa sottolinea, ad esempio, i due orizzonti geografici, quello maghrebino e quello mediterraneo, lungi dall’essere contrapposti o separati, si rivelano negli scritti intimamente interconnessi. In modo simile, l’uomo maghrebino si manifesta al tempo stesso uomo mediterraneo non in contraddizione con il suo essere uomo africano. Nella scrittura di Michele Brondino, quindi, i due ordini di fattori geografici e umani non appaiono come elementi separati in base a rigidi schemi e definizioni, ma piuttosto come scenari di pluralità e complessità: terre e uomini da esplorare con quella curiosità e quella passione sottoposte al rigore metodologico che lo ha sempre contraddistinto.

La premessa dell’Autore svela, invece, come due autorità eterogenee e geniali come Leonardo da Vinci e Albert Camus s’innalzino a fari della sua vita tout court a conferma di quanto accennato. Due dei loro motti, infatti, “Conoscere per amare” e “Comprendere e non giudicare”, danno contezza non solo dello spessore scientifico ma anche di quello umano di Michele Brondino. Questi due aspetti, inscindibili e imprescindibili, sono fondamentali per comprendere appieno la sua fame di conoscenza, il suo desiderio d’incontro, il suo sforzo di capire l’altro e l’alterità e di renderli in tutte le loro sfaccettature al di là di posizioni preconcette e di condizionamenti politici, al di là di semplificazioni e forzature. 

lhistoire_du_maghreb___un_-laroui_abdallah_bpt6k4800931cUtilità dell’opera: “risemantizzare” per il passato e per il presente del Maghreb e del Mediterraneo

Ci troviamo di fronte, come si comprende facilmente, a una curatela complessa, ragionata e oculata, non a una semplice selezione e raccolta di testi scritti nell’arco di un lungo arco temporale, sparsi in riviste e opere collettanee facilmente o difficilmente rintracciabili, e semplicemente emendati tipograficamente e uniformati stilisticamente. Ci troviamo di fronte a un compendio in cui i singoli saggi pubblicati nel corso tempo all’interno di opere di vario genere, sono stati estrapolati e ricollocati entro cornici di significato coincidenti con i percorsi di ricerca battuti e i nuclei tematici attraversati. Si può ben dire, pertanto, che questi saggi sono stati “risemantizzati”, ovvero offerti al lettore con un significato e un portato certamente diverso da quello offerto al tempo della loro scrittura, con un peso e una specificità diversa.

Si prenda in considerazione, ad esempio, il primo saggio del primo volume, Orientamenti bibliografici sul Panmaghrebismo, un corposo saggio di oltre trenta pagine edito in prima battuta nella Collana Studi Mediterranei nel 1984, giusto quaranta anni fa. Se ci si chiede che valenza avesse nel dibattito storiografico e politico di quel tempo è possibile trovare delle risposte già a partire dalle pubblicazioni citate. In un excursus lucido e denso, Michele Brondino rimanda inizialmente alla letteratura del periodo coloniale e immediatamente post-coloniale, da Yves Gautier a Gabriel Camps, da Charles-André Julien a Jean Despois, per attraversare quella degli anni Settanta e approdare a quella dei primi anni Ottanta, citando, tra gli altri, autori del calibro di Abdallah Laroui, Moncer Rouissi, Jamil Abun-Nasr, Hildelbert Isnard, Abdelkader Zghal, Jacques Berque, Habib el-Malki e Mustapha Filali, e opere apparse fino al 1983, quindi poco prima di mandare in stampa quel saggio.

Da questa breve analisi abbastanza oggettiva, scaturiscono almeno due deduzioni ineludibili per comprendere meglio l’opera e l’Autore che abbiamo di fronte. In primo luogo, il suo continuo aggiornamento, il suo dialogare con la letteratura più remota e con quella più recente con l’intento di esaminare le linee di continuità e di rottura della storiografia. In secondo luogo, la sua volontà di comprendere nel suo sguardo quanto venisse pubblicato nell’una e nell’altra sponda del Mediterraneo, con un’evidente attenzione alla produzione francese e alla produzione maghrebina.

In effetti, nel 1984 quel saggio rivestiva un marcato interesse perché offriva al lettore del tempo una variegata disamina del panmaghrebismo, tema di grande attualità in quel frangente, aperta alle varie correnti storiografiche e pronta a cogliere quel revisionismo storiografico che si produceva proprio in quegli anni a seguito della diffusione dei Post-colonial studies e dei Subaltern studies. Laroui nel 1982, nella sua Histoire du Maghreb, opportunamente citato da Brondino, afferma lapidariamente e anche sarcasticamente la necessità di osservare la storia con gli occhi del colonizzato: 

«Se un Maghrebino decidesse di riscrivere la storia di Francia o d’Inghilterra dal punto di vista dei Celti, dimostrando la loro negatività e non autenticità, gli si riderebbe in faccia, eppure è ciò che fanno incessantemente e con pretesto di amicizia, molti dotti storici. Questa è “la storia colonizzata”: voler dire a certi popoli ciò che avrebbero dovuto essere i loro atti del passato». 

 s-l1600Rispetto a questa storia dei colonizzati, vista con gli occhi dei colonizzatori, Brondino si fa portavoce delle istanze innovatrici di una storiografia non eurocentrica, non occidentalocentrica, non orientalista che sarà parte integrante del suo studio monografico Il Grande Maghreb: mito e realtà pubblicato nel 1988 da Franco Angeli. 

É lecito chiedersi, inoltre, che valenza e utilità può avere quel medesimo saggio, così come i tanti altri saggi compresi nella raccolta, a distanza di quarant’anni, da meritare di essere riproposto al lettore di oggi. Una risposta può essere data dal fatto che chiunque voglia adesso approcciarsi al tema del panmaghrebismo può trovare in quel lavoro sia una riflessione a posteriori sul dibattito espletato nel trentennio precedente, sia il quadro della situazione dei primi Anni Ottanta da cui agevolmente proseguire attraverso la bibliografia prodotta nei decenni successivi. Quel saggio di Brondino, come molti altri suoi saggi, a distanza di anni, da ottimo punto di arrivo è diventato, pertanto, un ottimo punto di partenza, uno strumento di lavoro per discendere nella profondità del passato e da lì risalire verso la superfice del presente.

Va anche detto che, volendo riprendere uno dei sentieri di ricerca percorsi al suo interno o volendo affrontare un’analisi della storiografia sul Maghreb dalla decolonizzazione ai tempi recenti, si potrebbe indirizzare l’analisi sulla questione cruciale prima posta: cercare di vedere se i presupposti e gli scontri per la decolonizzazione della storia, che si leggono in storici come Laroui e che Brondino aveva subito colto negli Anni Settanta e Ottanta, sono stati superati e vinti oppure se resta ancora tanto per de-occidentalizzare e de-europeizzare la storia. La risposta è abbastanza palese e si evince anche da altri saggi più recenti compresi nella silloge: molti di quei blocchi e di quegli scontri denunciati ben 40 anni fa sono ancora presenti e tanta storiografia di livello divulgativo resta tuttora ancorata a nostalgie e infatuazioni coloniali.

Soprattutto in Italia, gran parte dei conti con il colonialismo restano ancora da fare e questo lo si vede nel quotidiano rapportarsi con l’altra sponda del Mediterraneo, nel modo di articolare i progetti di cooperazione peer-to-peer e nei toni con cui quegli stessi progetti vengono proposti e propagandati, nel linguaggio attraverso il quale il mondo della politica e quello dell’opinione pubblica parlano di Maghreb e di Mediterraneo, di Africa e di Oriente. Quindi, ciò che è stato colto da Brondino negli Anni Ottanta, sebbene abbia trovato terreno fertile nella comunità accademica, non ha trovato spazio in altri settori per motivi ideologici e politici, per scarsa sensibilità o per inerzia metodologica e, dolorosamente e pericolosamente, non filtra nell’orizzonte del lettore comune. Quel saggio, quindi, resta ancora attuale per gran parte dei temi che affronta. E questo, come possiamo ben capire, riguarda non solo questo primo testo ma l’intera raccolta.

Si aggiunga che il saggio è stato opportunamente e sapientemente inserito da Raoudha Guemara nella cornice della Prima parte: Il Maghreb: entità territoriale, uomini e stati, ed è seguito da saggi comparsi nei tempi successivi in italiano e in francese vertenti su Maghreb et Méditerranée, Prospettive del Grande Maghreb, l’Unione del Maghreb arabo, Integrazione del Grande Maghreb, Maghreb et Géopolitique e altri. Ciò sta a significare non solo l’esistenza di un ricco filone di ricerca dell’Autore ma anche il lavoro di selezione, raccolta e collocazione operato da Raoudha Guemara che avvalora e dà nuova luce e lustro a quanto scritto. L’ultimo lavoro citato dall’Autore in questa sezione è del 2018 in un suo saggio del 2019, a significare il lungo e robusto fil rouge ma anche l’intenso aggiornamento che contraddistingue l’operato del Brondino più “giovane” e del Brondino meno “giovane”, a ribadire la validità delle posizioni espresse nel corso del tempo in un campo, quello della politica contemporanea, caratterizzato dalla estrema volatilità delle affermazioni. 

9788816951099-itIl Maghreb nella morsa della storia contemporanea

Il primo volume, Il Maghreb nella morsa della storia contemporanea, raccoglie una cinquantina di contributi e offre al lettore un panorama ricco e variegato della storia contemporanea maghrebina, dalle spinte della decolonizzazione fino ai recenti sviluppi legati alla cosiddetta “Primavera araba” passando per le indipendenze e le dipendenze post-coloniali. All’interno di queste coordinate spazio-temporali Michele Brondino affronta alcune delle più pressanti questioni di ordine politico, economico e sociale che hanno coinvolto e coinvolgono tuttora gli studiosi dell’area rispetto al pensiero e all’opera delle élites intellettuali e politiche che li hanno vissuti in prima persona. Esamina il passato coloniale e il complesso retaggio che esso ha lasciato nei Paesi del Maghreb, i rapporti tra gli Stati indipendenti e l’Europa e le relazioni interne agli Stati del Maghreb, con particolare attenzione alle istanze aggregative poi sconfessate.

Il volume è strutturato in quattro parti, ciascuna suddivisa in varie sezioni. La prima parte, Il Maghreb. Entità territoriale, uomini e Stati, esplora, in primo luogo, l’aspetto territoriale prendendo in considerazione gli elementi divisivi e unificanti. Da una parte, si esaminano i nazionalismi, dall’altra, i tentativi di aggregazione ispirati al panarabismo e al panmaghrebismo come il Grande Maghreb e l’Unione del Maghreb Arabo. La sezione successiva è dedicata alle figure politiche di rilievo che hanno contrassegnato il periodo che va dalla decolonizzazione ai tempi più recenti: da Habib Bourghiba a Ferhat Abbas, da Houari Boumediene ad Abdelaziz Bouteflika. La terza sezione, infine, si concentra sugli Stati, sui sistemi politici e sulle strategie di sviluppo in capo alla Libia, alla Tunisia e all’Algeria. Su quest’ultimo Paese, Brondino ha prodotto anche una monografia intitolata L’Algeria, pese delle rivoluzioni accelerate. L’uomo e le strutture, pubblicata a Torino per Stampatori nel 1981.

La seconda parte, dal titolo La Cultura, comprende una sezione dedicata alla letteratura e una alla stampa. Nella prima sezione sono raccolti saggi su autori “di confine” tra le due sponde del Mediterraneo, ai quali Brondino ha offerto una prospettiva differente rispetto al panorama letterario e filosofico esistente: il franco-algerino Albert Camus, il siculo-tunisino Mario Scalesi, lo scrittore tunisino in visita in Italia, Ali Duagi, il filosofo pavese Giulio Preti, morto a Gerba nel 1972, e il poeta algerino Kateb Yacine. La sezione dedicata alla stampa offre invece uno spaccato della stampa italiana in terra tunisina a cui Brondino ha dedicato anche una monografia dal titolo La stampa italiana in Tunisia: storia e società, 1838-1956, edito da Jaca Book nel 1998. Anche qui l’aspetto di “confine” è evidente nello studio delle posizioni di destra e di sinistra che quella ricca produzione esprime tra Ottocento e Novecento, e nell’analisi della politica italiana, di quella coloniale in particolare, da una parte, e della situazione locale della diaspora migratoria, dall’altra.

Il Maghreb e l’Europa è il titolo dato alla terza parte che si divide in due versanti: quello dei rapporti e quello delle percezioni. In entrambi i versanti, il punto di vista privilegiato è quello italiano e francese da una parte, e quello maghrebino e tunisino, dall’altra. Una prospettiva di lungo termine, che dal primo quarto dell’Ottocento si estende fino agli anni Ottanta del Novecento, offre al lettore la possibilità di comprendere le dinamiche complesse che hanno regolato questioni cruciali come il confronto italo-francese per la Tunisia, l’invasione della Libia, le indipendenze e le politiche più recenti di cooperazione.

La quarta parte, infine, dal titolo La “Primavera araba” è nata a Tunisi, penetra nelle ragioni profonde d’ordine sociale e politico della “Primavera araba”, che hanno condotto al rovesciamento del regime di Ben Ali in Tunisia nel 2011. I saggi prendono in esame i concetti di rivolta e rivoluzione, di democrazia e autoritarismo, di tradizione e modernità, nel tentativo di individuare la specificità della Tunisia odierna e della sua storia seguita fino alla presidenza di Béji Caïd Essebsi. Alcuni di quei temi e problemi, relativi al primo periodo, sono stati ripresi nella monografia Il Nord Africa brucia all’ombra dell’Europa, edito per Jaca Book nel 2011.  

413euvww8ql-_ac_uf10001000_ql80_Il Mediterraneo continente liquido, crogiuolo di civiltà e laboratorio politico

Il secondo volume, Il Mediterraneo continente liquido, crogiuolo di civiltà e laboratorio politico, dilata i limiti dello sguardo all’intero «mare bianco di mezzo», visto nella sua perenne motilità, nel suo essere costantemente attraversabile, nel suo essere trait-d’union di genti e continenti piuttosto che spartiacque simbolico tra il Nord e il Sud, tra l’Occidente e l’Oriente. Frutti di un convinto assertore del dialogo tra i popoli delle due sponde, i saggi accuratamente selezionati in questo volume catturano e magnificano l’intima e ponderata dissonanza rispetto ad una diffusa visione radicale e oppositiva dei rapporti con l’Altro e l’Altrove. Questo, va detto, nonostante la tragicità degli eventi che contraddistinguono gli ultimi decenni e forse proprio in ragione di quella tragicità che Michele Brondino vorrebbe ridurre se non esorcizzare.   

Anche questo volume è suddiviso in quattro parti contenenti una trentina di saggi. La prima parte, emblematicamente intitolata Il Mediterraneo, i Mediterranei, delinea la complessa e plurale visione del campo di studio dilatato spazialmente rispetto al primo volume. La prima sezione contiene un’analisi della complessità mediterranea tra storia, geopolitica, globalizzazione e dialogo interculturale. Segue una sezione dedicata all’inversione dei flussi migratori nel Mediterraneo: dalle migrazioni italiane in Africa (in Tunisia e in Egitto in particolare) di ieri alle migrazioni verso l’Italia e l’Europa di oggi. L’autore pone sempre e volutamente l’accento su quei fattori di convivialità, coabitazione e convivenza testimoniati sulla sponda africana in passato, quasi in contrasto con il panorama frammentato e contrastato dell’accoglienza e delle relazioni umane del presente.

La seconda parte, dal titolo L’identità mediterranea, esplora le questioni identitarie del Mediterraneo: affronta alcuni dei temi ricorrenti nella vita dell’Autore atti a promuovere il dialogo e mantiene sempre una visione critica circa le tendenze opposte. La diversità culturale e religiosa viene dunque analizzata in rapporto alla questione della cittadinanza e in contrasto con quella strumentalizzazione identitaria che è sempre più spesso alla base di separazioni e di fratture laddove prevale un’ottica di prevaricazione e intolleranza anziché un’ottica pluralista.

La cultura, crogiuolo del dialogo mediterraneo è il titolo dato alla terza parte. Al suo interno si trovano una serie di saggi che riprendono il tema della cultura e lo pongono al centro del dialogo mediterraneo. Partendo da alcuni dei maggiori intelletti che hanno avuto a cuore la modernità e il Mediterraneo (come Antonio Gramsci, Abdelwahab Meddeb, Predrag Matvejević e Franco Cassano), Michele Brondino esplora i rapporti internazionali partendo dal linguaggio che, secondo Gramsci, contiene gli elementi di una concezione del mondo e di una cultura; dall’interculturalità come chiave per comprendere e gestire la diversità; dal rapporto tra identità e dialogo interculturale, utile per comprendere e affrontare la sfida della mobilità umana e della globalizzazione.

La quarta parte, infine, Rapporti euro mediterranei ieri e oggi, spazia tra vari contesti e contrasti euro mediterranei: l’area del Maghreb nei suoi rapporti con l’ex colonizzatore francese; la Jugoslavia prima e dopo il conflitto e la frantumazione del mosaico etnico, religioso e nazionale; la Tunisia felix, ponte tra Europa, Africa e mondo islamico; l’Albania dalla chiusura ermetica alla timida apertura internazionale dei primi anni Ottanta di cui l’Autore è testimone diretto e che recentemente è stata oggetto di un lavoro più esteso insieme a Yvonne Fracassetti (Stranieri nell’Albania rossa, Besa Muci, 2020); la Turchia tra islam e democrazia nella peculiare declinazione neo-ottomana. 

Michele Brondino

Michele Brondino

Una visione d’insieme: i “colori del Mediterraneo” nel caleidoscopio dell’opera

Intendendo sintetizzare in una visione complessiva la raccolta di saggi, questa si distingue non solo per la sua struttura articolata, ma anche per essere un vero e proprio caleidoscopio di tematiche, questioni, esplorazioni, interpretazioni, riflessioni e prospettive che dal passato storiografico risalgono, caricandosi di una attualità irrisolta, fino al presente.

A dominare il tutto non è il comodo sguardo europeo ed eurocentrico, quanto piuttosto il risultato ben più faticoso di un duplice posizionamento, sull’una e sull’altra sponda, che permette di incrociare le prospettive. Questo approccio è stato reso possibile grazie alla costante esplorazione delle produzioni scientifiche e letterarie, dei loro autori, nonché degli attori chiave della scena politica e culturale maghrebina e mediterranea. A ciò si aggiunge il supporto di una diretta presenza sul campo: in Tunisia come in Albania come altrove. Tutto ciò consente a Brondino di formulare ipotesi e sintesi capaci di resistere alla prova del tempo su questioni complesse e in continua evoluzione.

La modernizzazione e la conservazione della tradizione, la democratizzazione e le tendenze dittatoriali, la globalizzazione e le realtà locali, il panarabismo e il panislamismo, i vari modelli di sviluppo e la loro applicazione, la colonizzazione e la decolonizzazione, l’emigrazione verso l’Africa e l’emigrazione verso l’Europa, le dinamiche interne e le relazioni internazionali, la tensione tra scontro e dialogo, le convivenze interculturali, interlinguistiche e interreligiose, l’omogeneizzazione identitaria e la diversità culturale, le grandi personalità e le masse: sono solo alcuni dei mille nodi che si dipanano attraverso le pagine, i capitoli, le parti e i volumi di questa grande opera. Il lettore, zigzagando tra i testi, potrà seguire agevolmente quei nuclei tematici e potrà cogliere agevolmente il posizionamento dell’Autore, la coerenza della sua visione nel lungo arco temporale della sua produzione. Avvertirà la sua apertura al dialogo, alla convivialità, allo scambio reciproco, ai valori democratici, ai diritti di tutti, nessuno escluso. Percepirà il suo modo pulito e originale di osservare le figure politiche, anche le più controverse e distanti dai suoi modelli di riferimento (tra i quali oltre ai già citati Abbas, Ben Ali, Bourghiba e Bouteflika si ricordano Chadli Benjedid, Recep Tayyep Erdogan, Mouammar Gheddafi, Enver Hoxha…). Apprezzerà il suo saper attribuire il giusto credito e merito ai grandi pensatori e studiosi che hanno influenzato il suo percorso formativo (tra i quali oltre i già citati Braudel, Camus, Cassano, Gramsci, Meddeb e Matvejević, si rammentano Sante Bagnoli, Michel Camau, Sergio Romano, Mohamed Talbi, Alain Touraine…). Comprenderà il suo saper cogliere aspetti inediti e paradigmatici dei Paesi del Mediterraneo in cui ha vissuto più a lungo o frequentato più assiduamente, come Tunisia, Algeria, Albania, Belgio e Francia, così come dei Paesi in cui ha avuto brevi ma significative esperienze di viaggio e di soggiorno.

La lettura dei saggi di Brondino ci permette di riscoprire l’importanza di una storiografia critica, capace di superare gli schemi eurocentrici e orientalisti, offrendo una visione più equilibrata e inclusiva della storia mediterranea. Le sue riflessioni sui concetti di “lago di pace”, “spazio di progresso e pace” e “cimitero liquido” ci spingono a interrogare le nostre percezioni e a cercare soluzioni concrete per le sfide attuali. L’opera nel suo insieme sottolinea l’urgenza di un ripensamento della storia e delle politiche mediterranee, invitando studiosi, politici e cittadini a guardare al Mediterraneo non solo come a un luogo di divisione e conflitto, ma anche come a uno spazio di opportunità per il dialogo, la cooperazione e la comprensione reciproca.

Il fitto intreccio di citazioni e l’amplio bagaglio di riferimenti a piè di pagina stanno a sottolineare, se ce ne fosse bisogno, il costante e critico dialogo dell’Autore con la produzione scientifica e letteraria nazionale e internazionale. Brondino, attinge, sempre con acume, dalle tradizioni anglosassoni, francesi e maghrebine, cogliendo prospettive metodologiche innovative e spunti di ricerca originali che rinnovano lo sguardo e l’oggetto di studio attraverso nuovi interrogativi, fonti e modelli.

Il suo stile brillante e accattivante, che traspare sia quando scrive in italiano che in francese, gli ha permesso di trattare con disinvoltura quelle questioni complesse e delicate cui si è accennato nel momento stesso in cui queste si manifestavano ai suoi occhi nel corso dei quarant’anni di studi bibliografici e documentari e di osservazione diretta.

Per questo sguardo ampio e originale, appassionato e sincero non possiamo non essere grati all’Autore; per questo imponente lavoro di raccolta, selezione, uniformazione editoriale, ricollocazione e vera e propria risemantizzazione dei testi sparsi in decine di opere collettanee e di riviste pubblicate nello spazio di un quarantennio, non possiamo non essere grati alla Curatrice del volume. Grazie al suo impegno, il flusso di una vita di ricerche, di viaggi e di incontri scorre fluidamente tra le pagine poste davanti agli occhi del lettore di oggi, mostrando, al di là dei problemi toccati, l’amore per la conoscenza, lo sforzo per la comprensione, la profondità delle analisi, la lungimiranza delle visioni, l’attualità delle affermazioni, la fermezza delle sue posizioni lontane sia da antichi preconcetti che da moderni pregiudizi.

Dialoghi Mediterranei, n. 68, luglio 2024

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Salvatore Speziale, professore associato di Storia e istituzioni dell’Africa e del Vicino Oriente presso il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina. I suoi campi di interesse sono le “migrazioni” di uomini, merci, saperi e malattie epidemiche tra le due sponde del Mediterraneo dal XVIII al XX secolo. Su questi temi ha pubblicato diverse monografie e un centinaio di saggi in riviste e opere collettanee italiane e straniere. É, inoltre, membro delle più importanti associazioni di studi del settore. 

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