di Stefanie Ludwig [*]
Premessa
Secondo l’EEA (l’Agenzia europea dell’ambiente) [1]: in tutta Europa, il 44 % dell’acqua estratta viene utilizzato per la produzione di energia, il 24 % per l’agricoltura, il 21 % per l’approvvigionamento idrico pubblico e l’11 % per l’industria. Ma questi dati mascherano notevoli differenze: nell’Europa meridionale – dove c’è meno acqua per malgoverno e mafie – l’agricoltura impiega il 60 % dell’acqua estratta e in alcune zone anche l’80%. Soprattutto in Europa del Nord e in parte dell’Est, laghi e fiumi forniscono l’81 % del totale delle acque dolci estratte e rappresentano la fonte idrica principale per l’industria, l’energia e l’agricoltura. Invece, l’approvvigionamento idrico pubblico dipende principalmente dalle acque sotterranee perché generalmente sono di migliore qualità. Quasi tutta l’acqua utilizzata nella produzione di energia è restituita a un corpo idrico, cosa che non avviene per la maggior parte di quella estratta per l’agricoltura.
La desalinizzazione è ormai un’alternativa sempre più frequente alle fonti convenzionali di acqua, specialmente nelle regioni europee che soffrono di stress idrico. Ma, l’inconveniente della desalinizzazione sta nel suo impatto sull’ambiente, ossia nel suo elevato fabbisogno energetico e nel risultante accumulo di “brine” (fluido salino scarto del trattamento). Gli impianti di desalinizzazione a regime, infatti, consumano tanta energia e producono non poco scarto [2].
Nella regione del Mediterraneo si constata il riscaldamento più rapido al mondo: è colpita da una siccità molto critica e persino tragica [3]. Dalla Sicilia alla Tunisia, passando per l’Andalusia, la mancanza d’acqua sta diventando una triste abitudine. Ecco un reportage dalla Sicilia (Italia), l’Andalusia (Spagna) e Sousse (Tunisia). Si è in una delle zone più colpite dai cambiamenti climatici del nostro pianeta. Come hanno scritto anche gli scienziati del Centro comune di ricerca della Commissione europea nel loro rapporto di febbraio 2024, il bacino del Mediterraneo sta vivendo “condizioni critiche” di siccità [4]. Dalla Sardegna al Portogallo, passando per il sud della Francia e la Spagna, queste regioni sono gravemente carenti d’acqua. Il Maghreb è addirittura considerato un caso “estremamente serio”. Non si tratta di un episodio eccezionale, ma piuttosto di un fenomeno duraturo, consolidato da diversi anni e dovuto ad una combinazione di alte temperature e mancanza di precipitazioni.
«L’aumento osservato delle temperature in quest’area è maggiore della media globale», afferma l’idroclimatologo Yves Tramblay, ricercatore presso l’Istituto di ricerca per lo sviluppo e coautore di un capitolo del sesto rapporto dell’IPCC dedicato alla regione [5]. «Il pianeta si sta riscaldando e il Mediterraneo un po’ più velocemente». L’estate è ormai alle porte e, nonostante qualche pioggia, la situazione non migliora nel Mediterraneo, facendo temere il peggio.
In Sicilia le riserve d’acqua sono vuote
In Sicilia, l’isola più grande del Mar Mediterraneo, molti dei bacini idrici che riforniscono città e campi sono già quasi vuoti [6]. A gennaio 2024 il Giornale di Sicilia titolava: “Siccità, un record amaro per la Sicilia: mai così dal 1921” [7]. Ricordiamo anche che in Sicilia la carenza cronica di acqua ha spesso raggiunto situazioni insostenibili per la popolazione (si pensi al dramma di Licata); questa carenza quasi mai è stata dovuta alla mancanza di pioggia ma alla terribile storia dell’appropriazione privata delle fonti in particolare da parte delle famiglie mafiose in diverse province [8]. La situazione ha spinto il governo italiano a dichiarare lo stato di emergenza nella regione il 7 maggio, per un periodo di un anno, mentre sono state stabilite limitazioni idriche per un milione di abitanti, sui 5 milioni presenti sull’isola.
«Parlavamo solo del fatto che non piove da molto tempo», confida Mirella, 65 anni, accompagnata dall’amico Vincenzo, mentre passeggia nella riserva naturale di Santo Pietro, nella parte orientale dell’isola. Tra settembre 2023 e aprile 2024 vi sono caduti solo 191,2 mm d’acqua, una delle peggiori serie registrate da quando sono iniziate le rilevazioni nel 1916. Questo bosco ha perso dozzine di querce da sughero devastate da vari incendi estivi negli ultimi anni. Mirella dice di sentirsi «molto triste e impotente di fronte alla scarsità d’acqua». Negli ultimi decenni, le conseguenze della siccità sono state aggravate dalla cattiva gestione e dallo stato preoccupante di numerose infrastrutture idrauliche: delle ventisei dighe presenti sull’isola, diverse sono fuori servizio da tempo, e molte condutture sono obsolete. «Mi preoccupo molto per il futuro dei più giovani»; «Purtroppo c’è molta ignoranza». A parere di Pepe Amato, da quarant’anni socio dell’associazione ambientalista Legambiente: «La maggior parte dei siciliani non ha ancora capito che non si tratta di un’emergenza, ma di un dato di fatto».
La vicina provincia di Caltanissetta rischia di ritrovarsi senz’acqua dal 6 luglio, l’invaso somiglia più a una pozzanghera che a un lago. All’interno di quest’isola molto agricola, le sfumature verdi del grano sono scomparse. Invece i campi dalle spighe troppo corte color oro, bruciati dal sole, si estendono a perdita d’occhio. La situazione degli agricoltori è allarmante.
Alessio, giovane contadino di 25 anni, con i piedi su un terreno già spaccato è molto preoccupato: «Di questo passo dovrò raccogliere entro dieci giorni, perché i gambi sono già secchi. Non cresceranno più». Oltre alle patate e ai meloni irrigati, nella fattoria di famiglia coltiva sempre più cereali, perché non necessitano di irrigazione. È consapevole che «in futuro non potremo più coltivare ovunque in Sicilia. […] Il giorno in cui non avremo più acqua, vedremo cosa fare». Di fronte al cambiamento climatico, che porta con sé anche la sua quota di piogge torrenziali – come nella primavera del 2023 quando, in pochi minuti, gran parte dei suoi raccolti furono devastati – Alessio ha diversificato le sue colture e sta testando varietà più resistenti alla siccità.
Un po’ più lontano, mentre sparge insetticida tra i suoi peschi dai frutti ridotti, Massimo, agricoltore di 48 anni, non sa cosa gli offre ancora la falda freatica dove pompa l’acqua. «Il giorno in cui non avremo più acqua, vedremo cosa faremo e come ci adatteremo». Alessio, dal canto suo, teme «che ad agosto qui rimarrà solo il deserto».
L’estate 2023 è stata una dura prova di cosa è il cambiamento climatico: le altissime temperature non hanno lasciato il tempo della normale maturazione dei frutti che sono subito diventati marci sulle piante. Le perdite per chi coltiva albicocche e pesche ma anche altri frutti sono state spaventose. Va osservato anche che le conseguenze devastanti del cosiddetto cambiamento in tante zone sono accentuate dalla distruzione degli ecosistemi; è per esempio il caso della eccessiva e incontrollata diffusione della coltivazione in serre o della monocultura che s’è imposta nelle zone dei fichidindia: serre e fichidindia non attirano nubi come invece fanno gli alberi. Peraltro, si ha anche spesso la contemporanea concomitanza di siccità e il consumo eccessivo di acqua [9].
In Tunisia, cinque anni di siccità
A centinaia di chilometri di distanza, sulla costa meridionale del Mediterraneo, la preoccupazione è la stessa. «Tutto quello che chiediamo è che Dio riporti la pioggia», esclama Béchir, indicando il cielo. Il cinquantenne fa passare un lungo tubo nero tra gli ulivi fino alle sue piante di patate nella Tunisia orientale. Nel suo villaggio di Kondar, come nel resto del Sahel tunisino, la popolazione dipendeva dall’acqua proveniente dalle dighe della vicina regione di Kairouan. Con la siccità che attraversa il Paese da cinque anni, i tassi di riempimento non sono più sufficienti a soddisfare i bisogni. «L’unica soluzione sono i pozzi», è allarmato Béchir. Gli agricoltori Kondar riconoscono di non essere i più colpiti.
«Nel mio villaggio è peggio: non c’è più acqua per far crescere le piante», racconta un amico di Béchir, originario di Kairouan e venuto a Kondar per sfuggire alla siccità. Ma già si sperimentano le conseguenze della scarsità d’acqua: «L’anno scorso il prezzo di un metro cubo è aumentato da 200 a 400 [da 6 a 12 centesimi di euro]!». Béchir gestisce un pozzo autorizzato dal governo, ma nella regione alcune popolazioni rurali non esitano più a utilizzare pozzi o collegamenti illegali per risparmiare denaro [fenomeno corrente anche in tutt’Italia]. «A febbraio l’acqua è rimasta tagliata per tre giorni». Sulla costa anche Sousse, la terza città della Tunisia, registra un calo delle precipitazioni. Najoua e Tarek, una coppia sulla settantina, convivono con ripetuti tagli all’acqua. «È cominciato nel 2023», ricorda Najoua. La fornitura d’acqua è regolarmente interrotta in tutto il quartiere. «Di solito, è soprattutto di notte. Ma a febbraio l’acqua è stata interrotta per tre giorni», dice Tarek. Sui gradini la figlia osserva l’arrivo di una piccola autocisterna. Il suo autista spiega che vende “acqua di sorgente” a un prezzo preferenziale. Due volte a settimana visita i quartieri operai. «Non sappiamo da dove viene, non la compriamo», confida Najoua. Ma altri residenti, a corto di risorse, non possono più permettersi il lusso della prudenza.
In Andalusia si prega per il ritorno dell’acqua
In Spagna, nel dicembre 2023, gli scolari sono arrivati al punto di scrivere ai tre magi per chiedere dell’acqua. «Quest’anno non voglio né cellulare né monopattino elettrico», ha scritto una giovane adolescente sul suo quaderno. «Quello che voglio è aprire il rubinetto per vedere uscire acqua pulita», ha aggiunto un altro. «Voglio fare la doccia senza che mi pruda la pelle», «I miei nonni per cucinare devono portare taniche pesanti». Pochi giorni prima di Natale, sulle montagne del nord della provincia di Cordoba, in Andalusia, dodici scuole della zona hanno pubblicato un video in cui gli studenti chiedevano acqua.
Da nove mesi, a causa della siccità, dai rubinetti di circa 80.000 abitanti della comarca di Los Pedroches e Guadiato sgorga un liquido maleodorante, talvolta salmastro. «Il pantano [grande bacino idrico come tanti in Spagna] della Sierra Boyera, che normalmente ci rifornisce, è il primo del Paese ad essersi prosciugato completamente, nell’aprile 2023», afferma Miguel Aparicio, fondatore della piattaforma Unidos por el agua (Uniti per l’Acqua), lanciato durante questo episodio. I Pantanos sono la base del sistema di approvvigionamento in questo Paese arido. Quando il loro livello è troppo basso, l’acqua diventa inadatta al consumo, a causa della materia organica che si concentra sul fondo. «Non esistono misure reali per adattarsi alla nuova realtà climatica. […] Quando abbiamo aperto il rubinetto, è uscito un rivolo d’acqua marrone o gialla che puzzava di pesce marcio», continua Miguel Aparicio.
Nel mese di marzo, il governo spagnolo ha collegato con urgenza il lago artificiale della Sierra Boyera al vicino lago di La Colada. «Ma da vent’anni riceve le acque reflue di diversi villaggi e vi confluisce l’inquinamento derivante dall’allevamento intensivo. Il nostro impianto di trattamento delle acque reflue non può ripulirlo». «I genitori hanno detto ai bambini di chiudere gli occhi e la bocca per evitare il contatto con le mucose sotto la doccia; alcuni hanno avuto reazioni allergiche su tutto il corpo». «Mia moglie ed io affittiamo una casa di turismo rurale. In queste condizioni e da più di un anno non viene nessuno».
Per il consumo umano, nel centro dei comuni si alternavano le autocisterne. I residenti si sono messi in fila per riempire lattine e bottiglie. La soluzione finalmente cadde dal cielo, a fine marzo, durante la Settimana Santa, molto sentita in Andalusia. Piogge molto forti hanno ricaricato il pantano della Sierra Boyera al 70%. L’acqua è stata dichiarata potabile il 22 aprile. «Ma tutti pensano che accadrà di nuovo, perché non esistono misure reali per adattarsi alla nuova realtà climatica», avverte Miguel Aparicio, rammaricandosi che la Spagna continui a fare affidamento solo sulla bontà del cielo. In futuro, secondo il capitolo 4 del sesto rapporto dell’IPCC, dedicato al bacino del Mediterraneo, la siccità dovrebbe diventare «più grave, più frequente e più lunga» in caso di moderate emissioni di gas serra. Si intensificheranno “fortemente” se il nostro uso di combustibili fossili continuerà in modo sfrenato.
Dialoghi Mediterranei, n. 68, luglio 2024
[*] Il testo originariamente pubblicato in francese su Reporterre è qui tradotto da Salvatore Palidda: Fonte: https://reporterre.net/La-Mediterranee-a-l-epreuve-d-un-rechauffement-extremement-rapide, 20 maggio 2024.
Note
[1] La relazione è disponibile all’indirizzo http://www.eea.europa.eu/publications/water-resources-across-europe
[2] https://www.treccani.it/enciclopedia/dissalazione/ Sono 16 mila impianti di dissalazione in tutto il mondo (il 70% dai Paesi di Medio Oriente e Nord Africa). In Spagna, al 2023 sono attivi 765 impianti di desalinizzazione che ogni giorno generano 5 milioni di metri cubi di acqua, di cui 99 producono dai 10.000 ai 250.000 m3 al giorno. In Italia, ci sono 340 impianti di dissalazione in Italia, per lo più di piccola taglia e in gran parte fermi, per via del costo dell’energia e degli impatti ambientali: https://www.rinnovabili.it/clima-e-ambiente/acqua/dissalazione-in-italia/ (al 2023 il più grande dissalatore è quello della raffineria Sarlux di Saras a Sarroch, in Sardegna, ed ha una capacità di 12 mila metri cubi di acqua (https://it.wikipedia.org/wiki/Dissalazione).
[3] Sulla storia della siccità dai tempi più remoti in tutto il mondo si veda https://www.giornalelavoce.it/news/terza-pagina/530374/siccita-non-e-la-prima-volta-un-salto-nella-storia.html. Ivi «Nel 1954, la siccità colpì in prevalenza il Meridione d’Italia. Niente piogge a Sud per oltre 5 mesi. Nel 1959 per oltre 100 giorni non vi furono precipitazioni. Nel 1962, fu l’anno record per l’assenza di pioggia in Sicilia, già colpita da una cronica carenza idrica. Non cadde nulla per circa 200 giorni. La siccità colpì per 3 mesi anche le altre regioni italiane. Nel 1976, il caldo fu eccezionale, con temperature vicine ai +40°C. La seconda parte dell’estate fu caratterizzata da violentissimi fenomeni temporaleschi che crearono notevoli danni specie sulle regioni adriatiche. Nel 1980-81 fu un anno senza neve sui rilievi per tutto l’inverno. In pianura, tra novembre e marzo vi furono più di 100 giorni senza pioggia. Nel 2003 le premesse della siccità e del caldo eccezionale di quell’estate ricordavano la situazione del 1976. Per settimane le medie furono in Italia superiori ai 40°C, e le morti registrate durante la stagione furono 4.000 in più della media. La durata del fenomeno fi particolarmente estesa, da maggio a fine agosto».
[4] La siccità prolungata e le temperature record hanno un impatto critico sul Mediterraneo. Eventi di siccità gravi e prolungati hanno colpito l’Europa per più di due anni e l’Africa settentrionale per sei anni, provocando carenze idriche e ostacolando la crescita della vegetazione: https://joint-research-centre.ec.europa.eu/jrc-news-and-updates/prolonged-drought-and-record-temperatures-have-critical-impact-mediterranean-2024-02-20_en
[5] Vedi qui: https://reporterre.net/En-Mediterranee-vers-une-secheresse-quasi-permanente
[6] Su alcuni aspetti storico-letterari della siccità si veda https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/articoli/parole/siccita.html; sulle cause delle carenze d’acqua si veda anche https://it.411answers.com/a/quali-sono-le-cause-di-carenza-d-acqua.html
[7] https://gds.it/articoli/economia/2024/01/03/siccita-un-record-amaro-per-la-sicilia-mai-cosi-dal-1921-196c41b3-bdfb-4c37-9e2a-8191ae6f9fa5/
[8] Vedi https://www.centroimpastato.com/lacqua-rubata-dalla-mafia-alle-multinazionali/ e https://www.centroimpastato.com/studiare-la-mafia-in-sicilia/; inoltre lo stato della rete idrica è uno sfacelo con enormi perdite di acqua le cui sorgenti in più con sono “coltivate” e quindi sprofondano https://palermo.repubblica.it/cronaca/2023/12/17/news/acqua_sicilia_caro_tariffe_amap-421678653/
[9] Siccità e consumo eccessivo di acqua in Europa: https://www.eea.europa.eu/it/pressroom/newsreleases/siccita-e-consumo-eccessivo-di-acqua-in-europa
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Stefanie Ludwig, giornalista della direzione di Reporterre. La media de l’écologie.
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