di Giuseppe Leone e Emanuela Alfano
Fulgido centro del mondo mediterraneo, la Sicilia è luogo di frontiera, di approdo; anima antica dalla natura profonda. In essa si affastellano i segni di molteplici culture, di miti, di contraddizioni, di “gorgoneschi impietrimenti”.
Nei suoi eccentrici assoluti, entro i confini terrigni, il mare carezzevole ne lambisce le coste; cerniera tra i mondi unisce identità diverse nei secoli, ponte d’unione con le terre oltre l’orizzonte.
È da quello stesso mare, terso che ammalia e confonde, che avvolge e cattura i pensieri, che nasconde l’oscura insidia degli assalti, con i suoi flutti e la sua placidità, a giocare un ruolo fondamentale nella vita dell’Isola amata dagli dèi. Una linea di confine all’orizzonte, frastagliata da battaglie, dai traffici commerciali, dagli esodi umani che ancora oggi guardano alla Sicilia, come terra di salvezza, come acqua nel deserto.
Un fiume di volti, un eccesso di identità, un’intemperanza di sguardi, un amalgama di culture secolari si riversano in quel lembo di terra cara a Demetra. Ai colpi di timone e al canto del vento, da secoli gli uomini, pescatori dell’ignoto, solcano le onde che costeggiano i tre mari, piegano le reti dalla trama argentea, spingono verso i flutti profondi le feluche colorate.
È il mare delle saline e dei suoi mulini, dei pescatori, delle tonnare, dei bagnanti, delle scogliere eburnee e di quelle nere, è il mare di Polifemo, di Scilla e Cariddi, di Ulisse e delle foci di acqua dolce che con voluttà si riversano in esso.
Un mare baluardo di vita e di oblii, di viaggi e di sbarchi; quegli stessi sbarchi che fanno della Sicilia la terra spagnola, normanna, ebrea, musulmana, bizantina, “terra di frontiera crogiolo di razze”, epopea storica che pone le basi per una radice multietnica.
Una multietnia che plasma la vita isolana di contadini, di artigiani, di pastori e di mercanti; un luogo dove il tempo rallenta i suoi battiti, cadenzato da note lente e quiete.
Sulla trama umile di una vita legata all’immobilismo, all’estatico legame con la propria terra, il siciliano, figlio del mare e della terra, realizza il sogno della appartenenza, il silenzio vorace, il comico teatro, la nostalgia del tempo perduto.
Questo legame profondo con la terra è filigrana preziosa nella rinascita epocale quando catastrofi naturali scuotono la terra dal torpore e richiamano gli spiriti costruttori a nuove visioni.
Nasce il tardo barocco nel Val di Noto, devastato dal tremito della terra, con i suoi ghirigori, con i suoi stucchi, con le sue architetture possenti, contrappunto benigno alle architetture idilliche dei paesaggi iblei, con i suoi muri a secco, che come tracce segniche incidono solchi calcarei nella terra.
Una bellezza contraddittoria, talvolta stereotipata e falsata, incapace di restituire la reale complessità socio-culturale di un’isola avvolta nel mistero, filtrata dalle credenze e dalle superstizioni, dall’ingenuità e dall’isolamento, dalla semplicità e dagli abusi dei prepotenti, soggetta a continue invasioni, a stravolgimenti politici e naturali.
Eppure, nel ricettacolo di questa antitetica difformità, da secoli la Sicilia è stata decantata da poeti e scrittori, ha segnato i natali di grandi pensatori, il suo irresistibile fascino ha sedotto gli occhi e lo spirito dei grandi viaggiatori.
Un immaginario visivo e poetico che traccia una carta mentale dell’ingente patrimonio artistico, delle antichità e delle tradizioni, dei miti e delle leggende; un silenzioso carosello di paesaggi, di architetture e di vissuti umani si arrampicano tra le righe di parole secche a tratti essenziali e tuttavia capaci di delineare atmosfere velate di malinconia, di luci e di ombre.
È la Sicilia eterogenea, dunque, delle coste dorate, ma anche delle valli verde smeraldo, la Sicilia dell’arenaria che pone le basi all’anima antica dei templi sopiti e rosi dal tempo; è la Sicilia nera, lavica dell’Etna che con i suoi tumulti da luoghi profondi ridona vita e pietra, rituffandosi nel mare, dal quale proviene come eco lontana l’antico canto delle sirene.
Delle visioni e del pensiero di una Sicilia evocativa ho cercato di essere interprete, mi considero ricercatore della bellezza e della Sicilia e delle sue contraddizioni.
bellissima pagina di poesia- rievocazione lirica ri-costruita nella memoria e nell’animo
Sicilia fulgido centro del mondo non è L’OMBELICO DEL MONDO è terra di conquista è colonia dell’ IMPERO
I cambiamenti avvengono naturalmente , si decifrano le orme lasciate, si scompongono le impronte visibili e
TUTTO SEMBRA CAMBIARE MA TUTTO RIMANE IMMOBILE
E’ TALE IL DESTINO DELLA SICILIA ?
E I SICILIANI SONO TRA IMMOBILISMO E RASSEGNAZIONE ?