di Luisa Vazquez
Sono nata e cresciuta a Valencia (Spagna), sulle sponde del Mar Mediterraneo, e questo luogo ha influenzato le mie scelte di vita, cosa di cui mi sono resa conto nella piena maturità della mia vita. Ho conseguito la laurea in Storia Medievale e anche questa impronta mi ha accompagnato per tutta la mia vita.
Tre anni fa mi sono trasferita a Palermo dove la mia passione per la fotografia mi ha spinto ad intraprendere un progetto fotografico intorno a questo Mare Nostrum, progetto che mi impegna ormai da parecchi anni.
Nel momento in cui ho dovuto tradurre in immagini i sentimenti e le esperienze vissute ho fatto ricorso al filo conduttore della storia di questo nostro mare.
A Palermo ho ritrovato la mediterraneità della mia gioventù trascorsa a Valencia. Dove i fantastici mosaici bizantini del duomo di Monreale mi hanno ricondotta a Ravenna e, ancora più in là all’altrettanto fantastico monumento che è la cattedrale di Santa Sofia di Istanbul. È a Palermo dove mi parlano dell’impronta araba che tante tracce ha lasciato in tutta la Spagna.
È a Palermo dove trovo tanti cognomi spagnoli, dove mi dicono che il “Cusumano” palermitano e cognomi similari provengono dal “Guzmán” spagnolo.
Ed è a Palermo che comincio a intravedere e capire i legami impalpabili che uniscono l’antichissima Palestina con la coltivazione dei palmeti infiorescenti a Elche (Alicante). Dove riscopro le parole dello storico Fernand Braudel:
«Non è indifferente per la storia trovare ovunque gli stessi ritmi delle stagioni, la stessa vegetazione, gli stessi colori e, se la configurazione archeologica vi si presta, gli stessi paesaggi (simili fino all’ossessione). E, alla fine, gli stessi stili di vita… Ovunque troviamo, figlia del clima e della storia, la stessa trinità: il grano, l’olivo e la vite; in altre parole, la stessa civiltà agraria, la stessa vittoria degli uomini sull’ambiente fisico. Troviamo gli stessi granai, gli stessi magazzini, gli stessi frantoi, gli stessi utensili, le stesse greggi e, frequentemente, le stesse tradizioni» [1].
E ora all’inizio del secolo XXI, il Mare Mediterraneo è al centro e protagonista di una angosciante lotta di sopravvivenza delle correnti migratorie che fuggono dall’impoverimento della striscia sud e sud est africana in continua guerra, e che cercano una vita migliore nel nord dell’Europa.
Ogni giorno giornali e telegiornali ci sbattono in faccia le crude immagini dei morti in questa tremenda migrazione che guardiamo scioccati. Come se questo flusso di persone che attraversa questo nostro mare fosse qualcosa di nuovo, di mai accaduto. Non ci rendiamo conto che è la stessa storia che si ripete tante volte dalla notte dei tempi. Mediterraneo violento, paesi costruiti sulla base di conquiste per potere dominare e successivamente conquistare le vie del commercio.
L’antico flusso migratorio nel Mediterraneo consisteva in rotte commerciali e conquiste territoriali delle isole che caratterizzarono l’intenso traffico marittimo molto prima dello splendore della civiltà Micenea. La stessa storia migratoria, però con delle differenze fondamentali. La corrente attuale va dal Sud al Nord per delle ragioni esclusive di sopravvivenza. La cosa è molto semplice: le persone scelgono di morire nel mare anziché morire di fame nei paesi africani o bombardati nella letale guerra in Siria.
Voglio tornare alle parole di Braudel: «I Paesi del Mediterraneo sono, veramente, raccolti in regioni isolate l’una dall’altra, che tuttavia si cercano e si attraggono costantemente; quindi c’è tra di loro un costante va e vieni, nonostante le giornate di cammino o di navigazione che le separano; un va e vieni facilitato dal nomadismo degli uomini del Mediterraneo……Come una fotografia ingrandita, la storia delle isole risulta essere quella che rivela la spiegazione più nitida di questa vita mediterranea, permettendoci di comprendere appieno che ogni provincia mediterranea è stata capace di preservare un’originalità così irriducibile, un profumo regionale così potente, nel mezzo della più straordinaria mescolanza di razze, religioni, costumi e civiltà che mai sia esistita sulla Terra» [2].
Uno straordinario “melting pot” mediterraneo che fa piccola la mescolanza di razze e colori esistente oggi negli Stati Uniti d’America. Non dobbiamo dimenticare che gli afroamericani sono arrivati in America come schiavi, e che come gruppo sociale non si sono mai mescolati con la classe sociale che proveniva dal Mayflower, neanche adesso. Nell’ambito mediterraneo invece la mescolanza di genti è avvenuta parallelamente alla mescolanza di classi sociali.
Un giorno finirò (non so quando) il progetto di questo Mare Nostrum che mi sta tenendo occupata. Intanto viaggio in maniera instancabile dalla Sicilia a Jerusalem, al Cairo, a Istanbul, a Napoli … e in silenzio quasi preferisco che questo progetto non finisca mai.
Dialoghi Mediterranei, n.30, marzo 2018
Riferimenti bibliografici
[1] Fernand Braudel, El Mediterráneo y el mundo mediterráneo en la época de Felipe II, tomo primero. México, Fondo de Cultura Económica, segunda edición, octava reimpresión, 2013: 212. Traduzione italiana di Emilia Maggio.
[2] Ibidem: 310.
________________________________________________________________________________
Luisa Vazquez, laureata in Storia Medievale presso l’Università di Saragoza, viaggiatrice instancabile, a Madrid ha lavorato alcuni anni come bibliotecaria per approdare poi agli archivi documentaristici e concludere la propria carriera dirigendo gli archivi audiovisivi di Telemadrid. La passione fotografica si è sviluppata lenta e inarrestabile. Importanti gli incontri professionali con José Manuel Navia e Ernesto Bazan. Nel 2012 scopre la Sicilia, se ne innamora e, nel 2015, decide di trasferirsi a Palermo, città in cui non ha mai smesso di fotografare. Recentemente ha esposto una selezione di fotografie in una mostra al Centro Cervantes.
________________________________________________________________