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Il mistero di un rito che viene da lontano

copertina

Mamoiada (ph. V. Agate)

di Vincenzo Agate

Mamoiada, località collinare nella Barbagia di Ollolai, a circa 15 Km da Nuoro, nella sua tradizione vanta un rito estremamente antico, senza eguali e senza datazione certa, che trapassa nel tempo restando immutabile: quello dei Mamuthones e degli Issohadores.

Il 17 gennaio il rito si fa teatro e spettacolo coincidendo con la festa di S. Antonio Abate e inaugurando, in una ibrida commistione tra sacro e profano, il Carnevale Mamoiadino che, come Carnevali di Barbagia, presenta elementi assai atipici e sorprendenti.

“Carrasegare”, ricorda i riti dionisiaci, antropofagici, significando “carne viva da lacerare”, molto più di un Carnevale, diventa rito ancestrale per la celebrazione del dio della Natura.

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Mamoiada (ph. V. Agate)

Era un momento fondamentale delle società agro-pastorali, con chiare funzioni sociali e coincideva con la fine dell’inverno; intorno a grandi fuochi si svolgevano orge primitive, si danzava e si assaggiava il vino nuovo.

Alle celebrazioni pre-cristiane, propiziatorie della fertilità e del risveglio della Natura, fu cambiato il senso ed il 17 gennaio divenne la data d’inizio del Carnevale, sostituendo i grandi falò dionisiaci con quelli dedicati a S. Antonio Abate, detto Sant’Antonio del fuoco (“Sant’Antoni de su o’u”).

La leggenda ci racconta che il santo, novello Prometeo, in una sua discesa all’inferno, rubò al diavolo una scintilla di fuoco e la nascose nella cavità di un bastone di ferula, portandolo poi in regalo agli uomini.

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Mamoiada (ph. V. Agate)

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Mamoiada (ph. V. Agate)

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Mamoiada (ph. V. Agate)

Ma io sono un anatomopatologo con la passione per la fotografia, non un antropologo e gli eventi della vita mi hanno portato ad avere il privilegio, grazie ad una Barbaricina che ora fa parte della nostra famiglia, di assistere nel 2016, al rito della vestizione dei Mamuthones e degli Issohadores dell’Associazione Atzeni di Mamoiada.

L’Associazione costituitasi con un primo nucleo nel 1975 per volere di Costantino Atzeni, riconosciuto da molti mamoiadini come il Mamuthones storico, cura e custodisce la conservazione del patrimonio culturale e delle tradizioni del paese, avendo anche un’attività editoriale.

Non avendo alcuna competenza etno-antropologica, desidero solo raccontare per immagini le emozioni forti, perturbanti, che l’evento determina anche per le strade cittadine, ma anche i gesti teneri, seppur solenni e forti, che i più anziani compiono nel “vestire” i più piccoli che si apprestano a trasformarsi in Mamuthones.

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Mamoiada (ph. V. Agate)

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Mamoiada (ph. V. Agate)

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Mamoiada (ph. V. Agate)

Sono proprio i giovani che predispongono per terra “sa carriga”, i campanacci di varia misura con batacchio fatto di ossa animali, secondo un ordine ben preciso che verrà rispettato poi per la vestizione.

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Mamoiada (ph. V. Agate)

La prima uscita annuale dei Mamuthones e Issohadores avviene, come si è detto, il 17 Gennaio, il giorno di Sant’Antonio, di quello stesso Santo per cui si accendono grandi fuochi votivi in tutta la Barbagia, ma in altri tempi quest’uscita avveniva già verso l’Epifania o addirittura a Natale.

Le due figure, entrambe di sesso maschile, nel loro opposto abbigliarsi sono in tutta evidenza complementari nel gioco teatrale delle parti, costituendo una inscindibile unità di gruppo da cui muove la macchina delle azioni cerimoniali. I componenti di questa straordinaria rappresentazione si ritrovano tutti nel punto stabilito per indossare gli abiti della “cerimonia”.

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Mamoiada (ph. V. Agate)

La vestizione è un rito, notifica la “metamorfosi” degli uomini in Mamuthones e Issohadores, un momento di intensa solennità, di incorporazione delle identità cerimoniali, degli attori senza identità. È un rito sacro e profano insieme e le sue varie fasi sono seguite con lo scrupolo e le modalità di una cerimonia religiosa e pagana nel contempo, in un clima di arcaico mistero e di enorme suggestione, avendo al centro la radice di un grosso albero che, bruciando lentamente, conferisce solennità e un diffuso sentimento di comunità. Il Mamuthone porta sul dorso un complesso carico di campanacci di varia misura, legati e ancorati con grosse cinghie di cuoio, e altre più piccole campane di bronzo sono fissate sul busto.

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Mamoiada (ph. V. Agate)

L’insieme dei campanacci e dei sonagli viene chiamato “sa carriga”. Si percepisce una certa frenesia e tensione durante questa fase apparentemente composta, ma tutto si rasserena allorquando i Mamuthones, anche per scaricare la tensione, fanno risuonare vigorosamente i campanacci allo scopo di verificare se l’ancoraggio delle cinghie è ottimale. Il peso complessivo è di circa 25 chili e per la stretta cintura dei legacci lascia sulle spalle dei partecipanti segni vistosi di varie ecchimosi. I Mamuthones sono accompagnati dagli Issohadores che, dotati di una lunga fune di giunco, la “soha”, sono liberi da campanacci e altri legacci e vestono costumi leggeri e colorati.

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Mamoiada (ph. V. Agate)

dsc_0560L’abbigliamento ora comprende: sul capo la nera berritta sarda legata al mento da un fazzoletto variamente colorato, larghi pantaloni e camicia di tela bianchissimi, sopraccalze di lana nera, il corpetto rosso del costume tradizionale maschile, a tracolla una cinghia in pelle e stoffa su cui sono appuntati piccoli sonagli, uno scialle, di solito scuro con bellissimi ricami, legato alla vita con la parte variopinta che scende lungo la gamba sinistra.

dsc_0723Il culmine della vestizione si identifica nel momento in cui i Mamuthones e gli Issohadores indossano la maschera, denominata rispettivamente “sa visera” (anticamente sapientemente scolpita in legno di pero selvatico ed ora anche olmo, ontano e fico), e “sa visera ‘e santu”: è a questo punto che i componenti perdono la loro identità per assumerne un’altra, misteriosa e oscura.

Sono rimasto particolarmente colpito dal rapporto che i Mamuthones hanno con la loro maschera, quasi una parte di loro stessi che tengono in mano con grande rispetto e devozione prima di indossarla.

Non si tratta di ruoli intercambiabili, peraltro, chi ha interpretato una delle due parti, non potrà mai ricoprire l’altra.

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Mamoiada (ph. V. Agate)

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Mamoiada (ph. V. Agate)

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Mamoiada (ph. V. Agate)

Il corteo si muove in file parallele, con passi differenziati, saltellando, barcollando, quasi danzando, facendosi largo tra la gente. Il passo dei Mamuthones – dai dodici ai sedici uomini – è più lento e quasi ieratico, appesantito dai campanacci dalle vesti di lana grezza, dalla visera.  Ruotano il busto ora a destra ora a sinistra, a intervalli regolari e in perfetta sincronia con i movimenti dei piedi, così da produrre uno squillo uniforme della sonagliera. Il frastuono vale ad allontanare gli spiriti del male, ad esorcizzare le inquietudini e le minacce.

Parallelamente si muovono gli Issohadores – da otto a dieci – e procedono con grazia e agilità, lanciano la “sa soha”, legano e tirano a sé come prigioniero l’amico o la giovane donna, con gesti che pur nella complicità sottintesa trattengono qualcosa di teatralmente impressionante. In questo modo, essi interagiscono con il mondo circostante, scambiano con la gente parole e ammiccamenti, contrariamente ai Mamuthones che sono tenuti al mutismo, senza poter entrare in contatto con gli spettatori.

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Mamoiada (ph. V. Agate)

Due mondi sembrano incrociarsi in questo rito austero ed enigmatico che percorre le strade di Mamoiada, due realtà antagoniste che simbolicamente si incarnano nelle figure dei Mamuthones neri e oppressi e degli Issohadores slanciati e colorati.

Questa cerimonia a cui ho avuto il privilegio di assistere non è, in tutta evidenza, solo religiosa, appare come il prodotto di un felice sincretismo di significati e di simboli, qualcosa che viene da lontano, dai miti della Sardegna arcaica.

Dialoghi Mediterranei, n. 41, gennaio 2020
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Vincenzo Agate, medico-chirurgo, specialista in Anatomia Patologica, è attualmente membro del Consiglio Direttivo dell’Ordine dei Medici della provincia di Trapani. Dal 2013 è Segretario Provinciale dell’U.I.F. (Unione Italiana Fotoamatori). Attualmente Consigliere Nazionale U.I.F.. Dal 2017 al 2019 è stato Vice Presidente. Direttore della Fotografia del film Il viaggio di Malombra, regia di Rino Marino (2012). Dal 2018 è Vice Presidente del Gruppo Archeologico di Selinunte.

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