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Il modello politico biblico alle origini dell’identità civile olandese: “De Republica Hebræorum” di Petrus Cunæus

1di Sergio Ciappina 

Premessa

In questa breve relazione ho ritenuto interessante delineare, in prima istanza, quella poderosa congiuntura culturale sviluppatasi nell’Olanda della guerra degli ottant’anni (1568-1648: dall’inizio della rivolta delle Provincie capeggiata da Guglielmo I d’Orange [1] alla pace di Vestfalia corrispondente alla fine della prima età moderna); in un luogo dove, così come la terra si sposa al mare generando nuove possibilità di vita, le culture e gli stili di vita propri del popolo della Riforma incontrano, in un clima di tollerante confronto accademico, la ricchezza di pensiero e il peculiare approccio esistenziale dei dotti ebraici scampati alle persecuzioni avvenute nel resto d’Europa. Il tutto in attenzione ad un patrimonio d’idee e riflessioni che, da ambo le parti, proprio a cavallo dei due secoli, si decide di ritenere comune ad entrambi. 

Introduzione

Molti antropologi sono concordi nel considerare i riti di passaggio [2] come momenti essenziali e fondanti del rapporto tra individuo e comunità d’appartenenza, comuni alla totalità dell’organizzazione sociale della vita umana [3]. Il libro dell’Esodo è immediatamente successivo a quello della Genesi e, insieme a Levitico, Numeri e Deuteronomio, fa parte del Pentateuco [4] che, nella tradizione ebraica, narra degli inizi del mondo e introduce la storia di Israele. Ciascun libro ha, in sequenza, un significato specifico riferito a proprietà della divinità:

-     la sovranità sul creato e sulla scelta di un popolo;

-     la potenza nel liberare quel popolo per mezzo di un patto;

-     la santità [5] da cui derivano le leggi fondamentale di quel popolo;

-     la severità verso chi non la riconosce e la sua bontà verso il popolo scelto;

-  la fedeltà nel condurre il popolo, che viene protetto fino all’ingresso nella terra promessa.

In particolare il secondo libro, l’Esodo, rappresenta la più antica testimonianza scritta di un vero e proprio “rito di passaggio” collettivo, oltre che individuale, che caratterizza il passaggio, appunto, da un’età “infantile” di inconsapevolezza e dipendenza, la cattività presso gli egiziani, ad un’età adulta di consapevolezza identitaria dopo una esperienza “liminale” tra le due fasi, rappresentata dai quarant’anni passati nel deserto.

«L’Esodo è stata l’esperienza generatrice della coscienza del popolo d’Israele; si è trasformato nel centro strutturante che determina il suo modo di organizzare il tempo e lo spazio [...]. L’Esodo è il centro strutturante, perché determina la logica d’integrazione, il principio organizzatore e interpretativo dei fatti d’esperienza storica che riguardano il popolo d’Israele stesso. Per questo esso non resta un’esperienza secondaria nelle infinite vicende del “popolo eletto” … diventa il paradigma per l’interpretazione di tutto lo spazio e di tutto il tempo» [6].

Questa lucida analisi di Rubem Alves [7] ci consente di leggere l’Esodo come una delle componenti fondamentali – se non “la” componente fondamentale – nel processo formativo-identitario del popolo d’Israele. E, come tale, non poteva non riflettersi nella tradizione teologica e conseguentemente politica del mondo cristiano, finendo per diventare altrettanto paradigmatico.

389px-biblia_sacraGli studi ebraici

Punto di partenza comune di tutti gli ebraisti cristiani dell’Olanda tra il XVI e XVII secolo, e più in generale di tutti gli umanisti, a partire da Pico della Mirandola [8], che s’interessarono al popolo d’Israele è il testo cosiddetto masoretico. Vale a dire la versione ebraica della Bibbia, ufficialmente in uso fra gli ebrei. Essa verrà spesso utilizzata come base per le traduzioni dell’Antico Testamento da parte dei cristiani nelle varie lingue europee. Venne composta, edita e diffusa da un gruppo di ebrei noto come Masoreti fra il primo e il X secolo d.C. Contiene varianti, alcune significative, rispetto alla più antica versione greca detta dei Settanta.

La parola ebraica “masorah” si riferisce alla trasmissione di una tradizione. Infatti, in senso lato, si riferisce all’intera catena della tradizione ebraica. Ma nell’ambito del “testo masoretico” la parola assume un significato specifico, e cioè relativo a succinte note marginali nei manoscritti (e più tardi a stampa) della Bibbia ebraica, nelle quali sono annotate particolarità del testo, solitamente relative alla pronuncia esatta della parola.

Il decreto di Clemente IV nel 1314 che stabilisce l’insegnamento dell’ebraico, insieme all’aramaico e il caldeo nelle università di Roma, Parigi, Oxford, Bologna e Salamanca, risponde all’esigenza, sentita da più parti, di un approccio più autorevole allo studio dei testi sacri; lo sviluppo degli studi e delle metodologie più propriamente filologiche insieme al confronto con la traduzione greca della Bibbia ”cosiddetta dei Settanta” completano il quadro degli strumenti a disposizione degli studiosi umanisti della prima età moderna.

Con il Concilio di Trento però si conclude nel mondo cattolico questa fertile stagione: la Vulgata torna ad essere l’unica versione autorizzata dalla Chiesa di Roma, spazzando via tutte le altre possibili letture. Il resto d’Europa, quello attraversato dalla Riforma, non cessa allo stesso tempo il proprio cammino di ricerca: nascono così l’esegesi biblica e l’archeologia biblica, quest’ultima nata in area culturale cattolica con Montano [9] e Sigonio [10], oltre alla critica delle varie versioni e la cronologia biblica.

L’interesse per la storia sacra e i testi ebraici, iniziata con l’umanesimo in Italia, continua a svilupparsi nel nord Europa; quest’interesse si va ad affiancare a quello per l’antichità, facendo da terreno d’esplorazione comune a quello che si può definire un vero e proprio network di studiosi che, a prescindere dalle confessioni religiose, sono seriamente motivati dalla ricerca degli exempla che lo studio dei costumi e delle leggi degli antichi possono dare.

Di questo distaccarsi del pensiero critico dalle ortodossie religiose, un esempio si ha con il De republica Hebræorum del modenese Carlo Sigonio, la cui opera è ritenuta il precedente più illustre dell’opera dell’olandese Cunæus [11], stimata e studiata dagli studiosi successivi di ambito riformato, nonostante l’opera abbia visto la luce a Bologna, nello Stato pontificio, e fosse dedicata a un papa.

Petrus Cunaeus

Petrus Cunaeus

Il linguaggio biblico nella politica

Come rilevato dallo storico Simon Schama, della Columbia University, il linguaggio biblico e le analogie con il popolo ebraico non furono patrimonio esclusivo degli studiosi. Nelle Provincie Olandesi che nel 1612 firmarono l’armistizio con la Spagna di Filippo II, la capillare predicazione calvinista rilegge in chiave biblica l’ultimo atto della separazione dalla Chiesa di Roma: quello politico territoriale. Diventano così funzionali a questa vera e propria ricostruzione identitaria, le analogie e i paralleli con le vicende del popolo d’Israele: Filippo II e il duca d’Alba (soprannominato “il macellaio delle Fiandre”) diventano il faraone da cui i nuovi figli d’Israele, i nederkinderen – letteralmente i figli delle terre basse – sono fuggiti e, per mezzo del patto (fedus) con la divinità, pervenuti alla libera e adulta determinazione del proprio destino in piena armonia con la Legge divina.

Si gioca qui il passaggio: l’Esodo come parabola metastorica. La lettura quotidiana in tutti gli ambiti della vita sociale, dell’Antico Testamento, percepito, secondo Schama, come più terreno e quindi più adatto a regolare, con le sue leggi e i suoi precetti, la sfera pubblica. Il Nuovo Testamento, quasi tutto orientato alla vita spirituale, destinato, in linea con la predicazione calvinista, alla sfera del privato.

È necessario ricordare che anche qui come già successo per i principati tedeschi, la lotta per la supremazia della nobiltà fiamminga nei confronti della centralità imperiale si intreccia alla lotta contro l’imposizione della religione cattolica. È in questa cornice che si attua la necessaria scelta di un modello che sia funzionale alla creazione di una nuova identità statuale. Ma quale modello?

Hugo Grotius

Hugo Grotius

Esaminando attentamente, come fa Shama, la produzione culturale dei primi anni dell’indipendenza olandese, si può trovare in molti settori, dalla musica alla pittura fino ai libri, un fiorire di riproduzioni di molti dei passaggi importanti dell’AT: da Ester a Salomone e Sansone. Questo continua anche oltre la conclusione della guerra con la Spagna e si rafforza con la prima abolizione dello Stadhouder (1654) come a voler sancire l’analogia tra la neonata Repubblica e l’antico Stato d’Israele. È quest’ultimo il modello che aderisce più degli altri, tra quelli offerti dalla storia antica, alla situazione di frattura tra un passato da dovere/potere considerare attraversato da corruzione ed empietà ed un presente/futuro da vivere come retto e benedetto dalla divinità.

Gli altri modelli repubblicani, quello che traspare dai Discorsi di Machiavelli e quello veneziano di Repubblica ancorché contrapposta a Roma ma con forti connotazioni aristocratiche, risultano troppo impregnate di quel passato da cui si desidera prendere le distanze. Accanto ad una epica lotta batava [12] contro il predominio di una Roma rapace – topos presente ancora oggi, incarnato nelle fumettistiche battaglie di Asterix & soci dei nostri giorni – ma che risulta comunque essere una produzione letteraria di un patriziato umanista, coesiste stabilmente un florilegio di exempla civicamente virtuosi e religiosamente consacrati frutto della predicazione biblica calvinista.

In sostanza: un antico e indomito spirito batavo che, già in tempi remotissimi, si opponeva al sopruso di una dominazione insieme a una identificazione d’elezione con il popolo prediletto, battono nel cuore della nuova Repubblica delle Provincie Unite. Il nuovo Israele.

E per quali strade?

Sostanzialmente la predicazione calvinista e la lettura quotidiana della Bibbia, in particolare dell’AT, avrebbero potuto configurarsi come un tratto culturale identitario della popolazione della neonata Repubblica; è grazie all’intervento di un ceto intellettuale consapevole del proprio ruolo e del particolare momento storico che questa nuova identità si traduce in organizzazione politica. Agli studiosi ebraisti viene commissionata una Bibbia di Stato – Statenbijbel – che abbandonando la strada della cosiddetta Vulgata di Sofronio Eusebio Girolamo della fine del IV secolo, corredava l’originale ebraico di traduzioni “appropriate” di passi ritenuti fondamentali come quello di Samuele 1,8,20 [13]. La filologia al servizio di un progetto identitario, dunque, improntato alla formazione di una coscienza civica, attraverso uno strumento, la Bibbia, che, al di là di esegeti, filologi e traduttori, aveva comunque, nell’immaginario collettivo, un primato indiscutibile: quello divino. Accanto alla “Bibbia di Stato” troviamo anche gli “esaustivi” commenti denominati Ad loca difficiliora Veteri Testamenti sempre commissionati all’esercito dei dotti ebraisti cristiani dagli Stati Generali.

Queste due produzioni culturali fungono pertanto da giunto cardanico tra il mondo accademico e la predicazione calvinista, finendo per rappresentare l’asse portante della struttura identitaria politica della Repubblica delle Province Unite. Quest’ultima può dire di aver così trovato il suo modello di riferimento: la Respublica Hebræorum.

johannes_drusiusL’importanza della politica

Va da sé che, quando la politica volge uno sguardo interessato al mondo degli studi accademici, quest’ultimo riceve nuovi stimoli e obiettivi; è quello che è successo a Leida, principale centro di elaborazione culturale della nuova Repubblica, essa stessa nata per volontà politica d’indipendenza [14]. Ci concentriamo però in questa sede solo su alcuni dotti appartenenti al vasto network umanista di studiosi ebraisti della prima età moderna. Oltre a Drusius [15] considerato il maggior promotore degli studi di ebraistica e di letteratura rabbinica che proprio a Leida, in felice congiuntura con gli intenti degli Stati Generali, e successivamente in Frisia, impianta una stabile tradizione di studi filologici del testo masoretico [16], è necessario segnalare Hugo Grotius [17].

Il suo lavoro De republica emendanda costituisce un passo ulteriore: fino a quel momento la Repubblica ebraica veniva semplicemente paragonata, esaltandola, attraverso l’opera di Flavio Giuseppe [18], ad altri modelli di Repubbliche, Roma, Venezia, Atene. Con Grotius la Repubblica ebraica viene presentata come un possibile modello per la Repubblica olandese.

Il principio del suo lavoro è questo: se, come da più parti ritenuto, il modello israelitico di liberazione dalla tirannia è quello che più rappresenta, per epicità e senso di giustizia divina, la genesi stessa dell’attuale Stato olandese, allora possiamo continuare ad utilizzare gli exempla ricavati dallo studio della storia dell’antico popolo riguardanti la sua organizzazione giuridica, sociale e politica per correggere i difetti di una Costituzione olandese giudicata ancora troppo legata ad un idea centralizzata del potere.

Antiquatis di Falvio Giuseppe

Antiquatis Judaicae di Falvio Giuseppe

Materie di studio

L’interesse, appena descritto, della politica volto al reperimento di identità confacenti alla realtà politica delle Province Unite, il più possibile distanti da un passato di dominazione e soprusi, farà del triangolo della conoscenza, rappresentato dalle università di Leida, Franeker e Amsterdam, un centro unico nel suo genere riguardo gli studi di ebraistica. In particolare, a Leida, in un clima istituzionale improntato alla tolleranza e al concetto che l’altrui sapienza costituisca più un arricchimento che una minaccia, l’incontro tra gli ebraisti cristiani e i rabbini olandesi e non, si farà più proficuo.

Materie di studio, approfondimento e riflessione, oltre al già citato testo masoretico – la Bibbia ufficiale degli ebrei – sono la Misneh Torah [19] di Maimònide [20] , che soddisfa il bisogno politico di exempla normativi della neonata Repubblica. Dopo un primo periodo, quindi, in cui la conoscenza dell’ebraico veniva ad affiancarsi a quella del latino e del greco, rappresentando così il marchio dell’erudizione, ecco che essa finiva per diventare la chiave per conoscere un mondo normato interamente da leggi emanate con il beneplacito della divinità stessa e pertanto giuste a priori.

Flavio Giuseppe è l’altro autore di età romana oggetto di continui studi e riflessioni da parte degli accademici. Le sue Antiquitates iudaicæ raccontano avvenimenti, snodi e passaggi della storia del popolo d’Israele dalle sue origini fino all’epoca immediatamente antecedente alla Guerra giudaica (66-70 e.v.) oltre a illustrarne i costumi e la precettistica sociale e religiosa. Motivo di particolare interesse per quest’opera da parte del mondo cristiano sono anche i – per la verità pochi – riferimenti a personaggi principali del Nuovo Testamento: per così dire la loro conferma storiografica. Altra opera degna di nota e oggetto d’interesse per le sue argomentazioni, che vedono situare storicamente la religione e la filosofia ebraiche ben prima di quelle della pur antica Grecia, è Contra Apionem sempre dello stesso Flavio Giuseppe. Un’appassionata opera polemica scritta all’indirizzo di Apione [21] in cui ribatte punto per punto alle accuse e al disprezzo di questo egizio ellenizzato nei confronti del popolo d’Israele.

Neder lands: terre d’incontro

È singolare che, mentre si consumavano ottant’anni di scontri per la liberazione dal giogo ispanico e l’autodeterminazione, il territorio del popolo che lottava per tali obiettivi diventi terra d’incontro e integrazione. Non troppo singolare però se si considera che proprio i concetti di liberazione e autodeterminazione politica e religiosa furono costante oggetto di studio e riflessione della gran parte dei gruppi sociali che compongono quel popolo.

L’Olanda fra il XVI e il XVII secolo è di gran lunga il Paese più tollerante d’Europa: la forte impronta mercantile della sua composizione sociale determina senza dubbio un habitus improntato allo scambio. Le idee e le informazioni sono preziose al pari delle merci e della valuta, per determinare quel necessario potenziale culturale e quindi tecnologico [22] necessario alla formazione di quella che per oltre due secoli sarà una “superpotenza” europea.

Restando nel campo della conoscenza, un esempio di quella che oggi viene definita contaminazione culturale positiva, è la forte presenza di marrani – ebrei convertiti più o meno spontaneamente al cristianesimo – espulsi dalla Spagna prima e dal Portogallo in seguito e ritornati alla religione dei padri in terra d’Olanda. Qui giunse pertanto una nutrita schiera di studiosi che, in quanto cristiani anche se convertiti, poterono frequentare le prestigiose università iberiche, appropriandosi nel contempo della relativa conoscenza teologica, filosofica, giuridica e politica.

È quindi verosimile che l’incontro tra quest’ultimi e gli ebraisti cristiani presenti nel triangolo universitario olandese sia stata una proficua reunion basata su conoscenze e patrimoni simbolici comuni, anche se poi elaborati e fatti confluire su posizioni ideologicamente contrapposte.

Conoscenze filosofiche e patrimoni simbolici: Cartesio, Erasmo e Maimònide si incontrano e si confrontano sul piano del razionalismo filosofico, generando una nuova dialettica tra diritti e doveri sotto lo sguardo compiaciuto della divinità. Sarà questa ricomposizione “giusta e santa” quella di cui l’Olanda ormai indipendente necessita costitutivamente per la sua nuova vita di nazione sovrana.

Moisè Maimoide

Mosè Maimònide

Non solo Esodo

Abbiamo visto come la vicenda biblica dell’Esodo diventa paradigmatica, per il reperimento della base identitaria retroattiva del nuovo Stato olandese; un’identificazione, quella con l’antico Israele, che sancisce la rottura con un passato “romano” di corruzione e tirannia ma che predice soltanto un futuro di armonia governato da leggi divine. Vicenda paradigmatica che, sebbene utile a infondere la sicurezza di un appoggio divino nella ribellione antispagnola, da sola non basta a fornire le strade da percorrere per istituire una struttura politica, giuridica e sociale nell’Unione di Province nata da quella ribellione.

Ecco che risulta funzionale a questa fase della trasformazione delle “terre basse” in Stato repubblicano, la produzione culturale materiale e immateriale, che scaturisce dalla combinazione degli studi ebraisti, dalla predicazione calvinista e dalla lettura quotidiana della Bibbia, specie quella di Stato. I testi biblici a cui far riferimento in questo caso, non sono più quelli del Pentateuco di cui l’Esodo fa parte, bensì quelli della cosiddetta parte “storica”: i due libri dei Re, i due di Samuele, Giosuè, i Giudici, Ester, Rut e le Cronache. Tutti libri che trattano delle vicende, dei problemi e delle soluzioni dell’ormai costituito antico Stato d’Israele. Ma tutti libri che però non prescindono da un continuo intervento divino nelle vicende di un popolo: la qualcosa però non concorda affatto con la filosofia e la predicazione calvinista e col pensiero razionale di natura erasmiana.

Ecco che in questo caso la combinazione della lente filosofico-razionalista di Maimònide e l’approccio storico di Flavio Giuseppe, riguardo le vicende politiche e sociali dell’antico Stato ebraico, permettono di avere una prospettiva etico-politica da proporre alla costituenda società olandese; scartando così la deriva apocalittica presente nel paradigma “profetico-messianico” che fa da cornice ai cosiddetti libri “storici” della Bibbia.

Lo studioso che più di tutti è in grado di agire, declinandole in un vero e proprio progetto politico, le letture del più importante pensatore della storia dell’ebraismo e dello storico ebreo d’età imperiale romana, è l’olandese Peter van der Kun, meglio conosciuto come Petrus Cunæus. La sua De republica Hebræorum più che riproporre ancora una volta un modello identitario punta ad essere un modello costituzionale: una teoria dello Stato ebraico applicabile al nuovo Stato olandese. Una teoria di cui il libro dell’Esodo non fa menzione.

9780521438858_0_424_0_75Chi è Petrus Cunæus

Petrus Cunæus (1586, a Vlissingen – 2 dicembre 1638, a Leida) era il nome latinizzato dello studioso olandese Peter van der Kun. Il suo libro The Hebrew Republic è considerato «la più potente affermazione della teoria repubblicana nei primi anni della Repubblica olandese» (Richard Tuck, Philosophy and government, 1572-1651, Cambridge, 1993)

Cunæus si iscrisse all’Università di Leida a quattordici anni, dove studiò greco ed ebraico. Dopo un viaggio in Inghilterra nel 1603, tornò a Leida per studiare teologia e giurisprudenza. Fu introdotto negli studi rabbinici e in aramaico da Johannes Drusius. Nel 1612, Cunæus divenne professore di latino, nel 1613 di politica, e nel 1615 di giurisprudenza, una posizione che mantenne fino alla sua morte. Cunæus scrisse al culmine dell’interesse protestante per i testi ebraici e per la loro autorità politica e religiosa. Fu tra i principali studiosi cristiani di testi ebraici di una generazione che comprendeva il francese Joseph Scaliger, Hugo Grotius e Bonaventure Vulcanio nei Paesi Bassi, Johannes Buxtorf, padre e figlio in Germania e Inghilterra, John Selden e Daniel Heinsius in Inghilterra. Cunæus corrispondeva anche con studiosi ebrei contemporanei come Menasseh ben Israel

Per Cunæus la Bibbia era un modello giuridico e giuridico per il funzionamento di uno Stato indipendente. Egli fu il principale esperto del suo tempo di Giuseppe Flavio, delle sue Antichità Giudaiche e del suo Contra Apionem, così come della Mishneh Torah (codice di leggi), del Talmud e della Bibbia di Maimònide. 

30262972333Il libro: De Republica Hebræorum

«Di tutti gli Stati antichi, Israele è il più adatto a noi»: Cunæus propone l’antico Israele come esempio di costituzione politica e di vita civile, ispirata e concordata a salvaguardia della libertà, e dedica il suo manifesto politico agli Stati di Olanda e della Frisia occidentale. La dedica dell’opera, importante per capire la trama e l’ordito dell’impianto letterario dell’opera, è rivolta agli uomini politici delle Province Unite. Nella narrazione dell’autore, lo Stato ebraico viene esplicitamente proposto e organizzato come modello politico per la costituenda Repubblica.

La prefazione e i primi capitoli si snodano nel confronto tra le varie Costituzioni antiche esaltando i motivi dell’eccellenza della Repubblica ebraica e sostenendo che essa è la migliore a causa della natura divina della sua genesi; ne consegue che le sue leggi, derivate dalle Sacre Scritture sono più antiche e quindi, secondo l’episteme umanista, garanzia di stabilità e durata.

Stabilita la mutuazione dell’eccellenza dal precedente storico, costituito dall’esperienza statuale ebraica, verso la realtà olandese, l’autore descrive l’organizzazione politico-territoriale che si venne a costituire in terra di Palestina.  Questa è dipinta come una sorta di unione federata di città e relativi comprensori, ciascuna con pari diritti/doveri, fra le quali spicca solamente Gerusalemme per la sua storica e religiosa importanza. La Palestina tutta diventerebbe così “pro urbe unica”, se non fosse per la mancanza di una cerchia di mura. L’autore delinea pertanto una comunità unica fondata sull’uniformità delle Leggi, con la presenza di magistrati, di senatori e di giudici oltre a un sistema metrico e monetario, che così strutturandosi darà vita a l’integrazione delle dodici tribù d’Israele, progenitrice di una grande Nazione. 

«Uniti si cresce e si prospera, divisi si scompare»: il tema della concordia civile al centro delle riflessioni e, soprattutto delle preoccupazioni dell’autore, che richiama, nel frontespizio dell’opera, subito sotto la dedica dell’opera ai Sanctissimi Patri Patriæ, la massima di Sallustio [23] sulla vitale necessità della concordia civile funzionale ad una crescita prospera di una nazione. Un tema talmente sentito dai politici olandesi del tempo che la massima accompagnerà in futuro il conio di moltissime delle monete di pregio olandese; a testimonianza di come questo concetto entrò a far parte stabilmente dell’immaginario politico-precettistico olandese.

Nello sposare la massima sallustiana agli exempla tratti dalla vicenda di Geroboamo [24], che alla fine del regno di Salomone, portò alla spaccatura di quest’ultimo in due entità statuali distinte la prima delle quali destinata all’esilio, l’autore olandese fa manifesto della sua profonda e particolare cultura umanista, che fonde in un unico linguaggio politico la sua conoscenza delle Antiquitates con la personale esperienza delle letture biblico interpretative.

«Uniti nella Legge: Shemà Israel … luister naar Holland»: la Legge e la divinità sono imposte da Mosé al popolo d’Israele e non dalla divinità stessa. Cunæus si affida al Contra Apionem di Flavio Giuseppe per stigmatizzare la dimensione etica distinguendola da quella, parimenti importante, teocratica, dell’antico Stato d’Israele. È proponendo l’interpretazione storica flaviana che l’autore fa confluire le virtù civili della classicità come la giustizia, la temperanza, la concordia nell’alveo della religiosità che si auspica essere il fondamento ideologico della nuova Repubblica. La figura di Mosé assurge a quella del legislatore: è insieme una raccomandazione di un modello e un monito ai legislatori olandesi. È un Mosé profondamente etico quello raccontato da Cunæus: un Mosé che si è fatto scrupolo di utilizzare la legittimazione avuta dalla divinità per diventare a sua volta un tiranno: altro monito ai magistrati affinché siano non i signori delle leggi, ma austeri guardiani e umili servitori di queste. Questo “dono”, la Legge e un’unica divinità, che Mosé fa al suo popolo rappresenta, nell’interpretazione dell’autore di Vlissingen, la formula che riunisce tutti i contenuti di un ethos collettivo che ha permesso a un popolo, quello d’Israele, di attraversare, indenne nella propria identità, tutti i paradigmi politici e sopravvivere finanche in assenza di questi. Prenderlo d’esempio fornisce la garanzia di un’organizzazione sociale e politica che possa durare nel tempo.

Tommaso Erastu

Tommaso Erastu

«Sette volte sette anni … lo shofar: Conterai pure per te sette Shabbat di anni: sette volte sette anni; questi sette Shabbat di anni faranno per te un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese farai squillare la tromba; nel Giorno dell’Espiazione farete squillare la tromba per tutto il Paese. E santificherete il cinquantesimo anno e proclamerete la libertà nel Paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e ognuno di voi tornerà nella sua famiglia. Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non seminerete e non raccoglierete ciò che cresce spontaneamente, e non vendemmierete le vigne non potate. Poiché è il giubileo; esso sarà sacro per voi. Mangerete il prodotto che vi daranno i campi. In quest’anno del giubileo ciascuno tornerà alle sue proprietà» [25].

Le problematiche sociali rappresentano uno dei nodi fondamentali della vita politica: risolverle significa essenzialmente contribuire attivamente al problema della stabilità del paese. Molti trattati politici indicano nella forma di governo una risposta a tale problema: Cunæus invece insiste sulle leggi e sul carattere essenzialmente egualitario di esse, per mantenere stabile un governo. Ecco che una legislazione levitica, apparentemente marginale, diventa il perno sul quale un intero popolo era in grado di perpetrare un equilibrio politico nel tempo.

«Costruisci un’arca lunga 300 cubiti, larga 50 e alta 30» [26]: Mosé è latore delle prime leggi scritte della storia dell’umanità: a questa antichità dobbiamo la maggiore autorità e importanza rispetto a tutto ciò che gli è succeduto in fatto di legislazione. Questo secondo Flavio Giuseppe e secondo Cunæus. Ma prima di lui? Prima di lui il patto della divinità che promise a Noè e ai suoi figli di non levare più la mano contro l’umanità se questa si fosse impegnata a rispettare le leggi naturali della concordia e della tolleranza. La legge noachica, quella che per i rabbini medievale deve regolare i rapporti con il resto dell’umanità gentile, diventa per l’autore olandese, fondamento imprescindibile di tolleranza verso gli altri popoli: la base giuridica “naturale” della moderna repubblica delle Province Unite.

«Due fratelli: maggiore e cadetto»: Mosé e Aronne, potere civile e potere religioso. I Leviti insegnano a Cunæus, che tutte le volte che il potere religioso usurpa quello civile la concordia di uno Stato finisce. Da qui l’importanza del Sinedrio, istituzione emanata dal potere civile, custode della concordia e, quindi, della stabilità di una nazione.

In questa visione dell’autore olandese, si può riconoscere la posizione del suo connazionale Grotius che, a sua volta, ricalca la strada segnata da Tommaso Erasto. Posizione coraggiosa quindi, in un Paese attraversato dalla predicazione calvinista, quella che sostiene la superiorità dello Stato in materia religiosa sulla Chiesa. Lo Stato, nel pensiero erastiano, risulta essere depositario sulla terra di autorità ultima sull’espressione e sulla pratica delle credenze religiose e dell’organizzazione ecclesiastica. Secondo tale dottrina lo Stato detiene, cioè, il diritto di intervenire e di imporre la sua volontà negli affari della Chiesa.

L’Olanda, il nuovo Israele, non dovrà permettere ai sacerdoti di usurpare il ruolo dei garanti della legge, sancendo la superiorità del potere civile – scelto dalla divinità [27] – su quello religioso in terra. Il ricordo della connivenza di Aronne, durante l’episodio del vitello d’oro, concorre a stigmatizzare la caratteristica di un clero incline ad assecondare i più bassi istinti di un popolo. Ancora una volta il topos dell’identificazione con l’antico Israele è funzionale a decostruire le pretese di un clero calvinista in materia di legislazione civica. Questi in sintesi gli snodi fondamentali dell’opera di Cunæus. 

Francesco Goya, Le Cronichos, acquatinta n. 43, 15

Francesco Goya, Le Cronichos, acquatinta n. 43, 15

Conclusione

«Lo Stato degli ebrei, così come lo abbiamo concepito nel capitolo precedente, avrebbe potuto essere eterno, nessuno tuttavia può oramai imitarlo, né è consigliabile che ciò avvenga» [28]. Termina così, con le parole di Spinoza [29] nel 1670, il fertile periodo culturale olandese che ha visto proporre come proprio modello identitario civile, le vicende, le leggi e l’organizzazione sociale ebraiche di un tempo che fu. La pratica di considerare exemplum tutto ciò ch’era connotato dal marchio dell’antico, senza nessun tipo di riflessione critica circa il relativo contesto storico, finisce per perdere pian piano, in ambiente accademico, il suo appeal. Il concetto e l’uso della storicizzazione andranno prendendo il suo posto.

Spinoza contesterà a Cunæus e ai suoi illustri contemporanei e predecessori, i vizi metodologici e contenutistici delle loro opere; primo tra tutti il principio della rivelazione divina attribuita ai testi biblici, riaffermando nel contempo il primato del pensiero razionale per parlare di metodo. E superando la concezione nazionalistica propria degli exempla scaturiti dalla narrazione biblica, con la proposta universalistica di uno Stato che garantisca la libertà di pensiero a tutti.

Ma è il monito rappresentato dall’ultima proposizione dell’affermazione di Spinoza, che richiama necessariamente la nostra attenzione. Un’attenzione, che impegna la storiografia a vigilare sulla pratica ancora oggi in uso, presso alcuni ambiti politici della società contemporanea, di riproporre acriticamente il passato, ovvero mondandolo del contesto e della prospettiva storica che gli sono proprie. Finendo così per riattivare tutte le conseguenti potenzialità catastrofiche che lo hanno contraddistinto o, per dirla con le parole che Goya [30] incise in una delle acqueforti della sua raccolta intitolata Los Caprichos [31]: «Il sonno della ragione genera mostri». 

Dialoghi Mediterranei, n. 65, gennaio 2024 
Note
[1] Guglièlmo I d’Orange-Nassau, detto il Taciturno (nederl. Willelm de Zwijger), statolder delle Province Unite dei Paesi Bassi. – Figlio (castello di Dillenburg, Nassau, 1533 – Delft 1584) del conte Guglielmo di Nassau e della contessa Giuliana di Stolberg, fu membro del Consiglio di Stato dei Paesi Bassi e governatore (statolder) nelle province di Olanda, Zelanda e Utrecht (1559). Contrario all’assolutismo e al centralismo spagnolo, capeggiò la rivolta dei Paesi Bassi contro Filippo II, ma fallì non riuscendo a costruire una nazione unitaria olandese. Convertitosi al calvinismo (1573) aderì all’unione di Utrecht (1579) e divenne governatore generale della Repubblica delle Province Unite che nel 1581 si separò formalmente dalla Spagna. fonte: http://www.treccani.it/enciclopedia/guglielmo-i-d-orange-nassau-detto-il-taciturno
[2] cfr. Arnold van Gennep, I riti di passaggio, Torino, Bollati Boringhieri, 2002
[3] cfr. Victor Turner, Il Processo rituale: struttura e anti-struttura, Brescia, Morcelliana, 1972
[4] dal gr. pentáteuchos, comp. di penta- ‘penta-’ e têuchos ‘vaso, urna’, poi ‘custodia, volume’
[5] qui intesa in riferimento al latino sanctus, participio passato di sancīre, sancire -un patto-, in quanto chi lo recede incorrerebbe a sanzione, proteggere con sanzione, ma anche stabilire per legge e quindi, nell’accezione originaria, ciò che è inviolabile, cioè sacro, in quanto protetto da una sanzione
[6] Rubem Alves, El pueblo de Dios y la liberacion del hombre – cit. in: ENRIQUE DUSSELL, Il paradigma dell’Esodo nella teologia della liberazione, in “CONCILIUM – rivista internazionale di teologia” 1/1987, Brescia, Editrice Queriniana, 1987
[7] Rubem Alves (Boa Esperança 15 settembre 1933 – Campinas, 19 luglio 2014) è stato psicoanalista, educatore, teologo, scrittore ed ex pastore presbiteriano brasiliano
[8] Pico della Mirandola, Giovanni, conte di Concordia. – Filosofo (Mirandola 1463 – Firenze 1494). Si propose di raggiungere una sintesi tra le dottrine più diverse, non solo quelle di ispirazione cristiana e pagana, ma anche quelle di derivazione ebraica e araba e senza escludere il lascito della filosofia medievale: egli scrisse a tal fine un documento articolato in 900 tesi che avrebbe dovuto essere discusso a Roma in una riunione tra dotti provenienti da ogni parte del mondo. La discussione, tuttavia, non si poté tenere, perché alcune di quelle tesi furono ritenute eretiche. Pubblicò quindi l’orazione De hominis dignitate, che avrebbe dovuto inaugurare il congresso e che può essere considerata il «manifesto» dello spirito umanistico-rinascimentale: in essa, infatti, si individua nella libertà la caratteristica fondamentale dell’uomo, garantita dal non essere egli di una natura determinata, ma capace di darsi la natura che vuole, dal non aver limite né chiusura, dal suo essere aperto a tutto, capace di diventare tutto, fino ad ascendere con il suo intelletto al termine ultimo, alla congiunzione con Dio. fonte: http://www.treccani.it/enciclopedia/pico-della-mirandola-giovanni-conte-di-concordia/
[9] Benito Arias Montano – Orientalista, esegeta e umanista spagnolo (Fregenal de la Sierra 1527 – Siviglia 1598). Partecipò come teologo al concilio di Trento (1562); Filippo II nel 1566 lo nominò cappellano e storiografo di corte e lo incaricò di costituire la biblioteca dell’Escuriale, per arricchire la quale l’A. non cessò mai di ricercare, durante i suoi numerosi viaggi, libri e manoscritti preziosi, preoccupandosi nello stesso tempo di costituire, tra i religiosi del luogo, un gruppo di esperti esegeti e orientalisti. Sempre per incarico di Filippo II, diresse l’edizione della Bibbia poliglotta o regia, di Anversa (Biblia sacra hebraice, chaldaice, graece et latine, ecc., 8 voll., 1569-1573; pubblicata presso Chr. Plantin, è detta anche Plantiniana), in cui incluse un immenso materiale erudito (non tutto suo). Tra le altre opere, vanno ricordati il Liber generationis et regenerationis Adam sive de historia generis humani (1593) e la traduzione dall’ebraico in latino dell’Itinerario di Beniamino da Tudela. fonte: http://www.treccani.it/enciclopedia/benito-arias-montano/
[10] Carlo Sigònio – Storico (Modena 1520 circa – Ponte Basso, Modena, 1584). Dapprima al servizio del card. Marino Grimani, succedette (1546) a Modena, quale maestro di greco, a Francesco Porto, che era stato molti anni prima suo maestro; quindi fu insegnante di umanità a Venezia (1552), a Padova (1560) e a Bologna (1563). Erudito appassionato, fornito di acuto spirito critico, avvertì in special modo l’importanza dell’elemento giuridico nello sviluppo delle istituzioni. Scrisse molto di storia e letteratura greca e romana, ma la sua opera principale è il De Regno Italiae (1574), che copre l’età medievale dal 570 al 1200 e che fa di S. il maggior precursore di L. A. Muratori. Coi sei libri Historiarum Bononiensium ab initio civitatis usque ad annum MCCLVII diede inizio alla storia regionale. Scrisse anche opere di filologia e antichità classiche: Regum, consulum, dictatorum ac censorum romanorum Fasti (1550); Emendationes (1555-57); De antiquo iure populi Romani (1560; 2a ed. 1574); De republica Atheniensium (1564); ecc. Una raccolta di Opera omnia di S. fu curata da Muratori e F. Argelati (6 voll., 1732-37). fonte: http://www.treccani.it/enciclopedia/carlo-sigonio/
[11] Lea Campos Boralevi, introduzione a: Petrus Cunæus, De Repubilca Hebræorum, Firenze, Centro Editoriale Toscano, 1996: XVI
[12] il riferimento è a: Hugo Grotius, De antiquitate reipublicae batavicae, Ex officina ioannis Maire, Lugduni Batavorum (Leyde) 1630, in 24, 514.
[13]In questo passo del libro di Samuele, il popolo ebraico reclama un re e il profeta Samuele illustra i pericoli di un ritorno ad un giogo tirannico pari a quello da cui è il popolo stesso era scampato così come narrato nel libro dell’Esodo
[14] L’Università di Leida (in olandese Universiteit Leiden, Academia Lugduno-Batava in latino) è la più antica università dei Paesi Bassi, situata nella città di Leida. Fondata nel 1575 da Guglielmo I d’Orange, durante la Guerra degli ottant’anni. La casa reale degli Orange-Nassau tuttora intrattiene stretti rapporti di collaborazione con l’università. L’università è costituita da sei facoltà ed ospita più di 40 fra istituti di ricerca di livello nazionale ed internazionale.
[15] Ioannes Drusius (latinizzaz. di van der Driessche) – Teologo e orientalista belga (Andenarde 1550 – Franeker 1616), prof. a Oxford, e poi a Leida e Franeker, autore di numerose opere d’esegesi biblica e di grammatica ebraica. fonte: http://www.treccani.it/enciclopedia/ioannes-drusius/
[16] Il testo masoretico è la versione ebraica della Bibbia ufficialmente in uso fra gli ebrei. Viene spesso utilizzata come base per traduzioni dell’Antico Testamento da parte dei cristiani. Essa venne composta, edita e diffusa da un gruppo di ebrei noto come Masoreti fra il primo e il X secolo d.C. Contiene varianti, alcune significative, rispetto alla più antica versione greca detta dei Settanta.
[17] Huig van Groot (latinizz. Grotius, ital. Gròzio). – Giurista, filosofo, teologo e filologo olandese (Delft 1583 – Rostock 1645). Considerato il fondatore del diritto naturale, o giusnaturalismo, moderno, nella sua opera principale De iure belli ac pacis (1625), in cui sostenne l’esistenza di un diritto internazionale, si avverte un maggiore distacco da preoccupazioni di ordine teologico e un più vivo senso di autonomia della ragione rispetto a un Tommaso o a un Suarez, alle cui dottrine possono essere avvicinate alcune sue formulazioni. La mentalità di G. è quella di un umanista cristiano, di tradizione erasmiana; egli cerca, al di sotto di un sistema teologico o di un sistema di norme giuridiche, una trama razionale che ne costituisce l’essenza e che sorregge le altre componenti non sostanziali. fonte: http://www.treccani.it/enciclopedia/huig-van-groot/
[18] Tito Flavio Giuseppe (in latino: Titus Flavius Iosephus), nato Yosef ben Matityahu (Gerusalemme, 37-38 circa – Roma, 100 circa) è stato uno scrittore, storico, politico e militare romano di origine ebraica. È nel periodo oggetto del presente lavoro, che gli studi sull’autore di Antiquitates iudaicae e Contra Apionem, registrano una spinta poderosa: una vera e propria Flavius Iosephus Renaissance. Flavio Giuseppe dette, agli studiosi ebraisti, la possibilità di analizzare, per mezzo delle sue opere, la vita politica della popolazione ebraica.
[19] La Mishneh Torah, in ebraico: “La ripetizione della Torah”, è un codice di leggi religiose ebraiche scritto da Maimonide.
[20] Moshe ben Maimon, più noto nell’Europa medievale col nome di Mosè Maimònide. (Cordova, 30 marzo 1135 – Il Cairo, 12 dicembre 1204), è stato un filosofo, rabbino, medico, talmudista, giurista spagnolo, una delle personalità di spicco dell’Andalusia sotto il dominio arabo, tra i più importanti pensatori nella storia dell’ebraismo.
[21] Apione Plistonice (Oasi di Siwa, 20 a.C. – 45) è stato un grammatico, sofista e commentatore di Omero egiziano di età ellenistica, conosciuto per la sua avversione agli Ebrei e al giudaismo.
[22] Al successo economico e militare dell’Olanda del tempo è abbinato il concetto di leapfrogging – salto della rana – tale concetto è utilizzato in molti settori dell’economia e degli affari, ed è stato originariamente sviluppato nel campo dell’organizzazione industriale e della crescita economica. L’idea principale al di là del concetto di salto di velocità è che piccole e incrementali innovazioni portano l’azienda dominante a rimanere in testa. Tuttavia, a volte, innovazioni radicali permetteranno alle nuove imprese di scavalcare l’antica e dominante impresa. Il fenomeno può verificarsi per le imprese ma anche per la leadership di paesi o città.
[23]concordia parvæ res crescunt, discordia maximæ dilabuntur” Sallustio, Bellum Iugurthinum (10,6).
[24] Geroboamo (Sareda, … – Tirzah, 909 a.e.v.)  fu il primo re del regno di Israele, separato da quello di Giuda dopo la morte di re Salomone. Apparteneva alla tribù di Efraim ed era figlio di Nebat di Zereda e di Zerua. Regnò dal 930 al 909 a.e.v.
[25] Dal libro del Levitico (25:10-13).
[26] Dal libro della Genesi (6:15).
[27] Vedasi il frontespizio dell’opera di Cunæus dove Mosé è circondato da raggi di luce che ne testimoniano l’ispirazione divina.
[28] B. Spinoza, Tractatus Theologico-politicus (1670) cap. XVIII, testo latino dell’ed. Gebhardt, trad. it. a cura di A. Dini cit. da Lea Campos Boralevi in id. Politeia Biblica, Firenze Leo S. Olschki Editore, 2002: 431.
[29] Benedetto Spinòza (lat. Benedictus [ebr. Baruch] de Spinoza). – Filosofo (Amsterdam 1632 – L’Aia 1677), di famiglia ebraica emigrata dal Portogallo. Per le sue opinioni apertamente professate e sostenute, contrarie all’ortodossia religiosa, fu scomunicato dalla comunità ebraica sefardita (1656). In vita pubblicò soltanto Renati Des Cartes Principiorum Philosophiae, Pars I et II, more geometrico demonstratae e Cogitata metaphysica (1663) e, anonimo, il Tractatus theologico-politicus (1670), che gli procurò tuttavia tali inimicizie da indurlo a rinunciare alla pubblicazione di quella che fu l’opera di tutta la sua vita e il suo capolavoro, l’Ethica. Alla sua morte, gli amici pubblicarono (1677) gli Opera posthuma, contenenti: l’Ethica ordine geometrico demonstrata; il Tractatus politicus (incompiuto); il Tractatus de intellectus emendatione (incompiuto); le Epistolae; il Compendium grammatices linguae hebreae. fonte: http://www.treccani.it/enciclopedia/benedetto-spinoza
[30] Francisco José Goya y Lucientes – Pittore e incisore spagnolo (Fuendetodos, Saragozza, 1746 – Bordeaux 1828).
[31] Los Caprichos sono un ciclo di ottanta tavole eseguite con le tecniche di acquetinte e acquaforte dal pittore spagnolo Francisco Goya durante gli anni novanta del XVIII secolo. 
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Sergio Ciappina, siciliano di nascita, toscano d’adozione; si occupa di ingegneria dei sistemi informatici e networking strutturale; ha conseguito un diploma di laurea in Storia presso l’Università degli Studi di Firenze con una tesi sulle «Radici e evoluzione del pregiudizio antiebraico: un’analisi storico-semantica» pubblicata dall’Osservatorio antisemitismo della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea CDEC ETS; ha successivamente proseguito gli studi e la ricerca conseguendo il diploma di laurea magistrale in Scienze Storiche con una tesi sulla «Repressione del dissenso intellettuale sotto il fascismo: Giuseppe Rensi e Ernesto Rossi nelle carte della polizia». Fa parte della redazione del progetto di ricerca gestito dalla Firenze University Press Intellettuali in fuga dall’Italia fascista. Attualmente frequenta il secondo anno del corso di laurea magistrale in Intermediazione Culturale e Religiosa e sta ultimando il Corso di perfezionamento in didattica della Shoah, entrambi sempre presso l’Università degli Studi di Firenze.

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