di Olimpia Niglio
A tutti è noto che il barometro è uno strumento per misurare la pressione atmosferica ma in senso figurativo si usa questo termine anche per indicare l’indice rivelatore di una situazione particolare che si è venuta a determinare. In analogia proprio al suo uso originario questa parola trova molti riscontri in ambito economico per valutare, ad esempio, gli indici di produttività o di andamento di una data realtà economica; oppure trova raffronti nel settore commerciale per valutare la posizione di un dato brand o di una specifica industria rispetto alle sue concorrenti.
Ovviamente non sono questi gli ambiti a cui intendiamo riferirci; tuttavia l’analisi dell’evoluzione di una certa situazione interessa molto anche il settore culturale nonché sociale i cui sviluppi ed evoluzioni costituiscono un riferimento fondamentale per misurare le capacità di dialogo e condivisione che vengono a stabilirsi tra differenti culture.
Il livello di conoscenza, di appropriazione, di riconoscimento e di formazione nei riguardi del proprio patrimonio culturale, che possiamo individuare all’interno delle singole comunità, ci consente infatti di stimare il grado di appartenenza che ciascuno individuo riconosce nei confronti di una specifica realtà o tradizione. Ad esempio, l’analisi dello stato di conservazione di un patrimonio architettonico di un certo pregio storico-artistico o ancora i metodi di valorizzazione delle tradizioni orali messe in atto all’interno di una comunità sono tutti segnali che dimostrano quanto realmente questi beni culturali ereditati siano correttamente inseriti nella vita quotidiana e quindi simbolo di identificazione. Ecco che lo stato in cui versa un patrimonio culturale, sia esso tangibile che intangibile (che a regola è impossibile scindere), non è altro che un “barometro” con cui è possibile testare le capacità di una comunità nel riconoscersi in specifiche identità culturali e di saperle conservare e valorizzare nel rispetto dei princìpi di quella eredità ricevuta in dono e da trasmettere alle generazioni future (Mauss, 2016).
Osservando differenti realtà del globo terrestre non è difficile intuire le differenti misure che le comunità adottano nei confronti del patrimonio ereditato o anche contem- poraneo e di come sia veramente difficile individuare una linea di comportamento che possa rispondere, con medesime modalità, alle diversificate identità culturali. Infatti, è evidente osservare che la valorizzazione del patrimonio di una nazione passa attraverso processi molto differenti, non omologati e non sempre in linea con le direttive, convenzioni e norme internazionali che in qualche modo cercano di mettere ordine e di delineare delle “guide di comportamento” senza però poter rispettare tutte quelle innumerevoli esigenze identitarie che rendono proprio impossibile questa logica di omologazione principalmente favorita dalla cultura eurocentrica.
Le azioni che oggi molti Paesi mettono in campo sono quelle di far passare la valorizzazione del patrimonio culturale attraverso attività di formazione e di ricerca, realizzazione di reti di condivisione per progetti partecipati, di coinvolgimento pubblico, di inclusione sociale ed il tutto fruendo anche delle tecnologie digitali che ovviamente consentono di ridurre le distanze geografiche ma non sempre quelle culturali.
La storia contemporanea però ci dimostra che i temi che d’ora in avanti la comunità internazionale deve concretamente affrontare sono alquanto più complessi ed investono aspetti che sono sempre esistiti ma che oggi, più che nei secoli passati, si sono fortemente incrementati, interferendo non poco con una quotidianità non ancora pronta al dialogo interculturale.
Ovviamente è opportuno concentrarci sui flussi migratori e sui dialoghi interreligiosi che, in particolare in Europa, in questo ultimo ventennio hanno interessato i legami con il mondo islamico. Le vicende a cui abbiamo assistito negli ultimi anni hanno dimostrato come il patrimonio culturale sia stato oggetto di devastanti attacchi che in molti casi hanno cancellato per sempre riferimenti ideologici ed identitari importanti. Non ultimo il caso dello storico minareto al-Hadba presso la moschea di Grand al-Nuri a Mosul in Iraq, distrutto il 22 giugno 2017. Una delle cause di tutto ciò va ricercata nella mancanza di dialogo interculturale e nella scarsa alfabetizzazione, ossia assenza quasi totale alla messa in atto di percorsi di avvicinamento e di avviamento alla comprensione di linguaggi, tradizioni e quindi patrimoni culturali differenti.
Queste situazioni hanno consentito alla comunità internazionale di misurare le forti tensioni sociali e politiche e di iniziare a prendere provvedimenti in grado di ristabilire un dialogo segnato da una profonda soluzione di continuità. Molte città sono state distrutte, molti monumenti amputati o del tutto cancellati e tanti cittadini hanno dovuto abbandonare, quando possibile, le loro case e quindi i loro luoghi di origine. Se potessimo misurare tutto questo con un barometro, non sarebbe difficile riscontrare un livello di pressione e quindi di tensione sociale, politica ed economica molto alta a cui interi paesi sono sottoposti da anni e il cui livello ha raggiunto oramai una quota così elevata da aver prodotto fenomeni migratori importanti e che mai così forti si sono registrati nella storia dell’umanità.
Da tutto ciò deduciamo che il primo patrimonio culturale, “barometro” della realtà, non è altro che l’uomo, la comunità, le sue radici culturali sulle quali ha attivato procedure di salvaguardia nonché continuato a costruire e innovare per il futuro, valorizzando così anche i valori identitari che si porta dentro (Niglio, 2016). Però quando il valore della ragione, della libertà, della democrazia, dello Stato di diritto e della distinzione tra politica e religione, nonché della dignità e dell’esistenza proprio dell’essere vivente vengono messi in discussione e oppressi allora ci troviamo di fronte ad una nuova cultura, in larga parte influenzata da forme di potere le cui caratteristiche e contenuti ideologici sono in estremo contrasto rispetto alla valorizzazione della dignità della persona umana.
Solo rimettendo al centro l’uomo e quindi il rispetto e la valorizzazione della sua dignità sarà possibile far prevalere criteri etici in grado di guidare la politica e lo sviluppo dei Paesi in modo scrupoloso e impegnando le singole persone al dialogo sia religioso, politico che economico-imprenditoriale. Questo dialogo deve mirare ad edificare una realtà comunitaria in cui le persone operano in maniera solidale, non soggetti solo alle leggi del mercato, ma fondamentalmente preoc- cupati di salvaguardare il patrimonio umano. È quanto emerge nell’esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Europa, scritta nel 2003, dal santo padre Giovanni Paolo II che proprio sul tema della salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale delle singole nazioni poneva l’accento sulle questioni migratorie e sul rapporto tra il vecchio continente e il dialogo con l’Islam.
In realtà nel progettare e costruire la città degna dell’uomo non è possibile rinunciare ad analizzare problemi e situazioni riguardanti la vita della comunità e le sue relazioni con una realtà sociale sempre più multiculturale e alle integrazioni con gli immigrati. In particolare al paragrafo 102 Giovanni Paolo II affermava:
«[…] Occorre pure impegnarsi per individuare forme possibili di genuina integrazione degli immigrati legittimamente accolti nel tessuto sociale e culturale delle diverse nazioni europee. Essa esige che non si abbia a cedere all’indifferentismo circa i valori umani universali e che si abbia a salvaguardare il patrimonio culturale proprio di ogni nazione. Una convivenza pacifica e uno scambio delle reciproche ricchezze interiori renderà possibile l’edificazione di una Europa che sappia essere casa comune, nella quale ciascuno possa essere accolto, nessuno venga discriminato, tutti siano trattati e vivano responsabilmente come membri di una sola grande famiglia».
Tutto questo ovviamente richiede una base culturale molto forte e soprattutto una capacità di analisi dinamica e flessibile, in grado di avvicinarsi all’altro senza alcun condizionamento o preconcetti i quali non fanno altro che contribuire ad edificare barriere senza alcun significato etico e morale. Differentemente studiare e approfondire le altrui culture deve stimolare e aiutare a migliorare la conoscenza relativa alle singole realtà sociali e politiche nonché delle altre religioni e poter così costruire un colloquio tra individui interessati a edificare la “casa comune”.
Con specifico riferimento alla realtà europea odierna un ruolo fondamentale è certamente il corretto rapporto con l’Islam (Cardini, 2007) e con le altre religioni e questo deve essere affrontato e condotto con chiarezza di idee, con fiducia e soprattutto con consapevoli basi di alfabetizzazione e di conoscenza delle altrui culture, conoscenze in grado di favorire la libertà di pensiero, di svilup- pare le capacità critiche e di stabilire così punti di incontro e di confronto costruttivo. Una volta realizzate queste basi possiamo pensare concretamente di riflettere sulle necessità delle singole comunità e quindi costruire il futuro nella ottemperanza dei rispettivi paradigmi culturali e storici propri di ogni nazione.
Al riguardo nel 1976 Julius Nyerere, padre fondatore della Tanzania e primo presidente della Repubblica, all’apertura della “International Adult Education Conference” presso la città di Dar es Salaam affermava:
«[…] Our present task is therefore primarily that of helping people to acquire the tools of development – the literacy, the knowledge of health needs, the need for improved production, the need to improve dwelling places, and the basic skills necessary to meet all these demands».
Quindi solo attraverso un corretto approccio conoscitivo finalizzato ad avvicinarsi in modo consapevole e non “colonialista” verso le altrui culture, sarà possibile allora iniziare a elaborare criteri di analisi e metodi operativi finalizzati a costruire la nostra “casa comune” – come afferma anche Papa Francesco nel Laudato Si – nel rispetto dei reciproci patrimoni culturali. Sarà possibile perseguire tutto questo attraverso una conoscenza ragionata del nostro passato che ci aiuterà a delineare le linee guida per meglio costruire il futuro.
Un recente documento Reading the past,writing the future dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura ha messo in primo piano la promozione e l’importanza fondamentale dell’educazione culturale e dell’alfabetizzazione degli individui a tutti i livelli, essendo l’uomo, quindi la comunità tutta, regista e attore del futuro del mondo. [http://unesdoc.unesco.org/images/0024/002475/247563e.pdf]
Tali processi di conoscenza e di alfabetizzazione relativa alle altrui culture costituiscono la base per il dialogo, la negoziazione e il rispetto delle specificità e dei patrimoni locali; questo rispetto di identificazione aiuterà a costruire il futuro seguendo le esigenze degli individui e delle singole comunità. Ovviamente questi progressi, verso lo sviluppo della cultura e del dialogo, diventeranno realtà concrete solo con il contributo di tutti e di adeguate politiche internazionali di welfare che saranno in grado di rispondere al meglio proprio alle diversità dei singoli patrimoni culturali. Sarà quindi fondamentale avanzare con quanto previsto anche dall’Agenda 2030 [http://en.unesco.org/sdgs] il cui punto 4 auspica un’educazione di qualità che possa favorire l’inclusione e principalmente opportunità di apprendimento per tutti perché solo in questo modo possiamo augurarci che la pressione sociale e politica possa trovare un corretto livello di equilibrio e quindi consentire certamente maggiori opportunità di conoscenze, attivazione di programmi di conservazione e valorizzazione dei singoli patrimoni culturali, la cui esistenza e qualità non rappresenta altro che il barometro con cui misurare il benessere della comunità internazionale e il futuro sostenibile del mondo.
Dialoghi Mediterranei, n.28, novembre 2017
Riferimenti bibliografici
Cardini, Franco (2007), Europa e Islam. Storia di un malinteso, Laterza, Roma-Bari
Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Europa del Santo Padre Giovanni Paolo II. Ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, ai consacrati e alle consacrate ed a tutti i fedeli laici su Gesù Cristo, vivente nella sua chiesa, sorgente di speranza per l’Europa, Libreria Editrice Vaticana, Vaticano 2003.
Mauss, Marcel (2016), Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, Einaudi, Torino.
Niglio, Olimpia (2016), Il Patrimonio Umano prima ancora del Patrimonio dell’Umanità, in “Cities of memory” International Journal on Culture and Heritage at Risk, Vol. 1, n.1, aprile, Edifir, Firenze: 47-52.
Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (2017), Reading the past, writing the future, UNESCO, Parigi.
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Olimpia Niglio, architetto, PhD e Post PhD in Conservazione dei Beni Architettonici, è docente titolare di Storia e Restauro dell’Architettura comparata all’Universidad de Bogotá Jorge Tadeo Lozano (Colombia). È Follower researcher presso la Kyoto University, Graduate School of Human and Environmental Studies in Giappone. Dal 2016 in qualità di docente incaricato svolge i corsi Architettura sacra e valorizzazione presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Santa Maria di Monte Berico” della Pontificia Facoltà Teologica Marianum con sede in Vicenza, Italia.
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