CIP
di Giampiero Lupatelli [*]
Bonifica e Montagna
Il rapporto tra Bonifica e Montagna nasce, proprio da queste parti, giusto 120 anni fa. Nel 1904 un articolo pubblicato su “Il Giornale dei Lavori Pubblici e delle Strade Ferrate” [1904, n.9 pag. 102] titola “Il bilancio economico ed igienico delle bonifiche idrauliche in Italia” pronuncia per la prima volta le parole magiche che segnano l’origine di questo incontro. Nell’articolo si afferma e si richiede «che le nuove leggi sanciscano il principio della bonifica integrale, il quale risponde senza dubbio alla duplice esigenza della scienza e della pratica concreta». L’articolo portava come firma quella di “San Polo”, pseudonimo detoponimico che poco nascondeva ai lettori la figura di un ancor giovane Meuccio Ruini.
Come molti, ho sempre associato la nozione di bonifica integrale al nome di Arrigo Serpieri e debbo invece a Oscar Gaspari e alle sue note su Il Segretariato per la Montagna il tardivo riconoscimento della corretta attribuzione della paternità del termine. Di un nome e, con questo, della complessa e straordinaria vicenda amministrativa, storica, economica e politica che quel nome richiama.
D’altra parte, lo stesso Arrigo Serpieri confinava in poche righe l’origine della locuzione, datandola al 1911 e attribuendola a Ettore Scacchi, Ministro dei Lavori Pubblici: Ministro che era invece ben consapevole ed esplicitamente consenziente del doverla attribuire a Ruini, suo capo di Gabinetto.
Da Meuccio Ruini, dunque, partono non per caso le mie considerazioni su Bonifica e Montagna; da quel Meuccio Ruini – il più dimenticato e per tanti versi invece forse il più illustre dei Padri Costituenti reggiani – al quale mi è sembrato necessario, l’anno passato, in occasione del primo Festival de “La Montagna del Latte scende in Città”, fare omaggio della riedizione del fondamentale testo su La Montagna in Guerra e dopo la Guerra.
Tre considerazioni di sapore storico
Ci sono tre considerazioni – se non propriamente storiche, me ne mancherebbe lo spessore disciplinare per trattarle, ma che di storico hanno almeno di sapore – che mi preme richiamare oggi come necessario riferimento in apertura alle riflessioni – per le quali sono forse un po’ più titolato – con le quali vorrei concludere in una chiave dichiaratamente programmatica le mie valutazioni su una attualissima Agenda del rapporto Bonifica-Montagna in questa giornata che, della vicenda della Montagna del Latte, a me fin troppo cara, rappresenta una pagina per nulla secondaria.
La prima notazione riguarda l’impronta storica fortissima – e purtroppo, invece, assai meno rinvenibile nella attualità – che la cultura politica emiliana ha saputo dare alla considerazione politica della Questione Montana come essenziale questione territoriale del nostro Paese; dalla battaglia (e dalla sconfitta) del piacentino Luchino Dal Verme per una considerazione più matura, meno rivendicativa e soprattutto più consapevole delle dimensioni strutturali della disuguaglianza territoriale; considerazione che gli valse il plauso di un meridionalista determinato ma singolarmente attento alle determinanti dei processi sociali come Giustino Fortunato.
E dopo Dal Verme il parmigiano Giuseppe Micheli con la sua Giovane montagna e il reggiano Meuccio Ruini. Passando per lo stesso Arrigo Serpieri, bolognese di nascita per arrivare al quasi emiliano (per adozione accademica) Michele Gortani, padre della Costituzionalizzazione della Questione Montana nel secondo comma dell’art.44.
La seconda considerazione – che ho già sfiorato nel richiamare l’approccio “antimeridionalista” di Dal Verme – è, appunto, quella che riguarda l’importanza di una politica territoriale non ricalcata sulle orme degli antichi confini pre-unitari e delle loro clientele (e annesse lamentele) da passato regime, per misurarsi invece con le drammatiche determinanti della geografia fisica. Tema che emerge nella discussione sulle leggi speciali per Calabria e Basilicata del 1902 e poi per la loro estensione a tutto il Mezzogiorno alla quale la nuova cultura montanara contrappone una considerazione dell’intera Montagna: «Se nel Meridione la regione più povera è la Basilicata, nel Settentrione questa non è unificata amministrativamente, ma esiste, è la regione appenninica compresa tra la provincia di Alessandria e la Romagna». Una anticipazione di versioni più mature e più moderne che nella questione meridionale sapranno discernerne “polpa e osso” nella visione di Manlio Rossi Doria o “le Aree Interne” in quella ancora più recente di Fabrizio Barca.
La terza considerazione riguarda la vivacità del confronto tra gli interessi; tra il peso degli “interessi nazionali” (essenzialmente quelli degli elettrici, cento anni fa) e le ragioni degli “interessi montanari” di cui i nostri uomini sono e vogliono essere espressione. Meuccio Ruini ne propone una formulazione che trovo straordinariamente adeguata e pertinente alla riflessione che oggi vogliamo svolgere, proprio in questa nostra specifica sede.
Dice Ruini: «Noi sappiamo che bisogna conciliare gli interessi dei più con quelli della terra e, se non crediamo che la ricostituzione montana si possa fare senza ledere interessi, non pensiamo ne invochiamo il suicidio dei montanari, che ci sembra troppo eroico».
Proviamo allora a rileggere queste considerazioni alla luce del rapporto che lega oggi la Bonifica, il Consorzio di Bonifica dell’Emilia Centrale, al territorio montano e, in particolare alle Amministrazioni Locali della Montagna Reggiana. I Comuni della Montagna Reggiana hanno sempre trovato nel Consorzio di Bonifica un interlocutore importante per la propria iniziativa di tutela e promozione del territorio; un interlocutore presente sul territorio, dotato di una propria capacità di intervento, sempre disponibile alla collaborazione.
L’occasione della Strategia Nazionale per le Aree Interne e il riconoscimento che ne è conseguito della “Montagna del Latte” come una delle tre Green Community pilota a livello nazionale, ha rilanciato e approfondito questo tradizionale sentiment positivo facendo del Consorzio di Bonifica un partner fondamentale e prioritario dell’Unione dei Comuni nell’impegno per lo sviluppo territoriale e la sostenibilità.
Questo è accaduto per ragioni contingenti, sensibilità convergenti delle persone che hanno guidato gli Enti in questo percorso di cooperazione, opportunità facilitanti che il contesto programmatico e normativo ci ha proposto, talvolta inaspettatamente. È accaduto però anche per ragioni di carattere strutturale che molto hanno a che fare con le radici storiche cui ci siamo riferiti in apertura.
Il Consorzio di Bonifica rappresenta una forma di organizzazione originalissima che, nella rappresentazione degli interessi che guidano la programmazione e la gestione degli interventi, dà peso alla distribuzione della terra, prima e più che a quella degli uomini. E questo per la Montagna è già importante.
Ancora più importante se si pensa che la terra da considerare è sia quella che conosce proprietà e responsabilità ben definite nelle aziende agricole che la coltivano; sia, e in montagna non è certo poca, quella che ormai non è più curata da nessuno; la terra che è stata abbandonata e che si sta inselvatichendo, con gravi problemi e preoccupazioni.
La collaborazione in corso tra Unione e Consorzio di Bonifica nella attuazione del Programma Operativo per la Green Community, riguarda entrambi questi aspetti sui quali interviene con due linee di azione. La prima di queste riguarda il contributo delle coltivazioni foraggere ad assicurare tenuta e stabilità del suolo ma anche sostenibilità ambientale delle produzioni ed è in diretta ed esplicita connessione con la sperimentazione operata nel Progetto LIFE di cui proprio oggi, in questa sala, discutiamo gli esiti. La seconda riguarda invece il processo di associazionismo fondiario che deve assicurare nuove prospettive, economiche e sociali oltre che ambientali, ai territori dell’abbandono.
Su entrambe le linee i lavori del Programma Operativo della Green Community sono partiti e dal loro sviluppo ci aspettiamo risultasti interessanti. Risultati che potranno non solo arricchire la consapevolezza tecnica e quella amministrativa e istituzionale degli Enti, ma anche generare nuove e più ampie occasioni di collaborazione entro una Agenda di lavoro condiviso tra le istituzioni e le Agenzie territoriale di cui la Montagna, quella Reggiana non meno di quella italiana, hanno così evidentemente bisogno.
Da ultimo, debbo ricordare che la Montagna ha aspettative nei confronti della Bonifica che vanno anche oltre il comune terreno di sperimentazione avviato; si aspetta infatti una attenzione per così dire particolare che consenta di dedicare alle sistemazioni idrauliche, agrarie e forestali del territorio montano, risorse più cospicue di quelle generate direttamente dai flussi dei canoni, più modesti, che le proprietà fondiarie della montagna versano ordinariamente alla Bonifica.
Già è così, da tempo, nella pratica, per una positiva tradizione che il Consorzio ha portato avanti, manifestando una sensibilità tanto più apprezzabile che attribuisce valore ad una ragione di equità, peraltro evidente, visto che dalle condizioni di stabilità dei versanti montani dipendono in misura significativa le condizioni di sicurezza non solo delle terre alte ma anche di quelle, assai più produttive e artificializzate, della pianura.
In qualche misura questo implicito patto di solidarietà interpreta la aspirazione della società contemporanea a riconoscere relazioni ecosistemiche e a ricostruirne il funzionamento entro un orizzonte metro-montano che riconosce, appunto, i servizi ecosistemici prestati e si propone di trasformarli esplicitamente in transazioni esplicite. Pagamenti, per i Servizi Ecosistemici ed Ambientali prestati come indica l’art. 70 della Legge 221/2015 che non casualmente è seguito d’appresso da quel art. 72 che istituisce invece le Green Community.
Green Community da intendere quindi insieme come occasione scatenante per generare e come ambiente accogliente per ospitare questo Patto. Come questa istanza possa utilizzare i canali consolidati di una relazione tra «gli interessi dei più e gli interessi della terra» per dirla con le parole antiche – ma per niente antiquate! – di Meuccio Ruini è esattamente la sfida che ci sta di fronte.
Dialoghi Mediterranei, n. 66, marzo 2024
[*] Questo breve saggio nasce come intervento alla Final Conference del Progetto LIFE AgriCOLture promosso dal Consorzio di Bonifica dell’Emilia Centrale che si è tenuto il 24 gennaio 2023 presso la sala conferenze del medesimo Consorzio di Bonifica a Reggio Emilia. La consuetudine dei partecipanti con i temi e le figure che questo intervento chiama in causa consentiva di dare per scontato quel che scontato non è per gran parte dei lettori de “Il Centro in Periferia”; nel riproporre in questa sede il mio intervento è doveroso per me aderire all’invito di Pietro Clementi per fornire ai lettori qualche riferimento in più sui personaggi che ne animano la scena. Ho preferito alla più tradizionale – e un po’ pedante – forma delle note a piè di pagina, farlo nella forma di un piccolo regesto finale, una sorta di Dizionario Biografico, delle figure che il saggio porta in scena.
Luchino dal Verme (Milano 26 sett. 1838, Roma 22 marzo 1911)
Nel 1890 (XVII legislatura), viene stato eletto deputato per il secondo collegio di Pavia; rieletto, nello stesso collegio e poi in quello di Bobbio, ininterrottamente fino alla XXIII legislatura, militando nelle file del Centrodestra, facendo parte della Giunta superiore del catasto e del Consiglio dell’emigrazione, e rivestendo anche la carica di sottosegretario di Stato al ministero della Guerra, dal marzo al luglio 1896, durante il gabinetto Di Rudinì. Sempre in Parlamento fece parte di importanti commissioni, come quella di inchiesta sui contadini del Mezzogiorno, e fu promotore di numerosi e importanti progetti di legge.
Giustino Fortunato (Rionero in Vulture, 4 settembre 1848- Napoli, 23 luglio 1932)
Politico e storico italiano, fra i più importanti rappresentanti del Meridionalismo. Studiò i problemi riguardanti la crisi sociale ed economica del sud dopo l’unità nazionale, illustrando nelle sue opere una serie di interventi programmati per fronteggiare la cosiddetta questione meridionale. Durante la sua attività parlamentare, si impegnò nel miglioramento delle infrastrutture, dell’alfabetizzazione e della sanità nel Mezzogiorno, sostenendo politiche di bonifica r profilassi farmacologica.
Giuseppe Micheli (Parma, 19 ottobre 1874- Roma 1 ottobre 1948).
Senatore e, più volte, deputato e ministro del Regno d’Italia nei governi Nitti II, Giolitti V e Bonomi I, fu anche vicepresidente della Camera dei deputati presieduta da Vittorio Emanuele Orlando e ministro della Repubblica italiana nel secondo governo De Gaspari. Il 15 agosto 1899 fondò l’associazione cattolica La Giovine Montagna, per la valorizzazione dell’Appennino Emiliano, alla cui nascita fece seguito quella del periodico La Giovane Montagna, fondato sempre dal Micheli come “organo degli interessi delle vallate parmensi e pontremolesi” e di cui fu direttore e anima politica.
Meuccio Ruini (Reggio Emilia, 14 dicembre 1877- Roma, 6 marzo 1970)
Intraprende la carriera di funzionario pubblico nel 1899 e nel 1912 diviene Direttore Generale per il Mezzogiorno presso il ministero dei lavori pubblici. Intraprende poi la carriera politica che lo vede eletto deputato per la lista radicale nel collegio di Castelnuovo Monti. Nello stesso anno è nominato Consigliere di Stato. A gennaio 1919 entra a far parte del governo Orlando come sottosegretario all’Industria, Commercio e Lavoro. Uscito di scena per il rigoroso impegno antifascista, nel dopoguerra la ripresa della vita politica democratica lo vede protagonista ricoprendo incarichi parlamentari e di Governo. Partecipa nella Commissione dei 75 della Assemblea Costituente, alla scrittura della Costituzione Italiana. Senatore di Diritto nel 1948, poi Senatore a vita dal 1963. Presidente del Consiglio di Stato nel 1949, promotore, animatore e presidente del Consiglio dell’Economia e del Lavoro. Meuccio Ruini impersona una originale figura di civil servant di cui da conto un brillante profilo biografico scritto da Federico Caffè.
Arrigo Serpieri (Bologna, 15 giugno 1877- Firenze, 29 gennaio 1960)
Economista, politico e agronomo italiano. Presidente dell’Accademia dei Georgofili (1926-1944), Senatore dal 1939, Rettore dell’Università di Firenze dal 1937 al 1943. Nel 1912 riceve l’incarico di organizzare l’Istituto superiore forestale nazionale di Firenze di cui fu Direttore e titolare della cattedra di Economia e Estimo Forestale. L’amore per la montagna fu il principale movente della sua attività scientifica. Promosse il buon governo delle foreste coniugandolo con le esigenze di vita della popolazione montanara. Fondatore dell’economia agraria, presidente dell’Istituto nazionale di economia agraria dalla fondazione. Presidente dell’Associazione nazionale dei consorzi di bonifica dal 1929 al 1935, fu uno dei principali fautori delle opere di bonifica. Fu considerato il padre del concetto di bonifica integrale. Fu sottosegretario al Ministero dell’Agricoltura e foreste, con delega alla Bonifica integrale. In questa veste, varò il Testo unico sulla bonifica integrale (Legge n. 215 del 13 febbraio 1933).
Manlio Rossi-Doria (Roma, 25 maggio 1905- Roma, 5 giugno 1988)
Economista e politico italiano. Laureato nel 1928 alla Facoltà di Agraria di Portici, lavorò per due anni a ricerche sull’economia agraria di Africo. Nel 1944 fu incaricato per l’insegnamento di Economia e politica agraria alla Facoltà di Agraria di Portici. Nel 1959 fondò il Centro di Specializzazione e Ricerche Economico-agrarie per il Mezzogiorno e diventò uno dei principali sostenitori della riforma agraria in Calabria. Protagonista di una lunga militanza antifascista fu eletto senatore nel 1968 e 1972. Nel 1981 assunse la presidenza dell’ Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia.
Michele Gortani (Lugo, 16 gennaio 1883- Tolmezzo, 24 gennaio 1966)
Geologo, paleontologo, e politico italiano. Laureato all’Università di Bologna in Scienze Naturali nel 1904 ha vinto nel 1922 la cattedra di Geologia presso l’Ateneo di Cagliari, entrando nel 1924 in cattedra all’Ateneo di Bologna, dove è rimasto sino al collocamento a riposo, ricevendone la nomina a professore emerito nel 1953. Qui, è stato lungamente direttore dell’Istituto di geologia e paleontologia, di cui ha arricchito biblioteca e museo, Socio dell’Accademia dei Lince. dell’Accademia delle Scienze di Torino e dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti, Gortani è stato presidente della Società Geologica Italiana nel 1926 e nel 1947. Fondatore dell’Istituto Italiano di Speleologia. Eletto all’Assemblea Costituente è l’autore della introduzione al secondo comma dell’art. 44 di un esplicito riferimento alla tutela degli interessi montani che hanno trovato così riconoscimento costituzionale.
Life agriCOlture
Life agriCOlture, progetto cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma LIFE CCM 2018, interroga il ruolo che l’allevamento animale può svolgere nei territori montani ai fini della protezione del suolo e del contributo alla mitigazione del Cambiamento Climatico. A questo fine testa e valuta, in un contesto montano paradigmatico per il suo settore zootecnico, buone pratiche connesse all’allevamento indicate dalla ricerca come efficaci ai fini della protezione del carbonio organico del suolo e della riduzione delle emissioni di GHG. Parallelamente alla loro applicazione e valutazione, Life agriCOlture mette a sistema e diffonde tali buone pratiche all’interno di un innovativo contratto territoriale per la produzione di servizi agro-climatici-ambientali.
Green Community
Le Green Community (GC) sono comunità locali, anche tra loro coordinate e/o associate, che intendono sfruttare in modo equilibrato le risorse principali di cui dispongono tra cui in primo luogo acqua, boschi e paesaggio. Le GC, inoltre, possono instaurare un nuovo rapporto sussidiario e di scambio con le comunità urbane e metropolitane e saranno finanziate nell’elaborazione, nel finanziamento e nella realizzazione di piani di sviluppo sostenibili dal punto di vista energetico, ambientale, economico e sociale. Il decreto del Dipartimento degli Affari Regionali e delle Autonomie della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 30 marzo 2022 ha, individuato tre progetti pilota che costituiscono il modello di riferimento per la successiva selezione delle trenta Green Community da finanziare nell’ambito del PNRR. Si tratta delle Green Community “Terre del Monviso” in Regione Piemonte; Unione montana dell’Appennino Reggiano “La montagna del latte” in Regione Emilia-Romagna; Parco Regionale Sirente Velino” in Regione Abruzzo.
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Giampiero Lupatelli, economista territoriale, laureato nel 1978 in Economia e Commercio all’Università di Ancona studiando con Giorgio Fuà e Massimo Paci, dal 1977 opera nell’ambito della Cooperativa Architetti e Ingegneri di Reggio Emilia (CAIRE) dove si è occupato di pianificazione strategica e territoriale concentrando la sua attenzione sui temi della rigenerazione urbana e dello sviluppo locale delle aree interne e montane. Ha collaborato con Osvaldo Piacentini e Ugo Baldini nella direzione di importanti piani e progetti territoriali di rilievo nazionale e regionale. È Vice-Presidente di CAIRE Consorzio, fondatore dell’Archivio Osvaldo Piacentini per cui è direttore della Rivista “Tra il Dire e il Fare”, componente del Tavolo Tecnico Scientifico per la Montagna presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, membro del comitato scientifico della Fondazione Montagne Italia, della Fondazione Symbola e del Progetto Alpe del FAI, oltre che del Comitato di Sorveglianza di Rete Rurale Nazionale. Ha recentemente pubblicato il volume Fragili e Antifragili. Territori, Economie e Istituzioni al tempo del Coronavirus, per i tipi di Rubbettino editore.
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