di Vincenzo Meale
Mi è venuto un dubbio: la perdita dell’innocenza di chi? Finora ho sentito una sola risposta: delle sue creature! Ma non sarà invece la perdita dell’innocenza del creatore? È lui che punisce coloro che ha creato, solo perché hanno desiderato assomigliargli. La divinità che si comporta in tal modo con i deboli non corrisponde alla divinità descritta da Gesù di Nazareth. Eppure proprio coloro che dicono di rifarsi a Gesù continuano a considerare colpa talmente grave quella attribuita ai nostri progenitori da condizionare ancora la nostra vita.
Il primo dei libri fondamentali per la tradizione ebraica, e poi considerati d’ispirazione divina anche da quella cristiana, racconta:
Il Signore Iddio prese dunque l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Poi il Signore Iddio diede all’uomo quest’ordine: “Tu puoi mangiare di ogni albero del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangerai, perché il giorno in cui ne mangiassi, di certo moriresti…
Ora il serpente era astuto più di tutti gli animali selvatici che il Signore aveva fatto. Disse dunque alla donna: “Davvero Dio vi ha detto – Non mangiate di alcun albero del giardino?”. Rispose la donna al serpente – “Noi possiamo mangiare (il frutto) degli alberi del giardino, ma quanto al frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino, Dio ci ha detto – non mangiatene, anzi neppure toccatelo, altrimenti morrete”. Allora il serpente disse alla donna – “No, voi non morrete; anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangerete, vi si apriranno gli occhi e sarete come Dio: conoscitori del bene e del male”. La donna … ne mangiò e ne diede all’uomo che era con lei, il quale pure ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di ambedue e conobbero di essere nudi; intrecciarono delle foglie di fico e se ne fecero delle cinture.
Udirono poi la voce del Signore che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno; allora l’uomo e la sua donna si nascosero dalla vista del Signore tra gli alberi del giardino. Ma il Signore chiamò l’uomo: “Dove sei?”. Questi rispose: “Ho inteso la tua voce nel giardino, ho avuto paura perché sono nudo e mi sono nascosto”. Ed Egli replicò: “Chi ti ha fatto sapere di essere nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo proibito di mangiare?”. Rispose l’uomo: “La donna che tu mi hai messo a fianco, lei mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato”. Il Signore chiese alla donna: “Perché hai fatto questo?”. E la donna rispose: “Il serpente mi ha ingannato e io ho mangiato”. (Genesi 2, 15-17 e 3, 1-13).
La divinità si contraddice?
Nel racconto appare chiaro che ciò che spinge Eva a seguire il consiglio del serpente è il desiderio di saper distinguere il bene dal male, desiderio talmente forte da rendere barattabile l’immortalità. Ciò appare rivoluzionario e quindi temerario a chi regna sull’Eden. Eppure nel 1° libro dei Re:
… il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda». Salomone disse: «… Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. … Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?». Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te». (1 Re 3,5-12).
E allora? Qual è la differenza tra i due protagonisti del primo episodio e il protagonista del secondo? L’unica differenza mi pare sia che Adamo ed Eva non comandano su nessuno mentre il re Salomone …Quindi il sistema democratico va contro la legge divina, perché in tale sistema per poter governare si deve essere scelti da persone comuni che però non avrebbero diritto a distinguere il bene dal male.
Come si vede la divinità dell’Eden non è altri che la figura che da migliaia di anni governa in tanta parte del mondo: il despota. Non per nulla i despoti per migliaia di anni hanno detto di essere divini o di governare su mandato divino. Ma perché hanno avuto bisogno di questo racconto?
Conoscenza del bene e del male: cultura; superamento della contrapposizione tra piacere e dolore, ovvero del meccanismo biologico che regola la vita sul nostro pianeta permettendole di non estinguersi: un essere vivente tenderà a non ripetere un comportamento che gli ha recato dolore, mentre non avrà remore a fare ciò che per esperienza dà piacere; ma l’elaborazione dei concetti di bene e male spinge le persone a fare anche ciò che l’esperienza avverte essere causa di dolore e inibisce atti notoriamente piacevoli.
Chi pertanto, attraverso la creazione di un sistema di norme indiscusse, gestisce la contrapposizione di bene e male, possiede una potente arma di controllo dei comportamenti umani e quindi di aggregazione e contrapposizione. Adamo ed Eva, acquisiti i concetti di bene e male, diventano consapevoli della loro debolezza (materializzata nella nudità) e imparano a gestirla: sono ormai liberi di giudicare se una legge sia bene rispettarla oppure no. Per un potere autocratico che concepisce le leggi come armi per la conservazione del potere ciò è demoniaco!
Questa reinterpretazione mi pare confermata dal fatto che, a guardare bene, un vero peccato nel racconto biblico c’è: la deresponsabilizzazione, l’egocentrismo. Ognuno rinnega la propria scelta indicando il colpevole in chi gliel’ha proposta. Ma questo vero peccato sfugge, non viene condannato. Perché? Forse al despota non dispiace la viltà dei sudditi perché rafforza il suo potere.
I cristiani dovrebbero ben sapere quanto si rischia a contestare i potenti visto che tra le vittime dell’odio dei potenti per tutto ciò che sa di capacità di autonomia del singolo nella scelta tra bene e male c’è anche Gesù di Nazareth che, esaltando la libertà di coscienza, permette una diversa interpretazione del mito: da primo peccato a liberazione; e il serpente potrà tornare a essere una creatura di Dio.
Infatti già nei primi secoli di cristianesimo qualche scrittore comincia a reinterpretare il brano del Genesi: il Testimonio di Verità, opera gnostica probabilmente del 2° sec., ritrovata, nella traduzione copta del 4° sec., a Nag Hammad nel 1945, «narra la storia del Giardino dell’Eden dal punto di vista del serpente! Il serpente, ben noto nella letteratura gnostica come principio della sapienza divina, convince Adamo ed Eva a partecipare alla conoscenza, mentre “il Signore”, geloso, li minaccia di morte cercando di impedire loro di raggiungerla, e quando fallisce li scaccia dal Paradiso» (Elaine Pagels: I Vangeli gnostici, Mondadori Milano 2005:19; a proposito del “Signore”, il curatore dell’edizione italiana, Daniele Sironi, precisa in nota che «il Signore in questo caso è il capo degli arconti, il dio geloso dell’Antico Testamento, detto comunemente Jaldabaôth, non il Dio Supremo». Come non vedere nell’arconte il sovrano terrestre?).
Del resto da millenni il serpente era simbolo positivo in altre culture dove raffigurava divinità sia femminili che maschili; e nella stessa Bibbia, in Numeri 21, 4-9, i serpenti sono visti come strumenti del Signore perché mordono i calcagni di quegli ebrei che, durante le tribolazioni dell’esodo dall’Egitto, hanno peccato dubitando della potenza divina; e di fronte alla domanda di perdono il Signore dice di mettere sopra un’asta la raffigurazione d’un serpente, in modo che, se qualcuno viene morso, guarisca guardando la raffigurazione. E un evangelista, Giovanni, arriverà a far dire a Gesù che la propria elevazione sulla croce è paragonabile «al serpente innalzato da Mosè nel deserto» (Gv. 3, 14).
Ma allora perché il peccato originale ancora ci perseguita?
Tra le carte di famiglia ho ritrovato un certificato che attesta che sono stato battezzato, e quindi sono entrato a far parte della Chiesa cattolica, il 29 giugno del 1939. Certo, se non avessi quel foglio di carta non potrei affermarlo perché all’epoca non ero in grado di ricordare né di prender nota. L’unica cosa che sapevo fare era succhiare latte essendo nato appena otto giorni prima. Quindi ero entrato nella via della salvezza senza merito alcuno. Qualche anno dopo seppi il perché di tanta fretta: i bambini morti senza aver ricevuto il battesimo andavano al limbo, una via di mezzo tra la gioia del Paradiso e le pene dell’inferno, perché, pur non avendo avuto occasione di peccare, portavano marchiato nell’anima il peccato che costò ai nostri progenitori la perdita del paradiso terrestre.
Solo nell’ultimo mezzo secolo l’idea del limbo è andata perdendo sostenitori. Se andate sul sito di ‘Famiglia Cristiana’ trovate che alla domanda di una donna: “Che cosa è il limbo? Non ne sento più parlare in chiesa”, il teologo di turno risponde: «Il limbo era inteso come lo stato in cui vengono a trovarsi le anime dei bambini (nati e non) che muoiono senza il Battesimo, per cui essi né meritano il premio della visione beatifica a causa del peccato originale, né, allo stesso tempo, subiscono alcuna punizione, poiché non hanno commesso peccati personali non avendo ancora l’uso della ragione. Come ipotesi teologica, diffusasi a partire dal Medioevo, il limbo non è mai stato adottato come definizione dogmatica dal Magistero, ed è venuta meno con il Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992».
Quindi errore per circa un millennio, ma generato apparentemente da un testo scritto altri quasi due millenni prima. Ma perché? “La Bibbia concordata” (tradotta da un gruppo di biblisti di diversa credenza religiosa: ebrei, cattolici, valdesi, battisti, ortodossi, metodisti ecc. per permettere una lettura condivisa) annotava negli anni 60 del secolo scorso: «Alcuni esegeti ebrei affermano che il peccato di Adamo fu in qualche misura ereditato dai suoi discendenti; la maggioranza insegna che solo Adamo è responsabile del suo peccato… La teologia cristiana, al contrario, ritiene che il peccato di Adamo abbia compromesso in certa misura anche i loro discendenti, dal quale peccato solo Cristo li libera; si discute però sull’entità di questo danno».
Si discuteva?! E intanto si dannava l’anima di tante cristiane e di tanti cristiani asserendo che per un loro errore di calcolo il neonato, morto senza battesimo, era destinato per l’eternità a vagare senza soffrire le pene dell’inferno ma anche senza le gioie del paradiso; insomma a esistere senza esistere. Del resto se si credeva veramente che il testo in questione fosse ispirato da Dio si doveva tener conto (come pare facciano molti esegeti ebrei) che la pena per Adamo ed Eva da trasmettere anche ai loro discendenti sta scritta nel testo:
Disse poi alla donna – “Moltiplicherò i tuoi travagli e le doglie delle tue gravidanze, nella sofferenza partorirai figliuoli; verso tuo marito ti spingerà il tuo desiderio ed egli dominerà su di te”. E all’uomo disse – “… Maledetta sia la terra per causa tua. Con fatica ne trarrai il nutrimento tutti i giorni della tua vita… Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: infatti sei polvere e in polvere tornerai” (Genesi 3, 16-19).
Ecco dunque la pena a cui ci condanna la Genesi con i dovuti aggiornamenti tra femminismo e altre rivoluzioni sociali e culturali. Ma probabilmente in gran parte della cristianità si è continuato a dare grande importanza al peccato originale, ereditato come peccato impresso nella nostra anima fin dal concepimento, perché da libere comunità di persone che per le loro scelte andavano incontro all’emarginazione sociale e talvolta persino familiare si è passati a popolo: il nuovo popolo eletto; e il battesimo da atto simbolico di conversione adulta è divenuto certificato di appartenenza fin dalla nascita. E l’invenzione del limbo serviva proprio a spingere i genitori a registrare/battezzare i neonati il più rapidamente possibile.
Ultima considerazione: credo che noi si debba ringraziare Eva per la brillante idea di perdere l’immortalità: se fossero rimasti immortali noi saremmo stati superflui, o, altrimenti, dannosi giacché milioni di anni di riproduzione senza morti avrebbero sicuramente prodotto una saturazione della superficie terrestre rendendoci impossibile anche fare una semplice passeggiata, e quindi condannandoci a una noia veramente mortale (perdonatemi il gioco di parole).
Dalla cronaca
Scusate se a questo punto sono tentato dalla cronaca e, in particolare, dalla vicenda giudiziaria del presidente della Regione Liguria, Toti. Perché la vicenda a cui stiamo assistendo in queste settimane sembra combaciare appieno alla narrazione biblica: basta che mettiate il personaggio politico attuale al posto della divinità (l’arconte secondo lo scrittore cristiano del secondo secolo d.C.; oggi diremmo l’angelo caduto, Lucifero), i magistrati al posto del serpente ed Eva al posto dei cittadini (talvolta ridotti a sudditi). Cosa dice l’arconte/Lucifero/Toti? “È vero, ho accettato i soldi, ma non per arricchirmi ma per finanziare la mia azione politica (leggi: le mie campagne elettorali tese a convincere gli elettori a votarmi). Quindi voi giudici non siete autorizzati a giudicare, e, soprattutto, voi, cittadini, dovete fidarvi di chi fa il vostro bene, come vi ho dimostrato nelle convincenti campagne elettorali”.
Dialoghi Mediterranei, n. 68, luglio 2024
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Vincenzo Meale, laureato in Scienze Politiche, per trenta anni ha insegnato geografia economica negli Istituti tecnici commerciali e professionali per il commercio. Partecipa da sempre alla vita della comunità cristiana di base di San Paolo, di cui è stato uno dei fondatori assieme all’abate Franzoni e a tanti altri.
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