di Alberto Claudio Sciarrone
Le primavere arabe, diffusesi a macchia d’olio in molti Stati, hanno portato ad accese manifestazioni e in alcuni casi alla caduta di regimi di lunga data come in Egitto, Libia e Tunisia. In quest’ultimo Paese, i principali motivi delle mani- festazioni sono stati diversi: in primis la disparità economica tra le regioni della costa e quelle dell’entroterra e del sud, frutto di anni di politiche di investimenti e di costruzione di infrastrutture volte a favorire determinate aree; in secondo luogo l’elevato tasso di disoccupazione, che ha colpito soprattutto la fascia dei giovani laureati; infine la corruzione dilagante che ha permesso a Ben Ali e ai membri della sua famiglia di accaparrarsi i fondi dello Stato, abusando del proprio potere.
Questo insieme di fattori ha portato molte persone ad esprimere sentimenti, opinioni, paure e speranze in maniera innovativa, attraverso forme artistiche come la street art: questa pratica non è una peculiarità della sola Tunisia, ma si è sviluppata negli Stati già sopracitati, arrivando addirittura nella conservatrice Arabia Saudita. Nel Paese magrebino la street art ha infatti accompagnato (e anche veicolato con i suoi slogan) la rivoluzione della popolazione. Durante i giorni della mobilitazione popolare i media, compresi tv, giornali e radio sono stati monopolizzati dal regime e il web 2.0, in particolare i social network come Facebook e Twitter, sono stati pertanto di vitale importanza per organizzare le proteste e le manifestazioni di piazza.
A questi mezzi si è affiancata anche la street art che, seppur con un ruolo minore, è stata un formidabile mezzo di comunicazione arrivando direttamente al pubblico senza la censura da parte del governo. Questi graffiti brandivano slogan semplici ed efficaci da memorizzare (anche grazie all’utilizzo di rime e del ritmo) o, a volte, immagini e parodie destinate a diffondersi più velocemente delle parole, abbattendo le barriere linguistiche e facendosi portavoce di un messaggio universale.
La Street art, prima delle rivoluzioni arabe, non era assente in Tunisia ma era poco comune. Tuttavia ciò non vuol dire che nel Paese mancasse un fermento artistico e culturale underground: nel suo film A pein je ouvre les yeux la regista Leila Bouzid tratta in maniera eloquente questo clima di effervescenza culturale pre-rivoluzione, narrando la storia di un giovane gruppo musicale che attraverso le sue canzoni si scaglia contro il regime opprimente di Ben Ali e la insostenibile situazione di stagnazione economica e sociale.
La caduta del regime di Ben Ali, al potere dal 1987, ha portato gli artisti a riappropriarsi degli spazi comuni (in particolare dei muri) un tempo controllati dalla polizia e dalle forze di sicurezza ed ha indubbiamente avviato un processo spontaneo di rinascita culturale. Le strade tunisine si sono trasformate in un’agora dove le nuove generazioni si esprimono attraverso un linguaggio per immagini, come il gruppo alternativo di Ahl El Kahf (La gente della caverna), composto da giovani artisti diplomati alla Scuola di belle arti di Tunisi. Il gruppo prende il nome da una sura del Corano che riferisce di un gruppo di uomini che rifugiati in una caverna per scappare alla collera di un re cadono in un sonno profondo e prolungato nel tempo.
Elyes Mejri, uno dei fondatori del gruppo, afferma che il il nucleo centrale è costituito da tre persone a cui poi si sono aggiunti tantissimi altri tanto che è difficile stimare quanti membri ne facciano parte. Mejri dichiara che «ci sono alcuni graffiti che riportano il nome del nostro gruppo anche se io non conosco l’autore che li ha realizzati. Anche questo fa parte dello spirito di “Ahl al -Kahf». I luoghi dove realizzare i graffiti sono scelti in base al loro valore simbolico (spesso piazze e edifici famosi) ma anche in funzione della natura della superficie da dipingere, essendo spesso utilizzati anche gli elementi naturali dei muri come le fessure o le imperfezioni. Il gruppo ha adotato per disegnare alcuni graffiti la tecnica dello stencil, già impiegata dal famoso writer contemporaneo Banksy, a cui i giovani artisti non negano di ispirarsi. Mejri ha dichiarato a proposito: «siamo un gruppo che si sta sviluppando e abbiamo bisogno di ispirarci ad altri per creare il nostro proprio universo».
I graffiti del gruppo sono stati utilizzati anche per riscoprire la propria identità culturale riportando alla luce eventi storici dimenticati o strumentalizzati dal regime, come ad esempio la “giornata dei martiri” che ricorda l’eccidio perpetrato dalla truppe francesi il 9 aprile del 1938 e che ha inglobato anche la celebrazione delle vittime della rivoluzione del 14 gennaio 2011. In questo caso il movimento Ahl al kahf si è coordinato con vari sindacati ed associazioni di diverse città per realizzare graffiti lungo le strade di martiri conosciuti, come il sindacalista Farhat Hached, eroe dell’indipendenza, o Mohamed Bouazizi, l’uomo che ha innescato con il suo suicidio la primavera araba tunisina. La street art non si è fermata solo a soggetti inerenti il contesto nazionale, ma ha varcato i confini con rappresentazioni satiriche del leader Gheddafi o evocazioni della militante palestinese Leila Khaled.
La street art ha conosciuto un vero e proprio boom in Tunisia, e si è diffusa nella periferia, nei quartieri del centro e nella vecchia medina delle città, come testimoniato dalle numerose opere che si possono trovare ad esempio nella capitale. Proprio a Tunisi, nel cavalcavia vicino alla piazza del Monguela, troviamo un museo a cielo aperto con graffiti di varia natura, che hanno vita breve: il carattere effimero di queste espressioni figurative può sembrare un aspetto frustrante, ma in realtà fa parte dell’arte contemporanea impegnata, poiché i disegni non sono percepiti come un’opera statica. In questo luogo, dove ogni settimana c’è un ricambio di graffiti, gli unici a rimanere intatti sono quelli che commemorano la rivoluzione o eventi importanti, come la morte del politico Chokri Belaid, ucciso nel 2013.
I graffiti sono usciti dal circuito underground e sono entrati a far parte anche di luoghi religiosi, come testimoniato dall’opera di El Seed sulla facciata della moschea di Gabes. Questo artista franco-tunisino nato nel 1981 è uno dei più famosi a livello mondiale grazie all’inclusione nei suoi graffiti di elementi della tradizione calligrafica araba, esitati in uno stile da lui definito “calligraffiti”.
Assieme alla connotazione politica della street art si sono affiancate altre forme, come i graffiti di Djerbahood, a sud della Tunisia, dove una serie di artisti locali e internazionali hanno dato sfogo alla loro creatività con figure e forme puramente artistiche.
La street art ha coinvolto varie classi sociali della Tunisia, mostrando i diversi spaccati della società e continua tuttora ad essere uno strumento di protesta contro l’attuale situazione della Tunisia che, nonostante sia più democratica (alcuni esperti parlano della “sola rivoluzione di successo” nel mondo arabo), non ha ancora sormontato i problemi storici e si trova ad affrontare nuove sfide, come l’instabilità della Libia e l’inquientante problema dei foreign fighters.
Dialoghi Mediterranei, n. 27, settembre 2017
Riferimenti bibliografici
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Colette Apelian (2015), Under an Overpass Street Art, Graffiti, and Observations from Tunisia November 2013: The manuscript documents in pictures and a short introductory text the visual cultures of Tunisian cities from November 14 to 22, 2013. Included are Tunis, La Goulette, Le Kram, La Marsa, Sidi Bou Said, Carthage …, Bay House Publications.
El Seed (2014), Lost Walls: A Calligraffiti Journey Through Tunisia, From Here To Fame GmbH.
Lacquaniti Luce (2015), I muri di Tunisi. Segni di Rivolta, Editore Exòrma, Roma.
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http://www.essahafa.tn/index.php?id=154&tx_ttnews%5Bpointer%5D=40&tx_ttnews%5Btt_news%5D=24638&tx_ttnews%5BbackPid%5D=12&cHash=4f133c4835
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Alberto Claudio Sciarrone, laureato con una triennale in Lingua e Comunicazione Internazionale all’Università di Roma Tre e specializzato in Studi Afroasiatici a Pavia, i suoi interessi scientifici sono orientati su temi e questioni relativi al mondo arabo. Ha svolto diverse esperienze di studio e ricerca allʹestero: un Erasmus allʹIEP di Tolosa e un soggiorno linguistico al Bourghiba School a Tunisi dove ha ottenuto il diploma finale dʹarabo. Ha lavorato prima allʹISEM (CNR), mentre attualmente collabora con UNIMED.
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