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Illuminare il Mediterraneo, tra ricerca e didattica della storia

1di Beatrice Borghi, Ivana Baldi, Maria Rosaria Catino 

Illuminare il Mediterraneo 

In occasione del Convegno internazionale “Il Mediterraneo oggi, tra passato e futuro” svoltosi a Bologna il 25 ottobre 2023, nell’ambito della ventesima edizione della “Festa internazionale della storia” progettata dal Centro Internazionale di Didattica della Storia e del Patrimonio del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna [1], oltre all’interessante dibattito iniziale che ha dato l’avvio ai lavori della mattinata sulla storia dei fari (con Beatrice Borghi, Laura Galoppini, Caterina Bonvicini) dalle origini fino all’attualità, la seconda sezione si è aperta con la testimonianza di Armin Greder[2] sulla sua opera illustrata intitolata “Mediterraneo” [3]. A seguire, la presentazione del progetto didattico omonimo, di grande impatto emotivo, la cui sfida educativa nata nel 2022 ha trovato la sua presentazione pubblica nella prestigiosa sala, gremita di studenti di ogni ordine e grado, in particolare universitari, dello Stabat Mater della Biblioteca dell’Archiginnasio.

La sperimentazione didattica delle scuole primarie e secondarie di primo grado di Pianoro (Bo) parla di Mediterraneo in maniera originale, forte, inclusiva in quanto, attraverso una didattica attiva, ha saputo restituire il racconto della storia delle migrazioni dal punto di vista degli scolari. Come? Partendo e parlando di attualità.

Quando si insegna e si apprende la Storia, è lo spazio emotivo ed empatico che dovrebbe essere riconsiderato e rafforzato. Perché spiegare un evento non significa esporre cause ed effetti, ma lasciar correre l’immaginazione (bisogna avere coraggio per prendersi quel tempo), dedicarsi alla lettura di libri e raccontare le storie che hanno un grande potere in chi le legge e in chi le ascolta: esse fanno dilatare la nostra sensibilità e ci aiutano ad immaginare con maggior precisione che cosa significasse essere uomini e donne in situazioni molto diverse dalla nostra; quelle storie rendono la Storia “viva” perché testimoniano la conoscenza dei diversi aspetti della vita umana, la somma delle vicende dell’umanità, di tutte le persone che ne hanno fatto parte vive e reali, amando e odiando, subendo e dominando, provando gioie e sofferenze, in ogni tempo e in ogni luogo; donne e uomini che hanno vissuto come noi e come coloro che verranno dopo di noi, affrontando l’avventura della vita nella speranza di trovarvi felicità, di carpirne i segreti, di determinarne il futuro.

Richiamare le antiche narrazione e compararle con le storie del presente, ben oltre l’apparente aridità̀ delle pagine dei libri e delle sequenze di date ed eventi da ricordare che spesso ne deprimono il contenuto, significa afferrare l’emozione della magia della nostra storia; i racconti della nostra cultura; le parole e le immagini del nostro passato per salire sulle “spalle del gigante” e progredire nella naturale predisposizione dell’uomo di raccontarsi [4].

Quando si desidera indagare sullo studio delle mentalità, dei sentimenti, delle raffigurazioni reali e ideali di una vita privata in un data società, la fonte letteraria è senza dubbio uno dei migliori strumenti per poterli ricercare [5]. Tutto intorno e dentro di noi ha lasciato tracce le cui eredità condizionano inevitabilmente tutti i momenti della nostra esistenza; non c’è aspetto della nostra vita che non contenga i retaggi di innumerevoli vicende accadute nell’arco della Storia.

Infatti, come è noto, fin dalle origini 

«le comunità umane si sono incontrate lungo vie terrestri e fluviali e sugli approdi delle rotte marine, avviando relazioni che hanno consentito conoscenze reciproche, scambi di merci e dialoghi tra le diverse culture ampliandone gli orizzonti. Con i loro spostamenti esploratori, conquistatori, mercanti, profughi, banditi, corsari, viandanti, pellegrini, studenti, turisti, hanno intessuto nei millenni il variegato e ricco mosaico culturale dei continenti. Partendo dalle relazioni tra nomadi e sedentari, passando da fasi di invenzione, sviluppo a quelle di tracciamento e fissazione, le vie della storia hanno intrecciato il reticolo di itinerari che attraverso strade e rotte hanno contribuito a delineare i caratteri dei soggetti in movimento: da coloro che percorrevano le vie della fede, a chi conduceva traffici mercantili. In tale contesto il mare ha rappresentato nei millenni uno dei principali vettori di scambi rendendo i porti luoghi cruciali per l’economia»[6]. 

La nostra attuale esistenza si presenta pertanto con gli aspetti e i caratteri unici e originali che ha assunto dalla confluenza delle eredità del passato con i contesti e gli influssi del presente. Anche per questo ogni persona è unica e irripetibile, non clonabile, portatrice di una storia ultra millenaria che continuerà con altri volti nelle generazioni future. Ognuno di noi è la risultante, il volto attuale ed esclusivo di una linea evolutiva unica e personale, che non ha eguali tra tutti gli altri esseri umani. D’altronde è anche compartecipe di un cammino comune, perché tutti, davvero tutti, possiamo vantare la stessa ascendenza a quei lontani progenitori che iniziarono l’avventura umana su questo pianeta lasciandoci innumerevoli eredità. Dovremmo pensarci più spesso, soprattutto quando ci sentiamo inutili e depressi, ingranaggi passivi di una macchina massificante; forse ci servirebbe ad acquisire maggior rispetto per noi stessi e per gli altri e a puntare a mete che mettano a frutto queste nostre potenzialità. Inoltre è davvero avvincente pensare che in quest’ottica ogni volta che due persone si incontrano, a incontrarsi sono due storie così profonde e uniche e allo stesso tempo così condivise e legate, che la conoscenza reciproca può divenire un’esperienza affascinante.

In definitiva ciascuno di noi nasce in un ambiente modellato dalle generazioni precedenti ed è erede di un patrimonio di fattezze fisiche e di attitudini mentali, di cultura e di comportamenti a cui aggiunge man mano le conoscenze, le inclinazioni, le convinzioni e le aspirazioni che trae dalla propria esistenza. Ogni personalità è la risultante di questo incontro tra gli apporti attuali e quel lato oscuro e preponderante che tutti noi abbiamo ereditato dal passato costituito dalla storia personale e collettiva confluita in noi. Cercare di conoscerlo ci può essere di aiuto per divenire protagonisti e partecipi attivi delle attuali vicende che ne sono conseguite. Inoltre conoscere sé stessi e di conseguenza gli altri costituisce da sempre uno dei migliori antidoti all’incomprensione e all’ostilità, alla difficoltà di comunicare e all’isolamento [7].

Il progetto didattico che segue si basa sul volume di Armin Greder Mediterraneo, una narrazione senza parole, un albo illustrato in bianco e nero. Come ricorda nella postfazione Alessandro Leogrande 

«il confine fra il mondo di qua e il mondo di là appare più incerto. Se da una parte i viaggi iniziano molto prima del fatidico approdo sulle nostre coste e a loro volta sono fatti di attesa, violenza, paura, sogno, condivisione, dall’altra il nesso tra le responsabilità alla base della loro origine e il cumulo di morti in fondo al mare si rivela in tutta la sua chiarezza»[8]. 

Il racconto muto di “Mediterraneo” è la denuncia contro una certa indifferenza del genere umano verso quanto accade quotidianamente nel continente liquido rimanendo «intorno alle rive del mare come rane o formiche intorno a uno stagno», così diceva Platone, per bocca di Socrate, nel Fedone (II, LVIII).

Un viaggio di speranza e di ricerca di un approdo sulle coste del continente Europa, alla ricerca del faro che illumini la terraferma e l’attesa dell’accoglienza sul territorio. Ma il naufragio fa emergere un corpo senza vita 

«uno dei tanti nelle acque del Mediterraneo, del nostro mare. Osceno pasto di pesci che imbandiranno le nostre tavole. Commensali, nostri commensali, voraci e spietati mercanti di morte. Cariche d’armi, le loro navi, sicure, solcheranno da nord a sud le acque del Mediterraneo, del nostro mare. Armeranno mani fratricide, dilaniando e svuotando villaggi, regioni, stati. In fuga, interminabili carovane di uomini donne bambini attraverseranno deserti di sabbia e di pietre» [9]. 
disegno

da Mediterraneo di  Armir Greder

Nell’antichità i fari erano stati progettati e costruiti per aiutare i marinai a trovare un porto sicuro e accogliente. Erano costruzioni enormi non solo perché dovevano essere viste da molto lontano, ma anche per sottolineare l’importanza della loro funzione. Oggi, nonostante la tecnologia, navigare di notte nel Mediterraneo è sinonimo di pericolo, di incertezza e di cupa oscurità. Allora occorre trovare nuovi fari per illuminare il Mediterraneo: i fari della pietas, dell’accoglienza, della solidarietà. Anche questi fari vanno costruiti piano piano nelle menti degli scolari che diventeranno così futuri cittadini capaci di “ospitare” nella loro coscienza lo straniero, di accudirlo e di ascoltare le sue storie. In questo modo si può stabilire un contatto empatico con l’altro che porta anche ad un arricchimento personale. 

da Mediterraneo di  Armir Greder

da Mediterraneo di Armir Greder

Il Progetto “Mediterraneo” a partire dall’albo illustrato di Armin Greder 

Come ricercatrici e docenti, ci siamo chieste quali strumenti disponga la scuola per illuminare il Mediterraneo con i fari della pietas, dell’accoglienza e della solidarietà. Lo strumento privilegiato ci è sembrato il racconto, in particolare quello per immagini, perché lascia la possibilità di dare alla storia una voce arricchita con il proprio vissuto, e proprie emozioni e i propri pensieri. Le immagini dell’albo Mediterraneo di Armin Greder sono molto suggestive e forti, ma nel contempo hanno contorni poco definiti e questo contribuisce a lasciare spazio alla creatività e all’immaginazione. Come ha scritto Schopenhauer «I pensieri messi su carta, in fondo, non sono altro che la traccia sulla sabbia di un viandante: è vero, si vede la via che egli ha seguito, ma per sapere che cosa abbia scritto sul suo cammino bisogna adoperare i propri occhi» [10].

Il progetto “Mediterraneo” dell’Istituto comprensivo di Pianoro (Bo) rientrante nel PON “CARE” 2023 con l’obiettivo di “prendersi cura” degli alunni con difficoltà anche linguistiche perché non italofoni, ha visto l’adesione di molti alunni stranieri provenienti dalla scuola primaria e secondaria di I grado del medesimo Istituto. Data la diversa età e provenienza degli alunni si è cercato fin dall’inizio di riservare uno spazio ricreativo in cui potessero conoscersi meglio al fine di creare un gruppo coeso e compatto in cui fossero capaci di collaborare tra loro per raggiungere l’obiettivo comune.

Il percorso è iniziato partendo dal loro vissuto attraverso un brainstorming sulla parola Mediterraneo. I ragazzi hanno cominciato ad elencare parole che ricordavano le loro vacanze appena trascorse: conchiglie, pesci, sabbia, sole, giochi. Insomma termini per registrare momenti di gioia e felicità. In seguito è stato introdotto il discorso storico illustrando, attraverso la carta geografica del Mediterraneo, alcune civiltà importanti che sono nate e sviluppate sulle coste del mare e di come si utilizzassero le acque del “continente liquido” per commerciare e conoscere nuove popolazioni. Per queste civiltà l’accoglienza era molto importante in quanto l’ospite era sacro. Per far comprendere meglio l’importanza dell’ospitalità presso gli antichi è stato letto ed analizzato il brano dell’Odissea del poeta Omero relativo all’incontro tra Ulisse e il gigante Polifemo che rappresenta un momento cruciale della narrazione in cui il protagonista rischia di soccombere proprio perché l’ospite non rispetta i rituali dell’accoglienza.

51-1Il passo successivo è stato quello di aprire un’altra prospettiva relativa al Mediterraneo attraverso il linguaggio universale della musica. Nello specifico la scelta è ricaduta sulla canzone Mediterraneo di Mango. Il testo – scritto da Mogol – oltre a evocare e a tratteggiare come sulla tela di un pittore paesaggista i paesaggi, i profumi, i suoni del mare accenna anche al Mediterraneo come luogo di sofferenza e di morte. Dopo aver analizzato il testo di questa canzone i ragazzi hanno realizzato un caviardage di cui vengono proposti alcuni esempi. 

Tutte le attività sono state propedeutiche alla visione del libro di Greder “Mediterraneo”. Siccome l’albo illustrato presenta immagini molto forti abbiamo pensato di non commentarle come adulti, ma abbiamo ritenuto di lasciare libero spazio alle voci dei bambini [11]. 

5È stato necessario presentare il libro più di una volta affinché i bambini riuscissero a trovare le parole giuste per raccontare la storia. Lasciando margine alla loro interpretazione, anche le tavole di grande impatto emotivo sono state raccontate con parole lievi e delicate laddove quelle degli adulti sarebbero risultate troppo dure e severe. Successivamente, una volta scritta la storia abbiamo supportato e guidato i ragazzi a contestualizzarla sia da un punto di vista storico (la distruzione di interi villaggi, la clandestinità, il coinvolgimento degli europei nel traffico delle armi, il tragitto seguito dai profughi, l’utilizzo dei mezzi di trasporto nel deserto e sul mare, gli scafisti…) che geografico prestando particolare attenzione alla morfologia dei territori da cui provengono i migranti aiutandoci con una carta dell’Africa.

5-3L’albo illustrato da Greder è stato interpretato come una fonte iconografica da analizzare in modo approfondito esaminando ogni dettaglio. Gli alunni sono stati invitati ad osservare con attenzione anche le espressioni dei volti e le posture dei personaggi via via presentati. In questo modo è stato più semplice capire non solamente le emozioni e i sentimenti dei protagonisti della storia ma anche come molti soldati africani armati dagli europei siano incastrati in quei complessi ingranaggi del processo migratorio da cui non possono sottrarsi.

Così il protagonista della storia, che i ragazzi hanno deciso di chiamare Abel, è diventato un simbolo, un emblema, un’icona che rappresenta tutti quei ragazzi, tutti quei migranti che, rincorrendo la speranza di un futuro migliore, hanno dovuto vivere la sua tragica avventura e hanno perso la propria vita nel “continente liquido”. Per questo motivo Abel ha tante voci sia maschili che femminili. Abel, con il suo racconto, ha voluto dar voce a chi voce non ne ha più.

Una volta costruita, la storia è stata registrata e drammatizzata con le voci degli alunni. Non è stato facile perché molti non conoscevano bene la lingua italiana e facevano fatica a pronunciare alcune parole. Però, alla fine, con molta pazienza, ce l’hanno fatta. E abbiamo – di comune accordo – deciso di mantenere eventuali imperfezioni di pronuncia come testimonianza tangibile dell’impegno dei ragazzi e della loro volontà di offrire il proprio contributo.

Il lavoro si è concluso nello stesso modo in cui era iniziato, con la medesima domanda: «quali parole ci fa venire in mente “Mediterraneo”?». Alle parole che erano state dette all’inizio se ne sono aggiunte altre come: speranza, coraggio, opportunità, paura, morte. Il “continente liquido” può essere rappresentato come un cerchio in cui la fine è anche l’inizio e viceversa, il Mediterraneo è la verità quello spazio-tempo nel quale gli opposti coincidono. 

da Mediterraneo di  Armir Greder

da Mediterraneo di Armir Greder

Conclusioni 

È ormai convinzione acquisita che se si desidera afferrare il senso profondo di qualsiasi fatto che si è verificato nel passato per pervenire a spiegazioni più generali, si debba necessariamente ricorrere all’utilizzo di tutte le fonti disponibili senza operare una distinzione pregiudiziale tra quelle di natura documentaria, memorialistica, cronachistica, letteraria e figurativa. Spesso lo spirito del tempo, la visione della società in qualsiasi parte del mondo e le sue necessarie implicazioni ideologiche e psicologiche non sarebbero così leggibili e così cristalline senza tutte quelle opere letterarie che di quel periodo sono il principale strumento di rappresentazione. Strumenti che dipingono a noi stessi la nostra storia, attraverso un racconto di aspetti di vita privata e di realtà immaginativa.

La lettura di questi generi letterari ci fa comprendere che la relazione dialettica passato-presente si traduce nell’interrogare il nostro assetto sociale, caratterizzato sempre di più dalla compresenza nel territorio di diversi soggetti culturali, portatori di identità e di memorie collettive [12]. Quando si desidera indagare dunque nello studio delle mentalità, dei sentimenti, delle raffigurazioni reali e ideali di una vita privata in una data società, la fonte letteraria è senza dubbio uno dei migliori strumenti per poterli ricercare. La possibilità di trattare la letteratura come riflesso di processi storici ci induce a comprendere le trasformazioni della cultura, dei comportamenti e motivazioni che caratterizzano le coscienze e i valori di ogni individuo, di gruppi umani in tutte le epoche e territori.

Ma oltre che trarre motivo da aspirazioni di scambio e di dialogo, gli spostamenti umani sono stati indotti anche dalla volontà di sopraffare e di sottomettere con violenza, guerre, invasioni e colonizzazioni che hanno alimentato per millenni riprovevoli traffici di schiavi e che oggi alimentano i terribili viaggi della speranza di tanti migranti. Durante questa lunga migrazione planetaria, gli esseri umani hanno espanso e dilatato frontiere naturali, hanno, grazie ai progressi tecnologici, esplorato il pianeta solcando mari e tracciando percorsi viari [13]. Viaggi che hanno coinvolto movimenti transcontinentali, tra multiculturalismo e interculturalità. Ogni viaggio ha rappresentato l’incontro con un’altra componente dell’umanità. 

Dialoghi Mediterranei, n. 65, gennaio 2024 
Note
[1]Da vent’anni la “Festa internazionale della storia” (www.festadellastoria.it) propone la Storia attraverso le diverse espressioni delle attività umane – l’arte, la musica, la letteratura, il teatro, l’alimentazione, il lavoro, la moda, lo sport – coinvolgendo studiosi, insegnanti, studenti e cultori e mobilitando innumerevoli risorse e istituzioni culturali (biblioteche, musei, associazioni, scuole, università). Nelle aule, nei teatri, nei musei, nelle chiese, nelle sale pubbliche, nelle strade e nelle piazze, si affrontano con lezioni, conferenze, dibattiti, concerti, spettacoli e mostre i temi che legano i vissuti personali e collettivi alle vicende presenti e future.
Con l’edizione di quest’anno dal titolo “La Storia ci appartiene” si intende richiamare il valore di risorsa personale e collettiva della conoscenza storica, oggi particolarmente necessaria per affrontare le questioni drammaticamente proposte dall’attualità con consapevolezza e responsabilità.
[2] Armin Greder è fumettista, graphic designer e illustratore. È emigrato in Australia nel 1971, dove ha insegnato design e illustrazione al Queensland College of Art. Al suo lavoro sono state dedicate numerose mostre personali e collettive dalla Germania fino al Giappone. Nel 1996, ha ricevuto il Bologna Ragazzi Award e l’IBBY Honour List con “The Great Bear” di Libby Gleeson (Scholastic Press). Con Libby Gleeson ha pubblicato anche: “Big dog” (1991), “Sleep time” (1993), “The princess and the perfect dish” (1995) e “An ordinary day” (2001). “Thie Insel” (“L’isola” orecchio acerbo, 2008) pubblicato da Sauerlander nel 2002, è il libro di cui per la prima volta è anche autore dei testi. È tradotto in moltissime lingue e ha ricevuto premi in tutto il mondo, fra cui il Goldener Apfel/Golden alla Biennale di Illustrazione di Bratislava del 2003. Nel catalogo di orecchio acerbo anche “La città” (2009), “Gli stranieri” (2012), “Italia A/Z” con Goffredo Fofi (2015), “Il serpente tanto solo” (2016) “Mediterraneo” (2017), “C’erano tutti nella grande aia” su testo di Nino De Vita (2018), “Diamanti” (2020), “L’eredità” (2021) e “Notiziario” (2023).
[3] Greder A., Mediterraneo, con il patrocinio di Amnesty International Italia Contro il naufragio della solidarietà, Orecchio Acerbo, Roma 2017.
[4] Borghi B., Dondarini R., Manifesto della Didattica della storia, «Didattica della storia», I (2019): https://dsrivista.unibo.it/article/view/10086
[5] Borghi B., La Storia. Indagare, apprendere, comunicare, Pàtron, Bologna 2016.
[6] Borghi B., Galoppini L., Andar per lo mondo. Antologia di viaggi attraverso i secoli tra realtà e immaginario, Pàtron, Bologna 2022, p. 1.
[7] Dondarini R., Quel tempo chiamato Medioevo. Mille anni di vicende, trasformazioni e antefatti della nostra storia, Liguori, Napoli 2012.
[8] Greder, Mediterraneo, cit.
[9] Ibid.
[10] Schopenhauer A., Sul mestiere dello scrittore e sullo stile, Adelphi, Milano 1993, p. 27.
[11] Il video “Mediterraneo” realizzato dagli scolari dell’IC di Pianoro (Bo) è visibile a seguente link:
https://www.canva.com/design/DAFtOezYKlQ/qEJDYquqHBl1Rs0ACj9-XA/watch?utm_content=DAFtOezYKlQ&utm_campaign=designshare&utm_medium=link&utm_source=publishsharelink 
[12] Borghi B., La Storia, cit.
[13] Borghi B., Galoppini L., Andar per lo mondo, cit. 
Riferimenti bibliografici 
Borghi B., La Storia. Indagare, apprendere, comunicare, Pàtron, Bologna 2016. 
Borghi B., Dondarini R., Manifesto della Didattica della storia, «Didattica della storia», I (2019): https://dsrivista.unibo.it/article/view/10086 
Borghi B., Galoppini L., Andar per lo mondo. Antologia di viaggi attraverso i secoli tra realtà e immaginario, Pàtron, Bologna 2022. 
Dondarini R., Quel tempo chiamato Medioevo. Mille anni di vicende, trasformazioni e antefatti della nostra storia, Liguori, Napoli 2012. 
Greder Armin, Mediterraneo, Orecchio Acerbo, Roma 2017. 
Platone, Fedone, Einaudi, Torino 2011. 
Schopenhauer A., Sul mestiere dello scrittore e sullo stile, Adelphi, Milano 1993. 

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Beatrice Borghi è professoressa associata di Storia medievale, Didattica della Storia e di Storia del Mediterraneo presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione “Giovanni Maria Bertin” dell’Università di Bologna. Si occupa di storia del pellegrinaggio e dei relativi santuari nell’area euromediterranea, a partire dai modelli gerosolimitani. Nel campo della didattica indaga metodi, strategie e strumenti per l’insegnamento e apprendimento della storia e dell’educazione al patrimonio. È coordinatrice della “Festa Internazionale della Storia”, promossa dal Centro internazionale di Didattica della Storia – DiPaSt, di cui è referente scientifica, dell’Università di Bologna.  Dal 2021 è responsabile scientifica nell’ambito della didattica della storia per la Giunti casa editrice. È direttrice della rivista «Didattica della Storia», AlmaDL e della Collana del Centro DiPaSt (Pàtron editore, Bologna). 
Ivana Baldi, docente presso l’Istituto Comprensivo Pianoro (Bologna), ha svolto numerosi progetti nell’ambito della didattica della storia e della lingua italiana. Collabora con il Centro Internazionale di Didattica della storia e del Patrimonio – DiPaSt dell’Università di Bologna e contribuisce attivamente alla progettazione e organizzazione della “Festa Internazionale della Storia”. Ha pubblicato le documentazioni dei percorsi laboratoriali sulla didattica del patrimonio sulla rivista on line “Didattica della storia”. 
Maria Rosaria Catino, docente presso l’Istituto Comprensivo Pianoro (Bologna), svolge attività di formazione nell’ambito della didattica della storia e della lingua italiana. Membro del Centro Internazionale di Didattica della storia e del Patrimonio – DiPaSt dell’Università di Bologna, collabora attivamente alla progettazione e organizzazione della “Festa Internazionale della Storia”. Poetessa e narratrice, ha pubblicato per Aletti editore e per Minerva. Le sue attività laboratoriali sulla storia locale sono state raccolte nel volume Le radici per volare (B. Borghi, R. Dondarini, Minerva 2015). Collabora e pubblica le documentazioni dei percorsi laboratoriali sulla didattica del patrimonio sulla rivista on line “Didattica della storia”.

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