di Elisabetta Silvestrini
Nel marzo del 2000 Gustavo Cottino, impresario e imbonitore molto conosciuto nel mondo della “piazza”, ha concesso, a chi scrive, una lunga narrazione autobiografica, una “storia di vita”: in questa intervista Cottino ha passato in rassegna le più note esibizioni e spettacoli itineranti, allestiti nel corso della sua attività, all’incirca dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta. La finalità di questa narrazione era, soprattutto, quella di fissare gli episodi salienti di una vita nella “piazza”, per realizzare un libro; l’intento dichiarato era inoltre quello di “risarcire” il pubblico delle fiere svelando, almeno in parte, gli “inganni” perpetrati nei confronti del pubblico stesso.
Al di là di questa finalità “etica”, il racconto di Cottino esprime l’orgoglio per l’inventiva e la sua capacità imprenditoriale, qualità necessarie nell’ambito di una attività densa di imprevisti, e tale da richiedere creatività e scelte innovative.
Le immagini fotografiche che qui si presentano illustrano infatti alcuni dei principali spettacoli allestiti da Cottino.
Cottino impresario, imbonitore, artista di piazza
Gustavo Cottino (1923-2010), nato a Pinerolo (TO), figlio di un assicuratore e di una maestra, era estraneo, per nascita, al mondo della piazza ed entra a farne parte negli anni del secondo dopoguerra, quando si aggrega allo spettacolo Il Muro della Morte. Tra i protagonisti di questo spettacolo itinerante era Luisella Biamino, artista motociclista acrobatica, che Cottino aveva conosciuto nel 1941 e che sposerà nel 1947 [1]. Un importante apprendistato come impresario è stato condotto, da Cottino, negli Stati Uniti, in contatto con i circhi americani, compreso il Circo Barnum, che citerà negli imbonimenti e nei cartelloni di presentazione degli spettacoli.
Cottino è stato, soprattutto, impresario di spettacoli di piazza, nelle fiere e nei luna park; il che tuttavia non gli ha impedito di essere parte attiva degli spettacoli stessi, come imbonitore; ma anche come “presentatore” e illustratore, o come attore all’interno dello spettacolo stesso.
Come impresario, Cottino decideva quali spettacoli proporre al pubblico, talvolta creandone di nuovi, talvolta imitandone di già visti, talvolta importandone alcuni dall’estero: nella ricerca dei protagonisti poteva accadere che ingaggiasse persone prese dalla strada, o trovate nell’ambiente degli artisti di fiera o di circo. Dei personaggi di strada, Cottino ricordava di avere assunto una venditrice ambulante del mercato torinese di Porta Palazzo, trasformandola completamente per farle assumere il ruolo di una artista russa, detta Tania Sergeevna, nello spettacolo La Donna Colossale, mentre L’Uomo delle Nevi, che si esibiva ingoiando penne di pollo e rane immerse nell’acqua, era un lavoratore portuale di Genova. Dell’Uomo Incombustibile Cottino raccontava che fosse un reduce scampato ai forni crematori dei lager nazisti.
Cottino teneva particolarmente ad informare il pubblico dei contenuti dello spettacolo, non solo attraverso le iscrizioni dipinte all’esterno del padiglione, ma anche attraverso l’abbigliamento dell’imbonitore e dei suoi collaboratori; nel discorso dell’imbonimento venivano inseriti contenuti culturali, prelevati da testi di carattere divulgativo, allo scopo di garantire al pubblico la credibilità dello spettacolo, e nello stesso tempo suscitare la sua curiosità. In un certo senso tendeva a mettere in primo piano quella funzione di pedagogia improvvisata, popolare, che, soprattutto in passato, è stato un elemento importante degli spettacoli di piazza (si vedano, ad esempio, i padiglioni con i musei delle cere anatomiche o dedicati invece a personaggi storici), anche se ben mescolata con il sensazionalismo.
Nella narrazione autobiografica Cottino mostrava con orgoglio, come si è detto, la sua inventiva e la sua capacità imprenditoriale; imprescindibile, inoltre, era l’introduzione dell’elemento del comico – praticato soprattutto nelle improsate – con il quale invitava il pubblico alla risata, anche se era lui stesso che per primo rideva del pubblico.
L’album fotografico
La raccolta di fotografie, che come si vede ritraggono Gustavo Cottino, sua moglie Loy, gli esterni dei padiglioni, alcuni interni degli spettacoli, appare piuttosto varia.
Riguardo alle ragioni per le quali sono state realizzate, si può affermare che le foto abbiano avuto un valore documentario, un valore affettivo e di ricordo, un valore celebrativo e pubblicitario; alcuni dei padiglioni ripresi nel contesto della piazza raffigurano anche il pubblico, sia pure ripreso di spalle.
Tuttavia questo repertorio fotografico, sia pure nella quantità limitata, appartiene ad un genere molto definito, che merita di essere ulteriormente indagato con studi sistematici. Gli esibitori di piazza, i fieranti, gli artisti che appartengono al mondo dei “marginali” hanno usato – come nel caso di Cottino – il mezzo fotografico per alcuni scopi principali: documentare l’apparato scenico, esterno e interno, di ciascuno spettacolo/gioco esibito; ritrarre sé stessi nell’attività di lavoro o nei momenti di riposo; presentare sé stessi in funzione celebrativa e pubblicitaria.
Come gli emigrati inviavano ai parenti lontani, rimasti nella terra d’origine, le foto di sé stessi davanti al negozio, allo stabilimento, alla casa – testimonianza del benessere (eventualmente) raggiunto – così i fieranti mostravano con orgoglio il padiglione dello spettacolo/gioco, mezzo di sostentamento e prova della loro creatività/capacità imprenditoriale. Analogamente, poiché il padiglione era spesso ricavato da una carovana, riprenderlo in fotografia significava rappresentare il mezzo di trasporto, un po’ come autisti e camionisti si facevano fotografare davanti al camion, dotato di accese policromie e di iscrizioni beneauguranti.
Assolutamente rilevante, per noi, il valore documentario di queste immagini; se si esclude l’iconografia che ci perviene dalle opere d’arte, prima dell’avvento della fotografia le immagini della piazza erano costituite soprattutto di locandine pubblicitarie, incisioni a stampa, xilografie, oggi reperibili, oltre che negli archivi pubblici, anche nelle preziose raccolte di studiosi appassionati, come quella del bolognese Alberto Menarini – poi confluita nel patrimonio universitario –, e di numerosi privati collezionisti. Le raccolte fotografiche che riguardano fiere e luna park – per il circo i repertori sono assai più noti e reperibili –, sono numerose ma poco note. Tra queste, è indispensabile citare il lavoro dell’antropologa Annabella Rossi, che alla fine degli anni Cinquanta ha documentato numerosi spettacoli di piazza a Roma; e la vastissima raccolta di immagini fotografiche conservate nel Museo Storico della Giostra di Bergantino (RO). Questa raccolta è stata notevolmente incrementata dalla ricerca che Gian Paolo Borghi ha effettuato in numerose località dell’Italia settentrionale, attraverso l’acquisizione, per lo stesso museo di Bergantino, di originali e di fotoriproduzioni.
Le fotografie della piazza, così nettamente caratterizzate, costituiscono dunque un importante tassello documentario per gli studi sul mondo itinerante, non solo dal punto di vista storico ma anche come orizzonte per lo sguardo antropologico.
Dialoghi Mediterranei, n. 64, novembre 2023
Note
[1] Per la biografia e l’attività professionale di Gustavo Cottino, risultato dell’ampia narrazione autobiografica, rilasciata a chi scrive, come si è detto, nel marzo 2000, si veda Elisabetta Silvestrini, Gustavo Cottino. Una vita da impresario e imbonitore, in Un accademico impaziente. Studi in onore di Glauco Sanga, a cura di Gianluca Ligi, Giovanni Pedrini, Franca Tamisari, Edizioni dell’Orso, Alessandria, 2018: 205-2014.
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Elisabetta Silvestrini, ha effettuato ricerca in ambito italiano, privilegiando temi come la cultura materiale, l’antropologia dell’abbigliamento, l’antropologia dell’immagine, la “cultura della piazza”, l’antropologia storica, l’antropologia religiosa. Dal 1980 ha lavorato come etnoantropologa nel Ministero per i Beni e le Attività Culturali, prima nel Museo ATP, poi, dal 2003 al 2013, nella Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico per il Lazio. Dall’a.a.2001al 2011 è stata professore a contratto di discipline etnoantropologiche presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, e dal 2011 al 2015 presso l’Università di Macerata; attualmente è docente presso la Scuola di Specializzazione DEA dell’Università di Roma Sapienza. Ha conseguito nel 2013 l’Abilitazione Scientifica Nazionale (seconda fascia). È vicedirettore di Erreffe (La Ricerca Folklorica). Ultime pubblicazioni, come autrice e come curatrice: Spettacoli di piazza a Roma (2001); Abiti e simulacri, in R. Pagnozzato (a cura di), Donne Madonne Dee (2003); Simulacri vesti devozioni (2010); Acque, pietre, fuochi, alberi. Rituali di guarigione nei santuari e luoghi di culto del Lazio (2014); Confini, toponimi, luoghi stregati (2014, insieme a Milvia D’Amadio); Simulacri “da vestire” a sud di Roma e nel Lazio meridionale (2016); Amatrice. Dal cibo dei poveri alla notorietà gastronomica (2017); Statue, culti, sacre parentele (2017); Gustavo Cottino. Una vita da impresario e imbonitore (2018); Il potere del ferro (2019); I cardatori itineranti di Pietracamela (2020); Una ricerca per un museo (2020). Insieme a Francesca Fabbri e Alessandro Simonicca ha curato il volume Etnografie di materiali e pratiche rituali (2022).
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