di Tomas Cipriani
L’intelligenza artificiale (IA) rappresenta una delle più significative evoluzioni nel campo della tecnologia contemporanea, fungendo da pilastro portante della terza rivoluzione industriale. Definita come la capacità delle macchine di eseguire compiti che, se svolti da esseri umani, richiederebbero intelligenza, l’IA include sottocampi quali l’apprendimento automatico (machine learning), la visione artificiale e il processamento del linguaggio naturale. Al giorno d’oggi, lo stato dell’arte dell’IA evidenzia una crescita esponenziale nelle sue capacità, spingendo i confini di ciò che le macchine possono fare: dalle diagnosi mediche avanzate alla guida autonoma, dall’automazione industriale alla creazione artistica.
Il filosofo Luciano Floridi (2017) descrive l’avvento dell’intelligenza artificiale come parte di quella che lui chiama la “quarta rivoluzione”, dopo quelle copernicana, darwiniana e freudiana. In questa visione, l’IA è parte di un cambiamento paradigmatico nella comprensione dell’essere umano e del suo posto nel mondo. Floridi sostiene che, attraverso l’IA e altre tecnologie digitali, l’umanità sta iniziando a vedersi in una nuova luce: non più al centro dell’universo (Copernico), non più al vertice della vita biologica (Darwin), e nemmeno al comando incontrollato della propria mente (Freud), ma ora come parte integrante di un’infosfera globale interconnessa, in cui umani e non-umani, naturali e artificiali, interagiscono su un piano di parità.
Prometeo e l’avvento del tecnocene
Il termine “antropocene” è stato proposto da Paul Crutzen e Eugene Stoermer nel loro articolo The Anthropocene pubblicato nel Global Change Newsletter nel 2000. Attraverso questo concetto, Crutzen e Stoermer hanno voluto evidenziare come le attività umane abbiano raggiunto una scala geologica, influenzando significativamente l’ambiente terrestre a partire dalla rivoluzione industriale. Tale era è caratterizzata da un impatto umano così profondo da suggerire l’ingresso in una nuova età geologica, segnata da cambiamenti climatici, estinzione di specie e alterazioni degli ecosistemi. Mentre l’antropocene sottolinea l’impatto delle attività umane sull’ambiente, il concetto di tecnocene, sebbene meno formalizzato, sposta l’attenzione sull’ascesa della tecnologia come forza dominante nella trasformazione del pianeta. Tale visione suggerisce una revisione radicale dell’antropocentrismo tradizionale, proponendo un nuovo paradigma in cui la tecnologia non è più solo uno strumento al servizio dell’uomo, ma un agente attivo capace di configurare la società, la cultura e l’ambiente in modi autonomi e imprevedibili.
Nel contesto di questa transizione epocale, le riflessioni di Günther Anders assumono una rilevanza particolare. Nel suo saggio L’obsolescenza dell’uomo, pubblicato per la prima volta nel 1956, Anders indaga l’alienazione dell’individuo nell’era tecnologica, sottolineando come le capacità umane siano diventate inadeguate di fronte alle potenzialità delle macchine. Attraverso il concetto di “prometeicità”, Anders descrive la tendenza umana a superare i propri limiti tramite la creazione di strumenti e tecnologie. Tuttavia, questo impulso ha portato a una situazione in cui l’umanità si trova “antiquata” rispetto alle proprie creazioni, incapace di adeguarsi alla velocità e alla complessità delle innovazioni tecnologiche.
Pandora e le sfide sociali
L’intelligenza artificiale (IA) si presenta come un fulcro di trasformazione sociale e culturale, aprendo nuove frontiere nel dibattito su come le tecnologie avanzate possono sia potenziare che sfidare le strutture esistenti della società. La democratizzazione dell’accesso all’IA, come sottolineato da Luciano Floridi in Soft Ethics and the Governance of the Digital pubblicato su Philosophy & Technology, pone l’accento su un equilibrio tra le “soft ethics”, intese come principi etici flessibili e adattabili, e le “hard ethics”, ovvero regolamenti e leggi più stringenti. Tale dualismo cerca di navigare tra le potenzialità dell’IA di promuovere un bene sociale esteso e i rischi che essa comporta, quali bias culturali, disparità nel mercato del lavoro, problematiche sulla privacy, diritti d’autore e impatti ambientali.
I bias culturali nelle tecnologie IA rappresentano una delle sfide più persistenti, riflettendo pregiudizi esistenti all’interno della società. In Weapons of Math Destruction (2016), Cathy O’Neil discute come algoritmi apparentemente neutrali possano perpetuare discriminazioni e disuguaglianze. La necessità di una progettazione e implementazione etica dell’IA, che tenga conto della diversità e inclusività, diventa fondamentale per contravvenire a tali bias. Sul fronte del mercato del lavoro, l’IA suscita timori legati alla sostituzione del lavoro umano con macchine sempre più efficienti. Richard Baldwin, in Rivoluzione globotica. Globalizzazione, robotica e futuro del lavoro (2020), analizza come l’automazione potrebbe ridisegnare il panorama occupazionale, richiedendo nuove politiche sociali per mitigare gli effetti di disoccupazione tecnologica. La questione della privacy nell’era dell’IA e dei grandi dati è ulteriormente complicata dalla capacità di raccogliere, studiare e utilizzare vasti set di dati personali. Shoshana Zuboff in Il capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri (2019) esplora come le imprese capitalizzino su questi dati, sollevando interrogativi etici significativi riguardo la proprietà e l’uso delle informazioni personali.
Le teorie del postumanismo critico e del transumanesimo offrono, invece, due prospettive divergenti ma interconnesse sull’IA in relazione alla nostra società. Da una parte, il postumanismo critico, come indagato da Rosi Braidotti in Il postumano. La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte (2013), invita a ripensare le relazioni tra umani, tecnologia e ambiente, proponendo un’etica più inclusiva che superi l’antropocentrismo. Dall’altra, il transumanesimo, con pensatori come Nick Bostrom in Superintelligenza. Tendenze, pericoli, strategie (2014), considera l’IA e altre tecnologie come mezzi per trascendere i limiti biologici umani, spingendo verso una visione evolutiva dell’umanità.
Socrate, tra educazione e prestazione
Nell’ambito contemporaneo, caratterizzato dall’avanzamento e dall’integrazione dell’intelligenza artificiale (IA) nel settore educativo, l’opera Pedagogia algoritmica di Chiara Panciroli e Pier Cesare Rivoltella emerge come un contributo importante al dibattito in corso. Il testo articola la relazione tra educazione e IA attraverso tre direttive principali: la necessità di educare l’IA per superare i bias intrinseci, l’importanza di formare gli individui all’utilizzo critico dell’IA, e il potenziale dell’IA come strumento per potenziare l’apprendimento personalizzato e il tutoring. Tuttavia, per discutere del rapporto tra educazione e IA è necessario oltrepassare una visione puramente prestazionale che domina la società contemporanea. Byung-Chul Han, nel suo saggio La società della stanchezza, critica l’ossessione per la prestazione e la produttività, evidenziando le responsabilità delle tecnologie digitali nell’intensificazione dell’auto-sfruttamento. Questo paradigma si estende anche al dominio educativo, dove l’accento posto sulle discipline STEM rischia di privilegiare un approccio utilitaristico, trascurando la riflessione critica e il significato profondo dell’apprendimento.
Ancora una volta ci viene in soccorso la cultura classica. La competenza del prompt engineering nell’ambito dell’IA, che si basa sulla capacità di formulare domande precise e significative, trova un parallelo nell’approccio socratico all’educazione, incentrato sulla maieutica e sulla formulazione di domande critiche. Tale convergenza mette in luce l’importanza di promuovere un apprendimento che vada oltre l’acquisizione meccanica di conoscenze, per favorire lo sviluppo del pensiero critico, la riflessione etica e una comprensione approfondita delle implicazioni della tecnologia nella società. In quest’ottica, l’integrazione dell’IA nel campo educativo si configura non solo come una sfida tecnologica, ma soprattutto come un’opportunità per ripensare gli obiettivi e i metodi dell’educazione, in modo da preparare gli individui a interagire e contribuire consapevolmente al mondo di domani, in linea con i principi educativi di filosofi dell’educazione come John Dewey, per cui l’educazione rappresenta il pilastro della democrazia e della crescita individuale.
Nel cuore della riflessione contemporanea sull’intelligenza artificiale, emerge con prepotenza la necessità di spostare il focus dalla mera dimensione tecnologica, caratterizzata dalla techné, verso questioni più profondamente radicate nell’ethos e nell’anthropos, ovvero nelle dinamiche relazionali e nei modelli di umanità che aspiriamo a promuovere. Questo approccio sollecita una riflessione critica non solo sul tipo di società che stiamo delineando attraverso l’avanzamento tecnologico, ma anche sul ruolo che ciascun individuo vi occupa e sulle implicazioni etiche che scaturiscono dalle scelte tecnologiche intraprese.
In tale contesto, le osservazioni di Amartya Sen, espresse in modo eloquente nel suo lavoro Lo sviluppo è libertà (1999), sottolineano la necessità di un progresso che sia bilanciato, che non privilegi unicamente gli aspetti tecnologici ed economici, ma che si accompagni a un avanzamento sociale e umano. Sen insiste su una precisa visione dello sviluppo che sia integrato in un contesto più ampio di progresso umano, in cui l’accesso alle opportunità, la libertà di scelta e il benessere individuale e collettivo siano considerati parametri fondamentali. Affrontare le contraddizioni del nostro tempo, quali la disuguaglianza, la perdita di lavoro causata dall’automazione e le questioni etiche legate all’uso dell’IA, richiede quindi un impegno condiviso per porre l’umanità al centro dell’innovazione tecnologica. Solo attraverso un tale riorientamento sarà possibile guidare lo sviluppo dell’IA verso un futuro inclusivo e sostenibile, che rifletta i valori e gli ideali di una società con al centro l’essere umano e il suo benessere. In questo senso, l’IA non diventa un fine in sé, ma uno strumento attraverso il quale è possibile esplorare e realizzare una visione dell’umanità che sia arricchita, piuttosto che minacciata o soppiantata, dalle sue stesse creazioni tecnologiche.
Dialoghi Mediterranei, n. 66, marzo 2024
Riferimenti bibliografici
Anders, G., L’obsolescence de l’homme. Sur l’âme à l’époque de la deuxième révolution industrielle, Éditions Ivrea, Paris 2002 [1956].
Baldwin, R., Rivoluzione globotica. Globalizzazione, robotica e futuro del lavoro, Il Mulino, Bologna 2020.
Byung-Chul Han, La società della stanchezza, Nottetempo, Milano 2020.
Bostrom, N., Superintelligenza. Tendenze, pericoli, strategie, Bollati Boringhieri, Milano 2018.
Braidotti, R., Il postumano. La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte, DeriveApprodi, Bologna 2013.
Crutzen, P. J. & Stoermer, E. F., The “Anthropocene”, Global Change Newsletter, 41: 17-18, 2000.
Floridi, L., La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Raffaello Cortina, Milano 2017.
Floridi, L., Soft Ethics and the Governance of the Digital, Philosophy & Technology, Volume 31: 1-8, (2018).
O’Neil, K., Weapons of Math Destruction: How Big Data Increases Inequality and Threatens Democracy, Crown Publishers, New York 2016.
Panciroli, C., Rivoltella, P.C., Pedagogia algoritmica. Per una riflessione educativa sull’intelligenza artificiale, Morcelliana, Brescia 2022.
Sen A., Lo sviluppo è libertà. Perché non c’è crescita senza democrazia, Mondadori, Milano 2014.
Zuboff, Sh., Il capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri, Luiss University Press, Roma 2023.
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Tomas Cipriani, dottore in filosofia e docente di filosofia, storia e italiano L2/LS. Collabora con l’enciclopedia Motta-Rizzoli per l’aggiornamento dell’annuario e con la Palumbo Editore su progetti che includono l’intelligenza artificiale nella didattica. È stato cultore della materia in Storia contemporanea presso l’Università IULM di Milano.
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