Stampa Articolo

Intorno ad un progetto didattico. Le fiabe, Calvino e l’incontro con l’altro

immagini degli elaborati esposti in mostra al Museo di Arti e Mestieri di Pianoro).

Immagine degli elaborati esposti in mostra al Museo di Arti e Mestieri di Pianoro

di Ivana Baldi, Maria Rosaria Catino

Il racconto orale come educazione all’inclusione e all’accoglienza

Il progetto “Città mia, città tua che differenza c’è?”  ha avuto come finalità quella di rintracciare – partendo dai miti raccontati intorno al fuoco e passando per i racconti della tradizione popolare prima orale e poi scritta – temi, valori, archetipi e stereotipi comuni, al di là delle differenti abitudini, culture, tradizioni e stili di vita dei vari popoli e civiltà, per fare comprendere che esistono aspirazioni, valori, temi archetipici che ci connettono con il grande racconto di tutta l’umanità.  Attraverso gli archetipi è possibile scoprire come ciascuno di noi sia collegato alla storia e alla cultura di ogni essere umano e che le nostre emozioni, idee, aspirazioni e paure siano comuni a tutti gli individui in ogni epoca e luogo. «Esplorare gli archetipi significa anche aprirsi ad una più profonda connessione con la collettività, con gli esseri umani che condividono le nostre stesse emozioni e sfide. Questa consapevolezza ci avvicina agli altri» [1], ci fa sentire parte di un tutto e ci incoraggia a contribuire al mondo in modo significativo, ispirati dalla consapevolezza che ognuno di noi ha un ruolo ed un potenziale unico da realizzare.

Il percorso si è sviluppato partendo dai racconti orali tramandati dalle terre e dalle generazioni dei popoli che abitano il “continente liquido” cercando di rintracciare in essi quei fili comuni che dai miti delle origini hanno popolato la fantasia e l’immaginazione dell’uomo, come la ricerca del senso dell’esistenza, l’aldilà, la spiegazione dei fenomeni naturali, la visione delle donne, dei bambini e degli animali. Il filo rosso che li ha collegati è rappresentato dalla lettura del romanzo di Calvino Le città invisibili che ha accompagnato gli alunni nel tema dell’incontro con l’Altro. In questo libro Marco Polo si trova a descrivere a Kublai Khan le città del suo regno che ha visitato. Tutte le città di cui parla Marco Polo hanno un nome di donna e sono il simbolo della complessità e del disordine della realtà, ma anche del sogno e del potere della fantasia.   

815q3vdrikl-_ac_uf10001000_ql80_Il racconto e la fiaba sono stati al centro di questo percorso perché sono sempre stati uno spazio emozionale che ha permesso di dilatare la sensibilità di ciascuno di noi, stabilendo un contatto con l’altro che necessariamente porta ad un arricchimento personale. Pensare in quest’ottica significa riflettere sul fatto che, quando due persone si incontrano, a incontrarsi sono due storie così profonde e uniche e allo stesso tempo così condivise e legate, che la conoscenza reciproca può divenire un’esperienza affascinante. «Dunque, conoscere se stessi e, di conseguenza, gli altri costituisce da sempre uno dei migliori antidoti all’incomprensione e all’ostilità, alla difficoltà di comunicare e all’isolamento» [2].

Inoltre, ogni alunno ha potuto costruire un suo senso e “adoperare i propri occhi” perché il senso vero di un racconto non è nel testo, ma nel “dialogo con il testo”. Il senso è, infatti, un’architettura che si riempie, nel suo farsi, di voci, di storie, di luoghi, di immagini, di pensieri; la sua logica non prescinde dalla dimensione emozionale e cerca un lettore disponibile a risvegliare esperienze, conoscenze, altri testi, per rendere la visione adeguatamente complessa.  

La mitologia, le fiabe e le favole trasmesse, inizialmente solo oralmente e solo in un secondo momento trascritte, sono state le prime espressioni della cultura popolare, le prime fonti storiche da cui poter ricavare informazioni sulla società e sugli stili di vita del popolo. «Nonostante la loro dimensione fantastica, sono fortemente correlate alla vita vera, spiegando le cose come sono nella realtà così problematica, difficile e conflittuale nella sua essenza. Anche gli orrori e le brutture della vita (morti, atrocità, prove) trovano una loro collocazione, cosicché tutto risulti in ordine» [3]

10796Lo scrittore Italo Calvino, nell’introduzione alla sua raccolta di Fiabe Italiane, ritiene che le fiabe siano vere, in quanto forniscono in forma simbolica una spiegazione generale della vita. Infatti, esse costituiscono una sorta di «catalogo dei destini che possono darsi ad un uomo e ad una donna» nel corso della loro esistenza, «dalla nascita che sovente porta con sé un auspicio o una condanna, al distacco dalla casa, alle prove per diventare adulto e poi maturo, per confermarsi come essere umano».  Nei racconti fiabeschi, sottolinea Calvino, si ritrovano tutti i grandi problemi e le difficoltà esistenziali che gli esseri umani hanno incontrato ed incontreranno nel loro cammino terreno. A livello più generale essi raccontano «la drastica divisione dei viventi in re e poveri, ma, allo stesso tempo, la loro parità sostanziale». In essi si narra anche l’eterna lotta tra il bene e il male, tra la bontà e la cattiveria, tra la vita e la morte, tra la fortuna e le avversità, nonché il continuo conflitto umano tra il condizionamento e la libertà, mettendo in rilievo «la comune sorte (degli uomini) di soggiacere a incantesimi, cioè di essere determinati da forze complesse e sconosciute, e lo sforzo compiuto per liberarsi e autodeterminarsi, inteso come dovere elementare, insieme a quello di liberare gli altri, anzi il non potersi liberare da soli, il liberarsi liberando» [4]

Dunque, le fiabe risultano essere un prezioso strumento attraverso il quale trarre informazioni sulla vita condotta dalle classi più povere: contadini, artigiani, popolo. Altre fonti storiche su questo argomento potevano essere gli atti dei processi nei quali alcuni personaggi del popolo erano coinvolti, ma si trattava comunque di informazioni frammentarie che rispecchiavano sempre una sola prospettiva: quella delle classi sociali elevate e nobili. Gli altri racconti venivano, in qualche modo, censurati dai poteri politici o religiosi. I racconti destinati ai bambini proprio per le loro finalità – testi adibiti a divertire e educare; infatti, ogni fiaba conteneva, anche se implicitamente, una morale, un insegnamento relativo a un principio etico o un comportamento corretto – riuscivano a sfuggire ad ogni forma di controllo e di censura e costituivano in questo modo un ricco e potente documento della cultura, della mentalità, delle tradizioni e delle abitudini popolari.

mmagini degli elaborati esposti in mostra al Museo di Arti e Mestieri di Pianoro).

Immagine degli elaborati esposti in mostra al Museo di Arti e Mestieri di Pianoro

Il nostro progetto è cominciato dalle fiabe raccontate nel nostro territorio (Appennino emiliano) dai folai, che, generalmente, erano uomini che visitavano le case dei contadini e che avevano una grande capacità di raccontare storie e fiabe in cambio di un pasto o di un po’ di danaro. L’ambiente in cui venivano raccontate le storie erano le stalle in cui, durante le lunghe sere d’inverno, si riunivano a veglia le famiglie dei contadini, perché il respiro delle mucche rendeva l’ambiente più caldo: mentre ascoltavano, svolgevano alcune attività come fare le trecce e le ceste. Abbiamo continuato il lavoro coinvolgendo le famiglie (mamme, papà, nonni, nonne e parenti) che ci hanno raccontato le storie di differenti regioni d’Italia, ma anche di Stati stranieri. In questo modo gli alunni hanno potuto stabilire un contatto empatico con altre tradizioni che ha portato ad un arricchimento personale.  

Tra i racconti ascoltati e letti sono stati, quindi, individuati alcuni temi sui quali si è potuto finalizzare il nostro lavoro.  Si è scelto di trattare la condizione all’interno delle varie società di donne, bambini ed animali.

Le donne

Per quanto riguarda la figura della donna nei racconti popolari sono stati proposti ai ragazzi molti miti e fiabe provenienti dalle tradizioni di tutto il mondo. «Le donne sono sempre state protagoniste, in principio come raccoglitrici e narratrici delle storie e poi come personaggi all’interno delle stesse, sia nelle vesti di oscure streghe che di vergini innocenti» [5].  

8194dibckwl-_ac_uf10001000_ql80_La maggior parte di queste storie, ci racconta di un principe azzurro che salva la principessa indifesa, spesso orfana abbandonata, sola e povera. Il principe è bellissimo, ricco e si innamora della bellezza e della dedizione della ragazza, la porta con sé nel castello finché vissero per sempre felici e contenti. In altri casi le donne aspettano il marito che assegna loro il padre, fanno le pulizie di casa, non sanno leggere e inseguono solo la bellezza.  L’idea che si trasmette è che la donna non possa ambire a grandi progetti perché l’unico obiettivo della vita di una donna è, appunto, quello di sposarsi e che i mezzi per riuscirci sono la bellezza, la passività e la dedizione alla casa e ai figli. In altre versioni la donna è una strega malvagia, una cattiva incantatrice e una matrigna.  Come scrive Doyle: «Le donne vengono definite dall’esterno per come appaiono agli uomini, e non dall’interno come soggetti pensanti e senzienti. Non sono esseri simili e neanche una  tipologia differente o qualitativamente peggiore di persone, sono semplicemente l’opposto dell’uomo, e quindi, l’opposto dell’essere umano» [6].

Ci sono, però, anche altre narrazioni in cui le donne sono figure dinamiche, autentiche eroine e non solo principesse passive, sono furbe e capaci di ingannare gli uomini e, in alcuni casi, sanno addirittura predire il futuro. 

«La storia di Caterina la Sapiente è un esempio di una fiaba che dimostra la preferenza di Calvino per una figura femminile forte, che usa la propria intelligenza per raggiungere i propri scopi. Caterina mostra come sia possibile determinare la fortuna servendosi della propria ingegnosità. Si tratta, quindi di un’eroina intelligente che dimostra come si possa usare la superiorità intellettuale per superare gli ostacoli e riuscire nelle prove. La fiaba di Calvino non pone l’accento sul matrimonio, ma sul modo in cui la figura femminile riesca – sempre dopo il superamento di alcune dure prove – a dare una bella lezione al personaggio maschile. In questa fiaba si può scoprire come l’uomo fiabesco e la donna fiabesca interagiscano e come la loro relazione si sviluppi» [7]. 

È importante che i ragazzi leggano le storie con uno sguardo critico per consentire loro di riconoscere gli stereotipi [8] esistenti ancora nelle nostre società così da trovare libertà di approccio e comportamento, senza doversi per forza adeguare ai soliti ruoli triti e ritriti. La sfida della nostra epoca è quella di trovare un modo nuovo in cui uomini e donne possano collaborare, essendo entrambi protagonisti attivi della propria esistenza. E le fiabe possono e devono dare nuove ispirazioni in tal senso!

Abbiamo, quindi, chiesto ai ragazzi di riscrivere alcune fiabe cambiando il ruolo della donna. Qui di seguito alcuni esempi dei loro testi:  

«Un giorno una ragazza di nome Biancaneve, si sposò con un ragazzo affascinante, ma basso. Dopo due anni, diede alla luce sette piccoli bimbi. Il marito di Biancaneve era un casalingo e lei si spaccava la schiena, facendo la minatrice, ma quando tornava a casa si rilassava. Il marito era riconoscente per il lavoro della moglie e le regalò un viaggio alle Maldive» (Tommaso).
«In una graziosa casetta vivevano due sorelle: Fatima e Haisha e la loro matrigna. Era una famiglia molto ricca perché le due sorelle iniziarono a lavorare fin dalla minore età portando a casa tante soddisfazioni. Fatima lavorava in un Hotel a cinque stelle in cui soggiornavano celebrità e persone molto ricche. Lavorava dalla mattina alla sera e tornava a casa tardi, ma era felice del lavoro. Haisha, invece, lavorava in un’impresa di costruzioni: aveva molto successo e costruì palazzi importanti. Era molto contenta del suo lavoro. la felicità le dava la carica per lavorare il giorno dopo. Le due sorelle erano contente della loro carriera lavorativa e quando andarono in pensione fecero insieme molti viaggi in giro per il mondo» (Filippo). 
mmagini degli elaborati esposti in mostra al Museo di Arti e Mestieri di Pianoro).

Immagine degli elaborati esposti in mostra al Museo di Arti e Mestieri di Pianoro

Gli animali

Gli animali sono sempre stati presenti nei racconti degli uomini fin dall’antichità a testimonianza della profonda connessione che gli esseri umani hanno sempre avuto con il mondo animale che ispirava meraviglia, timore e rispetto. Pensiamo alle pitture rupestri delle grotte di Lascaux in cui erano dipinti cervi, equini, bovini, felini, uccelli che avevano, probabilmente, un significato mitico-religioso nel quale si rivivevano cacce favolose, pericoli scampati o tragedie.

Anche nella mitologia di molte popolazioni sono presenti numerosi animali. Ad esempio, il lupo è spesso associato ai concetti di forza, ferocia e astuzia. Nella mitologia romana era associato al dio della guerra Marte, inoltre i fondatori di Roma Romolo e Remo erano stati allattati da una lupa. Nella mitologia nordica il lupo Fenrir era una creatura gigantesca e, quando apriva la bocca, la mandibola toccava la terra e la mascella il cielo e combatteva contro gli dei durante il Ragnarok, il crepuscolo degli dei.

Un altro animale presente in molti miti e leggende è il corvo. Nella mitologia greca, il corvo era associato alla dea della saggezza, Atena, mentre nelle culture nordiche era spesso visto come un messaggero degli dèi. In molte culture indigene americane, il corvo è un simbolo di trasformazione e saggezza, mentre nelle leggende celtiche è spesso associato a magia e mistero.  

Esempi splendidi di legami profondi e duraturi fra animali e uomini, sono i purosangue di Achille, Xanto e Balio, che, alla morte di Patroclo, restano immobili in mezzo alla mischia e lo piangono. Non si può certo dimenticare il cane di Ulisse, Argo che, ormai vecchio e malato, muore dopo aver rivisto il suo padrone.

Questa relazione tra uomo e animale è stata evidenziata recentemente nella mostra fotografica “Animals” di Steve McCurry che racconta l’indissolubile legame tra uomo e animale. Un affresco sull’interazione e la condivisione che tocca il tema del lavoro in cui gli animali sono talvolta sfruttati come unica risorsa, per contrastare una situazione di miseria oppure animali in via d’estinzione, da proteggere e rispettare, o animali domestici, amati e riconosciuti come compagni di vita per alleviare la tristezza o per affetto. Sono loro i protagonisti di questo affresco corale che tocca i temi del lavoro e del rapporto simbiotico che talvolta con essi l’uomo stringe, come unica via di sopravvivenza. In un’epoca di cambiamenti climatici e cataclismi naturali, queste fotografie ci aiutano a riflettere sull’impatto che il comportamento umano ha sul pianeta Terra e su tutti i suoi abitanti.

Nella favola gli animali sono i protagonisti e rappresentano i vizi e le virtù degli uomini. Prendendo spunto dalla favola Il Lupo e il cane di Fedro e paragonandola con altre fiabe moderne, ad esempio la storia di Dumbo. Ci siamo interrogati se sia meglio essere liberi, ma doversi procurare ogni giorno il cibo con il rischio di non trovarlo o di essere addomesticati, avere il cibo assicurato, ma dovere sottostare alle regole e alle necessità degli uomini e con una libertà di movimento molto limitata.  

A questo punto abbiamo analizzato i diritti degli animali leggendo la Dichiarazione Universale dei diritti dell’animale Unesco, Parigi, 15 ottobre 1978. Ci ha colpito particolarmente l’art.2 sul divieto di sfruttamento degli animali e sul loro diritto ad essere curati e protetti da parte dell’uomo, l’art. 6 sull’abbandono degli animali e l’art. 10 in cui si afferma che nessun animale deve essere usato per il divertimento dell’uomo.  

Prendendo spunto da alcuni silent book in cui i protagonisti erano gli animali, abbiamo poi estrapolato alcuni diritti degli animali che emergevano da quelle pagine [9].

mmagini degli elaborati esposti in mostra al Museo di Arti e Mestieri di Pianoro).

Immagine degli elaborati esposti in mostra al Museo di Arti e Mestieri di Pianoro

I Bambini

Per quanto riguarda i bambini abbiamo analizzato la fiaba di Pollicino che ha suscitato una discussione sui diritti dei bambini. Perciò è stata letta ed analizzata la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Collegandoci al progetto sulla legalità svolto nel precedente anno scolastico sono stati ripresi e commentati alcuni diritti – quelli che gli alunni hanno percepito come più significativi ed importanti – della Convenzione internazionale dell’infanzia e dell’adolescenza. Nello specifico sono stati ripresi ed analizzati gli articoli che trattano i seguenti argomenti: divieto di discriminazione; nome e nazionalità; opinione del bambino; libertà di espressione; protezione della vita privata; livello di vita; educazione e suoi obiettivi; lavoro minorile; tempo libero, attività ludiche e culturali [10]. 

Questa discussione sui diritti dei bambini ha prodotto esiti inattesi perché gli alunni stessi hanno formulato due ulteriori articoli in aggiunta a quelli già esistenti:

ART. 55
Il diritto di ciascun bambino di avere il silenzio e la calma necessari per poter ascoltare la natura e gli altri.
ART. 56
Il diritto ad essere circondati dalla bellezza e a contribuire alla salvaguardia del patrimonio e dell’eredità che ci ha lasciato chi ci ha preceduto perché solo dalla bellezza e dalla memoria del passato può derivare la speranza nel futuro. 

7105copje6lSi è riflettuto sul fatto che essere circondati dalla bellezza delle creazioni umane nelle svariate forme e dalle meraviglie del mondo in cui viviamo lasciateci in eredità dal passato ci invita ad osservare la realtà circostante con occhi diversi, suscita lo stupore da cui possono muovere riflessioni e curiosità e produce in ciascuno di noi una sostanziale condizione di benessere. Essere circondati dalla bellezza ci spinge a cercare la bellezza nelle esperienze quotidiane di relazione. Pertanto, preservare ed educare alla bellezza significa aprire a nuove forme di apprendimento collettivo in cui i bambini di oggi possono imparare a leggere i segni della bellezza sparsi ovunque e da adulti saranno capaci di salvaguardare e custodire la bellezza del passato per fare, pensare, creare bellezza, anche quando, come in questa fase storica, le difficoltà e il dolore imperversano in modo potente ed incessante.

La lettura di alcuni racconti e romanzi – nello specifico del romanzo Lucilla di Annet Schaap – e l’ascolto di alcune fiabe nella versione popolare dell’Appennino bolognese narrate da Maurizia Lazzarini, direttrice del Museo di Arti e Mestieri di Pianoro, durante un incontro organizzato ha mostrato agli alunni ancora una volta come fino a pochissimo tempo fa – fino al 1989, anno della dichiarazione della Convenzione internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza – non solo i bambini non godevano di alcuna tutela ma addirittura erano considerati come adulti imperfetti e come tali trattati.

mmagini degli elaborati esposti in mostra al Museo di Arti e Mestieri di Pianoro).

Immagine degli elaborati esposti in mostra al Museo di Arti e Mestieri di Pianoro

Il percorso didattico

In seguito, abbiamo letto ed analizzato alcuni capitoli delle Città Invisibili di Calvino, mettendo in evidenza la complessità delle strutture e delle architetture delle Città che rappresentano i contrasti e le contrapposizioni presenti anche all’interno delle nostre città. A questo punto i ragazzi, divisi in gruppi misti, prendendo spunto dai brani letti delle Città invisibili di Italo Calvino, hanno inventato delle storie, ambientate in città ideali in cui venivano garantiti e rispettati i diritti delle donne, dei bambini e degli.animali. A ciascuna città è stato poi dato un nome inventato dai ragazzi corrispondente all’argomento scelto. Ad esempio: Kids e Puerilia: le città in cui vengono rispettati i diritti dei bambini, Arosia e Cretara: sui diritti delle donne, Kora e Stellina: sui diritti degli animali. Sulla base delle storie inventate, ciascun gruppo ha prodotto elaborati grafici e pigotte del personaggio principale. Tutto il materiale prodotto è stato, poi, oggetto di una mostra a cui sono stati invitati a partecipare i familiari degli alunni. 

3044-6Metodologia  

Il progetto ha avuto un approccio laboratoriale in cui gli alunni hanno svolto un ruolo attivo divenendo protagonisti del proprio processo di apprendimento. Una didattica della storia finalizzata all’attivazione e allo sviluppo della cittadinanza e alla formazione di un “abito critico” che consenta ai giovani di interpretare le fonti e la realtà quotidiana per costruire orizzonti futuri, deve necessariamente mettere in campo forme di apprendimento attivo che consentano agli alunni di essere protagonisti del proprio processo di apprendimento. Il laboratorio ha costituito, pertanto, il luogo, lo spazio in cui è stata superata la visione solo trasmissiva e tradizionale del sapere attraverso le lezioni frontali e i contenuti confezionati, e in cui è stato sperimentato il sapere e il saper fare dei ragazzi; lo spazio in cui, partendo dalle precedenti acquisizioni, saperi e competenze si sono costruite. Attraverso questo approccio sono state adottate diversificate metodologie che hanno privilegiato l’esplorazione attiva, l’apprendimento per scoperta, la problematizzazione, il confronto, l’analisi, la comprensione, l’esercizio e il potenziamento della riflessione critica, la valutazione delle attività svolte. Le principali metodologie adottate sono state: approccio dialogico; story telling; role playing; learning by doing; metodo euristico-guidato; cooperative learning; problem solving; brainstorming; metodo investigativo-ipotetico-deduttivo della ricerca sperimentale

Sono state, ovviamente, svolte anche lezioni frontali per comunicare nozioni e/o fornire informazioni necessarie per permettere agli alunni di organizzare in autonomia – individualmente, in coppia o in piccolo gruppo – lavori di analisi e studio di differenti fonti.

61lxnuhvhul-_ac_uf10001000_ql80_Tra storia locale e storia globale. Conclusioni

In primo luogo siamo partiti dalla conoscenza delle fiabe del nostro territorio che riflettevano una realtà sociale e storica in cui i luoghi di diffusione e di trasmissione dei racconti sulla vita del popolo erano i mulini. Qui i contadini si recavano a fare macinare il grano, il mais e le castagne o le stalle che, d’inverno, erano il luogo più caldo della casa. Qui a raccontare le storie erano ciabattini, barbieri o raccontastorie di mestiere che si trasferivano di notte al buio di casa in casa. L’argomento principale delle storie raccontate era il cibo, infatti da quel che si mangiava si poteva dedurre il grado di benessere di una famiglia. Il cibo e la carne – l’unica carne che si mangiava era quella del maiale – indicavano il livello di agiatezza e di benessere di una famiglia. Inoltre dalle fiabe si possono desumere i lavori servili e pesanti a cui i contadini erano sottoposti, la vendita e l’abbandono dei bambini, la fame e gli stenti, l’ignoranza… Al contempo fiabe e racconti riflettevano le aspirazioni del popolo come la scalata sociale, la possibilità di non dovere più patire la fame nonché i loro valori, linguaggi e pensieri: alla mancanza di cultura si sopperiva con l’ingegno, con l’arguzia e la furbizia, alle prove difficili e agli imprevisti da superare con la forza tipica di chi era abituato a svolgere lavori fisicamente pesanti.

Dalla conoscenza della storia locale si è passati a proporre ai ragazzi fiabe appartenenti a culture differenti che, pur nella diversità, presentano valori ed archetipi comuni. Da qui la connessione tra la storia locale e la storia generale. Partendo dall’ambiente in cui i ragazzi vivono è più semplice trovare le motivazioni giuste per comprendere le ragioni del loro stile di vita e di come questo sia cambiato nel tempo. È un modo per costruire la propria identità culturale e per sentirsi parte del contesto sociale e culturale in cui vivono. La memoria del passato diventa una forza coesiva, una chiave per comprendere il presente, ma, al contempo, proiettata verso il futuro per il generale miglioramento della qualità della vita e della nostra società. Nella storia locale si riflette quella globale, perciò la prima può diventare una chiave di interpretazione per analizzare nel dettaglio i grandi avvenimenti storici.

In particolare, con questo progetto, ci interessava riflettere sull’accettazione di persone che provengono da altre culture e che, inizialmente, possono suscitare preconcetti, pregiudizi e paure. A guardar bene, gli archetipi proposti dai racconti analizzati sono dei modelli simbolici presenti nell’inconscio collettivo di tutta l’umanità e riconoscerli e valorizzarli può aiutare a contrastare gli stereotipi riduttivi e a migliorare le relazioni con lo straniero.  

In conclusione, comprendere gli insegnamenti derivati dagli archetipi può condurre ad una società in cui il valore delle persone non è determinato dalla loro provenienza o dalla loro ricchezza, ma dalle loro caratteristiche e peculiarità interne. In questo modo il contatto con il diverso può diventare molto fruttuoso soprattutto se avviene in pace aprendo al dialogo e alla reciproca conoscenza come arricchimento sia personale che sociale.

 Dialoghi Mediterranei, n. 72, marzo 2025
Note
[1] https://www.massimofrancopsicoterapeuta.it/psicologia/archetipi/ 
[2] Cfr. Dondarini R., Quel tempo chiamato Medioevo. Mille anni di vicende, trasformazioni e antefatti della nostra storia, Liguori, Napoli 2012.  
[3] Lüthi M., La fiaba popolare europea, Forma e natura, Mursia, Milano 1982.
[4] Cfr., Calvino I., “Introduzione”, in Fiabe Italiane, vol. I, Mondadori, Milano 2002.
[5] Paolo Battistel, L’arcolaio delle fiabe. Il femminile e la trasfigurazione nei racconti popolari, Oligo, Mantova, 2023
[6] J.E. Doyle, Il mostruoso femminile. Il patriarcato e la paura delle donne, Tlon, Roma, 2021  
[7] Cfr., Geraldine Wijns, Joseph Jacobs, Italo Calvino e le eroine “atipiche” delle fiabe tradizionali. Analisi della raffigurazione della protagonista “intraprendente” nelle “Fiabe italiane” di Calvino e nelle “English Fairy Tales” di Jacobs. (Tesi di Laurea)  
[8] L’archetipo può cambiare con il mutare della società e permette una vasta gamma di narrazioni, mentre lo stereotipo è la parte più ancorata ai pregiudizi sociali ed è meno adattabile e più irrigidita nello schematismo. L’archetipo avvicina all’altro, il pregiudizio lo allontana
[9] https://www.canva.com/design/DAF5rIZgv1M/11cm9xg2PgB-g1K47kQwXQ/edit  
[10] Articolo 2. Divieto di discriminazione
Lo Stato deve impegnarsi a garantire tutti i diritti a ogni bambino, senza distinzioni, anche se il bambino è di colore, etnia, lingua o religione diversa, indipendentemente da sesso, condizione sociale: questo significa che lo Stato ha l’obbligo di tutelare il fanciullo da qualsiasi forma di discriminazione e s’impegna a non violare alcun diritto del bambino, facendo tutto il possibile per lui.
Articolo 7. Nome e nazionalità
Il bambino ha diritto a un nome e a una nazionalità. Va registrato subito a un’anagrafe, appena nasce, con un nome e con la sua cittadinanza. Questo diritto fa capire che senza questa registrazione all’anagrafe viene negata l’esistenza stessa del bambino e se gli altri non sanno che tu esisti nessuno può eventualmente aiutarti se sei in una situazione di pericolo e/o di sfruttamento.
Articolo 12. Opinione del bambino
Il bambino, quando diventa capace di avere un’opinione, ha diritto di esprimerla liberamente come gli adulti in merito a tutte le questioni e ai procedimenti che lo riguardano: nella certezza che tale opinione venga tenuta in debito conto.
Articolo 13. Libertà di espressione
Il bambino ha diritto di leggere e guardare quello che gli pare, cercare e diffondere nuove informazioni e idee, e di esprimere le sue (fatte salve le libertà altrui e le regole).  
Questi diritti pongono l’accento sull’importanza che le opinioni dei bambini ed i loro interessi siano ascoltati e tenuti in considerazione dagli adulti. Articolo 16. Protezione della vita privata
Anche il bambino ha diritto alla sua privacy, non può essere sottoposto a interferenze nella sua vita intima, nella sua famiglia, nella sua abitazione o nella sua corrispondenza. Questo diritto pone l’accento sul fatto che ogni bambino ha diritto ad avere uno spazio tutto suo anche in casa: ma noi abbiamo scoperto che non è sempre rispettato. Ci sono famiglie povere che vivono in abitazioni in cui non ci sono spazi per ciascun componente della famiglia e perciò non c’è privacy.
Articolo 27. Livello di vita
Il bambino ha diritto a un livello di vita sufficiente per crescere bene, per il suo sviluppo. La responsabilità spetta ai genitori; lo Stato deve adottare le giuste misure per garantire l’attuazione di questo diritto da parte dei genitori, se necessario fornendo assistenza materiale per il sostentamento.
Articolo 28. Educazione
Lo Stato riconosce il diritto del fanciullo ad avere un’educazione. La disciplina scolastica dev’essere impartita nel rispetto della dignità del bambino. Articolo 29. Obiettivi dell’educazione Tutti gli Stati del mondo concordano sui seguenti obiettivi dell’educazione: la promozione dello sviluppo della personalità del fanciullo e dei suoi talenti, la preparazione a una vita attiva da adulto, il rispetto dei diritti dell’uomo e dei valori culturali e nazionali del suo e degli altri Paesi.  
Questi diritti pongono l’accento sulla necessità di garantire ai bambini la possibilità di crescere bene e di potenziare le doti che ciascuno di noi possiede, di farle fiorire secondo misura grazie anche alla scuola che deve permettere a ciascun bambino di scoprire e sviluppare le proprie potenzialità.
Articolo 32. Lavoro minorile
Lo Stato riconosce il diritto del fanciullo a essere protetto contro lo sfruttamento economico, contro qualsiasi lavoro che possa fargli male, nuocere alla sua educazione, alla crescita. Inoltre, si fissano per legge l’età minima per cominciare a lavorare (è vietato lavorare quando si è bambini) e le norme relative alle condizioni di lavoro. È stato necessario scrivere questo diritto perché sono tanti i paesi in cui ancora oggi i bambini lavorano invece di andare a scuola e giocare.
Articolo 31. Tempo libero, attività ludiche e culturali
Ogni bambino ha diritto a giocare, al tempo libero, e a partecipare alla vita culturale e artistica. Ancora oggi, come nel passato, ci sono paesi in cui questo diritto non viene rispettato mentre poter giocare e divertirsi è fondamentale per noi bambini. 
Riferimenti bibliografici
Battistel P., L’arcolaio delle fiabe. Il femminile e la trasfigurazione nei racconti popolari, Oligo, Mantova, 2023
Borghi B., Le fonti della storia tra ricerca e didattica, Pàtron Editore, Bologna, 2009
Calvino I., “Introduzione”, in Fiabe Italiane, vol. I, Mondadori, Milano 2002
Dondarini R., Quel tempo chiamato Medioevo. Mille anni di vicende, trasformazioni e antefatti della nostra storia, Liguori, Napoli 2012
Doyle J. E., Il mostruoso femminile. Il patriarcato e la paura delle donne, Tlon, Roma, 2021
Lüthi M., La fiaba popolare europea, Forma e natura, Mursia, Milano 1982.

 _____________________________________________________________

Ivana Baldi è docente presso la Scuola Secondaria di primo grado “Vincenzo Neri” dell’Istituto Comprensivo Pianoro (Bologna) – Dirigente Dott.ssa Liana Baldaccini. Il progetto interdisciplinare e laboratoriale è stato svolto nell’anno scolastico 2015-2016 dalle classi 5°B e 3°B della scuola Primaria e Secondaria dell’Istituto Comprensivo di Pianoro. 
Maria Rosaria Catino è docente la Scuola Primaria “Diana Sabbi” dell’Istituto Comprensivo Pianoro (Bologna) – Dirigente Dott.ssa Liana Baldaccini. Il progetto interdisciplinare e laboratoriale è stato svolto nell’anno scolastico 2015-2016 dalle classi 5°B e 3°B della scuola Primaria e Secondaria dell’Istituto Comprensivo di Pianoro.

______________________________________________________________

 

 

 

Print Friendly and PDF
Questa voce è stata pubblicata in Cultura, Società. Contrassegna il permalink.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>