il mondo delle mascherine. Immagini
di Francesca Riggi
Le quattro mura di casa, la mascherina, i guanti, gli igienizzanti, il computer, la tv, i miei familiari sono la mia seconda pelle in questi ultimi mesi di pandemia. Mesi di solitudine affollata.
Io a casa e con me il mondo virtuale che, ogni giorno, impone la sua presenza con la paura del virus, del presente e del futuro incerto. Il passato, improvvisamente, con la sua pesante assenza, diventa bello.
Quante cose sono cambiate in un lasso di tempo brevissimo. Sono cambiate le mie abitudini, le mie paure, le aspettative, le mie priorità. L’essenzialità, da tempo da me ricercata, diventa compagna di vita quotidiana. Il superfluo non serve più, è una zavorra.
E, intanto, temo che il tempo possa essere, d’ora in poi, il mio grande nemico.
Ora che posso scendere per strada stento a riconoscere gli amici, i conoscenti dietro mascherine colorate, nere o vezzose….
Riprendo in mano la mia macchina fotografica che stava poggiata sul divano del mio salotto, senza la custodia, pronta ad abituarsi, anch’essa, ad uno sguardo diverso.
Mi guardo attorno. Cerco di cogliere dei segnali di “senso”.
Gli occhi che incontro per strada sono quelli di sempre. Difficile nascondersi dietro una mascherina.
Catturo lo sguardo perplesso della bambina, pronta a tuffarsi fra le onde della vita, ma in realtà, titubante, si guarda intorno un po’ sperduta.
La tristezza accompagna una ragazza incontrata per strada. Non ho bisogno di parlare con lei per capire che è miglia lontana con la mente.
Spruzza energia vitale la nonnina che, con aria di sfida, va dritta per la sua strada.
Mio padre, invece, si porta addosso la greve pesantezza della pandemia, convinto che sarà davvero difficile uscirne indenni.
E poi il ragazzo migrante, i piedi per terra e gli occhi sfuggenti pronti, nuovamente, alla fuga. Fuga da che cosa? E per andare dove, questa volta?
In fondo la vita continua, incalza nei bisogni e nei ritmi della quotidianità. Preme nella energica vitalità dei giovani, nei desideri e nelle speranze di tutti.
Con la mia macchina fotografica, continuo il viaggio intrapreso da anni puntando l’obiettivo su ciò che mi cattura, senza un perchè, senza un motivo. E mi immergo nel flusso della vita, assaporandone il gusto anche ai tempi del coronavirus.
C’è da augurarsi che quanto accade tra le pareti di casa non sia dimenticato, che fuori, ogni giorno, per le strade, nei luoghi pubblici, resti memoria dei lutti privati e delle sofferenze familiari, dei traumi e delle cicatrici, che non sia rimossa la lezione che il virus ci ha insegnato: nessuno può fare a meno degli altri. Nessuno si salva da solo.
Dialoghi Mediterranei, n. 45, settembre 2020
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Francesca Riggi, vive a Palermo, dove lavora come docente di lingua inglese. Laureata in Lingue e Letterature straniere, è perito esperta traduttrice ed interprete di lingua inglese e coltiva una profonda passione per la fotografia e i viaggi. Autodidatta approfondisce la sua formazione frequentando corsi tecnici a Milano negli anni ’90. Ha all’attivo diverse mostre personali e la pubblicazione di libri fotografici su temi ispirati alla vita quotidiana ed estemporanea. Si considera soprattutto una “fotografa di strada” ed è particolarmente attenta a ciò che rimane spesso occultato, non la straordinarietà dell’accadimento eclatante, ma la grandezza e la bellezza della gente, dei volti e delle cose di tutti i giorni.
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