Stampa Articolo

La biodiversità come lavoro culturale. Innovazione sociale e progettazione creativa a Castel del Giudice

400974736_361854996408321_4081442541258470567_n

CIP

di Letizia Bindi, Michela Buonvino, Antonella Mancini [*] 

Humus

Il dibattito sui patrimoni bioculturali nasce e si sviluppa all’interno di un discorso politico relativo al riconoscimento della specificità delle pratiche e del repertorio di conoscenze che caratterizzano un determinato territorio e/o un determinato paesaggio. Più in generale, tale dibattito si colloca nella più ampia tematica del patrimonio culturale, connessa inestricabilmente sia al problema della memoria sia a quello della consapevolezza dell’esistenza di posture storico culturali comuni che orientano, nel presente, l’azione di determinati gruppi e che definiscono un senso di appartenenza ai luoghi.

Nel caso specifico della tematica dei patrimoni bioculturali nelle aree rurali, montane, fragili, interne, un importante spunto di riflessione è stato rappresentato dai processi di valorizzazione e di salvaguardia dei paesaggi culturali, dei siti storici rurali, delle collezioni relative alle civiltà contadine e montane e alle forme di artigianato tradizionale, nonché degli inventari dedicati alle tracce immateriali della cultura materiale. L’interesse per questi temi ha stimolato la progettazione di lavori contrassegnati da un approccio partecipativo fondato sulla collaborazione con le comunità, al fine di [1]attivare e/o sostenere processi di empowerment che si sviluppano a partire da un ragionamento sulla consapevolezza e sulla memoria bioculturale e sulla trasmissione delle pratiche e delle conoscenze che attorno a queste si costruiscono, come pure sulla valorizzazione di prodotti connessi alle comunità locali.

L’osservazione ravvicinata di tali processi ci consente di cogliere il carattere intimamente dinamico e spesso conflittuale che definisce i territori e le comunità, sia quelle rurali sia quelle urbane, sempre ammesso che, al giorno d’oggi, una tale rigida dicotomia conservi la sua validità (del Mármol et al. 2015). A questo proposito, il recente dibattito relativo allo sviluppo rurale sostenibile ha comportato un maggiore interesse verso i processi trasformativi, l’innovazione sociale, l’inclusione e la partecipazione degli attori locali nei contesti implicati, nonché verso le nuove relazioni tra spazi e tempi della vita (Bindi 2021) – la cui emersione è strettamente connessa ai processi sopramenzionati – attraverso le quali si rimodellano i confini tra margine e centro (Cirese 1986, Carrosio 2019, Verschuur 2019, Clemente 2021).

fergusonLa riflessione sul problema della valorizzazione culturale nelle aree montane per mezzo della cooperazione di attori locali e sovralocali ha messo assieme tre differenti approcci: un approccio che potremmo definire strumentale, secondo cui gli esperti (antropologi, architetti, designers ecc.) vengono coinvolti nei processi di sviluppo in quanto realizzatori di ricerche “applicate” (Davidson-Hunt et al. 2012); un approccio “populista”, che individua e valorizza modelli alternativi di sviluppo che mettono al centro le conoscenze e le skills delle popolazioni locali, e che perciò rivendica l’importanza di un approccio maggiormente orizzontale o inclusivo guardando con sospetto all’“estrattivismo” di certa produzione scientifica (Thompson et al. 1994; Mamonova et al. 2020); un approccio critico e decostruttivo che analizza i processi di sviluppo in quanto discorsi e rappresentazioni, sistemi di conoscenze e di pratiche che, nel caso delle aree rurali e montane, sono legati a modelli meno urbanocentrici, in una certa misura maggiormente critici e democratici, più in linea con i sentimenti e le speranze delle popolazioni locali. Tali sistemi vorrebbero rappresentare un’alternativa ai meccanismi di controllo e gestione nazionale dei processi di sviluppo (Ferguson 1994; Escobar 1995; Ferguson et al. 2002).

woodsEnzimi

Un’attenzione crescente è, tra l’altro, riservata alle problematiche dello sviluppo e della rivitalizzazione delle aree fragili e all’impatto di progetti innovativi che spesso implicano la presenza di industrie creative le cui attività si estendono in misura sempre maggiore agli spazi rarefatti delle campagne (pur conservando un impianto per molti aspetti urbanocentrico). Recentemente in Italia un ampio dibattito si è sviluppato attorno alla Strategia Nazionale per le Aree Interne; si pensi alle riflessioni portate avanti dal gruppo “Riabitare l’Italia” (De Rossi 2018; Barbera et al. 2021). Negli ultimi anni abbiamo assistito, inoltre, all’organizzazione di seminari e di eventi festivi ispirati ai concetti di “restanza”, “rimanere”, “ritornare” (Teti 2014, 2017, 2019, 2022; Bindi 2019; Ballacchino et al. 2020), nella cornice dei quali si è svolta un’importante riflessione sull’arte e sulla creatività in quanto vettori per la rigenerazione territoriale.

A questo riguardo, diversi studi hanno dimostrato che la presenza e la cooperazione di una gamma diversificata di attori culturali interni ed esterni al territorio è in grado di attivare, sulla scena locale, delle reti virtuose che arginano la marginalizzazione economica e sociale, in particolare modo quando si affiancano a (e vengono sostenute da) una politica inclusiva che sempre di più dialoga con le arti, le performance e con il mondo dell’animazione culturale (Bargna 2011). Differenti tipologie di offerta culturale, basate all’origine sulla creatività individuale, possono influire positivamente sul benessere locale e generare nuove opportunità lavorative. Tali operazioni consentono, quindi, di attirare flussi di turisti nelle zone rurali mediante la creazione di nuovi servizi culturali; siffatti mutamenti dell’offerta culturale locale costituiscono, in aggiunta, un fecondo incubatore di trasformazioni politiche rilevanti in materia di diritti civili (Dunphy 2009). Questa dinamica richiede di essere osservata attentamente poiché costituisce una delle modalità più innovative di ripopolare e di riabitare le aree rurali, che, in tal modo, si svincolano parzialmente dal complesso di inferiorità e di marginalità alimentato da secoli di egemonia del paradigma urbano/industrial-centrico (Ray 1998; Bell et al. 2010; Phelps 2012).

Non dobbiamo dimenticare che le comunità locali, rurali e montane, hanno elaborato diversi sistemi di relazione con le comunità animali e vegetali che le circondano, spazi di condivisione e di prossimità, suggerendo il superamento di un’idea di abitare centrata sull’Antropocene, in una chiave di maggiore inclusività e rispetto, nell’ottica di una coesistenza interspecifica. Una risignificazione cosiffatta dei territori stimola le popolazioni e gli artisti locali, proponendo nuove sfide, orientando gradualmente i gruppi verso modalità più rispettose e sostenibili di vivere e di appropriarsi degli spazi comuni per l’espressione e la costruzione di comunità.

Le attività culturali divengono dunque dei laboratori in cui si sperimentano nuove consapevolezze e nuove forme di meta-apprendimento e di condivisione di valori, nonché un nuovo senso della bellezza e della densità culturale che si contrappone al pregiudizio diffuso dell’inutilità, della mancanza e del vuoto culturale che affligge questi territori. Le creazioni artistiche nelle aree economicamente e culturalmente depresse pongono, inoltre, la questione della sostenibilità, della durabilità, e della replicabilità di queste esperienze fuori dai grandi circuiti urbani dell’industria culturale, mediante un rilancio della cultura e la riprogettazione in questa ottica di spazi altrimenti destinati all’emarginazione e all’obsolescenza.

L’incremento delle arti visuali e performative può influenzare localmente i comportamenti della popolazione, incentivando l’aiuto mutuale, offrendo preziose opportunità per l’empowerment degli attori locali (Woods 2007, 2010; Curtis 2011). La cultura e la creatività possono suggerire, detto in altri termini, soluzioni innovative ai problemi ambientali, contribuendo al benessere sociale, allo sviluppo di comunità culturali, alimentando l’impegno civico, fornendo nuovi stimoli per un ripensamento multifunzionale dell’economia locale rurale e del paesaggio culturale, valorizzando il patrimonio bioculturale in quanto elemento di primo piano nello sviluppo culturale, economico e sociale locale.

Castel Del Giudice (ph. Emanuele Scocchera)

Castel Del Giudice (ph. Emanuele Scocchera)

Biodiverso culturale

Al fine di comprendere più da vicino l’impatto delle attività culturali, in particolare artistiche e creative, nei processi di rigenerazione territoriale delle aree rurali, fragili, interne, si rivela interessante l’approfondimento di alcune esperienze locali particolari, come quella di Castel del Giudice, piccolo paese dell’Alto Molise che conta all’incirca 300 abitanti. Situato nel cuore dell’Appennino, al confine con l’Abruzzo, Castel del Giudice presenta un’economia basata essenzialmente sull’agricoltura che, nonostante la diminuzione delle aziende agricole, costituisce tuttora il fulcro dell’economia locale, nonché il terreno privilegiato per la sperimentazione di processi di rigenerazione grazie al riconoscimento del suo potenziale ecologico e sociale. Tra il 1961 e il 2021 Castel del Giudice è andato incontro ad un cospicuo calo demografico; ciononostante, tra il 2011 e il 2021 la messa in opera di una serie di iniziative sociali ed economiche in parte simili a quelle sopra illustrate ha comportato una significativa riduzione del fenomeno.

Castel Del Giudice, Buskers Mistral

Castel Del Giudice, Buskers Mistral

La sfida demografica e l’isolamento territoriale sono alla base dei discorsi degli amministratori che si confrontano quotidianamente con il rafforzamento economico e sociale per garantire la sopravvivenza della comunità. Le iniziative pensate e messe in moto riguardano la rigenerazione urbanistica a partire dal ri-uso e dalla ri-qualificazione di strutture fatiscenti in linea con la tradizione paesaggistica locale (RSA, Borgotufi). Dalla rigenerazione agricola, invece, giungono le sperimentazioni relative alla produzione di mele bio dell’azienda agricola Melise, la quale al contempo tenta di usufruire della crescita spontanea del luppolo per la produzione di birra locale, denominata Malto Lento, e di supportare le comunità cooperative come l’Apiario di comunità. 

Lo scorso 17 novembre Castel del Giudice ha ospitato il workshop inaugurale delle attività a base culturale che saranno realizzate nel quadro del progetto Centro di (ri)Generazione / Appenino in cammino, beneficiario del fondo Attrattività culturale e turistica del bando Borghi Linea A del Ministero della Cultura. Il laboratorio di Castel del Giudice, volto a divenire un esempio per molti, ruota attorno a una serie di assi di azione progettuali relativi alla rigenerazione territoriale, tra cui: welfare e comunità, sviluppo sostenibile delle risorse territoriali, attrattività turistica e territoriale (Bindi 2023). Il workshop “Biodiverso culturale. Il lavoro culturale per la rigenerazione territoriale” ha raccolto diverse esperienze e diversi repertori di buone pratiche legate alla sperimentazione progettuale con base culturale e alle azioni immateriali mirate a ripensare la relazione tra margini e centro, percorrendo le vie dell’Appennino, fragile e interno, contraddistinto da elementi di perifericità territoriale, demografica, urbanistica, ma anche da una relativa marginalità a sfondo culturale e sociale.

Castel Del Giudice, Bandakadabra

Castel Del Giudice, Bandakadabra

La riflessione ha riguardato il problema della riprogettazione dei territori e della creazione di spazi per la creatività e l’innovazione finalizzati alla produzione di un miglioramento della qualità dell’abitare. Le ricerche presentate si fondano su una partecipazione sostanzialmente orizzontale, condivisa, democratica che diviene tramite della salvaguardia e della valorizzazione delle risorse e dei saperi in campo nelle aree interne. A questo si collega la creazione di un sistema di reti innescate dai nuovi arrivati (ad esempio ricercatori, artisti, smartworkers).

Il dibattito ha, infine, messo a fuoco la questione cruciale della progettazione di percorsi di partecipazione alla presa in carico dei patrimoni bioculturali, intesi come beni culturali comuni. In questa direzione, di fondamentale importanza si è rivelata la riflessione sulle forme di inclusione, di trasparenza e di democratizzazione dell’accesso ai contenuti culturali. Un altro tema portante è stato, non a caso, quello della sostenibilità, e dunque della ri-territorializzazione e della rivitalizzazione della ruralità in quanto contributo alla valorizzazione della biodiversità coltivata e allevata. Questi processi danno vita ad una speciale forma di biodiversità culturale, ossia a un ambiente di maturazione di nuove idee derivate da storie, pratiche e saperi locali in cui si esprime la capacità generativa del passato in linea con i Sustainable Development Goals e con il modello della green economy.

Gli attori o potenziali protagonisti delle forme di rigenerazione interna (cooperative di comunità, imprenditoria illuminata nazionale, autoctoni, ricercatori, artisti ecc.) che hanno contribuito ad animare il dibattito si sono, tuttavia, interrogati sulla tesi dell’economia circolare e sostenibile delle culture, su come e con quali mezzi sia possibile procurarsi e dare continuità al flusso di finanziamento per il sostegno alle politiche territoriali di rigenerazione, sulle modalità attraverso cui i diversi soggetti che agiscono sul territorio possono contribuire ad affinare gli interventi di cooperazione per la rigenerazione a base culturale.

Come creare contenuti esperienziali e creativi e quali metodologie di disseminazione utilizzare per la circolazione delle informazioni all’interno di circuiti culturali in grado di spingersi sino al cuore e all’osso vivo delle montagne o dei piccoli centri rurali? Queste sono soltanto alcune delle domande che pensiamo possano creare un potenziale considerevole per una nuova estetica pubblica, attenta anche alle dimensioni e ai contesti più rarefatti, discreti e al tempo stesso generativi. Il caso di Castel del Giudice mostra come, mediante l’attivazione di processi virtuosi come quelli sopra descritti, sia possibile il passaggio da area di depressione, se messa a confronto con la vivacità culturale urbana, a humus creativo: paesaggio culturale in cui si ricongiungono ambienti e rappresentazioni, in cui l’azione politica sostiene gli slanci creativi, generando lavoro culturale.

Dialoghi Mediterranei, n. 65, gennaio 2024 
[*] I paragrafi sono stati scritti rispettivamente da Antonella Mancini, Michela Buonvino e Letizia Bindi. 
Riferimenti bibliografici 
Ballacchino Katia et al. (a cura di), 2020, Ri-tornare. Pratiche etnografiche tra comunità e patrimoni culturali, Bologna, Pàtron Editore.
Barbera Filippo et al. (a cura di), 2021, Metromontagna. Un progetto per riabitare l’Italia, Roma, Donzelli. 
Bargna Ivan, 2011, “Gli usi sociali e politici dell’arte contemporanea fra pratiche di partecipazione e di resistenza”, Antropologia, 13: 75-106. 
Bell David et al., 2010, “The Creative Countryside: Policy and Practice in the UK Rural Cultural Economy”, Journal of Rural Studies, 26: 209-218. 
Bindi Letizia, 2019, “Restare. Comunità locali, regimi patrimoniali e processi partecipativi”, in Eugenio Cejudo Garcia et al. (a cura di), Perspectives on Rural Development: Despoblación y transformaciones sociodemográficas de los territorios rurales: los casos de Espana, Italia y Francia, Lecce, Università del Salento: 273-292. 
Bindi Letizia, 2021, “Oltre il ‘piccoloborghismo’. Comunità patrimoniali e rigenerazione delle aree fragili”, Dialoghi Mediterranei, n. 48, https://www.istitutoeuroarabo.it/DM/oltre-il-piccoloborghismo-comunita-patrimoniali-e-rigenerazione-delle-aree-fragili/ (Sito Internet consultato il 10/11/2023). 
Bindi Letizia, 2023, “CdG – Centro di Rigenerazione. L’Appennino in cammino”, Dialoghi Mediterranei, n. 62, https://www.istitutoeuroarabo.it/DM/cdg-centro-di-rigenerazione-lappennino-in-cammino/ (Sito Internet consultato il 12/12/2023). 
Carrosio Giovanni, 2019, I margini al centro. L’Italia delle aree interne tra fragilità e innovazione, Roma, Donzelli. 
Clemente Pietro, 2021, “Tra cosmo e campanile. ‘Il Centro in periferia’ nel centesimo anniversario della nascita di Alberto M. Cirese”, Dialoghi Mediterranei, n. 50, https://www.istitutoeuroarabo.it/DM/tra-cosmo-e-campanile-il-centro-in-periferia-nel-100-compleanno-di-alberto-cirese/ (Sito Internet consultato il 10/11/2023). 
Cirese Alberto M., 1986, “I piedi nel borgo e la testa nel mondo” in Gianfranco Formichetti et al. (a cura di),  Domenico Petrini nella cultura e nella politica degli anni Venti, Atti del Convegno di studi, Rieti, 15-17 aprile 1983, Rieti, Cassa di Risparmio di Rieti: 39-42. 
Curtis David J., 2011, “Using the Arts to Raise Awareness and Communicate Environmental Information in the Extension Context”, The Journal of Agricultural Education and Extension, 17, 2:181-194. 
Davidson-Hunt Iain J. et al., 2012, “Biocultural Design: A New Conceptual Framework for Sustainable Development in Rural Indigenous and Local Communities”, S.A.P.I.EN.S., 5: 33-45. 
del Mármol Camila et al., 2015, “Changing ruralities: Between abandonment and redefinition in the Catalan Pyrenees”, Anthropological Forum, 25(1), 21–41. 
De Rossi Antonio (a cura di), 2018, Riabitare l’Italia. Le aree interne tra abbandoni e riconquiste, Roma, Donzelli. 
Dunphy Kim, 2009, Developing and Revitalizing Rural Communities Through Arts and Creativity, Australia, Vancouver, Centre for Policy Studies on Culture and Communities at Simon Fraser University. 
Escobar Arturo,1995, Encountering Development: The Making and Unmaking of the Third World, Princeton, NJ, Princeton University Press. 
Ferguson James,1994, The Anti-Politics Machine: Development, Depoliticization, and Bureaucratic Power in Lesotho, Minneapolis; London, University of Minnesota Press. 
Ferguson James et al., 2002, “Spatializing States: Towards an Ethnography of Neoliberal Governmentality”, American Ethnologist, 29 (4): 981-1002. 
Mamonova Natalia et al., 2020, “Right-Wing Populism in Rural Europe. Introduction to the Special Issue”, Sociologia Ruralis (Special Issue: Right-Wing Populism in Rural Europe), 60 (4), 702-709. 
Phelps Nicholas A., 2012, “The Sub-Creative Economy of the Suburbs in question”, International Journal of Cultural Studies, 15 (3): 259-271. 
Ray Christopher, 1998, “Culture Intellectual Property and Territorial Rural Development”, Sociologia Ruralis, 38 (1): 4-20. 
Teti Vito, 2014, Il senso dei luoghi. Memoria e storia dei paesi abbandonati, Roma, Donzelli. 
Teti Vito, 2017, Quel che resta. L’Italia dei paesi, tra abbandoni e ritorni, Roma, Donzelli. 
Teti Vito, 2019, “Riabitare i paesi. Un ‘manifesto’ per i borghi in abbandono e in via di spopolamento”, Dialoghi Mediterranei, n. 35, https://www.istitutoeuroarabo.it/DM/riabitare-i-paesi-un-manifesto-per-i-borghi-in-abbandono-e-in-via-di-spopolamento (Sito Internet consultato il 10/11/2023). 
Teti Vito, 2022, La restanza, Torino, Einaudi. 
Thompson John et al., 1994, “Challenging the Populist Perspective: Rural People’s Knowledge, Agricultural Research and Extension Practice”, Agricultural and Human Values, Spring/Summer: 58-76. 
Verschuur Christine, 2019, “From the Centre to the Margins and Back Again: Women in Agriculture at the ILO”, International Development Policy | Revue internationale de politique de développement, 11 | 2019, 152-176, http://journals.openedition.org/poldev/3068 (Sito Internet consultato il 10/11/2023). 
Woods Michael, 2007, “Engaging the Global Countryside: Globalization, Hybridity and the Reconstitution of Rural Place”, Progress in Human Geography, 31(4): 485–507. 
Woods Michael, 2010, Rural, New York, Routledge. 
 __________________________________________________________________________________
Letizia Bindi, docente di discipline demoetnoantropologiche e direttore del Centro di ricerca ‘BIOCULT’ presso lo stesso Ateneo molisano. Presidente dell’Associazione “DiCultHer – FARO Molise” per la piena attuazione della Convenzione di Faro nel territorio regionale molisano. Si occupa di storia delle discipline demoetnoantropologiche, di rapporto tra culture locali e immagini della Nazione nella storia italiana recente e sulla relazione più recente tra rappresentazione del patrimonio bio-culturale e le forme di espressione digitale. Su un fronte più strettamente etnografico ha studiato negli scorsi anni i percorsi di integrazione dei migranti, alcuni sistemi festivi e cerimoniali, la relazione uomo-animale nelle pratiche culturali delle comunità rurali e pastorali, la transumanza dinanzi alle sfide della tarda modernità e della patrimonializzazione UNESCO. Visiting Professor in varie Università europee, coordina alcuni progetti internazionali sui temi dello sviluppo territoriale sostenibile e i patrimoni bio-culturali (EARTH – Erasmus + CBHE Project con Università Europee e LatinoAmericane) e il Progetto ‘TraPP (Trashumancia y Pastoralismo como elementos del Patrimonio Bio-Cultural) in collaborazione con le Università della Patagonia argentina.  
Michela Buonvino è dottoressa di ricerca in M-DEA/01 (Sapienza Università di Roma). Dal 2018 conduce una ricerca sul campo a Sefrou e a Fès (Marocco). La sua tesi di dottorato concerne le relazioni tra performance culturali, politiche dell’identità e processi di formazione di una sfera pubblica islamica nel Marocco contemporaneo. Si occupa, inoltre, di processi di patrimonializzazione, eventi festivi e migrazioni. 
Antonella Mancini è dottoranda di ricerca in “Patrimoni bioculturali e rigenerazione territoriale nelle aree appenniniche. Antropologia delle aree interne, public engagement e nuove metodologie della ricerca” presso l’Università degli studi del Molise. Si occupa di aree interne e fragili e di antropologia visuale.

______________________________________________________________

 

[1]
Print Friendly and PDF
Questa voce è stata pubblicata in Cultura, Società. Contrassegna il permalink.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>