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La Desolata, canto di dolore in questo nostro tempo di guerra

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

di Giulia Panfili 

Il sabato mattina della Settimana santa a Canosa di Puglia si celebra la processione della Madre Desolata. Tra il venerdì di Passione e la domenica di Resurrezione, la Madonna Addolorata sta davanti al sepolcro del figlio sovrastato da una croce vuota con un angelo che la consola.

Così rappresentata nel blocco scultoreo in cartapesta leccese del 1953, la Desolata muove dalla chiesa dei santi Francesco e Biagio e viene portata in processione attraverso le vie principali della città.

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)     Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili) 

Desolata (ph. Giulia Panfili)     Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili) 

È la disperata ricerca di una madre che cerca il corpo del figlio morto per poterlo piangere. Il suo peregrinare per la città viene accompagnato dal canto di dolore di centinaia di donne vestite di nero e con il volto coperto.

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Come un’onda poderosa accomunata dal dolore profondo e impenetrabile del cordoglio della Madonna in cerca del figlio, cantano uno straziante inno a Maria dolente, una particolare versione dello Stabat Mater di Jacopone da Todi con la musica ad opera del canosino Domenico Iannuzzi.

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Questo il testo: Stava Maria dolente/ senza respiro e voce/ mentre pendeva in Croce/ del mondo il Redentor. E nel fatale istante/ crudo materno affetto/ le trafiggeva il petto/ le lacerava il cor!

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Quel dì quell’alma bella/ fosse lo strazio indegno/ non che l’umano ingegno/ immaginar non può. / No! L’umano ingegno/ immaginar non può! / Vedere un figlio, un Dio/ che palpita, che muore/ sì barbaro dolore!

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Qual Madre non provò:/sì barbaro dolore! / Qual Madre, qual Madre mai/ il provò!/ Qual Madre, qual Madre mai/ il provò! 

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Fin dall’antichità nel rito funebre le donne – le prefiche – erano addette ad accompagnare la salma con pianto e preghiere fino al luogo di sepoltura. Un rito collettivo e codificato dunque che similmente viene evocato per la processione della Desolata.

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Incedono le donne velate, formano una macchia scura, un’ombra in movimento che si stende sul paese, un corteo che sciama lentamente nella rappresentazione simbolica della desolazione, della pietà, dello strazio.

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

I loro passi sono coordinati come in una marcia che scivola per le strade con le voci unanimi del canto che è preghiera, pianto, viatico.  

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Al centro della scenografia della città il dolore di una madre per il figlio morto e la dignità di non rinunciare all’umanità quale possibilità liberatoria di esprimerlo.

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Desolata (ph. Giulia Panfili)

Umanità spesso negata in questi tempi e luoghi storici che si fanno teatro di guerre e sanguinosi conflitti, in cui sempre più madri e comunità vivono il dramma per la perdita dei propri figli.

Provo ad unirmi al dolore ricordando il canto che nella Desolata accomuna e rende ancora più forti, come corpo unico, come fraterno abbraccio. 

Dialoghi Mediterranei, n. 66, marzo 2024

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Giulia Panfili vive attualmente a Roma. Ha studiato antropologia visiva a Lisbona e ha concluso il dottorato in antropologia, politiche e immagini della cultura, museologia con una tesi di ricerca etnografica in Indonesia sul wayang come patrimonio immateriale dell’umanità. Ha partecipato a convegni di antropologia e arte in Portogallo, Brasile, Inghilterra, Indonesia, e a mostre collettive di fotografia, illustrazione e stampa grafica presso gallerie e festival in Italia, Spagna, Portogallo, Indonesia. Tornando in Italia ha frequentato la Scuola Romana del Fumetto, dedicandosi quindi a disegno e illustrazione, con cui ha elaborato parte della tesi di dottorato. Ha approfondito in seguito tecniche e linguaggi della fotografia e del documentario audiovisivo con corsi formativi e progetti vincitori di bandi di concorso. 

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