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La diffusione e il futuro delle religioni

coverdi Roberto Cipriani 

La religione diffusa 

Il concetto di religione diffusa (Cipriani 2017) riguarda riti, valori, preghiere, simboli, vita, morte, lavoro e famiglia. La religione diffusa può nascere anche dalla non religione, ad esempio come sostituto funzionale di prospettive ideologiche, ma, in generale, ha origine nella famiglia e va oltre le generazioni. È il risultato di un continuum di socializzazione religiosa. La sua persistenza è resistente e più o meno invariata. Il tipico rappresentante del religioso diffuso non è un buon praticante, ma chi mette in pratica vari livelli di fede, anche se i valori di base rimangono rilevanti.

Il passaggio dalla secolarizzazione alla post-secolarizzazione dimostra che la religione diffusa perdura comunque e manifesta una tendenza ad auto-conservarsi. È, peraltro, capace di liberarsi dallo Stato, ma anche dalla modernità.

L’eredità religiosa, in effetti, continua ad operare e la religione diffusa vi gioca un ruolo chiave. È una forma che influisce sul risultato dei valori su cui si basa la vita familiare e comunitaria. La socializzazione intorno a una specifica religione va dai riti di passaggio alle feste liturgiche, mentre i valori familiari e l’esempio intra-familiare ed extra-familiare promuovono l’appartenenza religiosa.

Il cattolicesimo diffuso, ad esempio, ha operato per secoli in Europa e nell’America centrale e meridionale. In una fase successiva, vi è stato un notevole intervento protestante e, molto più recentemente, la protestantizzazione del cattolicesimo. È proprio questo il significato dell’azione della religione diffusa: è una religione diffusa per, cioè a favore di un’altra forma di religione. Il termine aggettivale “diffusa” sembra corretto, perché significa che la religione supera i semplici limiti di una specifica credenza, che si è estesa e protratta, grazie alla sua lunga presenza storica e culturale in un medesimo territorio e alle sue costanti attività di socializzazione e legittimazione.

Tutte le religioni diffuse sono proprio quelle che si sono affermate da secoli. Sono, in realtà, sia diffuse in che da. E rappresentano un paradigma di riferimento che orienta le scelte morali. La loro diffusività si allarga sino a fornire molteplici opzioni, ma il legame con la socializzazione rimane e mantiene una forma di religiosità sempre più consolidata. Tuttavia, va osservato che la religione diffusa è vasta e più espansa della religione popolare o della Volksreligion hegeliana. In altre parole, la religione diffusa, anche se non organizzata, è comunque capace di allargarsi a fasce sempre più larghe di popolazione.

Gli indicatori di una simile religione si rinvengono nei modelli educativi, nella famiglia e nella scuola. Il continuum opera attraverso l’associazione con la religione prevalente in un dato contesto e le relazioni con i valori. La religione diffusa è quindi una sorta di “religione laica”, che si inserisce nella realtà contingente e si presenta come una forma religiosa autonoma e personalizzata, che può essere riscontrata anche negli atei, eventualmente aperti ad alcune tematiche religiose. La religione diffusa offre, inoltre, molte possibilità e si riflette anche nella vita quotidiana. Esiste pure un rapporto dialettico tra i valori della socializzazione primaria e secondaria ed altri punti di vista ideologici.

2022-02-04_fede_e_religioni_quanti_culti_nel_mondoLa religione diffusa diventa dominante laddove esiste una forma di religione preesistente che riguarda ampi strati della popolazione. È un’esperienza non autocratica, aperta ad altre opzioni, che non tiene conto dei confini teologico-dottrinali esistenti tra le appartenenze religiose. È una sorta di “religione invisibile” sui generis. La cluster analysis di molteplici indagini delinea tre livelli di religione diffusa: il primo, più vicino alla religione ufficiale, il secondo che se ne discosta parzialmente ed il terzo situato ai margini del continuum.

Si può anche parlare di “religione dei valori diffusi”. In realtà, il nucleo della religione diffusa consiste nella condivisione di valori di base comuni, atteggiamenti, comportamenti, credenze e pratiche in grado di unire credenti e non credenti, attraverso la mediazione culturale dei valori stessi. In questo modo, essa fornisce, allo stesso tempo, una risposta al processo di secolarizzazione da cui deriva. Inoltre, coincide, almeno in gran parte, con la società civile ed è rappresentativa delle sue principali tendenze. La religione diffusa sembra interpretare, altresì, alcune aspettative essenziali dell’intera società, ma non promuove necessariamente la creazione di associazioni. Si apre anche alla critica dello Stato e della società civile.

Esiste una convergenza tra religione diffusa e società civile grazie agli orientamenti valoriali dell’integrazione sociale. Inoltre, il legame più ricorrente è quello tra religione diffusa e società civile, non tanto quello tra religione diffusa e Stato. Le organizzazioni non governative e no-profit, così come le reti di servizi, sono forme di alleanza in cui individui di orientamento religioso ed altri non religiosamente orientati cooperano in maniera tipica.

Le religioni universali storiche diffuse mantengono la loro funzione socializzante trasmettendo credenze e pratiche da una generazione all’altra, secondo la prospettiva tracciata dalla teoria della religione diffusa, che non si avvale di un linguaggio metaforico ma fa appello più direttamente alla realtà sociale.

Si tratta quindi di una teoria in senso proprio perché suggerisce un insieme di proposizioni interrelate, basate su dati empirici: l’idea sociologica di religione diffusa è rilevabile in un contesto di azioni quotidiane e di una vasta gamma di atti religiosi considerati sacri, a volte in modo esplicito, a volte in modo implicito.

61fy4cqtixl-_ac_uf10001000_ql80_In realtà, la teoria della religione diffusa non manca di ricerche empiriche e dimostra la sua validità e le sue possibilità applicative in tutti i continenti del mondo. Le religioni diffuse sono presenti a livello universale, ma, indubbiamente, rimane il problema metodologico di confrontare contesti diversi, a volte piuttosto distinti.

La religione diffusa persiste in una società secolarizzata, nonostante la crescente differenziazione istituzionale, la diversità delle organizzazioni e le diverse visioni del mondo (Weltanschauungen). Produce anche significato, in una zona intermedia tra una società secolare e una società sacra, entrambe supposte in crisi. Essa rimane “laica” in un mondo “senza Dio e senza profeti”.

Fin qui si sono fornite alcune prime e limitate definizioni, senza però alcuna ipotesi preliminare. La soluzione potrebbe essere quella di scegliere concetti empirici e “sensibilizzanti” (alla maniera di Herbert Blumer), che non dovrebbero essere definiti prima dell’indagine, ma emergere alla fine di uno studio empirico. Una proposizione teorica, quale ad esempio “la religione diffusa attraverso i valori”, potrebbe essere un punto di partenza, di cui avvalersi per creare una teoria nel corso della ricerca. E un nuovo tipo di triangolazione tra strumenti metodologici quantitativi e/o qualitativi potrebbe essere molto utile. In questo modo, una doppia garanzia ed anche una triangolazione dei metodi potrebbero favorire una teorizzazione informata sia dalle teorie classiche di base che dalle nuove teorie sociologiche. 

pf_15-04-02_projectionstables8Il futuro delle religioni 

Secondo il Dipartimento degli Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite, il 1° gennaio 2021 la popolazione mondiale era di 7.798.024.855 persone. Una ricerca su Google riguardante “religioni nel mondo”, effettuata il 6 aprile 2021, ha prodotto più di 132.000.000 di risultati. Lo stesso giorno, su YouTube risultavano presenti titoli come “Mappa animata mostra come si è diffusa la religione nel mondo”, con oltre 16.000.000 di visualizzazioni; “Le cinque principali religioni mondiali”, con oltre 7.800.000 visite; ma il motore di ricerca ha prodotto anche risultati come “Mappa animata mostra come si diffonde il cristianesimo”, “Religioni del mondo”, “Il futuro della religione mondiale”, “Ora di fede. Il film sulle religioni del mondo”, “Fatti sorprendenti sulle religioni del mondo”; diverse centinaia di playlists e video sul tema delle religioni universali. Il video “R.E.M. – Losing My Religion” aveva raggiunto più di 189.000.000 di visualizzazioni. Infine, per quanto riguarda la diffusione delle religioni, c’erano anche “La diffusione delle quattro religioni di base”, “La diffusione delle religioni, dall’anno 0 al 2015 d.C. Mappa animata”, “Diffusione della religione” e altri video riguardanti l’espansione di religioni specifiche, in ordine decrescente, secondo il numero di risultati: Islam, Buddismo, Induismo, Ebraismo, Cattolicesimo, Shintoismo, Sikhismo, Ortodossia, Taoismo, Protestantesimo, Confucianesimo, Anglicanesimo, ecc.

pf_15-04-02_projectionsoverview_religiousswitching_640pxTutti questi dati dimostrano che la religione, in generale, è ancora un punto di riferimento, nonostante i processi di secolarizzazione, pluralizzazione, disincanto, migrazione (Kivisto 2014), mobilità, conflittualità, ecc.

Stime recenti e combinate continuano a presentare gli scenari per le religioni maggiormente diffuse nel mondo.

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2Allo stesso tempo, i non religiosi (i cosiddetti nones stanno diminuendo), secondo le differenze tra i dati relativi agli anni tra il 1970 e il 2010. E questa tendenza continuerà probabilmente anche nel 2050. 

Infine, la dinamica della religione diffusa assomiglia, più o meno, a quella della “regola d’oro del cristianesimo” proposta da Ammerman (1997, 2006, 2013) per gli Stati Uniti, ma non è valida solo per una religione e/o un Paese specifici. È comune ed empiricamente visibile in tutto il mondo, quando e dove una religione è dominante.

Le convergenze tra la religione diffusa e la regola d’oro del cristianesimo riguardano le questioni etiche, la tolleranza, la prospettiva non ideologica, la rilevanza delle relazioni, l’onore e la dignità.

Dialoghi Mediterranei, n. 69, settembre 2024 
Riferimenti bibliografici
Ammerman, N. T. 1997, “Golden rule Christianity in the American mainstream”, in Lived religion in America, ed. D. Hall, 196-216. Princeton University Press: Princeton.
Ammerman, N. T. (ed.). 2006, Everyday religion: Observing modern religious lives, Oxford: Oxford University Press.
Ammerman, N. T. 2013, Sacred stories, spiritual tribes. Finding religion in everyday life, Oxford: Oxford University Press.
Blumer, H. 1954, “What is Wrong with Social Theory?, American Sociological Review, 18: 3-10.
Hackett, C., Connor, P., Stonawski, M. and Skirbekk, V. 2015, The future of world religions: Population growth projections, 2010-2050, Washington, DC: Pew Research Center Religion & Public Life.
Cipriani, R. 2017, Diffused Religion. Beyond Secularization, Cham: Palgrave Macmillan.
Johnson, T. M., and Grim, B. J. (eds.), 2015, World religion database, Leiden/Boston: Brill.
Kivisto, P. (ed.), 2014, Religion and immigration: Migrant faiths in North America and Western Europe. Malden, MA: Polity Press. 
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Roberto Cipriani, professore emerito di Sociologia all’Università Roma Tre, è stato Presidente dell’Associazione Italiana di Sociologia. Ha condotto numerose indagini teoriche ed empiriche. La sua principale e più nota teoria sociologica è quella della “religione diffusa”, basata sui processi di educazione, socializzazione e comunicazione. Ha condotto ricerche empiriche comparative in Italia a Orune (Sardegna), in Grecia a Episkepsi (Corfù), in Messico a Nahuatzen (Michoacán) ed a Haifa (Israele) sui rapporti tra solidarietà e comunità. Ha realizzato film di ricerca sulle feste popolari. Fa parte del comitato editoriale delle riviste Current Sociology, Religions, Sociedad y Religión, Sociétés, La Critica Sociologica, Religioni e Società. È Advisory Editor della Blackwell Encyclopedia of Sociology. È stato Directeur d’Études – Maison des Sciences de l’Homme – Parigi e “Chancellor Dunning Trust Lecturer” alla Queen’s University di Kingston, Canada. È autore di oltre novanta volumi e mille pubblicazioni con traduzioni in inglese, francese, russo, spagnolo, tedesco, cinese, portoghese, basco, catalano e turco.

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