di Olimpia Niglio
L’eredità culturale ha un valore universale per la società, per le singole comunità, per ogni persona. Costituisce un fondamento importante da conservare, valorizzare e trasmettere alle generazioni future. In generale si è propensi a pensare all’eredità culturale come a qualcosa connesso solo al passato; differentemente tale patrimonio si sviluppa attraverso il nostro modo di rapportarci ad esso e quindi ha una sua dinamicità che è interessante conoscere e approfondire all’interno di un processo relazionale e di diplomazia. Per di più, il nostro patrimonio culturale ha un ruolo importante nella costruzione del futuro delle singole comunità e nel dialogo interculturale.
Con riferimento all’anno del Patrimonio Culturale Europeo 2018 [https://europa.eu/cultural-heritage/about_it] tutte le istituzioni dell’Unione Europea sono state fortemente impegnate a promuovere e valorizzare questa eredità. La Commissione Europea, il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’Unione Europea, oltre al Comitato Europeo delle regioni e al Comitato economico e sociale europeo hanno infatti promosso numerosi eventi per celebrare questo anno che sta per concludersi e inaugurare attività incentrate sulla conoscenza e valorizzazione del patrimonio culturale comune.
Tuttavia il contributo europeo, prima a seguito delle colonizzazioni e poi in dipendenza dei forti fenomeni migratori, ha caratterizzato numerosi territori oltre i confini del Vecchio continente. Si tratta infatti di un vasto e interessante patrimonio che ha consentito a tanti Paesi, oltre l’Europa, di dare avvio a importanti processi di sviluppo e di crescita. Questo vasto patrimonio, oltre i confini europei, ha plasmato le identità di tante nazioni attraverso beni tangibili e intangibili: dalla letteratura alla musica, all’arte, all’architettura, alle scienze, all’ingegneria, alle tecnologie, alla gastronomia, all’artigianato. Tutto questo ha certamente contributo a scrivere nuove ed interessanti pagine di storia, pagine che meritano una lettura attenta e finalizzata alla loro trasmissione al futuro.
Queste premesse sono state motore propulsore di un progetto internazionale promosso dall’Ambasciata d’Italia in Colombia in collaborazione con l’European Union National Institutes for Culture, l’Ambasciata di Germania unitamente a quelle di Spagna e della Svizzera, al Consolato di Malta e al British Council, tutte istituzioni europee con sede in Colombia. Pertanto dal 25 al 27 settembre 2018 a Bogotá è stato possibile partecipare attivamente alle giornate di studio dedicate al Patrimonio Culturale Europeo in Colombia grazie al supporto accademico anche delle istituzioni universitarie: Universidad Externado de Colombia, Universidad Los Andes, Pontificia Universidad Javeriana, Universidad Nacional de Colombia, Universidad del Rosario.
Relatori italiani, tedeschi, svizzeri, spagnoli e colombiani si sono così confrontati su temi di vasto interesse scientifico e certamente l’evento ha costituito una straordinaria occasione di condivisione interculturale tra Europa e il mondo, il tutto nell’ambito di un progetto solidale e diplomatico.
Ma che cosa intendiamo quanto parliamo di Diplomazia Culturale? Per dare una risposta oggettiva è sempre bene confrontarsi con l’etimologia del termine e scopriamo così che la parola “diplomazia” deriva dal greco “diploun” che letteralmente indicava l’arte di piegare in due qualcosa. In epoca romana questo termine divenne “diplomas” mediante i quali si indicavano i documenti ufficiali e siglati dal governo. Il termine poi è entrato in uso nelle lingue di origine latina e in particolare nella lingua francese la parola “diplomatie” ha indicato l’arte di trattare gli affari dello Stato a livello internazionale. Tuttavia l’arte della diplomazia, come la intendiamo oggi, risale solo al principio dell’era moderna e quindi del Rinascimento e certamente non possiamo non annoverare le opere del fiorentino Niccolò Machiavelli, tra cui Il Principe (1513) e Dell’arte della guerra (1519), per meglio inquadrare storicamente proprio i princìpi che sono alla base dei rapporti tra uno Stato e altre nazioni. Princìpi che aveva ben intuito Marco Polo durante i suoi viaggi in Oriente alla corte del condottiero Kublai Kan e trascritti poi ne Il Milione (1298) in cui appare chiaramente quell’approccio culturale-diplomatico che ben hanno conosciuto nei secoli numerosi viaggiatori e esploratori.
Pertanto se la diplomazia promuove e controlla trattati e affari tra Paesi a livello internazionale accanto a questa la “diplomazia culturale” è annoverata come quell’arte su cui si basano azioni finalizzate allo scambio di idee, di progetti, di tradizioni e quindi di tutti quegli aspetti che caratterizzano le singole eredità culturali delle comunità e che vengono messe in correlazione tra loro. In termini più generali la diplomazia culturale intende valorizzare le interrelazioni sovrannazionali per costruire strumenti di cooperazione socio-culturale e rafforzare indirettamente anche gli interessi politici ed economici di una nazione.
In realtà la storia ci insegna che la diplomazia tra differenti culture è sempre esistita ed oggi, più che mai, non è più relegata nelle retrovie della disciplina delle relazioni internazionali. Infatti queste azioni di dialogo interculturale stanno diventando anima vibrante e attiva di numerose iniziative che coinvolgono sempre più il mondo accademico, della ricerca, della giustizia e pertanto non è solo una disciplina teorica ma agisce praticamente con azioni di grande impatto a livello internazionale. Pensiamo a questo proposito alle numerose organizzazioni anche non governative o a centri di ricerca sia pubblici che privati che quotidianamente operano con finalità diplomatico-culturali in tutto il mondo.
Intanto la storia dell’umanità ha dato prova di importanti azioni di diplomazia culturale e gli esempi sono davvero numerosissimi; tra questi si annota lo scrittore inglese Josiah Conder (1789-1855) che nella straordinaria opera The Modern Traveller aveva descritto tutti i Paesi da lui visitati ed esplorati dall’estremo Oriente all’estremo Occidente. Conder non si era semplicemente limitato a conoscere e descrivere i nuovi territori ma attraverso di essi rielaborava le sue stesse matrici culturali.
Come lui tanti esploratori, viaggiatori, insegnanti, artisti, commercianti, da sempre hanno contributo a stabilire un dialogo culturale in giro per il mondo tanto da essere loro stessi veri ambasciatori e primi diplomatici culturali. Nella maggior parte dei casi gli sforzi di questi veri ambasciatori della cultura sono sostenuti principalmente dal loro grande entusiasmo e interesse ad aprire dialoghi e progetti di condivisione oltre i propri confini e tutto questo è facilitato grazie alla creatività e quindi all’arte, alla letteratura, alla musica, allo sport, alla scienza. Attraverso questa interazione tra i popoli, lo scambio della lingua, delle idee, delle arti nonché la conoscenza delle religioni e delle strutture sociali hanno costantemente migliorato le relazioni tra comunità e quindi sempre più favorito lo sviluppo di importanti progetti di diplomazia culturale.
In realtà sono state proprio queste esperienze tratte dalla storia e dalle azioni spontanee e volontarie di tanti ricercatori, viaggiatori ed esploratori che hanno dato corretta attuazione ad una teoria della diplomazia culturale che necessariamente deve manifestarsi attraverso azioni operative sui territori se intende concretamente migliorare il dialogo e la collaborazione tra le differenti culture.
Oggi più che mai, in un mondo globalizzato non si può prescindere dall’attivazione di progetti solidali finalizzati alla diplomazia culturale e quindi al rispetto reciproco e condiviso delle rispettive eredità. Tali progetti devono includere programmi di formazione, di integrazione, di tolleranza, di dialogo internazionale e molte iniziative legate principalmente allo sport, alla musica e alla formazione costituiscono tutti modelli solidali in grado di costruire e influenzare l’interazione interculturale e interreligiosa e quindi promuovere lo sviluppo e la pace nel mondo.
La diplomazia culturale ha inoltre il grande compito di apprendere, condividere e rispettare le diverse ideologie nonché di realizzare processi di dialogo nel rispetto e nel riconoscimento delle diversità, della giustizia, delle uguaglianze, dell’equità, dell’indipendenza socio-culturale, e di costruire programmi per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e per la stabilità sociale. Infatti la diplomazia culturale, a differenza delle azioni forti spesso imposte da specifici interessi delle politiche internazionali, deve far prevalere la sua grande capacità di saper influenzare e mediare, mediante i valori della cultura, i programmi dei singoli governi nell’ambito delle relazioni internazionali.
Per questo e tanti altri motivi la Diplomazia Culturale riveste un ruolo cardine nei programmi di solidarietà e di condivisione risultando essere una componente fondamentale all’interno anche dei più complessi processi diplomatici e governativi. Riflettiamo ad esempio al dialogo che si è aperto tra Corea del Sud e Corea del Nord in occasione di un evento sportivo internazionale ossia le Olimpiadi invernali nel febbraio del 2018 o anche ai programmi di formazione che consentono a tanti giovani di confrontarsi e conoscere nuove culture. Ed è proprio grazie alla promozione delle conoscenze e delle rispettive eredità culturali che è possibile che ogni nazione possa rafforzare le proprie identità, condividerle e metterle al servizio del bene comune, consolidando così anche un ruolo all’interno dei mercati internazionali e favorendo lo sviluppo delle scienze e delle tecnologie.
La Diplomazia Culturale deve quindi essere portavoce di sforzi comuni finalizzati a promuovere, sostenere e potenziare i sistemi culturali delle singole nazioni e sottoscrivere così accordi sostenibili e solidali per il raggiungimento di progetti di interesse comune. Nel complesso deve essere uno strumento in grado di dimostrare come il mondo diplomatico non si deve limitare solo alle relazioni tra diversi Paesi a livello politico ed economico, ma differentemente essere partecipe e protagonista dei progetti di cooperazione e di dialogo tra le nazioni. E per questo sarà sempre più necessario affermare il valore del “soft power” della diplomazia, come lo ha definito il politologo Joseph S. Nye, ossia della messa in atto di azioni e strumenti che, grazie alla cultura, siano in grado di favorire il benessere e il dialogo tra i popoli, sviluppando così idee e progetti per un mondo di solidarietà.
C’è da augurarsi che la Diplomazia Culturale possa aiutare le comunità di tutto il mondo a osservarsi e conoscersi e così apprendere l’arte del dialogo, nei linguaggi della pittura, della fotografia, della scrittura, della musica, dello sport per produrre infine nuove pagine di storia in grado di raccontare le eredità di ciascuno e metterle a servizio del più grande progetto di diplomazia e di solidarietà: lo sviluppo della vita e del convivere nel mondo.
Un lavoro che meriterebbe ben più di una lettura veloce. Ho colto un passaggio che mi piace sottolineare e che mi permette di evidenziare un aspetto che per noi che abbiamo scelto come metodo di lavoro nell’affrontare qualsiasi Entità (idea, processo, programma, progetto, prodotto, servizio, organizzazione o una loro qualsiasi combinazione) l’Analisi del Valore di Miles è, unitamente all’interdisciplinarità dell’approccio ai temi che si affrontano, che il Progetto segua, non preceda un Programma. Questo ripetersi dei Progetti che non hanno a monte una Programmazione fatta conoscere e condividere anche dai diretti interessati, è uno dei motivi che si ripetono e che portano a dare inizio a tanti interventi sul territorio che sono in contrasto con il fatto che il territorio è un bene finito che va utilizzato nel rispetto delle esigenze delle future generazioni, che richiede cioè soluzioni eco sostenibili. La TAV Lione Torino ne è un esempio. Se mi sono permesso di fare questa osservazione è perché trovo questo lavoro meritevole di grande considerazione e che sarei lieto di trovare in sintesi, come Post, in AIAV Valore. I miei più sentiti complimenti per la scelta del tema e per come è stato affrontato e presentato.
Il passaggio al quale faccio riferimento è il seguente: “Tali progetti devono essere preceduti da programmi di formazione, d’integrazione, di tolleranza, di dialogo internazionale e molte iniziative legate principalmente allo sport, alla musica e alla formazione costituiscono tutti modelli solidali in grado di costruire e influenzare l’interazione interculturale e interreligiosa e quindi promuovere lo sviluppo e la pace nel mondo”.
Gentilissimo Prof. Pier Luigi Maffei, grazie infinitamente per le suggestioni che ha voluto condividere. Quanto Lei studia e approfondisce da anni nell’ambito dell’AIAV Valore ritengo che costituisca una parte importante di questo processo proprio della diplomazia culturale e come su queste basi speriamo sarà possibile costruire un mondo migliore. Grazie per il Suo apporto e direi anche incoraggiamento a continuare su questa strada.