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La letteratura universitaria: un magico caso

copertinadi Maria Immacolata Macioti

Da tempo ho potuto leggere, non senza curiosità e interesse, alcuni libri di narrativa scritti da sociologi o comunque da colleghi e scienziati sociali. Con interesse, dicevo: e non senza un certo stupore, perché saggistica e narrativa, studi universitari e libri avvincenti di impostazione totalmente diversa da quelli rivolti allo studio mi erano sempre apparsi ben diversi tra loro.

Eppure mi è capitato più volte di trovarmi di fronte a uno specialista di materie socio antropologiche prima, poi di materie antropologico-comunicative evidentemente in grado di muoversi tra due diversi universi di pensiero, di ricorrere a due stili ben difformi l’uno dall’altro.

La prima volta mi è capitato con un collega dell’Università di Torino, che conoscevo per i suoi dotti studi e i suoi scritti di Sociologia dell’organizzazione, Fabrizio Battistelli. Al di là dei libri professionali, giunge notizia, intorno al 1979, che abbia pubblicato un romanzo. Che poi arriva nelle mie mani: Lavinia. Uscito con l’editore Savelli, con uno pseudonimo: Lavinia Gruber. Un romanzo in cui una larga parte hanno temi spinosi, erotici: si parla persino di un doppio incesto.

Fatico, ricordo, a mettere insieme le due immagini del collega, importante punto di riferimenti per studi sull’organizzazione, un temuto, severo, serissimo ordinario, e lo scrittore Bonazzi. Scoprirò più tardi che nel 2019 è uscito Prima dell’alba. Racconto di guerra e d’amore, edito da Interlinea, con memorie autobiografiche, con ricordi di una infanzia e adolescenza a Casal Monferrato, durante la Seconda guerra mondiale. Poi, più recentemente, giunge un ulteriore suo libro di narrativa, dal titolo Lectio magistralis. In cui un docente universitario, se ben ricordo, perde la testa per una collaboratrice che lo prende un po’ per il naso, che si fa rincorrere su vari continenti.

Penso che anche Ferrarotti mostri una felice vena narrativa quando racconta di sé, dell’infanzia, delle vicende familiari, e anche del periodo parigino, troncato poi dall’ingresso in Parlamento, nella terza legislatura, al posto di Adriano Olivetti: sono i suoi libri autobiografici usciti con l’editore Guerini di Milano, che trovo molto godibili. Tutt’altra cosa dai suoi più concettuosi e complessi scritti teorici, tutt’altra cosa dal Trattato di Sociologia uscito a suo tempo con la UTET e dai suoi libri più ‘professionali’.

Questi libri di Bonazzi, di cui qui si accenna, così come alcuni scritti autobiografici di Ferrarotti utilizzano stili ben diversi da quelli cui entrambi in qualche modo ricorrono per le opere più legate alla riflessione teorica intesa allo sviluppo disciplinare, alla fruizione universitaria.

1Ma non sono solo questi più anziani colleghi che sembrano interessati alla narrativa, a ricerche stilistiche diverse. Mentre siamo entrambi docenti alla Sapienza mi viene infatti regalato dal collega Fabrizio Battistelli un suo libro di narrativa. Si chiama Il Conclave. È edito da Einaudi: siamo nel 1991. Lettrice avida e curiosa, lo leggo in poco tempo, ne apprezzo l’impianto, lo stile. Un divertissement ben costruito, avvincente, che trascina con sé il lettore lungo vie più o meno sicure, lungo vicende avventurose. Il protagonista, Riziero, cadetto dei conti di Pietracuda, era stato infatti chiamato a Roma da un più anziano parente che spera di poter risolvere, con il suo aiuto, intricate, anzi, delittuose vicende che riguardano da vicino la curia. Il giovane protagonista di questa storia ambientata nel ‘700 percorre al galoppo chilometri e chilometri, al galoppo torna poi al Vaticano. Il libro ha poi avuto una riedizione nel 2013. Leggo oggi che Fellini aveva apprezzato il romanzo, che pensava di trarne un film. Che aveva detto: «Un personaggio degno di Dumas».

So che Riziero non si fermerà qui, alle sue prime avventure. Ne vivrà altre, sfolgoranti: ed ecco Riziero e il Collegio Invisibile (Garzanti, Milano 1995) e poi anche Riziero e il gioco dei tarocchi (Imprimatur, Reggio Emilia, 2015), ‘nove storie al galoppo’, come qualcuno sintetizza: poiché il giovane protagonista passa da Ravenna fin verso i confini dell’Ucraina, fa molti altri giri, torna in Valmaracchia. E non solo: nel 2019 è uscito Mediterranei. Riziero e l’enigma delle fanciulle rapite (Pendragon, Bologna). Fabrizio Battistelli oltre all’insegnamento universitario gestisce l’Archivio Disarmo: come farà, mi chiedo, a trovare il tempo per scrivere altro? Come farà a individuare un così diverso e felice registro narrativo?

2Nell’anno 2018 poi sono stata invitata alla presentazione di un romanzo di Massimo Canevacci, già collega anche lui alla Sapienza, antropologo culturale. Non riesco ad andarci, ma vado il giorno successivo a comprare una copia nella piccola libreria di Campo de’ Fiori dove si era avuta la presentazione. Il libro si chiama Caccia funebre ed è edito da Aracne. Anche in questo caso mi sembra che buona parte del libro sia scritta in modo brillante e interessante. Un noir ambientato nell’università, in una esistente e concreta sede della Sapienza, quella di Via Salaria 113, dove sono presenti le ex facoltà di Sociologia e di Scienze della comunicazione. Ci sono molti studenti che attendono il docente di Antropologia culturale, in genere piuttosto puntuale. Ma stavolta è in ritardo, non arriva. Qualcuno va a cercarlo: lo troverà nella stanza in cui in genere riceve, in terra, ormai morto, con fogli di un’opera di Lèvi-Strauss in bocca. Un mistero fittissimo, difficile da dipanare per la polizia. Che passa al setaccio l’edificio, che parla con il preside (un preside che unisce in sé le caratteristiche di più reali e noti docenti, vd. mani sempre sudate e qualche tic), con altri colleghi, che fa il giro dei cinema intorno, in cui per anni sono state fatte lezioni, la mattina, visto il numero enorme di studenti. Una polizia che cerca invano di capirci qualcosa. Serviranno ben altri sforzi, ben altri viaggi per venirne a capo – e il discorso nel frattempo si perde un poco. Ma la prima parte mi sembra davvero godibile, forse in particolare per professori romani che ben conoscono ognuno dei posti in causa – vd. i vari cinema dove noi tutti abbiamo fatto innumerevoli lezioni –  che dietro altri nomi riconoscono reali colleghi da una nota caratteristica, da un’abitudine, da gesti e parole.

3Ultimo caso, per ora, a mia conoscenza, quello di Sergio Belardinelli, docente all’Università di Bologna, autore di un libro dalla bella, vivace, multicolorata copertina intitolato Il mago, (Siena, Cantagalli 2018), in cui appaiono edifici con porte e finestre ammiccanti, la sagoma di un uomo e una donna che forse stanno ballando su un tetto, o che stanno lottando su un tetto, difficile dirlo, un bianco spicchio di luna…

Il mago. Un romanzo su magia ed esoterismo? Non proprio. Un godibile scritto che si lascia leggere, che si abbandona malvolentieri a causa di improrogabili impegni, ansiosi di tornare a percorrerne i sentieri, a dipanarne gli equivoci, i misteri. Misteri molto umani, voluti, appositamente creati, utilizzati per confondere tracce, per meglio potersi muovere nei meandri della burocrazia e dello Stato. Protagonista principale un docente universitario, un certo prof. Giuseppe Bulgari che all’inizio dello scritto è diretto a Roma. Una città che conosce bene, avendola frequentata prima per ragioni familiari, poi per motivi connessi alla sua professione: ora, ad esempio, sta andando a Roma per un concorso. Nulla di esaltante, un dovere che prima o poi capita un po’ a tutti di dover assolvere. Poi, mentre guarda dal finestrino il noto paesaggio, intravede una figura di donna che gli apre ricordi di anni addietro, di vicende lontane nel tempo ma mai del tutto dimenticate.

Entriamo così con lui nei corridoi, nelle stanze del Ministero dell’Interno, dove con altri è stato invitato a recarsi. Assistiamo a un rapido, formale incontro con il Ministro in carica, Tema di fondo: il terrorismo islamico. Non lo sanno né lui né il Ministro, non lo sanno gli altri pure presenti, ma si è alla vigilia dell’attacco alle Torri gemelle. Per ora l’idea è di mettere in piedi piccole commissioni di studio, parte di una più vasta Commissione. Inutile discutere: tutto è già stato previsto, deliberato. Sono stati preparati i passi, previsti gli alberghi. Così come le stanze per i lavori, senza dimenticare la mensa.  Nella prima riunione molti aspetti verranno chiariti, altri incentivi potranno apparire: come una Giovanna, del Ministero degli Esteri, una bella donna che lo riconcilierà con questo compito che reputava e reputa piuttosto assurdo.

Il professore entra in Roma per il concorso, ma è anche a Roma in anni precedenti, con Giovanna e con una terza persona, Oreste. Lavoreranno insieme, affronteranno temi di attualità, parleranno del mondo arabo, degli Stati Uniti, dell’importanza di una alleanza tra Usa ed Europa.

Veniamo portati grazie alle esigenze della memoria a piazza Bologna. Grazie alle necessità concorsuali, alla Sapienza. E poi andiamo al Viminale e a via Panisperna, per finire ai Mercati di Traiano, fino al Ministero dell’Interno. Nel mezzo, l’attentato: da cui la necessità di leggere dossier, di approfondire … Si tratta di intercettazioni: conversazioni telefoniche di povera gente con problemi di lavoro, di sopravvivenza. O no? che si tratti invece di soggetti pericolosi? Tornano temi un tempo normali, via via più difficoltosi, come quelli del ‘multiculturalismo’ dell’‘identità’. Va limitato il numero degli ingressi in Italia? E i diritti di cittadinanza agli immigrati? Cosa vuol dire l’incontro con l’altro? Il compito del traduttore può o no essere paragonato, accostato all’ipotesi del dialogo interculturale? Entro quali limiti?

4Intanto va avanti il concorso. C’è un candidato locale, ce ne sono altri. Quale deve essere il criterio prevalente? Compare un sacerdote, già amico d’infanzia. Un sacerdote impegnato, che pure è diventato vescovo. Sembra incongruo, forse un po’ forzato, ma questi due esponenti importanti della società si chiamano a vicenda con i soprannomi di un tempo: il Gatto e la Volpe. E il Gatto ricorda la sbandata che la Volpe aveva preso per Giovanna: ma per un breve periodo, precisa l’altro, che si era reso conto ben presto dell’amore sorto tra lei e Oreste, il terzo membro della sottocommissione. Tutto si era poi complicato a causa di certe intercettazioni di una donna giunta clandestinamente dall’Iraq, dove era rimasto invece il marito. Un marito oggi, sembra, a rischio della vita. Che fare? si chiedono Oreste e Giovanna. Ed escogitano un’idea per salvare quest’uomo, per riportarlo nell’ambito familiare. L’ignaro professore, sempre un po’ distaccato, sempre attento a non farsi troppo coinvolgere, verrà travolto dal loro entusiasmo, dalla impellente necessità di evitare un’altra morte altrimenti certa. Tra una convocazione dal prefetto e un attraversamento di piazza Vittorio, il coinvolgimento del professore va avanti: lui, proprio lui che mai lo avrebbe immaginato, dovrà lasciare dietro di sé tutti i dubbi, partire. Organizzare un viaggio difficile, nonostante incertezze e paure. Organizzare un’azione difficile, rischiosa. Rientrare. Riprendere come nulla fosse accaduto le sue usuali abitudini. Non solo: dovrà evitare, in qualche modo, una punizione esemplare che è in aria e che potrebbe travolgere Oreste, ormai un amico: riuscirà a fare anche questa ulteriore, incredibile magia.

Insomma, un agile bel libro che tratta temi quanto mai attuali, un autore perfettamente in grado di muoversi tra diversi tempi, tra differenti registri, accademico e letterario. Di condurci tra riflessioni e lunghe camminate per le vie romane verso esiti di solidarietà oggi sempre più lontani e difficili.  Come va a finire, l’avventura del docente? Come chiude, il libro? Come si salva, il marito iracheno dell’immigrata che già era a Roma? Come farà a sfuggire a inopportuni controlli? Come potranno, i tre della sottocommissione, evitare le ire del potente prefetto? Quali le proposte ritenute accettabili per ottenere, da parte di un immigrato, la cittadinanza? Interrogativi tutti per risolvere i quali sarà opportuno leggere queste ricche, scorrevoli pagine.

Dialoghi Mediterranei, n. 36, marzo 2019
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Maria Immacolata Macioti, già professore ordinario di Sociologia dei processi culturali, ha insegnato nella facoltà di Scienze politiche, sociologia, comunicazione della Sapienza di Roma. Ha diretto il master Immigrati e rifugiati e ha coordinato per vari anni il Dottorato in Teoria e ricerca sociale. È stata vicepresidente dell’Ateneo Federato delle Scienze Umane, delle Arti e dell’Ambiente. È coordinatrice scientifica della rivista “La critica sociologica”  e autrice di numerosissime pubblicazioni. Tra le più recenti si segnalano: Il fascino del carisma. Alla ricerca di una spiritualità perduta (2009); L’esperienza migratoria. Immigrati e rifugiati in Italia (con E. Pugliese, nuova edizione 2010); L’Armenia, gli Armeni cento anni dopo (2015).
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