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La lingua italiana nel Regno Unito: situazione attuale, prospettive e problemi

imagesdi Paola Marcolin Ainsworth, Franco Pittau 

Influsso del contesto socio-politico sulla conoscenza dell’italiano 

Nell’esporre le diverse fasi che hanno contrassegnato la conoscenza dell’italiano nel Regno Unito ci siamo soffermati molto sul contesto in cui questa conoscenza si è sviluppata.  A partire dal Seicento, quando iniziò la pratica del “Grand Tour”, l’importanza dell’Italia per le sue ricchezze artistiche e culturali era condivisa come fattore importante della propria formazione qualcosa di sentito, mentre questa stessa ricchezza, pur non essendo sminuita nella sua consistenza, abbisogna attualmente di una forte azione promozionale di cui si si occupa la diplomazia culturale italiana.

Non ci soffermiamo sul periodo postnapoleonico e dei moti risorgimentali, durante il quale molti personaggi di spicco si recarono a Londra e riscossero un grande apprezzamento per il loro background culturale. Passiano, invece, al periodo delle grandi migrazioni, che nel Regno Unito si sono collocate nel secondo dopoguerra. Per quanto gravose per i diretti interessati per le condizioni che comportavano, questi flussi furono significativi per l’impatto che ebbero sull’apprendimento dell’italiano da parte degli stessi immigrati, in precedenza abituati ad esprimersi nei loro dialetti e propensi a curare la dimensione aggregativa presso centri di ispirazione laica o religiosa: ci soffermiamo in particolare sull’importante ruolo svolto dalle Missioni Cattoliche Italiane.

Prima di passare alle fasi più recenti dell’emigrazione italiana, ci preme sottolineare due fattori sfavorevoli. In primo luogo nel sistema scolastico britannico, come spiegheremo in particolare, è stato dedicato meno tempo allo studio delle lingue straniere e, tra quelle offerte alla scelta, manca l’italiana, recuperabile solo in maniera tutt’altro che agevole e quindi non alla portata di tutti. Di converso tra i britannici, che hanno come lingua materna l’inglese che è la lingua franca in tutto il mondo, è venuto meno l’interesse per le altre lingue il cui apprendimento, non supportato dalla necessità, viene stimato difficoltoso.

Relativamente all’immigrazione attuale, sostanzialmente quella degli anni ‘Duemila, riflettiamo su due aspetti, non sempre distinti: l’immigrazione che va a inserirsi in settori ad alta intensità di manodopera ma meno stabili e tutelati, condizioni queste assolutamente dispersive, che non favoriscono la coesione della comunità italofona: questa, quando sussiste, richiama l’attenzione e suscita una maggiore disponibilità alle proprie richieste.  L’altro aspetto dell’attuale emigrazione italiana è quella dei lavoratori altamente qualificati, anch’essi soggetti alla dispersione ma non per le condizioni di lavoro bensì perché i luoghi e le relazioni, riguardanti la gente del posto o immigrati di altre nazionalità, sono segnati dall’uso esclusivo della lingua inglese.

Sono cambiamenti di non poco conto che esigono una comprensione maggiore così da poter perfezionare le strategie da seguire, unendo l’attenzione alla comunità italiana all’estero a quella indirizzata alla popolazione locale. Nei confronti degli autoctoni il compito consiste nel presentare una lingua, che non solo è l’eredità di uno straordinario passato ma costituisce anche una leva sulla quale insistere per i benefici che ne conseguono per il sistema Paese.

Con tutta la cura possibile abbiamo cercato di porre in evidenza aspetti problematici e aspetti positivi riscontrabili nella scuola dell’obbligo e nell’ambito universitario, non mancando di sottolineare che sono diversi gli spunti e le esperienze che incoraggiano ad andare avanti, senza pensare però che i percorsi positivamente avviati lo siano una volta per tutte, facendo venire meno il bisogno di un monitoraggio continuo in grado di rafforzarli di fronte alle difficoltà impreviste.

Questa necessità ci è stato ricordato amaramente dalla Brexit, che abbiamo pensato di spiegare in maniera ampia per porre in evidenza le complicazioni normative che ne sono derivate in termini operativi e che rischiano di creare seri pregiudizi al mantenimento dei livelli d’intervento linguistico finora praticati. Si è giunti così a un esito apparentemente negativo, ma non deve essere questa la conclusione rispetto a una questione ancora aperta: molto dipenderà da quanto si riuscirà a fare da parte italiana e, più in generale, da un ritorno al genuino spirito europeista che animò il “Vecchio Continente” dopo l’ultima guerra mondiale e del quale più che mai ci sarebbe bisogno. 

Giovanni Paolo Pannini, : Picture Gallery with Views of Modern Rome, 1757

Giovanni Paolo Pannini, Picture Gallery with Views of Modern Rome, 1757

Il periodo del “Grand Tour” 

Lo studio dell’italiano e la conoscenza dell’Italia occupano da tempo una posizione di stima e di prestigio nella società britannica, soprattutto nelle classi superiori. Ricordiamo nella storia, la tradizione del “Grand Tour” che fu un’esperienza d’obbligo dal Seicento all’Ottocento per i giovani aristocratici britannici. L’idea di questo viaggio costoso attraverso “l’Europa dell’arte” nacque appunto in Gran Bretagna, ed ebbe lo scopo di favorire l’acquisizione di una cultura più ricca e approfondita, scoprendo luoghi, cultura, politica e tradizioni artistiche dei Paesi europei. 

Il Grand Tour comprendeva inoltre l’apprendimento delle lingue degli altri Paesi europei in un’epoca in cui l’inglese non era assolutamente una lingua franca ma, anzi, una lingua piuttosto rustica e poco raffinata [1].  Molti giovani aristocratici britannici imparavano l’italiano come parte della loro educazione culturale.  Poiché l’Italia era una delle principali destinazioni del Grand Tour, l’apprendimento della lingua era essenziale per interagire con la popolazione locale, apprezzare l’arte e la cultura italiana e massimizzare l’esperienza complessiva del viaggio.  Alcuni si avvalsero anche di tutor privati o insegnanti di lingua italiana per migliorare le loro competenze linguistiche mentre viaggiavano attraverso il Paese. Infatti, sia il francese che l’italiano rappresentavano educazione e raffinamento e senz’altro per questa ragione, ancora oggi, la conoscenza delle culture visitate nei Grand Tour e delle lingue associate, compresa quella italiana, godono di alto prestigio nella cultura e nella società britannica.  

figura-1-lbEvoluzione dell’emigrazione italiana dopo il 1945 

Dopo la fine della Seconda Guerra mondiale una parte della massiccia emigrazione italiana (specialmente dal Mezzogiorno d’Italia) si indirizzò verso alcune aree industriali del Regno Unito, in particolare i distretti di Peterborough (dove agli inizi degli anni cinquanta circa 5.000 meridionali si trasferirono nella località di Fletton) e Bedford. Si riconsolidarono anche i legami culturali tra l’Italia e il Regno Unito. Nel 1949 ci fu l’apertura nel 1949 dell’Istituto Italiano di Cultura a Londra. Risale allo stesso anno l’accordo per l’istituzione del Consiglio d’Europa e i fermenti che portarono alla nascita della Comunità Economica Europea, alla quale in seguito avrebbe partecipato anche il Regno Unito. Fu inoltre molto positivo in ambito accademico la presenza di un personaggio di spicco come Alessandro Passerin d’Entrèves che fu professore d’italiano a Oxford, dal 1946 al 1957 [2].

La condizione di isolamento della società britannica fu in parte la conseguenza e in parte la concausa della perseveranza con cui i nostri immigrati aderivano alle tradizionali forme rurali di campanilismo paesano o regionale e alla religione cattolica. Si trattava, peraltro, di atteggiamenti riscontrabili nelle comunità italiane emigrate in tutto il mondo. La famiglia, come luogo primordiale di scambio dei sentimenti, di costruzione dell’identità e di custodia della memoria, in quanto non più composta dai soli maschi capofamiglia, fu la leva con cui gli immigrati esercitarono una forte pressione sulle autorità consolari per ottenere corsi d’insegnamento della lingua italiana per i propri figli. In tale contesto sorse, come strumento di sorveglianza e di guida, la Federazione delle Associazioni Scuola e Famiglia: caso quasi unico di coordinamento efficace di organismi sparsi nel territorio.

Il campanilismo trovò manifestazione nella miriade di associazioni regionali e provinciali, delle quali la prima fu l’associazione della Val D’Arda (Piacenza), fondata nel 1968. Una certa enfasi al campanilismo (anche una sua regolamentazione) fu data dall’istituzione delle Regioni come unità dotate di ampia autonomia (specialmente riguardo ai propri emigrati), nel 1970: ne derivò un rafforzamento dei legami delle Regioni con i loro cittadini espatriati.

Secondo alcuni autori, la religione cattolica fu l’asse portante della cultura di quasi tutta la storia dell’emigrazione in Gran Bretagna [3].  Alla domanda di assistenza e di conforto fece fronte un’articolata offerta a partire dagli anni cinquanta. Intorno alla vecchia chiesa di San Pietro furono costituiti centri di attività sociale, culturale e ricreativa – e nel 1953 la chiesa fu designata dal Vaticano come sede parrocchiale dell’intera comunità italiana in Gran Bretagna. Negli anni cinquanta e sessanta furono promosse missioni cattoliche dovunque si estendesse la presenza italiana: a Birmingham, Bradford e Manchester nel 1952; a Bedford nel 1954; e via via fino a Woking, a sud-ovest di Londra, nel 1971. Tre nuove chiese furono fondate dai Padri Scalabriniani a Peterborough (1962), Bedford (1965) e Brixton (a sud di Londra, 1969).

Questo complesso intreccio di rapporti reali e simbolici, sia con la società britannica sia all’interno della comunità emigrata, si sta oggi attenuando di fronte a una crescente presenza di italiani che non appartengono alla categoria dell’emigrazione ‘economica’ di tipo tradizionale. La vecchia immigrazione è finita negli anni settanta; da allora sono giunti in Gran Bretagna molti giovani – ragazzi e più ancora ragazze – per lo studio della lingua inglese o per l’attrazione di un sistema di vita ritenuto più libero e appagante. Numerosi tra di loro sono quelli rimasti sul posto e nel mentre altri hanno continuato ad arrivare, facilitati dalle garanzie consentite dopo l’ingresso nel 1973 della Gran Bretagna nell’Unione Europea (o Mercato Comune, come allora si chiamava). Ma soprattutto l’intensificarsi dei rapporti economici e commerciali fra i due Paesi ha indotto un gran numero di uomini d’affari, dirigenti, tecnici e impiegati di varie società e istituzioni italiane, a stabilirsi in Gran Bretagna [4]. 

italiani-in-gran-bretagna-umberto-marinImmigrazione italiana pre-Brexit 

L’immigrazione italiana nel Regno Unito è notevolmente cresciuta nello scorso decennio, attratta da una domanda di lavoro espressa da settori caratterizzati da un’ampia flessibilità contrattuale, come la ristorazione, che offre bassi salari, elevato turnover, scarsa formazione professionale e limitate opportunità di carriera. La ripresa dell’emigrazione italiana verso il Regno Unito è diventato un fenomeno degno di nota a partire dal 2007 e nel decennio successivo, la Gran Bretagna è diventata la principale destinazione degli immigrati italiani.

La letteratura accademica ha spesso descritto il fenomeno migratorio italiano principalmente in termini di brain drain, cioè in termini di mobilità di giovani italiani altamente qualificati alla ricerca di migliori opportunità di crescita professionale. Minore attenzione è stata prestata all’analisi della crescente presenza di giovani immigrati italiani in settori e occupazioni di non elevata qualifica, caratterizzati da inquadramenti contrattuali flessibili e bassa retribuzione. 

Nell’ultimo decennio, protagonisti dell’emigrazione italiana nel Regno Unito sono stati giovani dai 18 ai 39 anni provenienti principalmente dalle regioni del Nord. Dai dati Istat però emerge un elemento di discontinuità rispetto al dibattito sulla giovane migrazione italiana: i flussi verso il Regno Unito tendono sempre più a caratterizzarsi per una massiccia presenza di emigranti con un titolo di studio pari e inferiore al diploma di scuola secondaria di secondo grado. La componente dei laureati quindi, per quanto crescente nel tempo, costituisce una quota minoritaria sul totale dei flussi migratori (vedi tabella).

Nella seconda decade del 2000 sono sempre più numerosi i connazionali che si trasferiscono nel Regno Unito, specialmente a Londra, con l’intento di effettuare un’esperienza di studio o linguistico-lavorativa o alla ricerca di nuove opportunità di impiego. La crescita numerica della comunità italiana nel Regno Unito negli ultimi anni è stata impetuosa. Gli iscritti all’AIRE in Inghilterra e Galles sono più che raddoppiati nel giro di otto anni, passando da poco meno di 200 mila a più di 458 mila (febbraio 2022). Questo dato va inserito in un quadro che va contestualizzato nel trend di regolarizzazione di molti cittadini arrivati negli anni passati dovuto direttamente o indirettamente alla Brexit [5]. 

ukita-1Le vicende legate al processo BREXIT 

L’Accordo di commercio e cooperazione UE-UK (c.d. Trade and Cooperation Agreement o “TCA”), concluso il 24 dicembre 2020 tra l’Unione Europea, l’Euratom e il Regno Unito segna un passaggio fondamentale nel processo Brexit. Con il TCA, il Regno Unito ha abbandonato le norme dell’Unione Europea senza potere più beneficiare dei vantaggi derivanti dall’appartenenza all’UE e al mercato unico. Pertanto, dal 1° gennaio 2021 la libera circolazione dei cittadini e lavoratori italiani in UK e cittadini e lavoratori britannici in Italia risulta fortemente limitata.  Di seguito proponiamo una sintetica panoramica sulle conseguenze della Brexit sulle disposizioni per i cittadini e lavoratori italiani in UK.

Il TCA consente dal primo gennaio 2021 l’ingresso ai cittadini italiani in UK, in modalità Standard Visitor, per soggiorni pari o inferiori a 6 mesi per esercitare determinate attività (c.d. “Short-Term Business Visitor”). Per soggiorni di durata superiore è possibile fare richiesta del “Long-Term Standard Visitor Visa” con validità di 2,5 o 10 anni. I cittadini italiani e i loro familiari possono beneficiare dello speciale sistema di registrazione gratuito costituito dal Governo britannico e denominato “Settlement Status Scheme” (SSS), con il quale viene garantita la loro permanenza nel Regno Unito dopo la Brexit. Tale normativa ha previsto la possibilità per i cittadini dei Paesi membri dello Spazio Economico Europeo di registrarsi presso il Ministero degli Interni britannico, formalizzando il loro status migratorio e ottenendo il “Settled Status” (per coloro che sono residenti da più di 5 anni) o il “Pre-Settled Status” (per coloro che sono residenti da meno di 5 anni).

I cittadini italiani non residenti nel Regno Unito alla data del 31 dicembre 2020, hanno dovuto richiedere il Visto per lavoratori specializzati (“Skilled Worker Visa”), che si basa su un sistema a punti. Sono necessari almeno 70 punti, da ottenersi mediante il possesso di determinati requisiti, quali, a titolo esemplificativo, un’offerta di lavoro per mansioni qualificate, ossia per mansioni che richiedano un diploma; la conoscenza della lingua inglese; il superamento di una soglia minima di retribuzione, ecc.[6].

A uno sguardo più attento e stando alle cifre del 2021, la collettività italiana è caratterizzata da una maggioranza di Pre-Settled Status: il 54,37% rispetto al 42,49% di chi possiede il Sette Status. Ciò conferma del recente e consistente incremento dell’immigrazione italiana nel Regno Unito. Secondo lo studio statistico del Consolato Generale d’Italia Londra pubblicato nel 2021, gli italiani residenti nel Regno Unito sono 472.861 con un’età media al di sotto dei 30 anni per il 38% di questi. Circa la metà è nata in Italia, un quarto nel Regno Unito e un quarto in Paesi terzi. La collettività residente si ripartisce essenzialmente tra Greater London (un italiano su 3), Manchester, Birmingham e Bedford. Va notato che la collettività italiana è uno dei gruppi nazionali più cospicui nel Regno Unito: quinto a livello globale e quarto se si considerano i Paesi dell’Unione europea rappresentando il 5,41% degli stranieri [7] . 

immagine-statica-gruppiL’italiano nelle scuole secondarie inglesi 

Secondo una pubblicazione da parte dell’organo nazionale Ofsted (Office for Standards of Education), gli alunni in Inghilterra spesso percepiscono le lingue come difficili. Il numero di alunni che scelgono di studiare lingue al GCSE (General Certificate of Secondary Education, diploma di scuola media), ad esempio, è diminuito in modo significativo a partire dal 2004, quando lo studio di una lingua dopo i 14 anni è stato reso non obbligatorio e la percentuale di alunni che hanno conseguito un GCSE in una lingua moderna è scesa rapidamente al 47% nel 2007. C’è stato anche un lungo declino delle lingue a livello del liceo (A-Level) dove gli studenti studiano, per gli ultimi due anni della scuola d’obbligo, un massimo di 4 materie a livello avanzato. Tra il 1992 e il 2004, il numero di iscrizioni per il francese diminuì di quasi il 50% (da 31.261 a 15.173). Questo accadeva in un periodo in cui lo studio di una lingua straniera alle medie era ancora obbligatorio. Il declino è continuato. Nel 2019 si è nuovamente dimezzato. Allo stesso modo i numeri per il tedesco continuano a diminuire, anche se per lo spagnolo sono leggermente aumentati dal 2018 [8].

La mancanza di entusiasmo della popolazione della Gran Bretagna per le lingue straniere è sicuramente da mettere in diretta correlazione con il fatto che la lingua inglese è ormai la lingua franca di base praticamente ovunque.  Questo stesso fatto fa sì che, per loro, imparare le lingue non sia una necessità o una condizione per poter conoscere altre culture e società. Allo stesso tempo però esiste un grande rispetto per tutte le identità culturali e lingue minoritarie parlate dalle varie comunità, a cui il Paese ha offerto ospitalità da decenni. 

Nella maggior parte delle scuole del settore pubblico o statale, il sistema dà la possibilità ai ragazzi nel Year 7 (prima Media) di studiare una lingua moderna da scegliere tradizionalmente tra il francese, il tedesco o lo spagnolo a ragione di due ore alla settimana. L’italiano non è un’opzione generalmente offerta a meno che uno studente manifesti un interesse particolare per la lingua italiana e che chieda alla sua scuola di organizzare l’opportunità di sostenere l’esame GCSE o A-Level in situ, secondo i criteri della Commissione (Exam Board). L’apprendimento come la preparazione, tuttavia, resteranno a carico dello studente, che dovrà trovarsi un insegnante che possa assisterlo fino all’esame. L’Ufficio Scolastico del Consolato di Londra è in grado di venire in aiuto a questi studenti. Infatti, il governo italiano offre a tutte le scuole primarie e secondarie del Regno Unito, l’opportunità di usufruire gratuitamente di lezioni di italiano da parte di insegnanti italiani qualificati inviati da Roma o residenti nel Regno Unito. Nell’anno scolastico 2020-2021, sono stati coinvolti 18.459 studenti e 152 scuole del Regno Unito. I corsi di lingua seguono il CEF (Common European Framework of Reference for Languages) e includono nove livelli [9].

In questo contesto possiamo tuttavia rallegrarci del fatto che la richiesta per l’italiano sia molto stabile e stia addirittura crescendo.  Mentre il calo generale ha soprattutto colpito il francese, il tedesco e lo spagnolo, per cui si può ritenere che le lingue meno comunemente insegnate siano meno colpite dalla mancanza di interesse. Secondo le statistiche del JCQ (Joint Council for Qualifications) per il 2022 sono stati conseguiti 4897 esami GCSE e 800 A-Level di lingua italiana [10]. 

Londra, Sede di una Scuola d'Italiano

Londra, Sede di una Scuola d’Italiano

L’italiano nelle università 

Stando ai risultati di ricerca sul sito UCAS (University and Colleges Admission Services) le cattedre d’italianistica del Regno Unito sarebbero 38 a livello di Laurea triennale [11] e 18 a livello di Masters o Dottorato [12]. Queste università e istituti accademici offrono programmi di laurea e post-laurea che attraggono un numero significativo di studenti ogni anno. L’ University of Oxford, per esempio, dichiara attualmente che complessivamente ci sono circa 180 studenti che studiano italiano, quasi 20 dei quali sono studenti laureati. Le domande di laurea hanno mostrato una forte crescita negli ultimi quindici anni, e l’italiano ora ammette una media di 40 studenti universitari all’anno, incluso un gruppo di principianti di grande successo [13].

L’University of Cambridge afferma le stesse cose: «La Sezione italiana offre un’ampiezza e una profondità di competenze uniche che la rendono un luogo vivace e dinamico per l’insegnamento e l’apprendimento della lingua e della cultura italiana. In questa comunità affiatata di accademici e studenti, otto docenti eccellenti ed entusiasti guidano e ispirano 120 studenti universitari e 20 dottorandi, e hanno fatto sì che nella graduatoria nazionale la sezione si sia affermata come la migliore del Paese per l’italiano» [14].

Nonostante la posizione di svantaggio dell’italiano nelle scuole medie e superiori, secondo le ultime statistiche disponibili pubblicate nel 2018 dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI), gli studenti d’italiano nel Regno Unito sono attorno ai 30 mila. Nel novembre 2022, The British Academy and University Council of Modern Languages ha pubblicato l’analisi di dieci anni di dati di ammissione ai corsi universitari in lingue moderne nel Regno Unito, utilizzando i risultati dell’UCAS. È importante notare che l’analisi condotta riguarda le statistiche di ammissione tra il 2012 e il 2021, periodo in cui è probabile che molteplici fattori esterni abbiano influenzato la domanda degli studenti, tra cui l’uscita dall’Unione Europea, il COVID-19, l’introduzione di percorsi educativi alternativi e condizioni economiche mutevoli.  Ancora più importante è il fatto che questo periodo corrisponde a un calo netto di circa 76 mila persone all’interno della popolazione dei 18enni.

L’andamento delle iscrizioni ai corsi d’italianistica è stato vario negli ultimi dieci anni, con alti e bassi tra il 2012-2017, seguiti da diminuzioni fino al 2021 rappresentando una riduzione del 58% rispetto al 2012. L’aumento demografico emergente della popolazione dei 18enni – destinato a durare fino al 2030 – ha il potenziale per mitigare alcune delle tendenze negative identificate in questo rapporto [15] . 

Corsi di lingua online 

Risulta chiaro dalle cifre che la maggior parte di coloro che imparano l’italiano nel Regno Unito sono persone adulte. L’avvento della tecnologia ha dato a tutti noi l’accesso a piattaforme di apprendimento online da casa e da dispositivi mobili che ci consentono di imparare le lingue come, quando e dove vogliamo. Le Applicazioni per l’apprendimento delle lingue sono numerosissime (Duolingo, Busuu, Memrise, RosettaStone ecc) e alcune anche gratuite; rimane tuttavia difficile ottenere statistiche pertinenti allo studio dell’italiano nel Regno Unito.  Daremo dunque un unico dato proveniente dalle graduatorie elaborate a livello internazionale dove l’italiano risulterebbe al sesto posto. Aggiungiamo una piccola curiosità che ci è sembrata interessante: nel mese di maggio 2021 Duolingo ha comunicato tramite Twitter la notizia che nei due giorni successivi alla vittoria all’Eurofestival Eurovision del gruppo rock italiano Måneskin, la piattaforma ha registrato un aumento del 56% nel numero di persone che avevano iniziato il corso di italiano [16].  Pertanto, non sembra infondato avanzare l’ipotesi che la promozione dell’italiano possa trovare sostegno, oltre che nel settore educativo, in diversi altri settori. 

all-national-logoL’Associazione dei docenti d’italiano 

L’Association for Language Learning (ALL) è la più grande organizzazione nel Regno Unito per gli insegnanti di lingue straniere. Non è dedicata solo agli insegnanti di italiano ma è una organizzazione professionale che sostiene l’insegnamento e l’apprendimento di tutte le lingue, compreso l’italiano. L’associazione fornisce risorse, supporto professionale, formazione e opportunità di networking per insegnanti di tutte le lingue. È stata fondata nel 1990 dalla fusione di sette associazioni di insegnanti di lingue del Regno Unito di cui l’Associazione Insegnanti di Italiano. 

Iniziative per la lingua e la cultura italiana 

L’Istituto Italiano di Cultura di Londra svolge diverse attività per promuovere la lingua e mantenere vivo l’interesse e l’entusiasmo per la cultura italiana nel Regno Unito. Queste attività includono: Corsi di lingua italiana per principianti, intermedi e avanzati, sia per adulti che per bambini; organizzazione di conferenze, dibattiti, spettacoli teatrali, concerti, mostre d’arte e proiezioni cinematografiche per diffondere la cultura italiana; messa a disposizione una biblioteca con una vasta selezione di libri, film, musica e risorse culturali italiane; collaborazioni con le diverse università anche tramite i lettorati di italiano e promozione del coordinamento accademico tra istituti di ricerca e università britanniche e italiane; scambi culturali per facilitare i contatti tra artisti, scrittori, musicisti e altri professionisti italiani e britannici. 

A Manchester è attivo il “Centro Diffusione Lingua e Cultura Italiana” che si occupa del nord del Paese, mentre in Scozia la diffusione dell’italiano è affidata all’organizzazione non-profit “Il Girotondo”. È opportuno soffermarsi sulla SIAL (Scuola Italiana a Londra), unica scuola privata bilingue nel Regno Unito dove tutte le materie sono insegnate in italiano e in inglese, dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria e promuove nei bambini dai 3 agli 11 anni un’educazione bilingue italiano/inglese nel cuore di Londra. Inoltre, a partire dal settembre 2018 la SIAL.courses offre corsi di lingua e cultura italiana organizzati con il supporto del MAECI e in collaborazione con il Consolato Generale d’Italia a Londra.

Ci sono corsi extracurricolari d’italiano rivolti a tutti i bambini e i ragazzi che frequentano le scuole primarie e secondarie a Londra e nel Sud dell’Inghilterra e sono tenuti attualmente in più di 40 sedi principalmente nelle scuole locali, al di fuori dell’orario scolastico. Sono previsti anche corsi interamente online, se questa opzione risponde meglio alle esigenze della famiglia. Corsi integrati si svolgono in orario scolastico e l’insegnamento è inserito nell’ordinamento della scuola inglese. Attualmente sono in atto collaborazioni con numerose istituzioni scolastiche sia nell’area di Londra che in quella di Cardiff.

Un’ampia gamma di corsi intensivi si svolgono durante le settimane di vacanze scolastiche. L’offerta spazia dalle lezioni immersive in italiano pensate per i bambini dai 4 agli 11 anni di età e per i ragazzi dai 12 ai 18 anni, ai corsi intensivi di preparazione per gli esami GCSE e A-Level. Esistono poi Corsi di preparazione agli esami CILS (Certificazione d’Italiano come Lingua Straniera) e infine Corsi online serali per adulti [17].

maeci-ambasciata-italia-v-it-01-social-24Per rispondere a questa accresciuta voglia di “italiano”, il Dipartimento scolastico del Consolato Generale di Londra ha lanciato un nuovo sito internet https://sites.google.com/view/italian-education/home.  La piattaforma, anche in lingua inglese, è strutturata in maniera tale da fornire informazioni ma anche scaricare materiale didattico per tutte le tipologie di studenti (da Year 1 fino a A-Level). Questi contenuti, realizzati dai docenti italiani, sono a disposizione di tutti (alunni, genitori, insegnanti). L’intento è quello di soddisfare le crescenti richieste dei connazionali e di avvicinare più persone allo studio della lingua e della cultura italiana. Nel sito è presente anche una newsletter per tenersi aggiornati sui progetti e gli eventi dell’Ufficio Scolastico [18]. 

Le ombre della fase attuale 

Le ultime notizie sull’insegnamento dell’italiano nel Regno Unito non sono soddisfacenti. Nel mese di gennaio 2024 il   Segretario Générale del sindacato Uil Scuola Giuseppe d’Aprile ha comunicato al MAECI la sua forte preoccupazione per la «grave situazione in cui versano le nostre istituzioni scolastiche e culturali nel Regno Unito». Nella sua lettera all’on. Antonio Tajani (MAECI) e al Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, d’Aprile parla del 

«blocco dei  permessi di lavoro da parte delle Autorità britanniche, che negli anni scorsi ha già causato il congelamento di sette cattedre di lingua italiana di scuola primaria, di scuola media e tre lettorati di italiano nelle università inglesi, e determinerà entro la fine del 2024 l’espulsione dalla Gran Bretagna di quasi tutti i nostri docenti di ruolo inviati dal Ministero degli esteri e assegnati dalle nostre autorità diplomatiche e consolari ai corsi di italiano nelle scuole inglesi, previsti dagli accordi bilaterali sottoscritti tra i due Paesi. Nonostante i continui sforzi dell’Ambasciata Italiana, attraverso interlocuzioni dirette con il Foreign Office, ci risulta che le autorità inglesi non intendano garantire ai nostri docenti statali alcuna salvaguardia, considerandoli alla stregua delle altre categorie di lavoratori stranieri, ai quali vengono richiesti, per la concessione del visto di lavoro, fondi sufficienti per mantenersi nel Regno Unito e i costi per l’assistenza sanitaria». 

maxresdefaultD’Aprile ha ritenuto urgente un autorevole intervento da parte dei ministri competenti tri al fine di evitare lo smantellamento dei corsi di lingua italiana.  Purtroppo, il 3 aprile 2024 è stato annunciato che il programma pilota che offriva £10.000 a insegnanti tirocinanti di lingue e fisica non britannici per trasferirsi in Inghilterra è stato interrotto dal Dipartimento per l’Istruzione. Il pagamento per il trasferimento internazionale (IRP) era stato concepito per coprire il costo del visto, il supplemento sanitario per l’immigrazione e altre spese di trasferimento che gli individui potrebbero sostenere. Il Department of Education ha affermato che i tirocinanti che inizieranno la loro formazione nel 2024-2025 non potranno più ricevere il finanziamento. Gli insegnanti di fisica e di lingue che si trasferiscono in Inghilterra per l’anno accademico 2024-2025 potranno beneficiare dell’IRP e tuttavia – ha affermato il governo – sarà ora effettuato in due pagamenti da £ 5.000 in due anni. Questo, in un momento in cui molte organizzazioni del settore cercano soluzioni di reclutamento all’estero per affrontare le sfide della forza lavoro [19]. Non possiamo non chiederci: la promozione e diffusione della nostra lingua e cultura sono in pericolo nel Regno Unito? La comunità italiana nel Regno Unito e le migliaia di studenti inglesi che ricevono l’insegnamento della lingua italiana verranno privati del nostro servizio scolastico?

Entriamo così nel campo delle relazioni diplomatiche, sul quale non possiamo non auspicare una maggiore insistenza sul piano politico e anche una maggiore attenzione della società civile, perché non è usuale sentire parlar di questi problemi nei dibattiti televisivi o anche in conferenze, lasciando queste preoccupazioni alla ristretta cerchia degli addetti ai lavori. In realtà, dato lo stretto legame esistente tra la promozione della lingua e della cultura e la promozione del sistema Italia, si tratta di un interesse generale. Vanno perciò rinsaldati i legami con gli italiani all’estero e i loro discendenti, senza giungere prematuramente a conclusioni negative, serve una maggiore concretezza nell’affrontare i problemi, non facili ma neppure irrisolvibili. 

Dialoghi Mediterranei, n. 68, luglio 2024 
Note
[1] Cohen, Michele (2001), The Grand Tour: Language, national identity and masculinity, Taylor& Francis online
[2] https://amblondra.esteri.it/it/italia-e-regno-unito/
[3] Marin, Umberto, Italiani in Gran Bretagna, Roma, Centro Studi Emigrazione, 1975
[4] https://www.altreitalie.it/kdocs/78719/84094.pdf
[5] https://amblondra.esteri.it/it/italia-e-regno-unito  
[6] https://cms.law/en/ita/publication/brexit-employment-law-between-italy-and-the-uk
[7] https://conslondra.esteri.it/wp-content/uploads/2022/08/studio_statistico_ii_edizione.pdf
[8]https://www.gov.uk/government/publications/curriculum-research-review-series-languages/curriculum-research-review-series-languages#national-context
[9] https://sites.google.com/view/italian-education/home
[10]https://www.jcq.org.uk/wp-content/uploads/2022/08/GCSE-Other-MFL-Entries-Summer-2021-2022.pdf
https://www.jcq.org.uk/wp-content/uploads/2023/08/GCE-Other-MFL-Entries-Summer-2023.pdf
[11]  https://digital.ucas.com/coursedisplay/results/providers?searchTerm=italian%20language&studyYear=2024&destination=Undergraduate&postcodeDistanceSystem=imperial&pageNumber=1&sort=ProviderAtoZ&clearingPreference=None 
[12] https://digital.ucas.com/coursedisplay/results/courses?searchTerm=italian%20language&studyYear=2024&destination=Postgraduate&postcodeDistanceSystem=imperial&pageNumber=1&sort=MostRelevant&clearingPreference=None
[13] https://www.mod-langs.ox.ac.uk/italian
[14] https://www.mmll.cam.ac.uk/italian
[15] https://www.thebritishacademy.ac.uk/documents/4437/Languages-learning-in-higher-education-November_2022_vf.pdf
[16]https://italofonia.info/DUOLINGO-NEL-2021-ITALIANO-6-LINGUA-IN-3-PAESI-LA-PIU-STUDIATA-DOPO-LINGLESE-ANCHE-GRAZIE-AI-MANESKIN/
[17] https://sial.courses/it/i-nostri-corsi/
[18] https://conslondra.esteri.it/it/news/dal_consolato/2020/07/cresce-la-voglia-di-italiano-nel/ 
[19] https://www.stoneking.co.uk/literature/e-bulletins/government-rollback-teacher-relocation-scheme-could-impact-overseas 

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Paola Marcolin-Ainsworth, nata e cresciuta a Bruxelles da genitori friulani, è laureata in traduzione (inglese, francese) e successivamente emigrata nel Regno Unito nel 1987 dove ha formato la sua famiglia.  Dal 2013, dopo aver ottenuto il CertTESOL, si è impegnata nell’insegnamento dell’inglese a ragazzi immigrati e nuovi arrivati nella scuola secondaria statale di Sandhurst (Berkshire) dove tuttora abita e lavora. Il plurilinguismo in cui è stata immersa sin dalla nascita ha generato in lei una peculiare attenzione alla lingua materna. 
Pittau Franco, dottorato in filosofia, è studioso del fenomeno migratorio fin dagli anni ‘70, quando ha condotto un’esperienza sul campo, in Belgio e in Germania, impegnandosi nella tutela giuridica degli emigrati italiani. È stato l’ideatore del Dossier Statistico Immigrazione, il primo annuario del genere realizzato in Italia. Già responsabile del Centro studi e ricerche IDOS (Immigrazione Dossier Statistico), continua la sua collaborazione come Presidente onorario. È membro del Comitato organizzatore del Master in Economia Diritto Interculture Migrazioni (MEDIM) presso l’università di Roma Tor Vergata e scrive su riviste specialistiche sui temi dell’emigrazione e dell’immigrazione.

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