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La Madonna delle Rose di Torricella Peligna (Ch): tradizioni e leggende

Madonna delle rose

Madonna delle Rose (ph. Mario Pellegrini)

di Amelio Pezzetta 

La denominazione di Madonna delle Rose 

La figura di Maria, ha una grande valenza simbolica nella religiosità popolare che le assegna numerose denominazioni al fine di farne un importante punto di riferimento a cui affidarsi per chiedere protezione, riscatto e consolazione. Spesso si riscontra che per l’immaginario popolare, alla varietà di titoli corrispondono anche diverse madonne, un fatto che contrasta con la Chiesa ufficiale secondo la quale, ovviamente la Madre di Dio è unica. A tal proposito Salvatore ha fatto presente quanto segue: «La Madre di Dio, pur mantenendo la sua unità teologica, diventa nello stesso tempo molteplice. È una, eppure veste gli abiti di numerose divinità locali, si mostra in un’infinità di aspetti e reca un’altrettanta infinità di denominazioni. Dunque da Santa Maria a Sante Marie: per l’imporsi di una divinità che una et aliae» [1]. Anche a Torricella Peligna, ci sono diverse Sante Marie con intitolazioni corrispondenti a varie qualità e attributi che la religiosità popolare ha assegnato alla Madre di Dio. Una di esse è Madonna delle Rose che si osserva anche in altre località italiane tra cui Albano Sant’Alessandro (BG), Bitonto (Ba), Carsoli (AQ). Cesena, Civita Castellana (VT), Massaquano di Vico Equense (NA), Montegabbione (TR), Monticelli Brusati (BS). Orvieto (TR), Ostra (AN), Piglio (FR), Roma, Roselli di Casalvieri (FR), San Damiano di San Giorgio Piacentino (PC), Sarmato (PC) e Torino. 

Il portale d'ingresso della chiesa della Madonna delle Rose. Foto Mario Pellegrini.

Il portale d’ingresso della chiesa della Madonna delle Rose (ph. Mario Pellegrini)

La chiesa e la frazione della Madonna delle Rose di Torricella Peligna 

A Torricella Peligna è edificata una piccola chiesa dedicata alla Madonna delle Rose che è eletta a santuario. Questa particolare qualifica del centro religioso mariano dimostra che la località è sacra poiché caratterizzata da manifestazioni soprannaturali. Sulla base di tradizioni locali, il luogo è sede di una ierofania mariana e di altre entità divine.

Madonna delle Rose è anche la denominazione che ha assunto una piccola frazione di Torricella Peligna che sorge a 2,4 km dal capoluogo e a poca distanza dal santuario. La sua popolazione nel 1931 ammontava a 53 individui, mentre nel 2022 si era ridotta a 27 unità. Sino agli anni 60 del secolo scorso, nella piccola borgata esisteva anche una scuola elementare pluriclasse che ora è chiusa per mancanza di alunni.

Il santuario mariano torricellano è realizzato su una collina di rocce calcaree, alta circa 750 metri, che è posta di fronte al versante orientale del massiccio della Majella e gode di un’ottima visione panoramica. La sua costruzione avvenne nella prima metà del XVI secolo e probabilmente fu completata attorno al 1552, come documenterebbe un’iscrizione posta su un architrave. Questo fatto porta ad asserire che la denominazione di Madonna delle Rose, a Torricella Peligna fu acquisita durante il XVI secolo, un’epoca in cui l’immagine della Madre di Dio iniziò a frammentarsi e a diffondersi, assumendo caratteristiche intitolazioni locali, funzioni protettive e corrispondenze mitologiche. Nella prima metà del XIX secolo l’edificio fu ristrutturato e la conclusione dei lavori avvenne nel 1858. Altre ristrutturazioni sono succedute nel secolo successivo.

Il santuario della Madonna delle Rose. Foto Antonio Piccoli

Il santuario della Madonna delle Rose (ph. Antonio Piccoli)

La chiesa ha una sola navata, il presbiterio rialzato da tre gradini e conserva le statue di San Biagio, San Domenico e della Madonna stessa. La sua più antica descrizione risale al 1916 e fu opera di Francesco Verlengia. Nel suo saggio scrisse che era bianca, era unita all’abitazione di un custode o eremita e stava presso una rupe nelle cui vicinanze sorgeva il villaggio di Santa Giusta con una scuola elementare [2]. La facciata frontale ha un profilo a capanna ed è sormontato da un piccolo campanile a vela. Il portale d’ingresso ha gli stipiti, un architrave e una lunetta con un fiorone centrale. Ai suoi lati si trovano due piccole finestre, mentre sopra l’architrave è realizzata un’altra finestra più grande. Il tetto è caratterizzato da due lati spioventi che al punto di convergenza posto sopra la facciata frontale insiste una piccola costruzione con una campana e una croce.

Su una roccia calcarea posta nelle sue vicinanze si trova un incavo che secondo le tradizioni locali rappresenterebbe l’orma del piede destro di Sansone, un mitico e gigantesco eroe paleocristiano caratterizzato dalla forza sovrumana. Il fatto che nella zona si ricordi Sansone lascia ipotizzare che prima che si diffondesse la venerazione mariana, probabilmente era diffuso il culto del mitico eroe o che addirittura in epoca precristiana si venerasse Ercole, l’eroe pagano che con il cristianesimo fu sostituito da Sansone stesso [3]. A causa di queste particolari reminiscenze mitologiche, il luogo si può considerare appartenente alla categoria dei cosiddetti “santuari minori” in cui il più delle volte si osservano tracce di frequentazioni precristiane.

Nel mese di ottobre del 1943 nelle vicinanze della chiesa della Madonna delle Rose, i tedeschi che avevano occupato la zona, uccisero un uomo che si era rifiutato di eseguire un loro ordine. Il 4 e 5 dicembre di quell’anno, i torricellani per salvare la loro pelle furono costretti ad abbandonare il paese. Alcuni di essi non dimenticarono un santo protettore locale e al fine di preservare il suo simulacro da possibili furti e rovine, lo trasportarono nel santuario mariano.

Nel 2016 alcuni iscritti alla sezione Alpini di Torricella Peligna hanno offerto il loro gratuito contributo nei lavori di restauro di un pozzo sito presso la chiesa. 

La statua della Madonna delle Rose. Foto Mario Pellegrini.

La statua della Madonna delle Rose (ph. Mario Pellegrini)

La statua 

La statua della Madonna Rose che si conserva nel santuario torricellano è oggetto di particolare culto destinatario di atti di fede, devozione, preghiere e richieste d’interventi miracolosi. Ad avviso di Verlengia la sua costruzione risale al XVI secolo e sarebbe opera di artisti abruzzesi [4]. Per la Soprintendenza per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici dell’Abruzzo riveste un certo interesse come bene da tutelare.

Il simulacro è in stucco colorato, ha l’altezza di 60 cm circa, è posto su un piedistallo di legno e si custodisce in una nicchia situata dietro l’altare maggiore della chiesa. La Vergine è rappresentata seduta e indossa una veste rossa coperta da un manto azzurro a voler simboleggiare la sua capacità di offrire riparo, protezione nonché il suo legame tra cielo e terra. La sua testa è coronata e, tra le ginocchia e il braccio sinistro, è posto un bambino anch’esso coronato. Questa particolare immagine, nel suo insieme, a sua volta simboleggia le qualità materne di Maria, l’alterità e il distacco dai comuni mortali. 

Il santuario della Madonna delle Rose. Foto Antonio Piccoli

Il santuario della Madonna delle Rose (ph. Antonio Piccoli)

Le leggende 

La Madonna delle Rose di Torricella Peligna e il luogo in cui è posta la chiesa sono circondati da vicende mitologico-leggendarie in cui si accennano a eventi straordinari e soprannaturali che confermano la sacralità attribuita al luogo stesso e rafforzano la potenza, la devozione popolare e il culto per la Vergine. In passato essi erano uno strumento di acculturazione religiosa e una forma comunicativa d’insegnamenti morali con cui ispirare prescrizioni, interdizioni e comportamenti.

In una leggenda si narra – come abbiamo accennato – che il santuario fu eretto sul luogo ove lasciò l’impronta del piede Sansone. In particolare, il mitico eroe durante un suo peregrinare terreno si fermò presso il massiccio della Maiella, allargò le gambe e  poggiò i piedi su due speroni rocciosi situati: il primo sulla collina torricellana in cui sorge il santuario e il secondo nel territorio di Lama dei Peligni che è posto sul versante opposto della valle. Nelle due località ove appoggiò i piedi, Sansone lasciò una sua impronta, mentre da una sua abbondante minzione si originò il Fiume Aventino.

La leggenda esaminata è un esempio di mito tematico-interpretativo che spiega l’origine di un fenomeno naturale in assenza di un’adeguata cultura e spiegazione scientifica. Molte comunità di diversi ambiti geografici sono caratterizzate da credenze simili che attribuiscono a mitici eroi le origini del mondo e costituiscono importanti cardini delle conoscenze religiose. La leggenda inoltre conferma che l’ambito in esame era considerato un luogo sacro a cui è connessa la manifestazione di potenza di entità mitiche e sovrumane.

In base ad altre leggende, nelle vicinanze del santuario oltre a manifestarsi la presenza dell’antico eroe, sarebbe avvenuta anche un’apparizione mariana. A tal riguardo esistono diverse versioni e racconti della ierofania. In una di esse si narra che nei pressi di una fontana ritenuta miracolosa collocata sulla collina in cui ora sorge il santuario, fu ritrovata casualmente un’immagine della Madonna [5]. In base ad altre versioni leggendarie si narra che l’apparizione mariana avvenne sull’arbusto di una rosa [6], sulla finestra di un’abitazione posta nelle vicinanze del santuario o all’interno di una piccola insenatura su una roccia raggiungibile lungo un sentiero.

In un’altra leggenda pubblicata da Di Pomponio, invece, si fa presente che diverse persone originarie dell’aquilano e del sulmonese, per sottrarsi a un’epidemia di peste, raggiunsero la valle dell’Aventino. Nelle vicinanze del luogo in cui sorge la chiesa, videro una bellissima donna che teneva in mano un mazzo di rose e dedussero che si trattasse della Madre di Dio. Di conseguenza le chiesero la grazia di far guarire una bimba malata e in cambio promisero che avrebbero costruito una statua in suo onore. La bimba guarì e i suoi famigliari fecero scolpire un simulacro dedicato alla Madonna che fu portato nella chiesa parrocchiale di Torricella Peligna. Qualche giorno dopo la statua sparì dalla chiesa parrocchiale e fu ritrovata nella grotta della sua iniziale apparizione. Di conseguenza si capì che la Madonna voleva restare nel luogo della sua apparizione e vi fu costruita la chiesa [7]. Questa volontà della Madre di Dio di voler stare nell’attuale santuario è confermata da un altro racconto in cui si narra che, un tempo, la sua statua si trovava nella chiesa della frazione torricellana di Monte Moresco. Poiché nelle sue vicinanze viveva un grande bestemmiatore, la Madonna scappò per andare nel luogo in cui si trova adesso.

Gli ultimi due racconti leggendari dimostrano che la Madre di Dio scelse il luogo in cui essere venerata, un fatto che si collega al concetto dell’immaginario popolare che ogni santo sceglie il proprio luogo di culto che in quanto tale si mitizza e diventa sacro. Ad avviso di Verlengia (1926) leggende simili erano diffuse anche durante l’epoca classica e per dimostrarlo riportò due di esse. Nella prima leggenda si narra che varie divinità dell’epoca classica tra cui Cerere, la dea materna della terra e della fertilità, durante la notte si spostavano da un tempio all’altro. Nella seconda leggenda si riferisce che Ascanio, quando costruì la città di Alba, pose sul colle le statue delle divinità che Enea aveva portato da Troia a Lavinia. In seguito esse sparirono e furono ritrovate a Lavinia, a dimostrazione che volevano restare in quella città [8]. Tenendo conto di questi fatti è ipotizzabile che la leggenda sulla Madonna delle Rose possa essere una rielaborazione in chiave cristiana di qualche antica leggenda pagana che in un passato molto lontano era diffusa nel luogo.

 Le statue della Madonna delle Rose, San Vincenzo e San Marziale poste davanti al santuario durante la messa.

Le statue della Madonna delle Rose, San Vincenzo e San Marziale poste davanti al santuario durante la messa

Sulla Madonna delle Rose di Torricella esistono anche altri racconti leggendari. Nel primo di essi pubblicato in più occasioni dallo stesso Verlengia (1916, 1932 e 1948) si narra che in alcuni Comuni della valle dell’Aventino si conservano i simulacri di sette Madonne considerate sorelle e tutte in grado di operare prodigi e miracoli. Esse sono: la Madonna dell’Altare a Palena, la Madonna delle “ vicciare“ a Lettopalena, la Madonna della Valle a Taranta Peligna, la Madonna delle Rose a Torricella Peligna, la Madonna di Corpi Santi di Lama dei Peligni, la Madonna dell’Addolorata a Civitella Messer Raimondo e la Madonna della Libera a Palombaro.

La credenza sull’esistenza di sette madonne sorelle è confermativa di un modo popolare di rappresentare Maria, diverso dall’immagine che ne dà il Vangelo. La sua principale funzione è di rispondere all’esigenza dell’uomo di creare uno spazio sacro in cui sentirsi rassicurato e protetto.

La leggenda in esame è caratterizzata anche da diverse varianti locali diffuse in località abruzzesi, campane, laziali, pugliesi, siciliane e umbro-marchigiane [9]. In tutti i casi in cui la leggenda si narra, assume un notevole rilievo la connessione tra territorio e devozione mariana a cui è seguita sempre la fondazione di chiese che hanno portato la Madre di Dio ad assumere denominazioni tipiche e diventare un emblema sacro rappresentativo di Comuni e/o qualche loro frazione. L’affermazione che le Madonne sono sette si collega al fatto che il numero in considerazione ha diversi connotati magici e simbolico-religiosi e, ad avviso di Profeta, per l’immaginario popolare vale a potenziare il potere protettivo sul territorio [10]. Secondo Curzi le Sette Madonne sorelle fondono echi pagani con la vasta e precoce predilezione che in ambito cristiano si manifesta nei confronti di Maria [11]. Secondo Tardio, invece, «Il legame parentale tra le Madonne sorelle è l’indice della profonda unità che i fedeli percepiscono tra le diverse attività della Madre di Dio, ma anche tra la Madre di Dio e gli uomini. Essi sentono che Maria, oltre ad essere la Vergine, la Madre, la Sposa, è la Sorella: donna come noi, Madonna per noi, donna insieme a noi [12].

Anche questa leggenda è caratterizzata da antecedenti pagani tra cui il mito di sette sorelle dette Pleiadi a cui erano assegnate i seguenti nominativi: Alcione, Celeno, Elettra, Maia, Merope, Sterope e Taigete. Ai fini del presente lavoro assume una certa importanza Maia, che era considerata la più bella delle Pleiadi, la personificazione del risveglio della natura, la Mater Magna e infelice che perse un figlio e dea della fecondità da cui s’ipotizza che ebbe origine il termine Maiella. Il suo mito potrebbe essere stato assorbito nel culto mariano e aver contribuito a originare la leggenda delle Madonne sette sorelle nella Valle dell’Aventino.

Il numero sette che compare nella leggenda mariana, nelle tradizioni torricellane accomuna la Madonna delle Rose anche con San Marziale, il santo patrono del luogo. Infatti, la Madonna delle Rose è una delle sette sorelle, mentre San Marziale è uno tra sette fratelli. Al numero sette, la cultura popolare locale associa vari connotati magici e positivi e di conseguenza questa comunanza tra i due santi, probabilmente sino a un recente passato, poteva avere un significato propiziatorio di buoni auspici.

In un’altra leggenda Verlengia (1916) scrisse che secondo l’immaginario popolare torricellano, San Marziale, San Vincenzo e San Mariano erano fratelli della Madonna delle Rose. Inizialmente la statua della Madonna fu posta in una nicchia di una piccola cappella da cui non voleva uscire e quando fu costruita una chiesa più grande, usciva sino alla porta per vedere i suoi fratelli e poi si appesantiva. Quando iniziarono a essere celebrate feste più solenni, la statua della Madonna si alleggeriva e poteva essere trasportata oltre la soglia della chiesa. Una contadina del luogo, intervistata nel 1916 da Verlengia, affermò che organizzando feste molto grandi e solenni, la statua della Madonna si poteva trasportare sino al centro di Torricella poiché i santi vogliono essere onorati [13].

Questo particolare racconto innanzitutto è dimostrativo che a Torricella Peligna, nel passato si era costituito un patrimonio folklorico che ammetteva legami di parentela tra San Marziale, San Vincenzo, San Mariano e la Madonna delle Rose. Inoltre conferma anche che secondo l’immaginario locale, le statue erano animate e quindi manifestavano propri desideri e interessi. Come visto, la statua della Madonna delle Rose, dalle chiese di San Giacomo e di Monte Moresco tornò sempre al suo santuario, diventava pesantissima e solo in occasione di festeggiamenti sontuosi, si lasciava trasportare per incontrare i suoi fratelli. 

Il santuario della Madonna delle Rose (ph. Antonio Piccoli)

Il santuario della Madonna delle Rose (ph. Antonio Piccoli)

I canti e le preghiere 

A Torricella Peligna sono diffusi diversi canti e preghiere tipiche con cui i fedeli esprimono la loro devozione alla Madonna delle Rose. Una delle preghiere che sono state ritrovate è composta dalle seguenti strofe: “Madonna delle rose / in te fiorisce ogni cosa / sei dentro il nostro cuor. / Madonna delle rose / tu sei la nostra sposa / che ci potrà salvar. / Noi t’adoriam dopo Gesù / Madonna delle Rose aiutaci tu. / Tu sei la nostra regina / con te la vita è senza spine. / Tu sei la madre di ogni figliol / tu la grazia in terra e in ciel / nella vita il nostro solliev”.

Un’altra preghiera dedicata alla Vergine che è riportata sul retro di un santino è la seguente: “ O mamma della gioia, del dolore e della gloria prega per tutti noi: per la nostra comunità; per i bimbi che camminano verso un futuro pieno di insidie e incertezze; per i giovani che cercano luminosi ideali di vita; per i papà e le mamme che collaborano, con la fatica e l’amore, alla stupenda creazione di Dio, per i vecchi soli e per quanti lottano contro la sofferenza, la povertà e la malattia; per il lavoro delle nostre mani, perché ci assicuri il pane quotidiano; per tutti gli uomini di buona volontà che operano per un mondo di pace. Ave, o Maria. Madonna delle Rose prega per noi”.

In un recente passato c’erano persone che la sera prima di coricarsi, si rivolgevano alla Madonna delle Rose con la seguente invocazione affinché proteggesse il loro riposo notturno: “ Madonna delle Rose / pace e riposo”.  Un canto mariano a larga diffusione geografica che spesso s’intona durante le processioni e i pellegrinaggi  al locale santuario è il seguente: “Mira il tuo popolo, oh bella Signora, che pien di giubilo oggi ti onora! Anch’io festevole, corro ai tuoi piè. Oh Santa Vergine, prega per me…..”.

Durante le funzioni religiose in onore della Madonna delle Rose, si utilizzano anche altre versioni di canti, inni e preghiere mariane molto comuni e a larga diffusione geografica. Quelli riportati nel loro complesso dimostrano che nel contesto torricellano la figura di Maria è vista come una madre protettrice e una fonte di speranza per coloro che si affidano a lei. Esaltano la potenza della Madonna e contengono lodi, invocazioni e richieste d’interventi per superare i disagi esistenziali e propiziare un futuro più lieto.                                                                                                               

Il Giardino delle rose dimenticate

Il Giardino delle rose dimenticate

I pellegrinaggi e le escursioni 

La chiesa della Madonna delle Rose poiché luogo sacro segnato da un’apparizione mariana e altri eventi ultraterreni, è meta di pellegrinaggi che di solito si effettuano durante le sue celebrazioni festive, il lunedì dopo Pasqua, l’ultimo sabato di maggio e nel mese di giugno.

Al piccolo santuario non si recano grandi folle ma persone solitarie, famiglie e piccoli gruppi che vogliono esprimere la propria fede, devozione ed eventuali richieste di grazie. Il primo soggetto che ha accennato a tali eventi è stato Gabriele D’Annunzio che nel 1904 scrisse: “A Torricella Peligna, uomini e fanciulli, coronati di rose e di bacche rosee, salgono in pellegrinaggio alla Madonna delle Rose, sopra una rupe dov’è l’orma di Sansone” [14].

Spesso, sino ad alcuni decenni fa, durante le giornate festive caratterizzate da bel tempo, molte famiglie torricellane, unendo insieme finalità religiose e laiche, arrivavano presso la chiesa di buon mattino e facevano una scampagnata che nel gergo locale è detta la “sciuscelletta”. Infatti, partecipavano alle funzioni religiose e attorno a mezzogiorno, si appartavano in un luogo riparato per consumare le cibarie che avevano portato con loro tra cui il ‘fiadone’, un tipico dolce abruzzese fatto in casa che era considerato un cibo rituale.

Nel 2023, nel mese di giugno il Comitato Feste e il Gruppo Alpini di Torricella Peligna, al fine di favorire la partecipazione alle messe che si tenevano nel santuario alle ore 9.30 di ogni sabato, si sono attivati per mettere a disposizione dei pellegrini un servizio navetta che partiva dal centro del paese. Ancora oggi, dunque, ci sono numerose persone del luogo che vanno in pellegrinaggio al santuario mariano e le ragioni principali della persistenza di questa consuetudine possono essere ricercate nella sua capacità di soddisfare particolari istanze psicologiche e bisogni individuali proponendo soluzioni che attenuino le ansie esistenziali dovute alla precarietà della vita, la consapevolezza della morte, le malattie e le sofferenze.

Da alcuni anni ai pellegrinaggi sopraelencati si sono aggiunti “quelli laici”, svuotati da aspettative  e significati religiosi e che non sono semplici gite d’evasione ma viaggi dedicati alla ricerca di nuove sensazioni, finalità salutari e, luoghi contemplativi d’interesse storico, ecologico e paesaggistico. In questa categoria rientrano le visite al santuario individuali di semplici turisti per ammirarne le fattezze architettonico-paesaggistiche e alcune recenti escursioni di gruppi organizzati che sono state proposte da associazioni varie. Una di esse, organizzata il giorno 8 maggio 2023, è partita dal santuario mariano, ha attraversato il territorio torricelliano e si è conclusa nell’antico borgo di Gessopalena, un Comune confinante con Torricella Peligna.

fao-madonna-rosetoNell’autunno del 2023 il FAI (Fondo Ambiente Italiano) ha inserito il santuario mariano nei suoi beni oggetto di tutela e ha proposto ai soci un’escursione che si è effettuata il 14 e 15 ottobre. Nel manifesto in cui ha annunciato l’evento, il FAI ha riportato la descrizione della processione fatta da Gabriele D’Annunzio e ha proposto ai partecipanti un’escursione che partendo dalla chiesa parrocchiale di San Giacomo, arrivava al santuario ripercorrendo il tragitto di un’antica processione in cui si trasportavano le statue di San Marziale, San Vincenzo e San Mariano.

Un’altra escursione storico-naturalistica organizzata recentemente è stata denominata “Sulle orme di Sansone”, ha rivalutato gli antichi racconti leggendari, si è effettuata percorrendo sentieri campestri, ha toccato il santuario della Madonna delle Rose e si è conclusa nelle vicinanze del masso calcareo della Morgia che è presente nel Comune di Gessopalena e in base a una leggenda fu portata sul luogo dal mitico eroe. 

La festa della Madonna delle Rose dagli ultimi decenni del XIX alla fine del XX secolo 

Le prime notizie storiche edite sull’esistenza di una festa dedicata alla Madonna delle Rose risalgono al XVIII secolo, sono state pubblicate da Di Renzo (2023) mutuate dal catasto onciario di Torricella del 1743 [15].

Negli ultimi decenni del XIX secolo De Nino descrisse sommariamente la festa facendo presente quanto segue: 

«Un paio di chilometri distante da Torricella Peligna, sopra un superbo scoglio, rimpetto alla Maiella, posa, senza superbia, la chiesuola della Madonna delle Rose, dove si celebra una festa nel mese di giugno, e i cercatori di idilli e i giovali divoti accorrono come formiche al vento. Una grotta riceve il profano battesimo di caffè. Beccheria, cucina, bettola, per tutti quelli che portano i quattrini in tasca. Per gli altri ha il vade retro! O si mangia bene o meno male. I lupini devono sempre essere il frutto per divotione. Tutti s’adornano di bacche e rose. Le giovani se n’adornano seni e chiome; le bambine se ne fanno corone; gli adulti se ne caricano i capelli. Mentre si sta in chiesa, o a fin di tavola, i fanciulli vanno a scivolare sul pendio liscio della rupe, e tornano alle madri e ai babbi coi calzoncini strappati, e talvolta anche con istrappi nella pelle di sotto ai reni. Quel giuoco si chiama sciuvélarélla. Gli adulti fanno un altro giuoco: vanno a baciare l’orma di un piede con quattro diti! la quale è in un certo punto; e dicono che sia un’orma di Sansone! » [16].
Programma della festa 2017

Programma della festa 2017

Durante la serata, quando le celebrazioni festive terminavano e i pellegrini presenti ripercorrevano a piedi la strada per raggiungere le loro abitazioni, i bambini si divertivano a rincorrere le lucciole poiché erano considerate dei portafortuna e intonavano particolari filastrocche dialettali. Una di esse, pubblicata da De Nino (1881) è la seguente: “Lucicacappelle, lucicacappelle / vi a ècche e casca ‘nterre / Ca ci truove ‘na cavucchiella / mezza a tè mezza a mè / mezza a lu figlio di lu re” [17].

Un’altra antica testimonianza sulla festa la fornì Verlengia (1916). Egli  scrive che si celebrava la prima domenica dopo Pentecoste, quando a Torricella Peligna fiorivano le rose e quindi la sua data di celebrazione annuale era variabile [18]. Alla stessa partecipavano pellegrini provenienti dai paesi vicini. Quando arrivavano, quasi tutti bevevano l’acqua che scorga dalla sorgente vicino la chiesa, mentre gli uomini adulti andavano a visitare e/o baciare l’orma di Sansone, a dimostrazione che in questo periodo storico il suo mito continuava a essere vivo. Questo particolare rituale potrebbe rappresentare la persistenza in ambito torricellano di un antico culto delle impronte incise su rocce che manifestano il passaggio o presenza di una divinità.

In seguito le persone adulte partecipavano alle funzioni religiose, mentre la maggior parte dei bambini giocava arrampicandosi e scivolando sopra una rupe alta 6-7 metri che si trova presso il santuario. Dopo la messa, dalla chiesa parrocchiale di San Giacomo si sentiva il rintocco delle campane con cui si annunciava l’inizio di una processione con le statue di San Marziale, San Vincenzo e San Mariano sino al santuario mariano. Contemporaneamente iniziava dal santuario stesso un’altra processione con la statua della Madonna delle Rose che andava incontro alla prima. Il momento di congiungimento era accompagnato dai fuochi artificiali, il suono di campane e i canti religiosi, a voler simboleggiare la gioia del momento, dei saluti reciproci, dell’accoglienza e del benvenuto che la Madonna delle Rose e i fedeli devoti facevano agli altri santi. In seguito si formava un’unica processione che proseguiva sino al santuario mariano. Al termine della festa, le statue della Madonna e degli altri santi si riavviavano in processione verso Torricella. Allo stesso punto d’incontro della mattina, i portatori della statua mariana si fermavano, lasciavano passare i portatori dei santi e poi ciascuno tornava nella propria chiesa. Gli uomini e le donne che partecipavano al rito, intonavano canti religiosi e continuavano ad adornarsi con rose, un rituale che ad avviso di Manzi (2003) è persistito sino agli anni 30 del secolo scorso [19].

Pettenella (1991) in un suo saggio ha confermato che un tempo, la festa si celebrava nel mese di giugno, era anche un momento di giochi per i bambini, tutti mangiavano lupini per devozione, durante le processioni gli uomini e donne si ornavano con rose e potevano iniziare rapporti idilliaci-amorosi [20]. Un’altra particolare consuetudine della festa della Madonna delle Rose del periodo in esame, era infatti il “patto di comparatico” che si sugellava tra famiglie diverse presso l’altare del santuario. Il comparatico – come è noto – aveva nella società contadina del passato un’importantissima funzione sociale poiché creava le basi per assicurarsi lo scambio di aiuti reciproci nei momenti di necessità.

Durante le feste degli anni 50-60 del secolo scorso si sono registrate alcune novità. Le famiglie torricellane si recavano a piedi al santuario ove restavano sino a tarda serata. Di solito, dopo la processione religiosa sceglievano un ambito delle vicinanze per consumare le cibarie che avevano portato dalla propria abitazione. Alcuni alimenti consumati contenevano il sedano nero di Torricella Peligna, un prodotto agro-alimentare tipico del luogo, il cui consumo contribuisce a rinforzare l’originalità e il senso identitario di tutte le pietanze e feste locali in cui si utilizza. Non era raro in questi casi che il consumo dei pasti fosse accompagnato e seguito anche da improvvisati canti e il suono di qualche fisarmonica.

Di solito presso il santuario si ponevano venditori ambulanti che proponevano ai visitatori l’acquisto di giocattoli e varie cibarie tra cui gelati, noccioline, lupini, bibite e porchetta arrosta. Manzi (2003) ha aggiunto che alcune persone anziane del luogo gli hanno riferito che i venditori ambulanti proponevano l’acquisto di ciliegie raggruppate in piccoli mazzetti, un frutto di stagione, simbolo di convivialità e molto apprezzato dai bambini [21].

Alla festa arrivavano pellegrini provenienti da altri Comuni della valle dell’Aventino che in certi casi percorrevano anche qualche decina di chilometri a piedi. In quest’occasione amici e parenti si ritrovavano partecipando insieme alle funzioni religiose, i pranzi e gli spettacoli musicali. Durante la festa spesso accadeva che alcuni allevatori e contadini presenti, concludessero accordi di vendite e/o di aiuti reciproci, oppure che due giovani innamorati s’incontrassero scambiandosi reciproche promesse d’amore.

Al termine della messa iniziava il breve tragitto della processione che si snodava nei dintorni della chiesetta. Questo evento è un momento centrale nella vita religiosa del borgo che riflette la devozione profonda verso la Madonna. Anche in quest’occasione si rinnovavano le intonazioni di canti religiosi accompagnati dalla musica di una piccola banda. La parte religiosa della festa terminava quando i fedeli, uno per volta, si accomiatavano dalla statua della Vergine baciandola con devozione. Poi iniziava lo spettacolo musicale su un apposito palco allestito dal comitato feste. A questi anni risalgono le prime esibizioni serali delle orchestre di musica leggera con cantanti alla moda che proponevano canti popolari regionali e canzoni veicolate dalle radio e le prime televisioni.

Nel Comune di Torricella Peligna, dagli anni 70-80 del secolo scorso, le feste religiose hanno iniziato a perdere l’importanza del passato e sono state affiancate da celebrazioni laiche che hanno assunto un rilievo sempre crescente. Nei successivi anni 80-90, quelle tardo-primaverili, estive e d’inizio autunno sono state inserite in un programma definito “L’Estate Torricelliana” ancora oggi è curato da varie associazioni locali e dall’Amministrazione Comunale. Dall’ultima settimana di maggio alla prima di ottobre, generalmente propone: attività sportive, conferenze, feste religiose, realizzazione di mostre, marce ecologiche, presentazione di testi, spettacoli musicali, teatrali e altro. Negli anni 90, la tradizione della scampagnata durante la festa della Madonna delle Rose è stata abbandonata. 

La benedizione dell rose

La benedizione delle rose

La festa dagli inizi del XXI secolo 

A Torricella Peligna, nel corso di questi primi decenni del XXI secolo sono continuati: l’invenzione di nuove occasioni festive, il processo di allentamento dei legami che la festa della Madonna delle Rose aveva con la cultura agro-pastorale del passato, unitamente alle innovazioni nel programma festivo. Ora la festa è legata ai bisogni della vita contemporanea e alle sue esigenze di trovare momenti di riposo, spettacolo ed evasione collettiva.

La prima importante innovazione riguarda la data di celebrazione spostata dalla prima domenica dopo Pentecoste all’ultimo sabato o fine settimana del mese di maggio, un fatto che denota anche un cambiamento di significati e funzioni della ricorrenza festiva. Questa innovazione inizialmente non ha incontrato il favore di molte persone anziane. Spesso è successo che le giornate festive sono state accompagnate da scrosci di piogge e in queste occasioni alcuni soggetti della terza e quarta età hanno affermato che le piogge erano un segno che la nuova data festiva era sbagliata.

Nel 2009 la festa è stata organizzata il 30 e 31 maggio da alcuni giovani che si sono uniti per formare un comitato feste e si sono impegnati in una questua tra la popolazione al fine di raccogliere i fondi utili a sostenere tutte le spese [22]. Durante il primo giorno festivo, a fini spettacolari e di riaffermazione di valori identitari, sono stati recuperati e proposti antichi giochi torricellani per bambini. Il 31 maggio la giornata è stata aperta dai fuochi pirotecnici a cui hanno fatto seguito: una banda che ha suonato per le vie centrali di Torricella Peligna, una messa celebrata al santuario mariano, un concerto bandistico anch’esso davanti al santuario, la processione con la statua della Madonna delle Rose portata da quattro donne. Il simulacro mariano era accompagnato dai membri del comitato feste che portavano rose e rametti d’alloro e dal sindaco con la fascia tricolore che in questo modo assolve al suo dovere di rappresentanza nelle manifestazioni pubbliche locali e rinforza il proprio consenso politico. Inoltre è stata organizzata una piccola lotteria e sono stati messi all’asta i prodotti donati dai devoti torricellani. Durante la serata c’è stata l’esibizione di un’orchestra di musica leggera a cui è seguita la conclusione della giornata festiva con i fuochi pirotecnici.

Programma della festa 2023

Programma della festa 2023

Nel 2010 la festa è stata organizzata l’ultimo sabato del mese di maggio e nel rispetto delle tradizioni locali è stata aperta dal brillamento mattiniero dei fuochi artificiali nei pressi del santuario. In seguito una banda ha percorso le principali vie di Torricella Peligna, annunciando con le loro suonate che la festa era iniziata. Alle ore 11 è stata celebrata una messa nella chiesa della Madonna delle Rose. In seguito la festa è proseguita con i giochi pomeridiani per bambini e, la vendita delle rose benedette, i biglietti di una lotteria e vari prodotti locali offerti dalle famiglie del luogo. Alle ore 18 si è celebrata un’altra messa al santuario a cui è seguita una processione nei suoi dintorni con la statua della Madonna delle Rose. Accanto al simulacro c’erano diversi bambini che impugnavano ognuno una rosa bianca. Durante la serata si è assistito all’esibizione di un complesso di musica leggera che ha suonato anche dopo il brillamento dei fuochi artificiali di mezzanotte.

Durante queste feste recenti, gli amici e i parenti continuano a partecipare a pranzi comuni e rispetto al passato consumano una maggior quantità di cibi e bevande nei bar, nei ristoranti e presso il santuario. A soddisfare queste esigenze della contemporaneità e a rallegrare la giornata festiva concorrono anche i venditori ambulanti che arrivano nel luogo, piazzano le loro bancarelle e propongono l’acquisto di porchetta arrosta, arrosticini, abruzzesi, lupini, pizze, birra e altro.    

Nel 2011 la festa è stata organizzata il 29 maggio e non ha registrato sostanziali novità. Nel 2020 e nel 2021 a causa dell’epidemia di covid che ha interessato anche la popolazione del luogo, la festa non si è organizzata. Nel 2023 la festa è stata organizzata il 28 maggio ed è stata inserita nel programma dell’Estate Torricellana”. Durante la giornata prefestiva di venerdì 27 maggio, alle ore 17.30 nella chiesa della Madonna delle Rose si sono celebrati il rosario e una messa. A tali eventi ha fatto seguito la vendita delle rose benedette. Il giorno dopo, nel rispetto delle tradizioni locali ci sono stati: il brillamento mattiniero dei fuochi d’artifici, l’esibizione di un complesso bandistico per le vie del paese e nel primo pomeriggio alcuni antichi giochi per bambini. In questo rituale della contemporaneità sono state riscoperte le figure dei bambini in funzione identitaria e propiziatoria di buoni auspici.

giardino-roseIn seguito la giornata festiva è stata caratterizzata da un nuovo evento mai organizzato in precedenza: l’inaugurazione del giardino delle “Rose dimenticate”. Questa iniziativa è nata dalla collaborazione tra il Parco Nazionale della Majella e la Biocantina di Orsogna (Ch), una società cooperativa nata nel 1964 a cui aderiscono circa 450 viticoltori abruzzesi e che produce vini tipici regionali con tecniche biodinamiche e il recupero di antichi vitigni. In particolare i due enti hanno elaborato un progetto definito “Pé nin perde la Sumente” (per non perdere il seme) che associa la conservazione della natura e della biodiversità con la riscoperta delle tradizioni agricole regionali che possono costituire un’importante risorsa economica. Nell’ambito di tale progetto è stato realizzato “Il giardino delle rose dimenticate” in cui si conservano tutte le specie di rose spontanee selvatiche presenti nella zona e le varietà di rose che un tempo erano coltivate e ora rischiano l’estinzione. Questa scelta ha portato alla rivalutazione turistica dell’area prospicente la chiesa. Dopo l’inaugurazione del giardino, la festa è proseguita con la messa, la processione, l’apertura di stand gastronomici, l’esibizione serale di vari gruppi musicali e lo scoppio dei fuochi d’artificio.

L’insieme degli eventi proposti nel 2023 dimostra che la festa della Madonna delle Rose si è riorganizzata recuperando antiche tradizioni locali e inserendo nel programma nuovi elementi che assicurano la rivalutazione di simboli identitari, la spettacolarità, l’attrazione turistica e la partecipazione popolare.

Nel 2024 la festa celebrata il 24 e il 25 maggio ha continuato a essere un importante momento del programma dell’Estate Torricelliana. Aperta alle 17,30 da una messa vespertina con la benedizione delle rose e seguita dalla loro vendita e di quella di un quadro in cui era disegnato il santuario mariano, il giorno successivo alle ore 8, il fragore dei fuochi artificiali ha annunciato che la festa sarebbe proseguita. Alle ore 9,30, una banda musicale si è esibita nel centro di Torricella. Alle ore undici c’è stata la celebrazione di una messa al santuario e al suo termine la vendita delle rose benedette il giorno prima. Alle ore 12 c’è stata la presentazione del Giardino delle Rose dimenticate e a seguire un piccolo rinfresco con la degustazione di vini tipici. In quest’occasione è stata riproposta l’antica processione con più statue di santi per mantenere sempre vivo il senso identitario torricellano e accrescere l’interesse per la manifestazione. Infatti, alle ore 16,15 è partita dalla chiesa parrocchiale di San Giacomo una processione con le statue di San Marziale e San Vincenzo che si è incontrata con un’altra in cui si trasportava il simulacro mariano e, dopo l’incontro reciproco, esse sono proseguite insieme in direzione del santuario.

Alle ore 17,30 si è tenuta una messa nel santuario e alle 18,30 si sono aperti gli stand gastronomici in cui si è proposto il consumo di pietanze locali. Alle ore 21 è iniziato lo spettacolo musicale con un complesso di musica leggera e alle ore 24 la festa si è chiusa con il brillamento dei fuochi artificiali. 

Da vari anni le immagini della festa sono messe in rete dai siti privati facebook di singole persone e di gruppi con molti iscritti tra cui quelli denominati “Visit Torricella Peligna”, “Torricella Peligna Community”, “Ariccunde, ariccunde”, Sei di Torricella Peligna se” e “Comitato Feste Patronali Torricella Peligna” che a fine ottobre del 2024 registravano rispettivamente: il primo 6208 follower, un valore numerico di oltre cinque volte superiore a quello della popolazione torricellana residente; il secondo 3662 membri; il terzo 1387; il quarto 733 iscritti e il quinto 703. La diffusione in rete dei filmati e delle immagini riguardanti la festa della Madonna delle Rose attraverso i siti suddetti produce i seguenti effetti: l’evento festivo che sino ad alcuni decenni fa, dopo la conclusione moriva e si trasformava solo in un ricordo collettivo locale, ora diventa permanente e senza confini spazio-temporali; le tradizioni analizzate diventano un prodotto del folklore cibernetico e della cultura globalizzata, acquisiscono la probabilità di ottenere riconoscimenti e diventare beni immateriali d’interesse collettivo degni di salvaguardia e tutela; la Madonna delle Rose diventa un emblema di una realtà virtuale che supera le dimensioni fisiche strettamente locali; gli emigranti e loro discendenti che visionano le immagini e i filmati ricevono informazioni sulle vicende del luogo d’origine e riaccendono i legami e ricordi personali.

Lia Giancristofaro ha fatto presente che la diffusione telematica dei riti festivi facilita la loro assimilazione mnemonica. «Le cerimonie contemporanee creano una sbornia emozionale la quale, grazie anche alla circolazione telematica delle immagini, persiste nella mente di tutti i partecipanti» [23]. 

2023Osservazioni conclusive 

Le tradizioni riportate dimostrano che la Madonna delle Rose è un nume sacro e un emblema locale che contribuisce a definire il senso di appartenenza territoriale e uno dei valori da trasmettere di generazione in generazione per assicurare il perpetuarsi dell’identità comunitaria. La festa in considerazione conferma che Torricella Peligna conserva i suoi riti religiosi nonostante la rarefazione della popolazione locale e le recenti trasformazioni culturali e sociali. Essa osserva una sequenza rituale e di funzioni che l’accomuna ad altre feste religiose torricellane e di località abruzzesi. Infatti, come visto: inizia con un rituale profano (i fuochi artificiali e il giro della banda per le vie del paese) e si chiude sempre con un rituale altrettanto profano (l’incendio di fuochi d’artificio e/o un esibizione musicale); i principali riti religiosi (celebrazione di messe, vespri e processione) si svolgono nel corso della mattinata ed attorno al tramonto; sono favorite le relazioni sociali e riaffermati i vincoli di amicizia e parentela poiché si osserva il ritorno dei lavoratori emigrati, amici e parenti che si ritrovano, fanno pranzi comuni, concludono affari e scambiano doni; riafferma l’identità comunitaria e le gerarchie locali; istituzionalizza la trasgressione momentanea delle consuetudini e dai ritmi del vivere quotidiano poiché si mangia, ci si veste e si spende denaro in modo diverso dalla norma.

La consuetudine di andare in processione e/o adornarsi con le rose che nel luogo è persistita sino agli inizi degli anni 60 del secolo scorso e in alcuni suoi aspetti è stata recentemente recuperata, ha antecedenti storici nelle feste pagane dei Floralia e dei Rosalia che si celebravano nell’antica Roma. In particolare i Floralia erano dedicati alla dea Flora e si celebravano dal 28 aprile al 3 maggio. Durante una processione che li caratterizzava, i partecipanti portavano sette fiori considerati sacri tra cui le rose che secondo la mitologia classica erano nati dal sangue di alcune divinità. A loro volta, le feste dei Rosalia non avevano una data di celebrazione fissa, e di solito ricorrevano tra l’11 maggio e il 15 luglio. Un rito che le contraddistingueva era l’offerta di rose alle anime dei defunti che proteggevano i focolari domestici. Con l’avvento del cristianesimo, con un processo di sincretismo religioso, diversi riti e tradizioni pagane hanno continuato a persistere poiché rivestiti di nuove simbologie e funzioni. Uno di questi riguarda proprio l’uso delle rose che sono diventate un simbolo della Madonna e di vari riti festivi tra cui la Pentecoste, chiamata anche “Pasqua delle Rose”.

Durante la celebrazione della messa pentecostale, in diverse località italiane si fanno piovere petali di rose sui fedeli, per ricordare la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli. Le rose accompagnano anche il mito dell’Assunzione poiché furono trovate dagli apostoli nella tomba di Maria. In questo caso, esse in continuità con le tradizioni pagane, simboleggiano la rigenerazione dopo la morte. Le rose sono inserite in racconti e leggende che riguardano diverse apparizioni mariane tra cui quelle di Fatima e Lourdes. Tenendo conto degli usi pagani e cristiani di questi fiori, si può dire che anche nelle tradizioni religiose della Madonna delle Rose di Torricella Peligna, nei secoli passati furono accolte e rielaborate antiche consuetudini precristiane sul loro uso festivo.

I particolari usi del cibo che sono stati riscontrati tra passato e presente nel caso in esame, portano a fare le seguenti considerazioni. Durante la ricorrenza festiva considerata si mangiavano i fiadoni e i lupini poiché erano considerati cibi rituali. In questo caso, i due alimenti si caricavano di valori e significati che aiutavano a ricordare il carattere religioso della festa stessa e invogliavano a compiere atti di fede cristiana. Il consumo dei lupini aveva anche un significato propiziatorio laico. Essi con la loro forma ricordano le monete metalliche circolari e quindi il loro consumo poteva simboleggiare anche la speranza di una maggiore ricchezza e disponibilità di denaro. Ad avviso di chi scrive avevano un significato propiziatorio di un buon raccolto, anche le antiche processioni campestri con più statue di santi che nel caso in esame si facevano quando le messi stavano raggiungendo la maturazione.

349096319_626815752673704_1162349224826384326_nDurante la festa, si consumano anche gli arrosticini abruzzesi e la porchetta che non sono quotidiani, non sono associabili a particolari significati religiosi, ma possono essere considerati cibi rituali tipici degli aspetti “laici” e alimentari che caratterizzano l’evento festivo considerato. Alla consuetudine generalizzata di consumare cibi rituali durante le feste, Vito Teti (1976) fornisce la seguente spiegazione: «Il cibo rituale è il segno di alterità della festa, del suo carattere di rottura della quotidianità. I cibi rituali festivi interrompono l’uniformità dell’alimentazione quotidiana. Da osservare che la causa ed effetto non sempre si distinguono: si mangia bene perché è festa, ma è festa perché si mangia bene, è festa solo quando si mangia bene ed è festa perché si ha da mangiare» [24]. Seppilli (1994) a sua volta ha evidenziato che il cibo rientrando nelle pratiche dei riti religiosi dimostra che l’«alimentazione alle sue funzioni fisiologiche assomma vari significati extra-nutrizionali, simbolici e relazionali sui quali agiscono complessi e contradditori processi sociali, culturali ed economici» [25].

Oltre ai cibi rituali, la festa della Madonna delle Rose era caratterizzata da scampagnate tra amici e parenti con il consumo di pasti più abbondanti rispetto alla quotidianità. Questa consuetudine rientra nella ritualità festiva propiziatoria dell’abbondanza e di relazioni sociali più stabili e costruttive. Nello stesso tempo, nella comunità agro-pastorale locale, costituiva anche un momento di evasione trasgressiva da un regime alimentare quotidiano duro e carente. Un abitante del luogo conosciuto dallo scrivente e morto due anni fa all’età di oltre novanta anni, raccontava che nell’anteguerra, il cibo ogni tanto scarseggiava e sua nonna gli insegnò di non sprecarlo mai, in particolare di non sprecare il pane che era considerato sacro e non sempre disponibile. A tal proposito la nonna gli diceva che non doveva lasciar cadere le sue briciole, poiché dopo la morte avrebbe dovuto raccoglierle con le palpebre degli occhi.

Nell’epoca contemporanea caratterizzata dall’abbondanza e dagli sprechi, il consumo alimentare festivo anziché rappresentare la trasgressione da rigide consuetudini quotidiane, anche a Torricella Peligna favorisce le relazioni sociali, i momenti d’incontro, di comunicazione e conoscenza. Se si considera inoltre che durante la festa si consumano porchetta, arrosticini abruzzesi, pasti conditi con il laccio nero di Torricella, fiadoni, vini locali ed altri prodotti tipici regionali, ne consegue che queste abitudini alimentari rafforzano il carattere identitario che assicura l’evento.

In conclusione di questo saggio si può dire che anche in ambito torricellano, il tempo festivo sia del passato che dell’epoca attuale è caratterizzato da tratti comuni e alcune diversità. I tratti comuni sono i seguenti: la continuità della devozione alla Madonna delle Rose, la fondazione di una realtà ideale, mitica che esorcizza la precarietà esistenziale, valorizza i rapporti interpersonali, recupera la presenza sia individuale che di gruppo e favorisce il riscatto simbolico dalla sottomissione alle forze dominanti naturali e sociali. A loro volta le diversità sono cosi sintetizzabili: sino a circa 60 anni fa la festa era uno degli eventi del calendario festivo della comunità agro-pastorale locale che aveva finalità propiziatorie, favoriva la trasgressione momentanea dalle rigide consuetudini quotidiane e realizzava almeno per un giorno il sogno di vivere nel paese di cuccagna caratterizzato dall’abbondanza e i maggiori consumi; le feste recenti hanno accentuato la spettacolarità, portano alla riscoperta di simboli identitari, alimentano l’aggregazione comunitaria e ricreano spazi di relazioni in una comunità disgregata dall’emigrazione e lontana dalle principali vie di comunicazione e servizi; la festa mariana con il giardino delle rose dimenticate, le recenti escursioni storico-naturalistiche e tutte le altre iniziative che l’amministrazione comunale e gli abitanti di Torricella Peligna annualmente propongono, alimentano l’etica della restanza che caratterizza chi, in considerazione del suo senso di appartenenza e radicamento territoriale, non emigra e si fa carico d’iniziative utili a rendere più vivibile la propria terra. 

Dialoghi Mediterranei, n. 71, gennaio 2025 
Ringraziamenti 
Per le informazioni fornite si ringraziano: Diana D’Ulisse, Laura Di Biase, Gianni Di Falco, Anna Di Marino, Angelo Iocco, Mario Pellegrini, Antonio Piccoli, Rodolfo Teti e Tiziano Teti. 
Note 
[1] Salvatore R., Sante Marie degli alberi. Culti mariani arborei in Abruzzo, Andromeda Ed. Colledara (Te), 2002: 46.
[2] Verlengia F., La Madonna delle Rose, R.A.S.L.A., anno XXXI, fasc. II, 1916: 656.
[3] Non esiste nessun documento dimostrativo della presenza di un edificio di culto dedicato a Ercole nel luogo denominato Madonna delle Rose. Invece, la presenza del culto di Ercole nella valle dell’Aventino è confermata da: il rinvenimento di statuette a Lama dei Peligni, Montenerodomo e Torricella Peligna; un collegio herculianorum che sorgeva a Juvanum, un antico municipio romano le cui rovine si trovano a pochi km di distanza da Torricella.
[4] Verlengia F., La Madonna delle Rose, in Tradizioni e leggende sacre abruzzesi. Vol I., Edizioni Attraverso l’Abruzzo, Pescara, 1958: 7.
[5] ibidem
[6] Manzi, A., Piante sacre e magiche in Abruzzo, Rocco Carabba, Lanciano (Ch), 2003: 21.
[7] Di Pomponio F., La Madonna delle Rose. Chi ‘sse dicie?, n. 11, 2009: 11.
[8] Verlengia F., 1926, La leggenda e la festa della Madonna di Corpi Santi di Lama dei Peligni, in L’Ascesa, a. I, n. 2: 5.
[9] Si veda: Profeta G., Le sette Madonne sorelle e la magnificazione del personaggio sacro, ovvero demopsicologia delle credenze, Rivista Abruzzese XLIX (4), Lanciano (Ch), 1996: 354-358; Tardio G., Le leggende delle sette Madonne Sorelle, Edizioni Smil, San Marco in Lamis (Fg), 2008.
[10] In: Profeta G., Le sette Madonne sorelle e la magnificazione del nume: Avvio ad una demopsicologia delle credenze, Japadre, L’Aquila, 1997.
[11] Curzi G., Le Madonne della Majella: struttura e culto, in Bollettino d’Arte – Volume speciale. Scultura lignea per una storia dei sistemi costruttivi e decorativi dal Medio Evo al XIX secolo, Atti del Convegno di Serra San Quirico e Pergola, 13–15 dicembre 2007: 15.
[12] Tardio G., Le leggende delle sette Madonne Sorelle, Edizioni Smil, San Marco in Lamis (Fg), 2008: 8.
[13] Verlengia F., La Madonna delle Rose, R.A.S.L.A., 1916, op. cit.
[14] D’Annunzio G., Le novelle della Pescara, Fratelli Treves Ed, Milano, 1904: 151.
[15] Di Renzo A., L’orma di Sansone e la chiesa della Madonna delle Rose, in “Rivista Abruzzese”, anno LXXVI, n. 4, 202: 270.
[16] De Nino A., La Madonna delle Rose, in Usi e costumi abruzzesi, vol. II., Firenze 1881: 216-217.
[17] ivi: 217.Traduzione: Lucciola, lucciola / Vieni qua e casca in terra / Che ci trovi una piccola buca. / Metà a me, metà a te / Metà al figlio del re.
[18] Verlengia F., La Madonna delle Rose, R.A.S.L.A., 1916
[19] Manzi, A., Piante sacre e magiche in Abruzzo, Rocco Carabba, Lanciano (Ch), 2003: 26.
[20] Pettenella D., La festa della Madonna delle Rose, Amici di Torricella n. 11, 1991: 9.
 [21] Manzi, A., Piante sacre e magiche in Abruzzo, op. cit.: 26.
[22] Di Pomponio F., Madonna delle Rose. Chi ‘sse dicie? , n. 15, 2010: 21.
[23] Giancristofaro L., Le tradizioni al tempo di facebook, Carabba Ed., Lanciano (Ch), 2017: 110.
[24] Teti V., Il pane, la beffa e la festa: cultura alimentare ed ideologia dell’alimentazione delle classi subalterne,  Ed. Guaraldi, Firenze,1976: 331.
[25] Seppilli T., Per una antropologia dell’alimentazione. Determinazioni, funzioni e significati psico-culturali della risposta sociale a un bisogno biologico, in  “La Ricerca folklorica” n. 30, 1994: 11.
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Amelio Pezzetta, laureato in filosofia all’Università di Trieste, è insegnante di Scuola Media in quiescenza. I suoi interessi principali sono la storia locale e le tradizioni popolari dei Comuni della Valle dell’Aventino (Prov. di Chieti, Abruzzo). Ha collaborato e collabora tuttora con varie riviste del settore tra cui: Aequa, Dada, L’Universo, Palaver, Rivista di Etnografia, Rivista Abruzzese e Utriculus e Valle del Sagittario.

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