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La presenza narrante delle cose

242684798_10158925539813802_7117614825007884834_nomaggio a Guatelli

di Silvia Mascheroni

«Un paese, un piccolo paese, nel quale abbiamo vissuto l’infanzia, può essere una specola da cui osservare, per contrasto, e come dall’ombra, il mondo. O può, quel paese, diventare esso stesso il mondo, o essere, del mondo, un compendio animatissimo, in cui appaiono, nella prossimità e nel nitore, tutte le forme di vita che altrove sono invece chiuse in un’obliqua lontananza […]  ha anche l’umore e l’ironia di chi può di quel mondo sorridere, perché esso è già tutto dentro di sé, ritmo del proprio corpo, musica silenziosa della propria lingua: sogni, voci, fantasmi, paure, dolori, destini di donne e di uomini, figure animali, presenze arboree, suoni della terra e succedersi delle stagioni …».

Questi appunti di Antonio Prete, dedicati a L’abbaglio del tempo di Ermanna Montanari [1], sono risuonati in me ritornando all’esperienza al Museo Guatelli, vissuta con tutti i sensi: una sorta di vertigo e perturbamento insieme, non sapendo dove posare lo sguardo, continuamente dis-tratto, dalla miriade di presenze, oltre la soglia della suggestione visiva, superando la tentazione di perdersi nella sapiente impaginazione, alla ricerca, vana, di un’intercapedine di spazi vuoti.

Il tatto da tenere a freno per il desiderio di prendere, toccare.

E il respiro odoroso di ogni ambiente.

E il rumore di ogni mio passo nella sua casa fisica e narrativa. 

Ettore Guatelli ci conduce e ci permette di recuperare il processo che ognuno di noi ha compiuto (di cui la memoria in età adulta si fa evanescente) nel nominare le cose, vestendole di valori simbolici e di legami affettivi, animandole dunque.

Archivio Museo Ettore Guatelli

Museo Ettore Guatelli

Res ipsa loquitur. E molteplici sono le lingue e gli accenti che svelano e rendono accessibili significati intrecciati con culture altre, diverse dalle nostre, non necessariamente “straniere” (si pensi a quella dell’infanzia contadina del secolo scorso); dando vita a conoscenze, confronti e dialoghi che compongono il tessuto narrativo di un altro essere al mondo. Ettore Guatelli ha composto per noi (e se ne è fatto custode) un universo linguistico, un lexicon prezioso e ricchissimo che restituisce fisionomia, tradizionali impieghi, contesti perduti.

Ogni presenza del patrimonio guatelliano, volutamente assemblata in moltiplicazione oggettuale, dà voce alla nostra memoria, senso e contesto alle origini del teatro intimo della nostra esistenza. Non più contenitori di alienazione e omaggi al consumismo, gli oggetti sono cosmologie dotate di senso e ordine propri, con la messa in valore nel loro ruolo di costruttori di relazioni sociali, familiari e, in un certo senso, intrapersonali.

«Indagare la biografia delle cose può significare quindi assumere gli oggetti quali condensatori di relazioni e tratti esistenziali del quotidiano. Voce, biografia e pensiero sono prerogative anche delle cose, perché negli oggetti, sulla loro superficie e nella loro densità, sono iscritte voci, biografie e pensieri dell’incontro con l’umano» [2].

La pratica narrativa ricongiunge cosa a chi, è un dono, un prendersi cura delle relazioni, componendo una partitura sempre diversa, originale e inattesa. «Il museo Guatelli partecipa a quella museografia narrativa nella quale gli oggetti si dispongono ad assumere valore di parola. Qui l’oggetto-parola è ‘giocato’ (non fissato, dichiarato una volta per tutte, istituzionalizzato), dotato di motilità perché scambiato, in un gioco di voci narrative, fra raccoglitore, visitatore, informatore»[3]. La narrazione produce risonanze, fa vibrare brani di vita e di memoria, scaturiti dall’incontro con ogni presenza museale: diviene prossima.

Un “patrimonio di storie” [4] custodito nelle quasi duemila schede scritte a mano o a macchina da Guatelli: «La tecnica di scrittura utilizzata è quella narrativa attraverso il ricorso a un linguaggio colloquiale…» [5] . Affabulatore e narratore, Guatelli intrecciava conversazioni con chi incontrava e cercava, con gli “ospiti” (non li chiamava “visitatori”); il Museo si costruisce così, dialogando, narrando, perché: «Esporre non è raccontare, riassumere non è narrare, resocontare non è fabulare» [6]. E si fa scrittura di oggetti che hanno voce propria, passepartout per quella di ognuna di noi. Pensieri-ricordi affastellati mettono in moto la slot machine di un tempo privato, che si fa collettivo e plurale. Compongono un inventario degli affetti (invenire e inventare: scoperta e creatività), senza generare malinconia, o peggio ancora rimpianto, provocano corrispondenze e dunque sono anche un poco magici, nel loro essere protagonisti di ritualità.

Archivio Museo Ettore Guatelli

Museo Ettore Guatelli

Come scrive Jorge Luis Borges, le cose «Dureranno più in là del nostro oblio: non sapran mai che ce ne siamo andati», silenziose guide, sentinelle amiche per l’altrove del dopo vita nei riti più antichi.

Ho pensato anche a quanto questo Museo sia sovversivo (nel senso di ribaltante e antagonista) rispetto all’immaterialità prepotente del nostro presente e, ancora, all’obsolescenza degli oggetti da eliminare e sostituire. Se i codici della relazione virtuale del nostro vivere contemporaneo sono dominati dalla smaterializzazione, la narrazione recupera gli elementi fisici di ogni cosa, che divengono un elemento evocativo, occupano uno spazio preciso della memoria. Sensibilità e sensitività: la mappa affettiva si costruisce anche grazie all’esperienza tattile che permane: liscio-ruvido-lucente-tenue-caldo … corpo e forma, gli avvitamenti e gli incastri, la leggerezza e il pondus. E dunque, ancora più attuale, necessario e rilevante. 

Laboratorio Storie plurali Museo Ettore Guatelli

Laboratorio Storie plurali
Museo Ettore Guatelli

Di mano in mano: “Storie plurali. Il Museo Guatelli, oggetti e storie di vita”, 2009 

Il progetto “Storie Plurali” [7] si è ispirato all’intento di Guatelli di raccogliere esperienze e storie legate agli oggetti del Museo: protagoniste sono state donne migranti e native, individuate grazie al coinvolgimento di soggetti politici, culturali, formativi e del mondo del lavoro: «(…) una ‘comunità provvisoria’ interessata alla costruzione di ipotesi d’interpretazione del rapporto fra biografie personali e biografie degli oggetti. Nella disponibilità a vedere e costruire il mondo, il museo gioca le sue carte assumendo onestamente la sua funzione di luogo ‘raccoglitore di tracce e di esistenze’ e non di identità» [8].

Molteplici le finalità e gli obiettivi di “Storie Plurali”: attivare dinamiche interculturali all’interno di un territorio problematico riguardo alle politiche di alfabetizzazione, grazie all’incontro con il Museo da parte di un pubblico “non abituale”; educare adulti migranti situati al di fuori di un contesto di istruzione formale a conoscere, interpretare e concettualizzare elementi materiali e immateriali che assumono valenza patrimoniale sia in riferimento alla cultura di provenienza che a quella del contesto di residenza; sollecitare le partecipanti ad assumere consapevolezza della propria e altrui identità culturale; promuovere in loro l’agire nei rispettivi contesti di lavoro quali mediatrici del patrimonio del Museo in chiave interculturale.

Il percorso laboratoriale si è tenuto presso il teatro della scuola elementare di Collecchio e il Museo Guatelli; un primo momento è stato dedicato alla riproposizione di gestualità scaturite dai racconti e dalle memorie (il lavare i panni a mano, l’accendere il fuoco…), divenute parte integrante di una performance teatrale; da ultimo, la narrazione, esito del dialogo con i loro oggetti d’affezione.

La scansione delle fasi laboratoriali è stata funzionale anche a fare emergere la cura che una volta si aveva nell’aggiustare e riaggiustare un oggetto per farlo durare nel tempo, la sapienza e il lavoro che sta dentro a ogni cosa.

Di mano in mano: il transito e lo scambio producono emozioni, la patina è densa di storie diverse, che «… ci danno gli strumenti per immaginare come sia essere altro da noi: in questo modo alimentano l’empatia, che è elemento e funzione necessaria dell’essere cittadini, dell’immaginarsi parte di una comunità di persone drasticamente diverse e insieme profondamente simili» [9]

Dialoghi Mediterranei, n. 53, gennaio 2022
Note
[1] A. Prete, “L’abbaglio del tempo di Ermanna Montanari” (La Nave di Teseo, Milano 2021), in doppiozero, 23 novembre 2021; https://www.doppiozero.com/materiali/labbaglio-del-tempo-di-ermanna-montanari
[2] M. Turci, “La natura umana delle cose (display-lexicon). Dedicato a Ettore Guatelli (1921-2000)”, in “Il partito preso delle cose”, roots§routes, anno 5, n. 17, aprile 2015, https://www.roots-routes.org/il-partito-preso-delle-cosela-natura-umana-delle-cosededicato-a-ettore-guatelli-1921-2000di-mario-turci/
[3] Idem, “Le parole della gatta”, in V. Ferorelli, F. Niccoli, La coda della gatta. Scritti di Ettore Guatelli: il museo e i suoi racconti (1948-2004), IBC, Bologna 2000: 16.
[4] Patrimonio di Storie è anche il nome del gruppo di lavoro composto da Simona Bodo, Silvia Mascheroni e Maria Grazia Panigada, che dal 2011 ideano e realizzano percorsi di mediazione del patrimonio in chiave narrativa, in collaborazione con musei e altre realtà culturali e sociali (www.patrimoniodistorie.it).
[5] J. Anelli, “Umanizzare gli oggetti”, in M. Turci (a cura di) Il Museo è qui. La natura umana delle cose, Maggioli, Santarcangelo di Romagna 2017: 270.
[6] M. Baliani, “Pensieri di un raccontatore di storie”, in Quaderni dell’animale parlante, n. 2, Genova 1991.
[7] “Storie Plurali” è uno dei sette progetti pilota dell’Emilia-Romagna selezionati nell’ambito del progetto europeo “MAP for ID – Museums as Places for Intercultural Dialogue” http://patrimonioeintercultura.ismu.org/progetto/map-for-id-musei-luoghi-di-dialogo-interculturale/; la scheda del progetto è pubblicata sul sito “Patrimonio e Intercultura” https://patrimonioeintercultura.ismu.org/progetto/storie-plurali/
[8] M. Turci, “Dell’impossibilità che il dialogo possa essere interculturale”, in # am, Anno 7, nn. 20/21, La Mandragola, Imola 2008: 65.
[9] G. Carofiglio, La nuova manomissione delle parole, Feltrinelli, Milano 2021: 35. 
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Silvia Mascheroni, è ricercatrice nell’ambito della storia dell’arte contemporanea, dell’educazione al patrimonio culturale e della didattica museale. Conduce interventi formativi per responsabili e operatori dei Servizi educativi e dei musei; cura la progettazione di esperienze educative, partecipa a ricerche, a giornate di studio e convegni. È responsabile con Simona Bodo della progettazione e del coordinamento di “Patrimonio e Intercultura”, promosso da Fondazione ISMU, dedicato all’educazione al patrimonio in chiave interculturale (www.patrimonioeintercultura.ismu.org). Dall’anno accademico 2017-1018 è docente di “Educazione al patrimonio e didattica museale” presso la Scuola di Specializzazione in Beni storico-artistici dell’Università di Pisa. È co-fondatrice con Simona Bodo e Mariagrazia Panigada del Gruppo di lavoro “Patrimonio di Storie” (www.patrimoniodistorie.it).

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