di Laura Leto
Accade molto spesso che la storia appartenga agli uomini e che per tale ragione si abbia più conoscenza delle loro imprese piuttosto che di quelle delle donne. Non è mia intenzione affrontare tale questione di genere in questa sede, ma ho potuto constatare – nel corso della mia ricerca presso il Cimitero acattolico “degli Inglesi” all’Acquasanta – che la difficoltà di definire i profili esistenziali degli individui seppelliti in situ aumenta esponenzialmente quando si tratta di donne. Le poche epigrafi superstiti rivelano nomi femminili affiancati dai cognomi dei mariti, i quali se privi di un ruolo sociale rilevante, condannavano involontariamente le proprie consorti all’oblio.
Entrando al Cimitero ci si lascia prendere da un profondo senso di desolazione che viene mitigato dalla presenza di pochi monumenti dall’aspetto imponente sia dal punto di vista architettonico che artistico. Tra questi – entrando, a sinistra – emerge un cippo di forma cilindrica in arenaria con epigrafe incisa su lastra in marmo. Questo poggia direttamente sul terreno e presenta modanature con motivi stilizzati floreali alla base e fitomorfi alla sommità. Sul verso vi è scolpito in altorilievo un uroboro, simbolo di vita eterna, diviso al suo interno in quattro parti dove si scorgono, partendo da sinistra, una corona e un pellicano che si squarcia il petto per nutrire i propri piccoli, chiaro riferimento al sacrificio di Cristo. Al di sotto sono ancora visibili altri elementi fitomorfi che ricordano le spighe di grano, probabile allusione all’abbondanza e alla resurrezione, in riferimento al seme sotterrato che dà nuova vita.
La collocazione attuale risale al 1928, quando l’ingegnere Luigi Consiglio, rappresentante legale dei Cantieri Navali Riuniti di Palermo, con sede a Genova, «senza alcuna garanzia né di diritto, né di fatto per qualsiasi evizione e molestia, per quanto inverosimile», vendeva la porzione di terreno del Cimitero, confinante a nord col villino Laganà, a est con la spiaggia Acquasanta – della quale Cantieri Navali erano già proprietari – a sud con il resto del Cimitero e a ovest con la strada Acquasanta. La cifra stabilita in accordo col notaio Marsala era di 10.000 £, valutazione a strasatto (termine siciliano che indicava una stima sommaria del bene). All’atto di vendita partecipava Giuseppe Isacco Spadafora Whitaker, in qualità di gestore e rappresentante dell’Amministratore del Cimitero. L’assegno della Banca Commerciale Italiana venne consegnato al console inglese Francis.
L’ingegnere Consiglio si impegnava a realizzare la planimetria, a spostare le otto tombe che insistevano nel terreno e a creare il muro divisorio, curandosi di ottenere l’autorizzazione dell’Ufficio di Igiene di Palermo. Tra queste vi era la sepoltura di Sophia Guglielmina (contrassegnata al numero 4 della planimetria. Le ceneri sarebbero state chiuse in cassette e seppellite sotto le lapidi/monumenti.
Tale atto è di grande importanza, non soltanto per conoscere la storia del sito, ma anche perché testimonia giuridicamente che i monumenti funebri non erano semplicemente commemorativi, come il comune di Palermo ha fortemente sostenuto per anni per giustificarne la demolizione. Inoltre, Pip Whitaker – così era conosciuto – dichiarava che «l’immobile venduto è stato sempre pacificamente posseduto dall’Amministrazione del Cimitero degli Inglesi» e dunque non era proprietà del Comune [1].
All’ingresso del cimitero – al momento sulla destra [2] – è presente un elemento della stessa tipologia di arenaria, che potrebbe essere un ulteriore elemento costitutivo del monumento sopra descritto. Nello specifico, si tratta di un’urna funeraria, un simbolo ricorrente del rapporto tra corpo e anima. Tale ipotesi è avvalorata dalla presenza di frammenti che fanno pensare ad una base collocata sulla sommità del monumento [3]. L’epigrafe rivela il destinatario dell’opera: una donna col suo nome! La baronessa Sophia Wilhelmine Louise von Hasberg. Di seguito riporto l’epigrafe:
SOFIA GUGLIELMINA
DEGLI OTTIMATI BARONI DI HASBERG,
DALL’ANNOVER OVE NACQUE,
ALLA PRUSSIA OVE ECCELSE
PEREGRINANDO QUI GIUNSE,
E QUESTA PIETRA OR NE COVRE LA SALMA!
SVARIATE EBBE VICENDE, ANIMO EGUALE SEMPRE.
NELLA SOMMA FORTUNA NON SUPERBĺ,
NON INVILĺ NELLA AVVERSA
A’ POVERI FU MADRE A’ SERVI AMICA AGLI AMICI PARENTE,
ALLA FIGLIA TUTTO.
SOFIA ELOISA MARCHESA D’ALBERGO, DELLA CIMARRA,
GRATISSIMA INCONSOLABILE
ALL’OTTIMA MADRE
QUI
PREGA PACE.
VISSE ANNI 70 CIRCA.
MORĺ A’ 28 FEBBRARO
1835
Si tratta di una delle più estese iscrizioni presenti nel Cimitero e fornisce numerose informazioni che non si limitano agli estremi di vita e morte. La dedica è della figlia Sofia Eloisa, unico legame certo con la città di Palermo, ma ne parlerò più avanti. Per comprendere interamente la vita della Baronessa defunta bisogna andare oltre il suo monumento. Mi ha profondamente colpito la modernità della sua personalità ed è per questo che voglio raccontarne la storia.
Dalle ricerche presso i siti di genealogia, risulta che Sophia Guglielmina Luisa von Hasberg sia nata a Nienburg [4], città della Bassa Sassonia in Germania, il 18 giugno del 1757, dal ciambellano britannico Georg Albrecht von Hasberg (1706 – †1764) e da Hedwig Dorothea Friederike Löw zu Steinfurth (1730 – †1805). L’emblema araldico legato alla famiglia Hasberg presenta, alla sommità, una mezza figura umana che trattiene nella mano destra una stella a sei punte. Questo tipo di cimiero è tipico dell’araldica tedesca. Probabilmente la veste e il copricapo della figura erano bicolore, ma purtroppo non vi è stato modo di verificarlo. La medesima figura è presente anche all’interno nello scudo semitondo. Tra le due vi è un elmo posto come timbro, ossia ornamento collocato sopra lo scudo, utilizzato per contrassegnare i diversi gradi nobiliari o le dignità civili e/o militari [5].
La vita di Sophia Guglielmina è degna dei più articolati romanzi rosa. Si sposò in prime nozze nel 1772 con il politico Ernst Ludwig Julius Von Lenthe, nato e deceduto ad Hannover, rispettivamente il 28 dicembre 1744 e il 12 dicembre 1814. La denominazione von Lenthe deriva dal piccolo villaggio omonimo della città di Gehrden, nella regione natale. Si trattava di un avvocato, diplomatico dell’Kurfürstentums Braunschweig-Lüneburg [6] e ministro della Cancelleria tedesca a Londra. Malgrado la loro unione abbia dato alla luce tre figli, a causa di incompatibilità coniugali e di un adulterio di lei, il matrimonio terminò nel 1788. Il primogenito, Frederik Ernst Otto Vrijheer van Lenthe, nato ad Hannover il 30 dicembre del 1773 e deceduto il 7 marzo 1840, era un fisico sperimentale. Nel 1797 ha lavorato presso la Cancelleria di giustizia di Hannover, era dotato di buon senso e moderazione, come riportato nell’elenco degli studenti della prestigiosa Università Georgia-Augusta di Göttinga [7]. Il giovane sposò nel 1798 Sophie Charlotte Henriette von Lenthe (1779 – †1849) che gli diede due figli: Ernst Frederik Willem Vrijheer van Lenthe (1800 – †1876) e Emma van Lenthe (1801 – †1882).
Come è possibile riscontrare sull’albero genealogico, dopo due anni dalla nascita del primogenito, nel 1775 [8], nacque la seconda figlia della Baronessa: Dorothea Sophia Louise Justine van Lenthe. La fanciulla sposò a ventidue anni – il 27 marzo del 1798 a Kunreuth, comune della Baviera – il barone Frederik Godfried Ernst Vrijheer van Egloffstein (1769 – †1848). Dopo sette anni i due diedero alla luce Henriëtte van Egloffstein (1805 – †1870) [9].
L’ultima figlia nata dal matrimonio con Ernst Ludwig Julius Von Lenthe fu Antoinette Charlotte Caroline Luise von Rotenhan, nata il 15 gennaio del 1778 ad Hannover e deceduta all’età di ventotto anni, il 26 aprile del 1806 a Weimar, nella Turingia (Germania). Nonostante la breve esistenza, sposò giovanissima Sigismund Johan Christoph Frederik Vrijheer van Rottenhan (1761 – †1826) il 29 luglio del 1794 a Lenthe. Dalla loro unione nacquero due bambini: Herman Ernst Vrijheer van Rottenhan (1800 – †1858) e Julius Herman Ernst Vrijheer van Rottenhan (1805 – †1882).
L’amante di Sophia Guglielmina era lo statista Karel August Vorst van Hardenberg – nato ad Essenrode, cittadina nel comune di Lehrer, nel distretto di Helmstedt, in Bassa Sassonia – anche lui già sposato e, sebbene la causa della sua separazione, avvenuta nello stesso anno del matrimonio, era la scandalosa relazione della moglie Juliana Frederike Christine Gravin van Reventlow e il Principe di Galles, futuro Giorgio IV, è molto probabile che la conoscenza con la Baronessa von Hasberg, avesse un suo peso. Ottenuto il divorzio, il 9 giugno del 1788, nella prestigiosa città portuale tedesca di Amburgo, Sophia Wilhelmine sposò il suo principe il 31 maggio del 1750.
Van Hardenberg era un politico prussiano che proveniva dall’elettorato di Hannover, venne nominato dal Sovrano Guglielmo III di Prussia ministro degli esteri dal 1803 al 1806, anche se già nel 1795, in qualità di ambasciatore, firmò il Trattato di pace di Basilea che difese la Prussia dalla minaccia francese. Ricoprì inoltre la carica di cancelliere di Stato dal 1810 al 1822, acquisendo la gestione, oltre che degli affari interni ed esteri, del dipartimento delle finanze. Fondò, assieme al politico Karl Freiherr vom Stein, una sorta di partito che si fece promotore di importanti riforme, le quali avrebbero rivoluzionato il governo prussiano. I due politici proposero la laicizzazione del sistema scolastico, la liberazione dei contadini dai legami feudali, l’autonomia amministrativa dei comuni, l’apertura del corpo degli ufficiali ai borghesi, l’abolizione delle punizioni corporali nell’esercito, l’emancipazione degli ebrei e la libera apertura e gestione di negozi e manifatture. Anche se gran parte di queste riforme non vennero realizzate a causa dei conflitti in corso è utile specificarle per conoscere lo spirito “illuminista” dello sposo della Baronessa. Nel 1814, grazie alla sua carriera, fu elevato al grado di principe. Morì il 26 novembre 1822 a Genova, all’età di 72 anni, ma venne seppellito a Neuhardenberg, nel Brandeburgo.
Sembra che neanche questo matrimonio ebbe fortuna, infatti dopo tredici anni la coppia divorziò. È chiaro che la Baronessa d’Hasberg era perfettamente inserita nell’élite intellettuale e politica del suo tempo ed è facile immaginarla ospite dei palazzi più sontuosi di Germania, Prussia e Russia, dove avrà fatto la conoscenza dell’artista Martha von Stuckrad [10] che la ritrasse concedendoci la possibilità di apprezzare il suo sguardo e il suo volto
Ma come è giunta Sophia Guglielmina a Palermo? L’unica testimonianza del suo passaggio è data dal monumento funebre, edificato per mano della figlia Sofia Eloisa, dove è scritto «peregrinando qui giunse, […] svariate ebbe vicende, animo eguale sempre. Nella somma fortuna non superbì, non invilì nella avversa. A’ poveri fu madre a’ servi amica agli amici parente, alla figlia tutto». Traspare dunque una personalità forte che non si lascia abbattere dalle avversità. Vengono evidenziate dalla figlia le virtù della generosità e solidarietà che la condussero a dedicarsi ai più bisognosi. Un altro attributo sottolineato è quello degli ‘ottimati’, termine solitamente riferito agli uomini – in questo caso a una donna – “migliori dello Stato”, amministratori della giustizia o personalità che si siano distinte in società [11].
Sui Registri Decennali dello Stato civile è riportato: «Hochgartner Guglielma – Giorgio – Lenti . . . – 28 febbraro 1835 a. 65 – Molo – vol. 187 – n. 64». Ciò fornisce una ulteriore conferma riguardo la data del decesso, anche se non si giustifica ‘Lenti’ come cognome materno. Fa pensare più al ‘Von Lenthe’, storpiato, acquisito dalla stessa Sophia dopo il primo matrimonio.
Dall’Atto di morte si legge:
«L’anno mille ottocento trentacinque il dì ventotto del mese di Febbraio alle ore diciotto […] Sezione di Molo valle di Palermo […] nel giorno ventotto del mese di Febbraio anno corrente alle ore dieci è morta nella propria casa la Sig.ra Baronessa D. Sofia Guglielmina Hochgartner vedova del Sig. Barone D Giorgio Hasberg di anni sessantacinque, nata a Berlino […] domiciliata via Mezzomonreale, figlia del fu D Giorgio […] e della signora D Lente».
Dal documento risulta deceduta a 65 anni, dunque l’anno di nascita dovrebbe essere il 1770, strano dal momento che questa data non collima né con l’epigrafe né con i dati genealogici. Allo stesso modo, non corrisponde neanche il luogo di nascita. Interessante è però l’informazione legata alla domiciliazione, la residenza della baronessa infatti si trovava nella zona sud-occidentale di Palermo, al confine con il comune di Monreale, oggi Corso Calatafimi, parte della IV Circoscrizione. Lo Stradone di Mezzomonreale venne realizzato nel 1580 su commissione del viceré Marcantonio Colonna che voleva un’arteria, prolungamento del Cassaro, che raggiungesse più facilmente Monreale. Nel 1771 la strada venne adornata da un doppio filare di pioppi, platani, fontane e statue (Chirco 2016).
Il trasferimento a Palermo divenne per lei come un vero e proprio pellegrinaggio, come se avesse deciso che i fasti della gioventù dovessero lasciare il posto ad una vita più dimessa. Tutto ciò è soltanto un’ipotesi, quel che è certo è che la Baronessa dalla Germania si trasferì in Sicilia a seguito dell’amata figlia. Nei siti di genealogia, però, non risulta la presenza di questa fanciulla così devota alla madre da esserle a fianco sino al suo ultimo respiro. Anch’ella, conosciuta come baronessa d’Hasberg, nacque probabilmente a Nienburg in circostanze misteriose, come scrive Salvatore Distefano, il quale ipotizza che il padre sia stato un soldato della nobile famiglia Geyer von Geyersberg (Distefano 2019: 50-53) [12].
Si desumono informazioni legate alla sua vita grazie alla figura del marito: Corradino d’Albergo marchese della Cimarra, nato a Palazzolo Acreide il 22 giugno 1780 e deceduto a Firenze il 10 dicembre 1856. Il letterato e storico Gabriele Quattromani, riporta: «un monumento recentissimo elevato alla Baronessa d’Hasberg da Sofia sua figlia con bella iscrizione italiana del Marchese d’Albergo sposo di questa; oh quanti anni fui d’ambe queste donne compagno, quella è divisa per sempre da me, tra poco lascerò anche questa che vive in terra non mia né sua» (Paolo 1836: 135). Egli riferisce che l’autore della splendida epigrafe è stato proprio il marchese della Cimarra, probabilmente su indicazioni della sua consorte. Inoltre, sottolinea la propria relazione d’amicizia con la famiglia D’Hasberg-D’Albergo, della quale abbiamo ulteriore conferma in un’altra lettera, la numero XXI, in cui scrive di una passeggiata a dorso d’asino in compagnia della colta coppia, conosciuta per la prima volta a Napoli, immersi nella macchia mediterranea per la via di San Martino delle Scale, frazione di Monreale. Tutti visitarono il Monastero, custode di preziose tele e dei tesori della biblioteca.
Corradino d’Albergo, in qualità di Scudiere di re Ferdinando I, visse per molti anni a Napoli, dove era un caro amico dell’imperatrice Carolina d’Austria e rimase al suo fianco sino al 1814, anno della sua morte. La differente ideologia politica gli fece prendere le distanze dai Borbone, nello specifico, a causa di alcuni versi pubblicati nel 1820 per i quali venne rimosso dall’incarico. In seguito, venne riammesso al servizio della Corte, come cavallerizzo maggiore di campo, a patto che non scrivesse più poesie [13]. Scelse di abbandonare la corte di Napoli e si dedicò alla frequentazione dei salotti letterari fiorentini. Inoltre, negli anni 1828 e 1831, ricoprì la carica di Presidente dell’Accademia Pontaniana [14]. Fu l’autore del poema storico La Spagna liberata, mise in scena a Napoli la tragedia Francesca da Rimini di Silvio Pellico e nel 1844 partecipò alla Sesta Riunione degli Scienziati a Milano nella Sezione di Fisica e Matematica (Accademia Pontaniana 2016: 228). Eppure fu in Germania che Corradino d’Albergo conobbe Sofia Eloisa, donna colta e affascinante. Si ipotizza che il matrimonio venne celebrato a Ratisbona, in Baviera (Distefano 2019: 50-53).
L’ecletticità del Marchese, oltre che nella sua carriera è visibile anche dalle frequentazioni che coltivava assieme alla inseparabile consorte. Nello specifico, nel giugno del 1846 Corradino D’Albergo e Sofia Eloisa D’Hasberg si recarono a Monaco di Baviera per conoscere il re Lodovico I. I due vennero invitati ad una festa presso il villaggio di Hesseloh e dell’incontro col sovrano si scrive:
«La più bella [festa] di quante ne ho poi vedute in Germania che sì ne abbonda; e dopo aver visitata la romantica torre dello Schwanthaler, il vivente Michelangelo di quella terra delle immaginazioni, prendevam parte con mia moglie al tripudio generale, godevamo dei canti e delle danze e delle ricreazioni del popolo… quando ad un tratto ci trovammo alla presenza del Re il quale, […], ci venne incontro, e quasi antiche conoscenze, amorevole e benigno ci accolse, e la parola ci diresse nel nostro bel l’idioma d’Italia; e deposta la maestà sovrana, quel rispetto solo ci ispirò ben dovuto al poeta all’artista al filosofo al benefattore de popoli. Quindi Ei si fece a parlarmi della Sicilia: ed io a rammentar le cinque sue bellissime odi cui prestò argomento quell’isola al Ciel sì cara, poi dal Gargallo voltate in versi italiani. E qui Ei mi si mostrò amante sino all’entusiasmo di quella classica terra da Dio benedetta ed a Lui ispiratrice non di quelle odi soltanto ma pur di altre poesie non ancor messe a stampa non ancor conosciute nell’italiana favella. – E nell’accomiatarci, A rivederci, Egli mi disse, a rivederci nel Paradiso… non per ora in quel dilassù, ma presto in quel di Palermo» (D’Albergo 1847: 6).
Lo stesso anno, il 28 ottobre del 1846, morì da nubile la loro unica e amata figlia: Maria Albergo von Hasberg. Non si conosce la data di nascita, ma soltanto la prematura morte. Questo evento talmente doloroso spinse, soprattutto il padre, ad intraprendere la carriera diplomatica.
Sofia Eloisa lo seguì a Palermo, dove i coniugi vennero iscritti alla Mastra nobile [15]. La Città era dominata da un nuovo fermento culturale e la loro abitazione, collocata nella discesa di Palazzo Reale, ne fu in qualche modo epicentro. Una traversa di via Roma porta ancora il nome di via d’Albergo. Nella residenza del marchese Paolo degli Albergo, padre di Corradino, abitavano la coppia con la figlia Maria, assieme al letterato Giuseppe e la sorella Vincenza d’Albergo. Si trovava al civico 42, ma del sontuoso palazzo non rimane che un moderno condominio (Distefano 2001).
Personalità illustri frequentarono il loro salotto, come il politico Francesco Paolo Perez, il poeta Vincenzo Errante, il contabile Antonino d’Onofrio, i fratelli Benedetto e Giovan Battista Castiglia, i letterati Michele Bertolami e Paolo Emiliani Giudici, i patrioti Giuseppe la Masa e Isidoro La Lumia, la poetessa Rosina Muzio Salvo e ancora Giuseppe Meli e l’artista Andrea D’Antoni, definito il più risorgimentale dei pittori siciliani (Crivello 2013). Gli ospiti eruditi alternavano i dibattiti letterari e politici intrattenendosi con cene, riunioni e gite in campagna. Si può dire che nel loro salotto si coltivava un clima nuovo che ebbe un ruolo fondamentale, qualche anno dopo, nel movimento di idee della rivoluzione. Era una coppia liberale e vivace e insieme a quell’intellighenzia isolana crearono La Ruota, un periodico progressista volto alla denuncia dei privilegi e del parassitismo politico.
Eloisa Sofia era una donna colta, esperta soprattutto di letteratura tedesca e italiana, amava la poesia, la musica e il canto. Era definita una padrona di casa cortese e premurosa nei confronti dei suoi ospiti ed amici (Sampolo 1902: 4-5). Il poeta marchigiano Luigi Cicconi le dedicò una poesia: era 1847, Sofia era ormai anziana, ma evidentemente ancora carica di fascino: Alla virtuosissima dama la Signora Marchesa Sofia d’Albergo nata Baronessa d’Hasberg nel suo giorno natalizio
«Da qual astro purissimo a noi venne
Alma sì pellegrina e cara al
Cielo:
Qual Nome o Genio a lei stessa le penne
O di qual tempra è il suo terrestre velo?» (Cicconi 1962: 155)
Seguendo le orme della madre, Eloisa Sofia, assieme al marito, si è dedicata a svariate opere di beneficenza e sebbene non abbia trovato traccia della sua sepoltura, ritengo che abbia lasciato la sua impronta nella “felice” Palermo.
La ricostruzione della genealogia della famiglia Hasberg va oltre la semplice ricostruzione dei legami di parentela, ma ambisce alla restituzione di una memoria perduta, propone strumenti e documenti che definiscono il profondo legame tra gli individui considerati, i monumenti esaminati e la storia della Città.
Dialoghi Mediterranei, n. 64, novembre 2023
Note
[1] Ho già denunciato in altri contributi pubblicati su “Dialoghi Mediterranei” che il Cimitero acattolico è stato vittima del “sacco di Palermo”.
[2] I frammenti del Cimitero hanno subìto negli anni un continuo rimescolamento e spesso sono stati rimossi intenzionalmente o perché mischiati ai rifiuti.
[3] Ho condiviso la mia ipotesi con l’architetto La Sita, alla quale ho chiesto diverse consulenze nell’arco di questi anni di ricerca per l’elaborazione di tavole inedite che siano, una volta divulgate, promotrici del recupero di tale sito.
[4] Nel 1847 Nienburg fu connessa alla rete ferroviaria dello Stato Reale di Hannover, ciò potrebbe spiegare perché nell’epigrafe risulta che quest’ultima fosse sua città natale.
[5] Alla sommità dell’elmo vi è il burletto, un cerchio di stoffa arrotolata imbottita di borra, che solitamente riprendeva i colori dello stemma. Quest’ultimo veniva utilizzato per trattenere i lambrecchini, pezzi di stoffa frastagliati a fogliami, detti anche svolazzi che erano attaccati a quest’ultimo per attutire i colpi che i cavalieri potevano subire durante i combattimenti. V. Palazzolo Gravina, Il blasone in Sicilia: ossia, Raccolta araldica, Editori Visconti & Huber, Palermo 1871-75: 24-25.
[6] Elettorato di Hannover, dal 1692 nono elettorato del Sacro Romano Impero. Terminò nel 1810 con l’annessione al Regno di Westfalia e dopo il Congresso di Vienna nel 1814, quando fu creato il Regno di Hannover.
[7] L’Università Georgia-Augusta ha ospitato, nel XVIII-XIX secolo, personalità illustri come gli scienziati europei: Heyne, Pütter, Schlözer, Gatterer; i matematici Gauß e Pfaff, i fratelli Humboldt e Schlegel; lo storico Schlosser; il medico Hufeland e l’astronomo Benzenberg. Cfr. Hans-Joachim Heerde, Das Publikum der Physik: Lichtenbergs Hörer, Wallstein Verlag, Göttingen 2006: 388.
[8] Il sito Ancestry.it riporta come data di nascita il 29 settembre 1757. Genealogiaonline.nl invece riporta il 29 ottobre. In entrambi collima la data di morte: il 29 settembre del 1848.
[9] Dal sito Geneanet risulta un altro figlio: il barone Julius Emil Friedrich Christian von und zu Egloffstein (8 maggio 1803 – 23 dicembre 1861)
[10] La pittrice tedesca (1854 Düsseldorf – †1930 ca.) era esperta nella produzione di ritratti e di scene di vita quotidiana, figlia del tenente generale prussiano Leopold von Stuckrad (1808 – †1885), noto per la sua carriera militare che lo condusse alla nobile carica di Hausorden vom Weißen Falken, al grado più alto della Falconeria dell’ordine del Granducato di Sassonia-Weimar-Eisenach. Claus von Lettow-Vorbeck, Gedenkblätter zur Rang-Liste des Kaiser Alexander Garde-Grenadier-Regiments Nr. 1., W. Moeser, Berlin 1899: 62.
[11] Nuova Enciclopedia Popolare ovvero Dizionario generale di Scienze, Lettere, Arti, Storia, Geografia, ecc. Opera compilata sulle migliori in tal genere, inglesi, tedesche e francesi, Tomo decimo, Giuseppe Pomba e comp. Editori, Torino 1848: 257-258.
[12] Si hanno notizie mediante Luise Karoline di Hochberg (Karsruhe 1768 – †1820), la quale sposò in seconde nozze, nel 1787, il margravio, principe e granduca di Baden: Karl Frederick (Karsruhe 1728 – †1811). La Baronessa Geyer von Geyersberg era figlia del tenente colonnello Luigi Enrico Filippo Geyer von Geyesberg e frequentò la corte di Baden a causa della morte precoce del padre. In seguito al matrimonio che diede scandalo a corte per la notevole differenza d’età dei coniugi, vennero alla luce tre maschi, i quali, figli di un matrimonio morgagnatico ricevettero il titolo, assieme alla madre, di conti di Hochberg, ma rimasero esclusi dalla linea di successione. Il primogenito fu Leopoldo I di Baden (Karlsruhe, 29 agosto 1790 – †24 aprile 1852) che intraprese la carriera di ufficiale nell’esercito francese, ma dal momento che tutti i figli maschi della Casa di Baden erano morti senza eredi maschi, riuscì a scalare la vetta e raggiungere la carica di granduca di Baden dal 1830 sino alla sua morte. Contribuì il matrimonio con Sofia Guglielmina di Svezia (1801 – †1865), figlia del re Gustavo IV Adolfo di Svezia, e della sorella del granduca Carlo di Baden, Federica. La coppia ebbe otto figli. Il secondogenito fu Wilhelm di Baden (Karlsruhe, 8 aprile 1792 – †11 ottobre 1859) che nel 1830 sposò Elisabetta Alessandrina di Württemberg (1802 – †1864), figlia del duca Ludovico Federico Alessandro di Württemberg. Dall’unione nacquero quattro figli. Nel 1812 Wilhelm divenne comandante della Brigata Baden nella Grande Armée di Napoleone, ricoprì la carica di Presidente della prima camera dell’Assemblea degli Stati di Baden; trascorse gli ultimi anni della sua vita nella sua tenuta Rothenfels. Seguì un altro maschio: Friedrich Alexander von Baden, Prinz (10 Giugno 1793 – †18 giugno 1793). Che sia stato uno di questi uomini di Baden a conquistare il cuore di Sofia Guglielmina? Purtroppo ancora l’identità del padre di Sofia Eloisa rimarrà un mistero. Cfr. F. P. Miller, A. F. Vandome, J. McBrewster (a cura di), Leopold, Grand Duke of Baden, a Iphascript publishing, 2000; Deuctsche National Bibliotek, https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&reset=true&referrer
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[13] Atti della Reale Accademia di scienze, lettere e belle arti di Palermo, Presso L’Accademia, Palermo 1902: 4.
[14] L’Accademia Pontaniana è stata fondata nel 1458 a Napoli dal letterato e storico Antonio Beccadelli, detto il Panormita, come libera iniziativa di uomini di cultura. La prima Accademia del Regno di Napoli e una delle prime in Europa, si fece promotrice della celebrazione delle scienze, delle lettere e delle arti. Cfr. https://www.accademiapontaniana.it/cenni-storici/
[15] Istituto prestigioso in base al quale nei maggiori centri della Sicilia i capifamiglia eleggevano cinquanta candidati fra i quali si sceglievano poi i quattro magistrati incaricati del governo del territorio. Cfr. https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/domande_e_risposte/lessico/lessico_236.html#:
~:text=Si%20tratta%20di%20una%20locuzione,storico%20antiquato%2C%20tipico%20della%20Sicilia.
Riferimenti bibliografici
Accademia Pontaniana, 160 1856-2016. La diversità nelle sue diversità, Francesco Giannini & Figli Tipografi Editori, 2016.
Atti della Reale Accademia di scienze, lettere e belle arti di Palermo, Presso L’Accademia, Palermo 1902.
A. Chirco, Palermo al tempo dei Beati Paoli, D. Flaccovio, Palermo 2016.
T. Crivello, I Vespri siciliani in un sipario dipinto da Giuseppe Carta per l’Unità d’Italia, in OADI Rivista dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia, Osservatorio per le Arti Decorative in Italia “Maria Accascina”, Palermo 2013.
C. D’Albergo, Versi di Sua Maestà Lodovico I di Baviera, Tipografia di Alcide Parenti, Firenze 1847.
S. Distefano, I «Marchesi» Albergo della Cimarra, in Rivista del Collegio Araldico: Storia Diritto Genealogia, ANNO CXVI, Arcisate (VA) giugno 2019.
S. Distefano, II Risorgimento nel Val di Noto: Il marchese Corradino d’Albergo, in “Ricerche”, Periodico trimestrale di scienza e cultura del CRES, Centro di Ricerca Economica e Scientifica, anno 5 n. 1 gennaio – marzo 2001.
The Eclectic Magazine of Foreign Literature, Science, and Art, Vol. 11, Leavitt, Trow, & Company, New York 1847.
H.-J. Heerde, Das Publikum der Physik: Lichtenbergs Hörer, Wallstein Verlag, Göttingen 2006
Lettere su Messina e Palermo di Paolo R. Pubblicate per cura di G. Quattromani, Tipografia R. di Guerra, Palermo 1836.
Memorie di vari autori, n° 72, poesia di Luigi Cicconi, in Archivio storico siracusano, Volume 8, Società Siracusana di Storia Patria, Siracusa 1962.
C. von Lettow-Vorbeck, Gedenkblätter zur Rang-Liste des Kaiser Alexander Garde-Grenadier-Regiments Nr. 1., W. Moeser, Berlin 1899.
F. P. Miller, A. F. Vandome, J. McBrewster (a cura di), Leopold, Grand Duke of Baden, a Iphascript publishing, 2000.
V. Palazzolo Gravina, Il blasone in Sicilia: ossia, Raccolta araldica, Editori Visconti & Huber, Palermo 1871-75.
L. Sampolo, Commemorazione di Vincenzo Errante, Estratto dal volume VI della 3a Serie degli Atti della Real Accademia, Tipografia F. Barravecchia e Figlio, Palermo 1902.
Sitografia
https://www.accademiapontaniana.it
https://www.ancestry.it
https://www.artnet.com
https://www.genealogieonline.nl
https://gw.geneanet.org
https://www.myheritage.it
https://portal.dnb.de/
https://www.treccani.it
https://www.unipa.it
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Laura Leto, antropologo e storico, è attualmente impegnata nel Dottorato di Ricerca con l’Universidad del Paìs Vasco UPV/EHU che ha come oggetto di studio il Cimitero acattolico dell’Acquasanta di Palermo. Partecipa al Catalogo collettivo delle biblioteche ecclesiastiche italiane in qualità di bibliotecaria e catalogatrice. Ha cooperato, in qualità di operatore didattico, con diverse Associazioni culturali palermitane, in seguito all’acquisizione del titolo di Esperto in Didattica museale.
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