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La torsione beffarda della transizione ecologica

Istallazione di pale eoliche in Molise

Installazione di pale eoliche in Molise

CIP 

di Rossano Pazzagli 

La transizione ecologica a modello invariato non consentirà di risolvere la questione ambientale. Se insistiamo sulla via della crescita, della competizione, dei consumi energetici crescenti e degli affari, anche le cosiddette strategie green finiranno per fare da puntello al sistema morente, anziché prefigurare un modello diverso, basato sull’equilibrio uomo-natura, sulla cooperazione e la solidarietà. Sappiamo quanto è importante superare l’uso massiccio delle risorse fossili (carbone, petrolio, gas) per ristabilire un rapporto equilibrato con la natura, in primo luogo per quanto riguarda la produzione energetica.

Recuperare l’uso di risorse rinnovabili, storicamente già lungamente utilizzate, è necessario e rappresenterebbe un caso interessante di retroinnovazione. Ma la diffusione di impianti eolici e solari sta avvenendo in un modo che privilegia gli affari, violenta il territorio e agisce seguendo logiche private e speculative, accompagnato da una narrazione emergenziale e retorica dei supposti benefici ambientali in cui anche le istituzioni e perfino parti del mondo ambientalista rischiano di cadere.

Un esempio lampante di questa torsione beffarda della transizione ecologica è rappresentato dal cosiddetto agrivoltaico, cioè una invasione dei campi con pannelli solari presentati come una innovazione e un passo avanti rispetto al tradizionale fotovoltaico che già ha occupato tanti suoli fertili. Si tratta, in realtà, di una applicazione ai territori rurali della logica del profitto e della rendita. Questi sono stati nel tempo marginalizzati da un modello di sviluppo che ha trascurato l’agricoltura e le campagne, specialmente nelle aree interne, e adesso si usano proprio l’abbandono e il degrado dei suoli come argomenti per giustificare l’installazione profittevole di impianti che rovinerebbero definitivamente l’agricoltura e insidierebbero il paesaggio e la biodiversità, cioè le risorse essenziali per una effettiva rigenerazione dei territori in difficoltà.

Insomma, si tratterebbe dello sterminio dei campi che continua, ammantato da proclami e promesse rivoluzionarie, come sta succedendo in Molise con il cosiddetto Parco Agrivoltaico Guglionesi, un progetto in corso di istruttoria per la produzione di energia solare spacciato come innovativo e sostenibile, ma che in realtà verrebbe ad occupare 347 ettari di superficie agricola, distribuiti in 14 siti, in un’area di notevole pregio paesaggistico compresa tra Guglionesi e Montenero di Bisaccia. Il progetto proposto dalla società IBIVI 6 di Bolzano a dicembre 2023 (ma di cui si ha pubblica notizia solo a maggio 2024) ha un titolo altisonante: “Progetto agrivoltaico nel contesto agricolo, ambientale e paesaggistico con piano di uso agricolo e modello di business”. Non manca niente.

Come al solito si dice che il progetto insisterebbe su aree con una agricoltura residuale, colpite dall’abbandono e dal degrado delle risorse agricole. Qui sta il punto: invece di intervenire sulle cause dell’abbandono e di assumere il degrado dei terreni agricoli come base per un rilancio dell’agricoltura, si prendono a pretesto le difficoltà del settore rurale per avallare operazioni speculative che affossano l’agricoltura, danneggiano il paesaggio e la biodiversità, favoriscono il profitto di pochi e sono discutibili anche dal punto di vista del bilancio ambientale. In pratica si confondono le conseguenze con le cause. Tra l’altro la disseminazione dei pannelli in 14 siti diversi estenderebbe l’impatto ben oltre i 370 ettari indicati nel progetto, interessando complessivamente una superficie di grande valore paesaggistico, agricolo e ambientale come è quella del territorio di Guglionesi, il comune più esteso del Molise.

Giocando con le parole, si dice che l’agrivoltaico è diverso dal fotovoltaico. Ma è un bluff perché l’innalzamento dei pannelli dal suolo, oltre ad aumentare l’impatto paesaggistico, rischia di avere ripercussioni negative sulla fertilità del suolo, quali ad esempio il difetto di soleggiamento, la diseguale distribuzione delle piogge e la limitazione delle tipologie colturali compatibili. È inutile che si richiamino studi scientifici ben pagati per certificare l’abbandono delle campagne; al loro posto sarebbe più utile una coerente analisi storica del processo di marginalizzazione delle campagne e dell’agricoltura: se non si capisce il declino, non è possibile andare verso una rinascita delle zone interne e rurali. Si confondono la produzione di energia con pratiche di rigenerazione agricola, dimenticandosi di tutto il resto: dal paesaggio ai servizi ecosistemici, dalla biodiversità all’identità locale.

Il paesaggio agrario di Guglianesi

Il paesaggio agrario di Guglianesi

Di fronte al bluff servirebbe una adeguata visione politica, che non c’è. I primi obiettivi dovrebbero essere quelli di un rafforzamento del settore, della tutela e valorizzazione del paesaggio, del mantenimento della biodiversità… insomma, di una messa in valore del patrimonio territoriale, anziché la sua subordinazione ad altri interessi, spesso esterni o lontani, evitando una rinnovata applicazione dell’economia estrattiva. Il progetto in questione è proposto da una ditta srl di Bolzano.

In assenza delle politiche che rimettano in mano pubblica la produzione energetica e che favoriscano effettivamente iniziative locali di comunità energetiche rinnovabili, è necessario nell’immediato che i soggetti impegnati nella difesa e valorizzazione del territorio e dell’ambiente prendano l’iniziativa, dissociandosi nettamente da simili progetti che sottraggono altro suolo alla produzione di cibo, danneggiano la risorsa apicale costituita dal paesaggio e insidiano il patrimonio territoriale sul quale potrebbe fondarsi la rinascita della regione proprio a partire da aree agricole come quelle del Basso Molise. Questo progetto si aggiungerebbe alle migliaia di ettari già compromessi da altre iniziative di speculazione energetica ai danni dell’agricoltura. Si tratta di una violenza al territorio di fronte alla quale occorre una pronta mobilitazione della società civile e delle istituzioni locali, contrastando i rischi di una transizione energetica che si va sempre più configurando come una transizione degli affari. 

Dialoghi Mediterranei, n. 69, settembre 2024
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Rossano Pazzagli, insegna Storia moderna e Storia del territorio e dell’ambiente all’Università del Molise, è vicepresidente della Società dei Territorialisti e direttore della Scuola di Paesaggio “Emilio Sereni”. Fa parte della direzione di varie riviste, tra cui “Ricerche storiche” e “Glocale”. È autore di numerosi articoli e libri sulla storia del mondo rurale e sulla storia del turismo; con Gabriella Bonini ha recentemente pubblicato il volume Italia contadina. Dall’esodo rurale al ritorno alla campagna. È Vicepresidente della Società dei territorialisti.

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