Sicilia antiqua
di Giuseppe Arlotta
I pressanti tempi editoriali per la stampa degli Atti di un Convegno del 2002 mi avevano impedito di localizzare la «via francigena per mezzo della quale si giunge a Mazara dalla torre di Maimone», citata in un diploma inedito del 1267 pubblicato in quella occasione[1]. Nel frattempo, in una relazione dello scorso anno, annunciata con enfasi sul web[2] [http://goo.gl/pMZXPH], l’arch. Gaspare Bianco ha proposto una localizzazione del toponimo “Maimone” che, però, risulta poco convincente[3]. Lo studioso mazarese, infatti, si è affidato alla memoria di un pastore del luogo che gli ha suggerito un «Timpone Maimuni» localizzabile nel territorio mazarese di cui, però, non ha trovato alcun riscontro in ulteriori testimonianze orali né in attestazioni bibliografiche e archivistiche. Bianco, fra l’altro, non ha tenuto conto dell’abbondante letteratura, compresa quella locale, che segnala una contrada Maimone, meglio nota con l’espressione dialettale Mamuna, ubicata nel territorio marsalese a qualche centinaio di metri oltre il confine settentrionale di Mazara[4]. Nell’attesa della relazione del Bianco, cercheremo la torre di Maimone nell’omonima contrada marsalese i cui confini, come per le altre contrade, sono stati ridefiniti nel 2011 sulla base di vecchie mappe catastali e di documenti degli uffici comunali di Marsala[5]. La grafica e i dati sono fruibili sul Geoportale del comune [http://goo.gl/S0B3yI] da cui si rilevano anche la superficie di 494 ettari e il perimetro di 9,580 km che si sviluppa lungo quattro strade. Basta riportare questi dati sulla mappa IGM 1:25.000 del 1970[6] [http://goo.gl/z0zkEK] per notare, attraverso le didascalie, che l’estensione della contrada, prima della ridefinizione dei confini, era ancora più vasta. La torre di Maimone dovrebbe essere dentro la contrada omonima, o nelle immediate vicinanze, sempre che sia rimasto qualche rudere di essa.
Tabula peutingeriana
Le torri erano postazioni dislocate lungo il sistema viario per tenere sotto controllo l’accesso ai centri abitati, ed erano anche «elementi difensivi riconducibili alla protezione degli insediamenti rurali»[7], come i bagli, cioè le fattorie che costituivano il baricentro delle attività agricole[8]. Le torri, con la loro struttura elevata, erano oltretutto punti di riferimento per il viaggiatore impegnato sulla lunga percorrenza e, per questo motivo, nelle loro vicinanze potevano sorgere i manzil (منزل) [ 9 ], termine arabo con cui si indicavano i punti di sosta dove potersi rifocillare e passare la notte, come avveniva nelle stationes del sistema viario romano e nelle osterie dei periodi successivi[10].
L’avv. Maurizio Signorello mi ha segnalato due atti notarili, uno del 1416, inedito, che fa riferimento alle “terre” di «Menzulimaimuna»[11], mentre l’altro, del 1456, cita la “contrada” «Menzulimaimuna»[12], dove menzuli sta per manzil, la struttura di sosta che, per quanto detto, potrebbe aver avuto la sua collocazione in prossimità della torre omonima.
Analizzeremo, allora, le attuali strade della contrada Mamuna sulla citata mappa IGM 1:25.000 ma anche sulla mappa IGM 1:50.000 [http://goo.gl/3P5JhS] su cui è evidenziata la Viabilità della Provincia di Trapani del 2013[13]. A quest’ultima mappa faremo riferimento quando citeremo le strade odierne: S.S. strada statale, S.P. strada provinciale, S.B. strada di bonifica, S.R. strada regionale. Sono strade che, compatibilmente con le varianti apportate nei secoli dall’uomo, spesso ricalcano le vecchie trazzere percorse da greggi nella transumanza ma anche dall’uomo negli spostamenti da un luogo all’altro[14]. Paolo Orsi, all’inizio del Novecento, scriveva che «quasi tutte le vecchie trazzere non erano, in ultima analisi, che le pessime e grandi strade dell’antichità greca e romana»[15]. E allora faremo riferimento anche alla mappa della Rete trazzerale di Trapani[16] [http://goo.gl/MzaRFU] la quale riporta le regie trazzere con i relativi codici che citeremo con il prefisso R.T.
Su questa mappa prendiamo in esame la R.T. 23 che parte da Xitta, frazione alle porte di Trapani, costeggia la contrada Mamuna, e giunge a Mazara, come si evince, più dettagliatamente, dalla mappa allegata alla relazione dimostrativa di demanialità del 1928[17] [http://goo.gl/6TnkWL]. Poiché la R.T. 23 passa per la contrada Mamuna/Maimone e scende fino a Mazara, sembra evidente – tenendo conto delle varianti apportate dall’uomo in 750 anni – che essa sia la «via francigena per mezzo della quale si giunge a Mazara dalla torre di Maimone».
L’“ex feudo Fontana coperta” segnalato nel secondo foglio della citata mappa del 1928 è la parte orientale della contrada Mamuna/Maimone[18]. Nello stesso foglio sono riportate due trazzere provenienti da Marsala: la “R. Trazzera per Palermo”[19], e più in basso, la “R. Trazzera per Salemi”[20]. La prima equivale al tracciato evidenziato in fucsia sulla citata mappa IGM 1:25.000, in cui essa è indicata come «strada vecchia di Palermo». La seconda è quella evidenziata in verde che conduce da Marsala a Salemi, cioè l’odierna S.S. 188. È questa la strada, resa «scevra di frane e di valanghe» solo nel 1844[21], che pochi anni dopo sarà percorsa da Garibaldi, sbarcato a Marsala nel 1860 e in avanzamento verso Palermo[22].
La mappa IGM 1:25.000 riporta una terza strada indicata come “Strada Scorciacavallo”[23], quella evidenziata in celeste, non presente però nella mappa del 1928 perché, a quella data, era già caduta in disuso. Ma essa fu per secoli la strada principale per andare da Marsala a Palermo: questa sua peculiarità è attestata, come diremo, nell’Itinerarium Antonini (III sec. d.C.) che la include nell’antico cursus publicus, ed è attestata ancora nel Settecento nella mappa dello Schmettau (1720-21). La “Strada Scorciacavallo” incrocia la R.T. 23 proveniente da Trapani-Xitta, la quale da questo crocevia prosegue verso Mazara lungo un percorso – evidenziato in rosso – che abbiamo verosimilmente identificato con la «via francigena per mezzo della quale si giunge a Mazara dalla torre di Maimone». La via Francigena, dunque, almeno nel Medioevo, avrebbe avuto la funzione di un diverticulum per collegare Mazara con la strada medievale Marsala-Vita-Palermo che doveva ricalcare l’antico tracciato del cursus publicus.
Rivisitiamo il territorio ora descritto, con l’aiuto della cartografia del Settecento e, in particolare, prendiamo in esame la ricostruzione del sistema viario della Sicilia antiqua effettuata dal Weigel nella sua mappa del 1718[24] [http://goo.gl/qDd1Dd]. La mappa riporta le indicazioni dell’Itinerarium Antonini che elenca le stationes lungo le strade dell’impero romano tra cui riporta l’itinerario del cursus publicus da Lilybaeum/Marsala a Palermo: Lilybaeum, Ad Olivam, Longarico, Hyccaris, Panormo [25]. Biagio Pace pone Ad Olivam presso Vita, Longarico presso Alcamo e Hyccaris presso Carini[26]. Dopo 15 secoli, la strada principale per andare da Marsala a Palermo era sempre la stessa, cioè quella che passava da Vita, come si evince dalla mappa di Samuel von Schmettau del 1720-21[27] [http://goo.gl/TCf2qN]. In essa, tra Marsala e Vita è segnalata – con lo stesso simbolo grafico – una teoria di casali tra cui abbiamo evidenziato “Meimune” che corrisponde al “Casale Giacone” della IGM 1:25.000, entrambi ubicati a Nord della “Strada Scorciacavallo” ed evidenziati, in ambo le mappe, con un’ellisse rossa. Questo dovrebbe essere stato il sito della torre di Maimone e, probabilmente, anche dell’omonimo manzil. Si esclude, in questo modo, che la torre di Maimone potesse essere stata in prossimità dell’omonimo “Baglio Maimone”, ubicato a Sud della “Strada Scorciacavallo” ed evidenziato nella IGM 1:25000 con un’ellisse marrone[28]. La mappa dello Schmettau del 1720-21 non indica il tracciato della Francigena, perché a quel tempo anch’essa era caduta in disuso; indica, invece, la nuova strada utilizzata per andare da Mazara a Palermo passando da Salemi e da Vita.
carta topografica territorio di marsala
Se nel Medioevo la Francigena era un diverticulum tra la città di Mazara e la strada Marsala-Vita-Palermo, è possibile che essa sia stata percorsa dai Normanni che, impadronitisi di Palermo nel 1071[29], si espansero fino a Mazara dove nel 1072 vi costruirono un castello «ad debellandam adjacentem provinciam» [30]. Ruggero d’Altavilla, proveniente dalla regione francese della Normandia, era alla guida dell’esercito composto da Francesi: Angevins, Beauvaisins, Bourguignons, Bretons, Champenois, Flamands, Manceaux, e Francs in genere[31]. In effetti, quelli che indichiamo come i conquistatori Normanni, dovremmo indicarli come Francesi. E secondo il Du Cange, “francese” è il significato dell’aggettivo “francigeno”[32] e, di conseguenza, “via Francigena”, in Sicilia, ha lo stesso nome e lo stesso significato della strada, o meglio del fascio di strade che, attraverso i valichi alpini nord-occidentali, metteva in comunicazione le regioni d’Oltralpe con Roma. Siamo nell’ambito di un processo linguistico che gli esperti del settore definiscono irradiazione sinonimica[33]. E a tale proposito, Bruno Migliorini scrive che «si tratta della creazione di un vocabolo per la quale si prendono a modello schemi …giá esistenti nella lingua». Un vocabolo quindi che ingloba anche il significato di “via di pellegrinaggio”, in Sicilia come nel Settentrione d’Italia.
Carta Schmettau
Ogni buon cristiano del Medioevo aveva nell’orizzonte della propria vita l’aspirazione a compiere un pellegrinaggio ad almeno una delle tres peregrinationes maiores: Gerusalemme, Roma e Santiago de Compostela[34]. A questo principio basilare doveva orientarsi l’azione evangelizzatrice dei vescovi nominati dal granconte Ruggero: «Non fu diversamente a Mazara, e disposto al completo tutto quel che poteva equamente servire al prelato e ai chierici, [Ruggero] ordinò vescovo Stefano di Rouen, uomo di vita onesta»[35]. Non conosciamo storie di pellegrini in cammino sulla Francigena di Mazara, percorsa probabilmente dal pellegrino tunisino che nel 1646 sbarcò a Mazara e proseguì fino a Palermo da dove si sarebbe imbarcato per recarsi in pellegrinaggio a Roma. Si tratta del «figliuolo di Amat Day re di Tunisi, chiamato Mamet Celebì, giovane di anni 19, il quale, avendo desiderio di farsi cristiano, …confidò il suo secreto di voler venire in Sicilia. Onde partitosi con un bergantino, arrivò nella citta di Mazara, e di là se ne venne in Palermo a 4 di maggio [1646], dove trattenuto ed onorato riguardevolmente dal viceré, ed istrutto nelle cose della fede dai padri della Compagnia di Giesù, prese doppo alquanti giorni il sacro battesimo nella Casa Professa dei padri di detta Compagnia; la quale si adornò di finissimi apparati, intervenendo al battesimo il viceré; e gli fu posto il nome del re n. s., cioè D. Filippo d’Austria. Doppo alcuni mesi si partì da Palermo ed andò in Roma a baciare i piedi al pontefice e visitar quei santi luoghi, con somma edificazione di tutti; e poscia se ne ritornò in Palermo, onorato assai dalla nobiltà palermitana»[36].
Di questo pellegrinaggio abbiamo notizia grazie alla notorietà del protagonista, di qualche altro, invece, sappiamo ben poco. È il caso del pellegrino siciliano (cecilià) Jacobo di Mazara che il 26 luglio 1378 fu iscritto nel registro della Elemosineria reale di Barcelona, l’istituzione catalana che elargiva la carità ai poveri a nome del re. Il pellegrino mazarese, come tanti altri pellegrini siciliani iscritti nello stesso registro, ricevette l’elemosina di 55 soldi «su mandato di pagamento del signor re»[37]. L’arrivo nella città catalana dei pellegrini siciliani – prevalentemente diretti a Santiago de Compostela – è probabile che sia avvenuto via mare dal porto di Mazara o da uno dei porti della cuspide occidentale dell’isola dove, in quel periodo, la presenza di mercanti catalani era talmente capillare che a Palermo, Trapani, Sciacca, Agrigento, Mazara e in altri centri commercialmente importanti, c’era un console nominato dal consiglio cittadino di Barcelona, e riconosciuto dal re Ludovico di Sicilia nel 1345[38]. Non sempre, però, era possibile imbarcarsi nel porto desiderato, e spesso era necessario spostarsi da un porto all’altro al fine di trovare la nave diretta verso la sacra meta. Per comprendere questa necessità, seguiamo le disavventure di tre pellegrini di tre religioni differenti, in tre periodi diversi.
Il pellegrino musulmano Ibn Giubayr nel febbraio del 1183 partì da Granada per andare in pellegrinaggio a La Mecca in espiazione del peccato per avere bevuto sette coppe di vino, contro la legge coranica. Nel viaggio di ritorno, il 1° dicembre 1184, in prossimità di Messina la nave, che stava cabotando lungo le coste ioniche siciliane, subì un naufragio e i viaggiatori ripararono nella città dello Stretto. Qui soggiornarono per nove giorni, durante i quali non trovarono alcuna possibilità di imbarcarsi per la Spagna e, di conseguenza, noleggiarono un barcone e, costeggiando la litoranea tirrenica fino a Cefalù e Termini, giunsero a Palermo dove per sette giorni attesero di potersi imbarcare. Nel frattempo appresero che a Trapani due navi – sulle quali viaggiavano pellegrini e mercanti musulmani – erano prossime alla partenza, una per la Spagna e l’altra per Ceuta, per cui si misero in cammino e, passando per Alcamo, giunsero nel porto trapanese da dove fecero ritorno a casa[39].
Il pellegrino cristiano Nompar de Caumont partì da questa località della Guascogna diretto a Gerusalemme. Il 4 maggio 1419 si imbarcò a Barcelona e, attraverso Maiorca, Minorca e Cagliari, giunse a Trapani. Da qui, cabotando lungo la costa meridionale dell’isola, passò davanti a Marsala, Mazara, Sciacca, Agrigento, Licata, Gela, Rasacambra (oggi Santa Croce Camerina), Scicli, Pozzallo, Capo Passero, La Marsa, Portopalo, Avola, Vindicari, fino a Siracusa. Dal porto siracusano la nave ripartì verso la costa calabra, e proseguì per Cefalonia, Zante, Modone, Corone, Rodi, Giaffa, Gerusalemme. Nel viaggio di ritorno, il 14 ottobre 1420, di fronte alla costa siracusana, la nave venne colpita da una violenta tempesta che la sospinse prima verso Messina e dopo la costrinse a ripiegare sul porto di Siracusa. In questa città, Nompar si fermò un mese circa, prima di riprendere il viaggio di ritorno a casa. Ma gli fu impossibile doppiare sia il Capo Peloro a Nord, sia il Capo Passero a Sud, per cui, dopo una breve sosta a Portopalo (oggi Portopalo di Capo Passero), decise di proseguire a cavallo, come egli stesso scrive, «verso la città di Palermo che è porto di mare dove sempre vanno e vengono delle navi». Da Portopalo, dunque, proseguì per Spaccaforno (oggi Ispica), Modica, Ragusa, Chiaramonte Gulfi, Caltagirone, Piazza Armerina, Calascibetta, Polizzi, Caltavuturo, Sclafani, Termini Imerese, Solanto, Palermo. In questa città e nei dintorni soggiornò fino al 15 febbraio del 1421, quando si imbarcò su «una grande nave che veniva da Napoli e voleva andare in Catalogna, alla città di Barcelona». Preso il largo, dopo poche miglia, una violenta tempesta costrinse la nave a far ritorno a Palermo. Ripartita il 19 febbraio, resistendo ad un forte vento che l’aveva spinta verso Tunisi, la nave si diresse verso Cagliari, il 14 marzo approdò a Barcelona, e un mese dopo fece ritorno a Caumont[40].
Il pellegrino ebreo Obadia da Bertinoro, il 9 novembre 1486, partì da Città di Castello, in Umbria, diretto a Gerusalemme. Passando per Roma, dunque, raggiunse il porto di Napoli e, come egli stesso scrive, «ivi rimasi a lungo, non trovando una nave che mi fosse a grado»[41]. Dopo un lungo soggiorno a Salerno, l’8 luglio 1487 «partii da Napoli su una grande e buona nave di Messer Bals.n, nella quale eravamo nove giudei: e dopo cinque giorni, per difetto di vento, fummo a Palermo». «Io era venuto a Palermo per andare a Siracusa, la quale è all’[altro] estremo di Sicilia, avendo inteso che di là sarebbero passate le navi veneziane per andare a Beyrut vicino a Gerusalemme». Il programma però fallì per le insistenze dei correligionari palermitani «finché passarono le navi di Siracusa e se ne andaron via. Così per mia disavventura perdei quel bel passaggio». Dovette aspettare fino al 2 ottobre quando nel porto di Palemo entrò una galea francese in rotta per Alessandria. Il giorno della partenza «a mezzogiorno, lasciammo Palermo. Il Signore fece spirare un vento favorevole tutto quel giorno e tutta la notte [seguente], onde la mattina fummo vicini al faro di Messina, lo traversammo felicemente, e fummo in città il lunedì a mezzogiorno. Messina è emporio delle genti, dove arrivan le navi degli estremi lidi della terra; essa giace nel mezzo del Faro, e le navi che vi approdano vengono dall’oriente e dall’occidente, essendo quello il miglior porto del mondo, tanto che le navi alte e grandi arrivano sino alla spiaggia». Il 28 ottobre 1487 la nave salpava da Messina verso Rodi. Con una lettera scritta a Gerusalemme il 15 agosto 1488, Obadia da Bertinoro comunicava al padre le notizie del viaggio compiuto.
Centinaia di chilometri percorsi, dunque, sulle strade siciliane da un punto all’altro dell’Isola per giungere al porto dove una nave stava completando gli imbarchi per salpare verso un lido lontano da dove poter proseguire per giungere alla sacra meta. Tre testimonianze che, sicuramente, convinceranno Sebastiano Sciorto il quale, nella sua recente pubblicazione, ritiene «assurdo» che un pellegrino medievale potesse percorrere 200 km per incamminarsi dal litorale meridionale dell’Isola – dotato di più porti – e imbarcarsi nel porto di Messina dove più frequenti erano le navi in transito[42].
Il pellegrinaggio, in quanto espressione di un bisogno interiore dell’uomo medievale, ha le sue complessità che vanno affrontate con le opportune competenze. Ho ascoltato, in differita, il recente intervento di Luigi Santagati, un esperto di regie trazzere che ha affrontato alcuni aspetti del pellegrinaggio medievale con la logica e la mentalità della transumanza[43]. Sono due culture diverse! Il tema del pellegrinaggio cristiano nella Sicilia medievale merita di essere approfondito coinvolgendo le Università e le Istituzioni culturali dell’isola in un Convegno internazionale in cui poter invitare i massimi esperti delle peregrinationes maiores così come avvenne nel Convegno “Santiago e la Sicilia” tenutosi presso l’Università degli Studi di Messina nel Maggio del 2003[44].
Dialoghi Mediterranei, n.9, settembre 2014
*Ringrazio qui di sèguito alcuni Amici e Professionisti che, a vario titolo, hanno agevolato la mia ricerca sul territorio trattato e, al tempo stesso, mi scuso con coloro che non cito per motivi di spazio: Don Nicola Altaserse, Segreteria vescovile, Mazara del Vallo; Prof. Franco Biviano, Pace del Mela; Dott. Giuseppe Collesano, Ufficio tecnico speciale per le trazzere della Regione Siciliana, Palermo; Dott.ssa Milena Cudìa, Biblioteca e Archivio Storico Comunali, Marsala; Prof. Antonino Cusumano, Dialoghi Mediterranei, Mazara del Vallo; Ing. Aldo Dolores, Mazara del Vallo; Ing. Vincenzo Figuccia, SITR, Comune di Marsala; Dott. Fabrizio Franco, Istituto Genna Spanò, Marsala; Dott.ssa Maria Grazia Griffo, Museo Archeologico ‘Lilibeo’, Marsala; Prof. Abdelkarim Hannachi, Università degli Studi ‘Kore’ di Enna; Ing. Vito Martelliano, Università degli Studi di Catania; Ing. Patrizia Murana, Provincia Regionale di Trapani; Arch. Federico Pensovecchio, ItiMed, Palermo; Geom. Giuseppe Piazza, Provincia Regionale di Trapani; Prof. Vincenzo Pipitone, Istituto Euro Arabo di Studi Superiori, Mazara del Vallo; Ing. Alessandro Putaggio, SITR, Provincia Regionale di Trapani; Dott. Salvatore Savoia, Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo; Avv. Maurizio Signorello, Marsala.
Note
[1] G. Arlotta, Santiago e la Sicilia. Pellegrini, Cavalieri, Confrati, in Santiago e l’Italia, Atti del Congresso Internazionale di Studi (Perugia, 23-26 Maggio 2002), a cura di Paolo Caucci von Saucken, Perugia-Pomigliano d’Arco 2005, pp. 41-99, pp. 48, 88-89. Online http://goo.gl/w77GfQ . Il diploma è stato trascritto dal paleografo Paolo De Luca che successivamente l’ha pubblicato in Documenta Pactensia, 2. 1, L’età sveva e angioina, a cura di P. De Luca, Centro Interdipartimentale di Studi Umanistici, Messina 2005, pp. 217-218.
[2] Mazara porta europea della Via Francigena? Una ricerca per scoprirlo, comunicato online sul sito web «Radio Liberty» del 24 Aprile 2013.
[3] G. Bianco, La via Francigena Mazarese, in La via Francigena mazarese: la porta europea, IVa Giornata di studio “Colligite Fragmenta” (Mazara, 27 aprile 2013), di prossima pubblicazione.
[4] A. Rizzo Marino, Gli Ebrei di Mazara nei secoli XIV e XV, in «Atti della Società trapanese per la storia patria», 1 (1971), pp. 1-78; G. Caracausi, Arabismi medievali di Sicilia, Palermo 1983, p. 286: «il toponimo Maimone»; ID., Dizionario onomastico della Sicilia, II, Palermo 1994, pp. 915 (Maimone), 929 (Mamuna); M. Signorello, Città e territorio, in Marsala, a cura di M.G. Griffo Alabiso, Marsala 1997, p. 211: Menzulimaimuni (Mamuna); G. Alagna, Marsala, il territorio, II, Palermo 1998, pp. 289-90: Mamuna; F. Maurici, Medioevo trapanese. Gli insediamenti nel territorio della provincia di Trapani dal tardo antico alle soglie dell’età moderna, Palermo 2002, p. 113: Menzulimaimuni (Manzil Maymun).
[5] Consiglio comunale della città di Marsala, Deliberazione n. 118 del 27 Luglio 2011: Adempimenti tecnici relativi agli strumenti ecografici e topografici per il censimento generale dal 2010/2011. Delimitazione delle Contrade.
[6] La tavola è un particolare dell’unione dei seguenti fogli della Carta IGM scala 1:25000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano (1970): 257_III_NE-Baglio Chitarra / 257_III_NO-Paolini / 257_IV_SE-Borgo Fazio / 257_IV_SO-Birgi Novo.
[7] L. Dufour (a cura di), La Sicilia disegnata. La carta di Samuel von Schmettau 1720-1721, Palermo, Società Italiana per la Storia Patria, 1995, p. 43.
[8] E. Manzi, Marsala polo vitale di una regione periferica, in I. Agostaro (a cura di), Città e territorio in Sicilia occidentale, Palermo 1979, pp. 109-152, 115-124: Peculiarità dell’insediamento marsalese; Signorello, Città e territorio cit., pp. 207-230.
[9] «منزل», Manzil, «lieu où l’on fait halte; hôtellerie, Station, relais. Logement, logis, demeure», cfr. J.B. Belot, Vocabulaire arabe-français à l’usage des étudiants, Beyrouth 1920, p. 820.
[10] S. Raccuglia, Sull’origine di Mezzoiuso. Ricerche storico-topografiche, Acireale, Tip. Orario delle Ferrovie, 1911, estratto da «Atti e Rendiconti dell’Accademia Dafnica di Acireale», ser. II, 2 (1905-1910), pp. 1-49, p. 12: «I Musulmani di Sicilia… dissero menzil i villaggetti posti lungo le strade, nati come luoghi di fermata dei viaggiatori, come Misilmeri e Miserendino [oggi S. Margherita Belice], che negli itinerari romani erano detti stationes, che sino a un certo punto corrispondono a quelle che ai tempi del Fazello e dell’Omodei erano dette osterie, e che noi potremmo anche dire fondaci o casali con albergo, nei quali cioè il paesetto si era venuto formando attorno al fondaco con la locanda e l’osteria annesse». Per altri esempi di toponimi che contengono la voce araba manzil, cfr. Signorello, Città e territorio cit., p. 211; Maurici, Medioevo trapanese cit., p. 113.
[11] Archivio Notarile Mandamentale di Marsala, Notaro Lemmo Schifaldi (1413-17), Faldone 164 (num. provv.), Atto del 20 giugno 1416 ind. 9. Il nobile Paolo de Sigalesio conferma che il proprio defunto genitore Michele nel suo testamento aveva legato una rendita annuale di onze 1.15 al convento di S. Francesco di Assisi di Marsala sulle sue terre di «Menzulimaimuna», e che il testamento era andato perduto “tempore invasionis terre marsalie per catalanos” (1394). Ringrazio l’avv. Maurizio Signorello di Marsala per avermi segnalato questo atto notarile inedito e il successivo.
[12] Archivio Notarile Mandamentale di Marsala, Notaro Giuliano de Armanno (1452-1462), Faldone 141 (num. provv.), Atto del 9 ottobre 1456 ind. 5. Riporta la vendita fatta da Antonio de lu Rallo a favore di Antonio Luchivia (per onze 3.17) della metà di quattro buoi e certi maggesi siti nella contrada di «Menzulimaimuna», con l’onere del pagamento del terraggio. La vendita era finalizzata alla costituzione di una società fra i due. Il documento è citato in Signorello, Città e territorio cit., pp. 211, 228 nota 22.
[13] Provincia Regionale di Trapani, 5° Settore “Lavori Pubblici, Viabilità, Portualità e Patrimonio”, Stato di transitabilità delle strade di competenza provinciale, Giugno 2013, “Elaborazione informatizzata dell’Ing. Alessandro Putaggio”.
[14] G. Perez, Manuale di ponti e strade, acque e foreste, 3, Palermo 1853; G. Nania, Toponomastica e topografia storica nelle valli del Belice e dello Jato, Palermo 1995, pp. 176-204; S. Fontana, L’irruzione del diritto nella storia. Il mito delle Regie Trazzere di Sicilia, in «Rassegna di Diritto civile», 1 (2001), pp. 63-80; V. Martelliano, Dal recupero degli itinerari storici alla valorizzazione paesaggistica dei nuclei minori, in Vivere e camminare in città. I centri minori: recupero e valorizzazione, Atti della XV Conferenza internazionale (Parma-Brescia, 19-20 giugno 2008), a cura di M. Pezzagno, E. Chiaf, Forlì 2009, pp. 141-151; Id., Conoscenza e progetto. La viabilità storica nella provincia di Enna, in C. Mancuso, F. Martinico, C.F. Nigrelli (a cura di), I Piani territoriali paesagistici nella provincia di Enna, in «Urbanistica Quaderni» 53 (2009), pp. 93-96; Id., La scoperta paesaggistica delle regie trazzere di Sicilia. Ricerche ed esperienze di pianificazione, in F. Martinico (a cura di), Ricerca, didattica e prassi urbanistica nelle città del Mediterraneo. Scritti in onore di Giuseppe Dato, Roma 2011, pp. 425-435.
[15] Il grande archeologo, studiando «una antichissima arteria stradale» del Siracusano, rilevò che essa, «mantenuta nel medioevo, diventò una di quelle trazzere simili ai traturi [!] delle Puglie e rimase in attività fino a mezzo secolo addietro». Un evidente processo evolutivo delle strade che Orsi, a fronte della sua pluriennale esperienza, estese a «quasi tutte le vecchie trazzere», cfr. P. Orsi, Sicilia. Relazione preliminare sulle scoperte archeologiche avvenute nel sud-est della Sicilia nel biennio ½ 1905 – ½ 1907, in «Atti della R. Accademia dei Lincei, anno CCCIV 1907, serie quinta, Notizie degli Scavi di Antichità», 4 (1907), pp. 741-778, p. 750, nota 1.
[16] Regione Siciliana, Ufficio tecnico speciale per le trazzere, Servizio Demanio trazzerale, Rete trazzerale, 1:250.000, part. relativo alla provincia di Trapani.
[17] Ufficio tecnico speciale per le trazzere di Sicilia in Palermo, Regia trazzera Mazara – Ponte S. Lorenzo Xitta, Relazione dimostrativa della Demanialità, Palermo 3 novembre 1928, Approvata il 26.II.1952. Partendo da Mazara, la R.T. 23 per un lungo tratto ricalca, tenendo sempre conto delle varianti apportate dall’uomo, l’odierna S.R. 18 il cui tracciato è evidenziato in giallo sulla citata mappa IGM 1:50.000 tra Mazara e la S.S. 188. Per riprendere il percorso della vecchia regia trazzera, bisogna avanzare sulla statale verso Marsala per 400 m arrivando così al bivio per Rinazzo. Da qui la R.T. 23 prosegue a Settentrione con il nome odierno di strada di bonifica S.B. 26. La percorriamo fino ad incrociare la strada provinciale S.P. 24 per una lunghezza di 2,7 km cioè il tratto che coincide con l’attuale linea di confine fra la contrada Nasco che si estende a Oriente, e la contrada Mamuna che si estende a Occidente. Dopo l’incrocio con la S.P. 24, la R.T. 23 prosegue per Xitta, ma in diversi tratti il suo tracciato è stato inglobato nei terreni attraversati.
[18] L’“ex feudo Fontana coperta” a metà del sec. XVII risulta di proprietà di Palacino Crapanzano, senatore di Trapani dal 1651 al 1654, cfr. G. Fardella, Annali della città di Trapani, Biblioteca Fardelliana Trapani, ms. 193, cc. 424-427. Alla morte della moglie Ottavia Pesce, nel 1663, il Crapanzano s’investì del feudo di Fontana Coperta, cfr. F. San Martino De Spucches, La storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia, III, Palermo 1925, p. 321. Per il sec. XVIII, cfr. R. de Divitiis, Dizionario dei predicati della nobiltà italiana, Napoli 1903, p. 80: «Fontana Coperta, Baronia, Sardo, siciliano»; «Sardo. Questa famiglia godette nobiltà in Catania, Siracusa, Monte S. Giuliano, Messina; possedette le baronie di Bulgarano, Fontana Coperta, Motta Camastra, ecc.», cfr. A. Mango di Casalgerardo, Nobiliario di Sicilia, II, Palermo, A. Reber, 1912; V. Palizzolo Gravina, Il blasone in Sicilia : ossia, Raccolta araldica, Palermo 1871-75, p. 340: «Sardo. …Altro ramo poi scorgesi in Trapani col titolo di barone di Fontana Coperta, di cui venne investito un Giuseppe Sardo 1720».
[19] È la R.T. 340 «Marsala – Quadrivio Salanga» oggi S.B. 24.
[20] È la R.T. 343 «Marsala – Quadrivio Timpone Torretta» che inizia da Marsala e continua per Salemi sulla R.T. 453 «Bivio Piano Ardito – Salemi». Lungo questo tragitto, fatte salve le varianti apportate dall’uomo, oggi si snoda la S.S. 188.
[21] Memorie patrie di Giuliano Passalacqua da Salemi, collaboratore corrispndente della Statistica letteraria delle due Sicilie, Palermo 1846, p. 370: «Di quell’altra strada rotabile tracciata [da Salemi] per Marsala, soffocate finalmente le discordie cittadine, non vi ha oggi persona che non ne ammiri l’amenità, la bellezza, l’ utilità, a menochè il pregiudizio non debba preferirsi alla verità, la passione privata al pubblico bene. Lode sia al benemerito Ispettore D. Marino Massari, il quale seppe tanto bene condurre una strada, che intersecando i principali poderi de’ facoltosi cittadini, e gli abituri de’ poveri contadini, e serpeggiando ne’ deliziosi giardini di S. Ciro, ci allieta il cuore colla vista di que’ vaghissimi panorama, e ci conduce sicuri in una via scevra di frane e di valanghe. A ragione quell’lspettore la chiamava la sua strada prelidetta, e il Decreto de’ 2 luglio 1844 la considerava “come preferibile a qualunque altra, sotto tutti gli aspetti”»; F.S. Baviera, Memorie istoriche su la città di Salemi connesse con dei rapidi tratti di storia siciliana, Palermo 1846, p. 124.
[22] G.E. Curatolo, Garibaldi, Vittorio Emanuele, Cavour nei fasti della Patria. Documenti inediti. Dieci lettere di Vittorio Emanuele a Garibaldi nel 1860. Scritti di Cavour, Mazzini, Cattaneo, Pallavicino, Cosenz, Cialdini, etc.; di Garibaldi all’Imperatore Guglielmo I ed a Bismarck. Con sessanta facsimili e quattro illustrazioni, Bologna 1911, p. 83: «[12 maggio 1860] La prima sosta, che i Mille fecero dopo aver lasciato Marsala, fu nel feudo di Chitarra e Buttagana; ivi i garibaldini si rinfrancarono, bevendo del buon vino, che un certo signor Alagna aveva messo a loro disposizione. Il Generale mangiò pane e formaggio. Verso sera la colonna giunse a Rampingallo, a metà strada tra Marsala e Salemi, feudo del barone Mistretta; quivi passarono la notte per proseguire l’indomani verso Salemi».
[23] È la R.T. 658 «Marsala (Bivio Cardilla) – Vita», il cui percorso oggi si snoda lungo tre strade provinciali, la S.P. 24 «Misilla – Paolini – Mandre Rosse – San Nicola», la S.P. 69 «San Nicola – Sanagia» e la S.P. 46 fino a Vita. La dizione siciliana “Scorcia cavallo” significa “Scortica cavallo” e vuole rimarcare le asperità del fondo stradale tali da scorticare un cavallo sotto il peso della soma, cfr. M. Pasqualino, Vocabolario siciliano etimologico, italiano e latino, IV, Palermo 1790, p. 418: «Scurciari, togliere via la pelle, Scorticare».
[24] J.C. Weigel, Sicilia Antiqua quae et Trinacria dicta. Nummis Siculis illustrata, Norimberga 1718.
[25] G. Parthey, M. Pinder (a cura di), Itinerarium Antonini Augvsti et Hierosolymitanvm ex libris manu scriptis, Berlino 1848, p. 45; O. Cuntz (a cura di), Itineraria Romana, I, Itineraria Antonini Augusti et Burdigalense, Lipsia 1929, pp. 1-85: Imperatoris Antonini Augusti Itineraria Provinciarum et Maritimum; per la Sicilia, pp. 12-14, 77 sg., 83; G.P. Verbrugghe, Sicilia, Itinera romana, Beitrage zur Strassengeschichte des römischen Reiches, II, Berna 1976, pp. 68, 70; R.J.A. Wilson, Brick and tiles in roman Sicily, in A. McWhirr (ed.), Roman brick and tiles, studies in manifacture, distribution and use in the Western Empire, Oxford 1979, pp. 11-43, 13.
[26] B. Pace, Arte e Civiltà della Sicilia antica, I: I fattori etnici e sociali, Roma-Napoli-Città di Castello 19582, p. 469. Sull’ubicazione delle tre citate stationes, cfr. anche R.J.A. Wilson, Sicily under the Roman empire: the archaeology of a Roman province, 36 BC – AD 535, Warminster 1990, p. 352, n. 37; E. Manni, Geografia fisica e politica della Sicilia antica, Roma 1981, pp. 186-187, 197-198; V. Giustolisi, Nakone ed Entella, Palermo 1985, pp. 53-65, 70, 187; BTCGI – Bibliografia topografica della colonizzazione greca in Italia e nelle isole tirreniche, 8, Pisa-Roma 1990, pp. 230-233; Nania, Toponomastica e topografia storica cit., pp. 197-200; G. Uggeri, La viabilità della Sicilia in età romana, in «Journal of Ancient Topography», Supplemento II, 2004, pp. 273-275.
[27] S. von Schmettau, Nova et Accurata Siciliae Regionum, Urbium, Castellorum, Pagorum, Montium, Sylvarum, Planitierum, Viarum, Situum, Ac singularium quorumq. locorum et rerum ad Geographiam pertinentium Descriptio Universalis, Iuxta regulas Astronomicas et Topographicas diligentissimo labore exarata, et inchoata, realizzata tra il 1720 ed il 1721, Biblioteca Nazionale di Vienna; pubblicata in Italia da Dufour (a cura di), La Sicilia disegnata cit. La mappa in figura è un particolare tratto dall’unione delle tavole 15 e 16.
[28] Sul baglio Maimone, cfr. Alagna, Marsala, il territorio cit., pp. 289-290.
[29] Gaufredo Malaterra, De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberti Guiscardi ducis fratris eius, ed. E. Pontieri, Bologna 1927-28, (Rerum Italicarum Scriptores, V, 1), lib. 2, c. 45.
[30] Ibid., lib. 3, c. 1.
[31] L.-R. Ménager, Inventaire des familles normandes et franques emigrées en Italie méridionale et en Sicile (XIe – XIIe siècles), in Roberto il Guiscardo e il suo tempo, Atti delle prime giornate normanno-sveve (Bari 28-29 maggio 1973), Roma 1975, rist. Bari 1991, pp. 279-410.
[32] C. Du Cange, Glossarium mediae et infimae latinitatis, Unveränderter Nachdruck der Ausgabe von 1883-1887, II, 3, Graz 1954, p. 591, voce: Francigenae: «Ita et Italis, quicumque Transmontani, Francigenae appellabantur».
[33] B. Migliorini, Calco e irradiazione sinonimica, in «Thesaurus. Boletín del Instituto Caro y Cuervo», 4 (1948) 1, pp. 14-28, p. 23: «si tratta della creazione di un vocabolo per la quale si prendono a modello schemi giá preesistenti … nella lingua [come] nel caso dell’irradiazione sinonímica». L’articolo di Migliorini è anche in Saggi linguistici, Firenze, Le Monnier, 1957, pp. 11-22.
[34] G. Arlotta, Vie Francigene, hospitalia e toponimi carolingi nella Sicilia medievale, in Tra Roma e Gerusalemme nel Medioevo. Paesaggi umani ed ambientali del pellegrinaggio meridionale, Atti del Congresso Internazionale di Studi (Salerno-Cava de’ Tirreni-Ravello, 26-29 ottobre 2000), a cura di M. Oldoni, III, Salerno 2005, pp. 815-886. Online http://goo.gl/H7Xu5g
[35] Malaterra, De rebus gestis cit., lib. 4, c. 7.
[36] Diario delle cose occorse nella città di Palermo e nel Regno di Sicilia, composto da Vincenzo Auria [1625- 1710], in Diari della città di Palermo dal secolo XVI al XIX, in Biblioteca Storica e Letteraria di Sicilia, a cura di G. Di Marzo, III, Palermo 1869, p. 32. Di Marzo segnala che in quella occasione fu dato alle stampe l’opuscolo del gesuita p. Giuseppe Spucces, Relation più distinta della conversione alla fede del già Mamet Celebì oggi D. Filippo, primogenito d’Amat Day re di Tunisi, aggiontovi il battesimo nella chiesa del Giesù di Palermo a 6 di maggio 1646, Palermo, per Niccolò Bua e Michele Portanova, 1646. La notizia era già in R. Pirri, Sicilia sacra disquisitionibus et notitiis illustrata, Editio tertia emendata et continuatione aucta cura et studio Antonini Mongitore, I, Panormi, apud haeredes Petri Coppulae, 17333, rist. anast. con uno scritto di F. Giunta sul Pirri, Sala Bolognese 1987, (1a ed.:1630-1641), p. 238.
[37] A. Altisent, L’almoina reial a la cort de Pere el Cerimoniós: estudi i edició dels manuscrits de l’almoiner fra Guillem Deudé, monjo de Poblet (1378-1385), Tarragona, Abadia de Poblet, 1969, p. 46: «item pos en dada a .xxvj. dies de juliol a Jacobo de Matsara, cecilià. Avi albarà de manament del senyor rey. LV sous».
[38] P. Corrao, Uomini d’affari stranieri nelle città siciliane del tardo medioevo, in «Revista de Historia Medieval», 11 (2000), pp. 139-162.
[39] Ibn Gubayr (Ibn Giobeir), Viaggio in Ispagna, Sicilia, Siria e Palestina, Mesopotamia, Arabia, Egitto, compiuto nel secolo XII, Prima traduzione, fatta sull’originale arabo da Celestino Schiaparelli, Roma 1906; Id., Viaggio in Ispagna, Sicilia, Siria e Palestina, Mesopotamia, Arabia, Egitto, Traduzione e note di Celestino Schiaparelli, disegni di Bruno Caruso, Palermo 1979; Voyageurs arabes. Ibn Fadlân, Ibn Jubayr, Ibn Battûta et un auteur anonyme, textes traduits, présentés et annotés par Paule Charles-Dominique, Paris, Gallimard, 1995.
[40] Voyaige d’oultremer en Jhérusalem, par le seigneur de Caumont, l’an MCCCCXVIII, publié pour la première fois d’après le manuscrit du Musée Britannique, par le marquis de La Grange, membre de l’Institut, Paris 1858; P. Scott Noble (a cura di), Le Voyatge d’Oultremer en Jherusalem de Nompar, Seigneur de Caumont (Medium Aevum Monographs, New Series 7), Oxford 1975; Voiatge de Nopar Seigneur de Caumont à saint Jaques en Compostelle et à Notre Dame de Finibus Terre en l’an 1417, in J. Vielliard, Le Guide du Pèlerin de Saint-Jacques de Compostelle, Texte latin du XIIe siècle, édité et traduit en français d’après les manuscripts de Compostelle et de Ripoll, Parigi 20045, pp. 132-140; H. Bresc, Una stagione in Sicilia, a cura di M. Pacifico, Palermo 2010, pp. 251-271: Una stagione in Sicilia: Nompar de Caumont a Isnello (1420).
[41] B. Lagumina, Le giudaiche di Palermo e di Messina descritte da Obadia da Bertinoro, in «Atti della Reale Accademia di Scienze e Lettere e Belle Arti», 3a serie, 4 (1896), pp. 3-22.
[42] S. Sciorto, La viabilità antica, I, Sicilia Sud-orientale, Catania 2013, pp. 108-113, 118-122.
[43] L. Santagati, Una pianta delle vie francigene e degli ospitali di Sicilia, in Le Vie e i Cammini di Sicilia: ricerca e associazionismo … in cammino, Convegno di Studi (Piazza Armerina 18-19 gennaio 2014), di prossima pubblicazione.
[44] Santiago e la Sicilia, Atti del Convegno Internazionale di Studi (Messina, 2-4 Maggio 2003), a cura di Giuseppe Arlotta, [Atti, 6], Perugia-Pomigliano d’Arco 2008. Relatori e Presidenti di seduta: Giuseppe Arlotta, Gioacchino Barbera, Henri Bresc, Paolo Caucci von Saucken, Guglielmo de’ Giovanni-Centelles, Maria Concetta Di Natale, Salvatore Fodale, Giovanni Molonia, Grazia Musolino, Giacomo Pace Gravina, Robert Plötz, Teresa Pugliatti, Laura Sciascia, Alfio Seminara, Angelo Sindoni, Sergio Todesco, Salvatore Tramontana, Giovanni Travagliato, Gaetano Zito.
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Giuseppe Arlotta, è il direttore di «Compostella», rivista scientifica del Centro Italiano di Studi Compostellani, istituto di ricerca dell’Università degli Studi di Perugia. Esperto di viabilità medievale, tra i suoi studi più significativi va ricordata la ricostruzione degli itineraria peregrinorum e degli hospitalia nella Sicilia medievale e un’ampia indagine sulle vie italiane percorse nel Medioevo da pellegrini provenienti da tutta Europa e diretti a Roma, a Gerusalemme e a Santiago di Compostella. Tra le sue pubblicazioni sugli ‘itineraria peregrinorum’: Guida alla Sicilia jacopea. Quaranta località legate a Santiago di Compostella (2004); Attraverso l’Italia. Dall’Europa a Roma, a Gerusalemme e a Santiago di Compostella nel Quattrocento (2011)
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