Chi percorre il metrò è un soggetto, un individuo, un viaggiatore … addirittura, nell’ambito di un’indagine di mercato, Floch lo definisce non solo “utente” ma, anche, “cliente”. Schematizzando un po’ si ottiene una sorta di sviluppo del soggetto-agente in termini performativi: /soggetto//viaggiato- re/ /utente/ /cliente/[1].
In altre parole, un soggetto agente si configura come individuo che fa uso di luoghi attrezzati e finalizzati al trasporto urbano ed è fruitore di servizi. Di conseguenza il suo essere là, il suo fare, muoversi e viaggiare diventa oggetto di studio e oggetto di azioni commerciali ed economiche. Il trasporto e i mezzi di trasporto non sono un prodotto materiale ma sono beni e servizi e, dunque, il consumo si traduce in pratiche e in azioni di uso e di fruizione le quali, nel caso del metrò, si dinamizzano nello spazio in forma di movimenti e spostamenti. Infatti, nello studio condotto da Floch e dal suo team di ricercatori, ad esempio, gli individui vengono configurati in base alle pratiche di fruizione di spazi e servizi: «definiamo un viaggiatore come qualcuno che, “per definizione”, vive un certo percorso. Che vive un percorso oltre ad effettuarlo» (Floch, 1992: 59). In tal senso, Floch scompone l’attraversamento del metrò in diversi aspetti del viaggiare e in tipi di comportamento intesi come modi di vivere il percorso. Anche se non è evidente c’è climax agentivo: effettuare un percorso / modalità e comportamento / vivere un percorso
Il passaggio di qualità è un processo di significazione poiché percorrere, vivere e muoversi in un contesto strutturato sono forme agentive di rappresentazione delle relazioni fra il soggetto e lo spazio. Tali azioni entrano a far parte della vita quotidiana di ognuno e l’agire individuale si configura in percorsi vissuti. Un percorso è totalità autonoma, ha un inizio e una fine ed è orientato e segmentabile. Ne consegue che le pratiche e gli schemi di azione che si configurano nel metrò mostrano una certa coerenza interna tra vissuto esperito e senso attribuito che permette di considerarle dei veri e propri percorsi agentivi dei soggetti che vi transitano. Quindi il metrò non va considerato soltanto uno “spazio attraversato” ma anche e soprattutto un “contesto relazionale ed esperienziale” di soggetti che attivano sequenze di azioni.
Tale carattere di relazionalità dell’esperienza di viaggio dà senso alle pratiche stesse agite nel metrò. Le sequenze di azioni sono modalità performative di appropriazione dello spazio e attraverso le azioni si entra in intimità con gli spazi per cui i contesti pubblici acquistano un carattere relazionale personale. Le azioni sono agency nel momento in cui acquistano senso per uno e più individui all’interno di una collettività. Quindi, esse, oltre ad assumere senso grazie a un sistema di valori condiviso, nella loro sequenzialità sono da considerarsi più ampie configurazioni testuali. Questa “prospettiva testuale” permette di fare emergere i rapporti di relazione logica fra le pratiche inscritte in un sistema semantico strutturato e complesso e l’attribuzione di senso e significato alle azioni umane in contesti sociali depersonalizzanti. Inoltre, un approccio semiotico di tipo testuale ci permette di considerare le pratiche sia come processo di produzione di senso sociale e culturale sia come “oggetto” prodotto. Detto in altri termini, le pratiche sono nella loro dimensione testuale oggetto intellegibile e strumenti di intelligibilità delle configurazioni del senso nei fenomeni sociali e, come in questo caso, in contesti urbani più o meno specifici.
Greimas, in particolar modo, definisce lo spazio in quanto forma significante investita in un testo. Il fine di questa semiotica topologica è quello di spiegare i processi di significazione del senso attribuito allo spazio nel quale si inscrivono oggetti, soggetti e azioni. Il presupposto di base è che lo spazio assume la forma di testo significante per un soggetto in relazione con gli oggetti che ne fanno parte. Attraverso l’azione di trasformazione degli oggetti da parte del soggetto, lo spazio assume significato e diventa testo. In tal senso, una finalità dell’analisi consiste nell’esplicitare la grammatica spaziale soggiacente che collega il soggetto del fare al suo oggetto in un contesto d’uso. Un esempio è la città-testo della quale Greimas tratta in Semiotica e scienze sociali. Questo modello di analisi semiotica degli spazi urbani potrebbe essere esso stesso generatore di altri modelli simili applicabili all’analisi di altri spazi simbolici e sociali come ad esempio il metrò.
Le sequenze di azioni nel metrò possono essere considerate un “oggetto semiotico complesso” così come viene definito da Greimas in Semiotica e scienze sociali: «i linguaggi forniti in ogni caso di esistenza autonoma possono anche funzionare da linguaggi di manifestazione che riuniscono più codici di espressione per produrre una significazione globale» (Greimas, 1991: 174). Di fatto, lungo i percorsi del metrò, nelle sequenze agentive, l’azione è accompagnata e orientata dal linguaggio verbale, visivo e gestuale come ad esempio mediante le modalità d’uso, la cartellonistica e le affissioni murali, i movimenti e la gestualità degli agenti. L’utente del metrò, di fatto, agisce in maniera più o meno automatizzata in un ampio contesto di comunicazione integrata.
Attraverso un’analisi semiotica si può, dunque, spiegare il senso in termini di relazioni includendovi anche l’intenzionalità, la consapevolezza, la volontà, la libertà di agire. A tal fine, ritengo interessante analizzare i percorsi agentivi nel metrò applicando le categorie attanziali e modali del sistema teorico semiotico formulato da Greimas. Parto dal presupposto che le pratiche testualizzate sono dotate di narratività e passibili quindi di una rappresentazione figurativa, discorsiva e semio-narrativa. Dato che le azioni osservabili costituiscono il livello semantico di superficie, l’analisi greimasiana permette di spiegare il processo generativo profondo e di considerare le pratiche non come azioni slegate, casuali e inconsapevoli bensì come modalità agentive che assumono senso perché inscritte in un sistema coerente di relazioni. Secondo questo modello che propongo, le azioni sono osservabili a livello figurativo sotto forma di movimenti, spostamenti e comportamenti, assumono coerenza in sequenze, trovano spiegazione e interpretazione delle motivazioni e dei gradi di intenzionalità a livello di analisi narrativa e sintattica.
Le sequenze di atti definiscono i passaggi di trasformazione del soggetto e ne orientano il diverso posizionamento nel contesto-metrò. Al suo trovarsi in uno spazio agentivo sottende un sistema sintattico che ne definisce a livello profondo (generativo delle sue azioni) la coerenza del suo essere lì. In poche parole, semplificando, sei utente perché una struttura profonda (un modello) genera le tue azioni, attribuisce al tuo fare un investimento, ne definisce la competenza e ne attualizza la performanza al fine della realizzazione del servizio prestato.
La sintassi narrativa profonda costituisce un sistema regolatore dell’espressione discorsiva di superficie dei soggetti in azione osservabili e descrivibili. Allora, è possibile distinguere un livello superficiale di rappresentazione delle azioni costituito dai comportamenti individuali e i diversi livelli di significazione profondi degli eventi agentivi. Ne consegue che i moderni contesti sociali e l’agire solitario degli individui vengono investiti di una diversa interpretazione dei livelli di attribuzione di intenzionalità e di agentività delle azioni dei soggetti sociali individuali e collettivi in spazi strutturati di pubblica utilità (come nel caso del metrò, delle istituzioni scolastiche, di contesti di lavoro).
Questa sintassi generativa delle azioni è performativa e ha esito aspettuale sulle azioni dell’utente. Ne sono espressione narrativa e discorsiva le modalità d’uso e anche la dimensione contrattuale che rende attivabile e dunque possibile la relazione agentiva fra un soggetto e il metrò inteso come contesto interazionale d’azione individuale in una cornice semantica collettiva. Infatti, se il percorso nel metrò si costituisce come programma d’azione esso è anche rappresentabile, da un punto di vista semiotico, come schema narrativo e, in quanto tale, potenzialmente generativo di senso: agendo nello spazio del metrò il viaggiatore si trova in uno stato di giunzione con la società. La relazione fuori/dentro il metrò coincide con la relazione fra il momento e l’atto dell’ingresso che sancisce lo stato di giunzione rispetto ad un iniziale stato di disgiunzione. L’uscita è il secondo cambiamento di stato per il quale il viaggiatore compie idealmente dal punto di vista semantico un percorso inverso dentro/fuori, da uno stato di giunzione ad uno stato di disgiunzione. Dal punto di vista discorsivo il valore degli atti è di portata inversa: in termini greimasiani, l’uscita è, rispetto all’ingresso, la vittoria, la ricompensa e ad essa segue comunque una successiva forma di giunzione con la società che si realizza in uno spazio altro rispetto all’ingresso. Il luogo dell’arrivo, dunque, si costituisce come “l’oggetto di valore”, voluto, desiderato e realizzato. Inoltre, l’ingresso e l’uscita sono atti di frontiera dell’essere e del fare. L’ingresso è l’investitura; l’uscita è la ricompensa intesa come conclusione felice dello schema d’azione. Fra le due frontiere si svolge il programma narrativo della virtualizzazione, dell’attualizzazione e della realizzazione dell’agire individuale.
È chiaro che stiamo considerando soltanto un aspetto dell’attraversamento del metrò come servizio prestato più specificatamente inteso come servizio di trasporto; ma l’attribuzione di valore cambia e il sistema semantico si arricchisce ulteriormente se si considerano anche altre forme di presenza nel metrò per scopi che trascendono o che si differenziano dal servizio di trasporto come, ad esempio, nel caso delle varie forme di intrattenimento oppure nel caso di eventi a scopo pubblicitario che hanno luogo sia all’esterno che all’interno delle vetture. Non dimentichiamo che il metrò è uno spazio collettivo di utilità pubblica nei quali i soggetti agiscono in maniera individuale a scopi personali. Il dialogo tra agente solitario e collettività, utente e società di servizi, individuo e gruppo sociale si realizza secondo programmi d’azione che hanno una coerenza interna dovuta alle relazioni logiche sintagmatiche fra soggetti, scopi e modalità dell’agire nel tempo e nello spazio. Pertanto, nel metrò, non si può isolare e definire un vero e proprio anti-soggetto collettivo rispetto al soggetto individuale. Le modalità d’uso e la strutturazione fisica degli spazi che ne orienta e ne destina la fruizione sono espressioni della volontà di un ente collettivo (l’impresa dei trasporti pubblica o privata). Le modalità d’uso, a loro volta, sono al tempo stesso le modalità contrattuali che permettono l’attualizzazione del soggetto creando i presupposti agentivi del poter fare. I servizi (di biglietteria, di trasporto, di consulenza del personale addetto, ecc.) subiscono anch’essi delle trasformazioni, sono virtualizzati e diventano attualizzati nel momento in cui l’utente li mette in essere e realizzati in quanto servizi prestati. In quest’ultima fase interazionale possiamo considerare, in termini greimasiani, anche il servizio prestato come “oggetto di valore”. Dunque, ad una sequenza di azioni che procede, apparentemente, secondo un susseguirsi deterministico, responsivo e automatizzato, sottintende, invece, una struttura profonda di regolazione semantica e sintattica del fare. Ciò emerge, soprattutto, addentrandoci nei meandri teorici e più specialistici di un’analisi delle pratiche nel metrò facendo riferimento al sistema modale greimasiano. Come è noto, le “modalità” regolano i rapporti logico-sintattici e predicano le trasformazioni del soggetto del fare e del soggetto di stato. In particolar modo i valori modali attribuiti alla dimensione fattuale sul piano volere-dovere e sul piano sapere-potere sono categorie teoriche utili ad inquadrare l’agire umano nel metrò in un sistema agentivo significante all’interno del quale i soggetti agiscono con fare performativo sul proprio stato dell’essere. Un aspetto molto importante che emerge è che le modalità (dovere e volere) predicano non solo il fare dell’utente ma anche ulteriori aspetti performativi del soggetto destinante che può essere narrativizzato da un attore individuale (personale addetto, viaggiatore …), collettivo (impresa di trasporto …), dalla comunità sociale (servizi di trasporto, …) da progetti di vita (percorsi e itinerari di vita familiare, lavorativa e quindi bisogni personali e doveri sociali). Ciò è reso possibile dal principio di non-concomitanza posizionale degli attanti semiotici rispetto agli attori del livello discorsivo. A prova di ciò, si legge in Greimas che le trasformazioni da parte dei soggetti dello spazio in testo avviene attraverso dei programmi di comportamento che sono programmi di azioni significanti agiti non necessariamente da attori umani (come ad esempio accade nei processi di industrializzazione della società). A tal proposito Greimas contestualizza a livello disciplinare le pertinenze semiotiche della questione:
«Il riconoscimento di prassi sostitutive di segmenti del fare somatico tramite programmi automatizzati interesserà la semiotica solo in quanto questa “cosificazione” delle pratiche sociali faciliterà la segmentazione del testo urbano in istanze autonome e isotope del fare» (Greimas, 1991: 139).
Si può anche presupporre che nel metrò il destinatario sia destinante di se stesso come nel caso in cui un unico attore attribuisce a se stesso il dovere e/o il volere agire (nel caso del metrò: accedere agli spazi attrezzati e strutturati e fruire dei servizi di trasporto).
A conclusione della presente analisi semiotica mi preme fare un’ultima riflessione di notevole portata teorica. È chiaro che nel metrò, agiscono diversi soggetti i cui programmi d’azione procedono paralleli. Che tali programmi si incrocino nel proprio farsi, o no, non impedisce la configurazione di una forma di meta-soggetto collettivo il quale non esaurisce il proprio valore agentivo nella somma non relazionale delle azioni degli individui che agiscono. È l’attribuzione di senso alle pratiche che crea la dimensione collettiva. In altri termini il ruolo attanziale dell’utente viene agito contemporaneamente da numerosi attori che non necessariamente entrano in contatto relazionale tra loro, e ciò nonostante ogni attore contribuisce con la specificità della propria individualità all’attribuzione di senso alle pratiche configurate dalle funzioni attanziali. In tal senso, emerge la reciprocità del confronto performativo fra il profilo impersonale dell’utente del metrò e gli agenti individuali che agiscono a livello pragmatico.
Inoltre, i diversi servizi offerti sono dei micro-programmi narrativi che si svolgono all’interno dell’esperienza del viaggio. Il servizio di biglietteria, la consulenza del personale addetto costituiscono micro-programmi agentivi e relazionali che orientano l’agire individuale secondo schemi programmati e pre-ordinati secondo criteri di efficienza ed efficacia del sistema. Il senso di cui è dotato l’agire trascende l’intenzionalità personale e si svolge in un insieme coerente di azioni sociali collettive. Dunque, alcuni dei servizi prestati nello spazio del metrò possono essere analizzati come oggetti-supporto secondo la contestualizzazione che ne opera Greimas parlando della città-testo in Semiotica e scienze sociali. Si può applicare tale modello al servizio di biglietteria a titolo esemplificativo: il soggetto del fare agisce entrando in relazione giuntiva con l’oggetto-supporto rappresentato dal dispositivo di biglietteria, il quale, però, è interrelato, tramite i moderni sistemi di informatizzazione dei servizi, ad altri oggetti-supporto come ad esempio la rete di gestione telematica della società di trasporto che gestisce gli spazi strutturati.
In definitiva, secondo questo modello di analisi, si definiscono due istanze agentive: l’istanza individuale e l’istanza collettiva. A tali istanze corrispondono due tipi di oggetti-supporto, due tipologie del fare, ruoli sintattici differenti attuati nei programmi di azioni di due diversi tipi di soggetti agenti (cioè individuale e collettivo) che, a prescindere dagli attori sociali, agiscono all’interno di sistemi relazionali e interazionali significanti. È così che il fare dei soggetti individuali acquista senso e significato per sé e per gli altri in una cornice agentiva collettiva.
L’utente non è un soggetto che attraversa spazi anonimi: egli è l’agente che fa esistere lo spazio attivando e svolgendo il proprio programma narrativo. Come se il sistema stesso attraversasse le fasi di virtualizzazione, attualizzazione e realizzazione configurandosi nel percorso paradigmatico e sintagmatico dell’attorializzazione degli attanti e dei ruoli tematici. In tal senso, fruire dei servizi di trasporto della metropolitana per spostarsi e muoversi all’interno di spazi urbani più ampi significa partecipare di un sistema agentivo relazionale sociale e collettivo significante di “stili di vita”, di una “cultura urbana” che è anche uno degli aspetti del “senso della vita” nel mondo moderno.
Dialoghi Mediterranei, n.19, maggio 2016
Note
[1] Le relazioni fra il fare del soggetto e i ruoli svolti nell’agire (come viaggiatore, utente e cliente) possono essere espresse, anche, da rappresentazioni sintattiche diverse da quella qui proposta. Infatti, a seconda delle relazioni logiche che si intende rappresentare si potrebbero proporre, a titolo esemplificativo, anche le seguenti configurazioni agentive:
/soggetto/ /utente/ /viaggiatore/ /cliente/
/soggetto/ /utente/ /cliente/ /viaggiatore/
Tali configurazioni sottendono l’intento di mettere in rilievo, di volta in volta, la dimensione soggettiva oppure l’esperienza del viaggio oppure, ancora, aspetti più legati ad un approccio sociologico ed alle sue implicazioni in contesti commerciali e pubblicitari.
Riferimenti bibliografici
Floch J. M., Semiotica marketing e comunicazione. Dietro i segni, le strategie, FrancoAngeli, Milano, 1992 (1990).
Greimas A. J., Semiotica e scienze sociali, Centro Scientifico, Torino, 1991 (1976).
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Concetta Garofalo, laureata sia in Lettere sia in Studi storici, antropologici e geografici presso l’Università degli Studi di Palermo, studia i molteplici aspetti teorici e pragmatici della agency e i processi, a breve e lungo termine, di interazione fra soggetti, instaurati nel mondo contemporaneo in relazione ai sistemi culturali di appartenenza, in spazi e tempi configurati soprattutto dai contesti urbani e dai contesti di apprendimento. La sua prospettiva di ricerca interdisciplinare attinge agli ambiti di studio più specifici dell’etnopragmatica e della sociosemiotica.
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