dialoghi sul negazionismo
di Nino Giaramidaro
Mia figlia, suo marito e mio nipote per il mio recente compleanno mi hanno porto gli auguri e dolcini dalla finestra sul cortile: da tempo non vogliono entrare perché temono di contagiare me e mia moglie. Loro escono di casa per il lavoro e per esigenze farmaceutiche, burocratiche e alimentari. Mio nipote va a trovare la fidanzatina e anche alcuni compagni di scuola-amici. C’è il rischio, dicono. Forse esagerano, forse hanno ragione.
Questo mio compleanno bisestile l’ho trascorso come se avessi vent’anni: a tu per tu con mia moglie che ha acceso pure una candela d’atmosfera rossa sulla tavola bianca. Ci sorridevamo per non farci soverchiare dal silenzio. Non so se devo temere di più il Covid 19 oppure gli ultimi giorni di questo perfido e implacabile anno che ha strappato decine di persone dal mio vissuto, diminuendomi ogni volta sempre di più.
La campana ha suonato a distesa. Come si fa a pensare morto Paolino Rossi, tre reti al Brasile dell’esterrefatto Valdir Peres, Zico, Falcao Cerezo e Socrates. Juliette Greco che con le sue canzoni ha giustificato i miei maglioncini alla marinara blu. Luis Sepulveda, volato verso la sua gabbianella, Stirling Moss e Carlo Ubbiali (nove titoli mondiali ancora con l’inebriante odore di olio di ricino bruciato). E ancora Diego Armando Maradona, “la mano de Dios” che punì l’altezzosità inglese e lo sprezzante portiere Shilton che lo aveva chiamato “ciccione”; e cinque birilli del Kingdom scartati nel secondo gol, “il più bello del secolo”. Allo Azteca di Città del Messico lo ricordano ancora quel sesto minuto del secondo tempo del 22 giugno dell’86. Pietro Anastasi, il “Pelè bianco”, la Sicilia in Nazionale. E Zizi Jeanmaire che mi pareva sorridesse mentre danzava come una piuma: un metro e 55 ma sembrava infinita. Lucia Bosè, Ennio Morricone, Michel Piccoli, Kirk Douglas e Max von Sydow. E Gigi Proietti, che mi ha alleviato non poche giornate pesanti: dalle canzoni alle arguzie e non so descrivere tutto quello d’altro che sapeva fare; Quino, il padre di Mafalda, Sergio Zavoli, Philippe Daverio, Alberto Arbasino, Rossana Rossanda, Emanuele Severino.
Non voglio ricordare i tanti altri siciliani dello sterminio bisesto nel cui vortice è caduto anche il mio amico Aurelio Pes, colto, ironico e sapiente e pochi giorni fa il Covid ha ucciso Lelio Giannetto, 59 anni mettendo a tacere il suo “contrabbasso parlante”. Un esteso cahier de doleance che sento più che doglianze, come un’afflizione sconosciuta e incontenibile che irrompe negli ozi delle mie giornate e si acutizza quando sono avvertito che i “negazionisti” hanno perpetrato un’altra scorreria: concentrati nelle strade illustri delle grandi città nostre ed europee, alla spicciolata nei piccoli centri con la mascherina diventata sottogola o braccialetto. Oppure assente, bella parola rubata a Pablo Neruda.
Per me rimangono impenetrabili i meccanismi che sostengono il negazionismo dell’Olocausto, che irride a milioni di morti, ancora di più sento come imperscrutabile, al di là della ragione – e del cuore – ciò che muove i negazionisti del virus che attentano a migliaia e migliaia di vivi. Edwin Cameron, un giudice sudafricano, sostiene che «per i negazionisti le verità sono inaccettabili». Oppure si sentono essi stessi immuni da qualsiasi male. Come “li crasti di la Sammuca”. Un “mimo siciliano” sfuggito a Francesco Lanza e che sopravvive nella vecchia oralità dialettale: Il picuraro andava all’ovile, prendeva uno dei crasti e se lo portava. Quelli che rimanevano, scrollato il vello, dicevano “’un veni pi mia”. Così, ad uno ad uno fecero la fine di tutti i montoni: carni di crastu.
Può essere un apologo proficuo per le squadre di imbecilli che perorano – e agiscono – come se il virus non ci fosse. Livio Fanzaga, presbitero degli Scolopi e direttore di Radio Maria, predica la negazione dell’esistenza del virus e la sua pericolosità. Anche diffondendo fantapolitica che nemmeno nella tuttologia dal barbiere viene presa in considerazione. Il 15 novembre scorso, in una diretta radio, ha sostenuto che la pandemia è un complotto mondiale delle élite ispirato da Satana per conquistare il mondo entro questo nuovo anno e rendere tutti degli zombie; progetto del quale l’elezione di Joe Biden alla presidenza degli Stati Uniti sarebbe “la ciliegina sulla torta”. Pure se religioso non ha orecchie per il suono della campana di John Donne.
L’ucraino Dmitriy Stuzhuk, esperto di fitness e promotore del salutismo, con oltre un milione di ammiratori, aveva negato l’esistenza del Covid-19. L’ha pagata “di faccia”, come si dice a zecchinetta: è morto a 33 anni falciato dal virus.
Si sommano, sovrappongono, imperversano le dissennate gesta del negazionismo: aggressioni agli autisti che su autobus e treni chiedono l’obbligo della mascherina, calci all’ambulanza perché “Siete dei terroristi”, rifiuto della mascherina perché “fa più male del virus”, adunate quasi oceaniche a viso scoperto per strade e piazze. Tanto il virus non c’è e se c’è “Non veni pi mia”.
L’uomo è condannato ad essere libero, ha sostenuto Sartre, ma è probabile che non avesse considerato la libertà negazionista. Non sono in pochi a rivendicarla e non li ricrede nemmeno il milione e 637 mila morti nel mondo e i 66 mila e 537 in Italia (17 dicembre).
Sara Cunial, deputata ex grillina ora nel gruppo misto, sostiene che le vaccinazioni sono un “genocidio gratuito”; ad una manifestazione contro le mascherine in piazza San Giovanni a Roma si è presentata a viso scoperto ma indossando un casco e ha dichiarato che «La possibilità di morire di coronavirus è minore di quella di morire per un asteroide. Così mi sono attrezzata».
Gruppi di giovani, le baby gang, sono passati all’azione come nei film di quarta serie americani: a Roma pestano altri giovani senza nemmeno un pretesto; a Palermo piazza Castelnuovo e piazzetta Bagnasco nei fine settimana si trasformano in un pericoloso quadrilatero delle Bermude nel quale scorrono drappelli della violenza composti da bambini (9 anni) e quattordicenni.
Sembra che con l’incalzare di notizie, dichiarazioni e numeri che sostengono teorie in opposizione, il senno di molti si appresti a trasferirsi sulla luna. Le mascherine, grande presidio antivirus, no, servono a poco; lavarsi le mani spesso e fare molta schiuma, attenzione così facendo si distrugge la flora batterica che ci protegge; starsene ad almeno un metro di distanza dagli altri, ma uno sternuto arriva a molti più metri; assumere integratori che aiutano le difese immunitarie, attenzione possono sostenere il virus; c’è già un vaccino, repentinamente confezionato, ma si segnalano casi di pesante allergia.
Scienziati contro così come politici e governanti; e megadirettori e direttorini che colgono l’occasione per non dire niente davanti ai microfoni della televisione. Acronimi e sigle allineati in frasi senza affabilità che appaiono intimidazioni cattedratiche imperscrutabili da chiunque. Ogni giorno spuntano nomi sconosciuti che sono ai vertici della Sanità nazionale, tantissimi vertici che non hanno il desiderio di raggiungere accordi e lasciano nella familiare immobile indeterminatezza governo e chi deve dire sì o no. E l’Italia è la prima nazione al mondo nel rapporto morti Covid/abitanti, afferma la Johns Hopkins considerata la prima “università di ricerca” degli States. Con questo grande primato il tergiversare che ci ha tenuto trepidanti si è coagulato in un Natale e Capodanno di solitudine domiciliare: si potranno ospitare solo due persone adulte. Nel mio caso farò sedere a tavola mia figlia e mio genero, mio nipote rimarrà a guardarci dalla finestra; gli potremo passare piatti asportati. Forse questa perfidia è necessaria. Mah, mi sembra che sia stata presa la decisione adottata da settimane in alcuni bar da me frequentati: “chiuremu tutti cosi”.
Il puntuale bollettino quotidiano continua a seguire l’adagio mazarese “aisa di prua e abbassa di puppa”. Nuovi ricoveri morti terapie intensive e non. Tamponi. Il più gran numero di quelli effettuati ogni giorno in tutt’Italia si aggira attorno ai 200.000. La popolazione al 1 agosto scorso era di 59.991.186: dall’inizio della pandemia sono stati “tamponati” 24.482.190 (15 dicembre scorso), meno della metà degli italiani.
Mentre il combattimento ancora imperversa dall’Inghilterra, la perfida Albione, arriva a Roma il primo contagiato da una forma mutata del virus che più “ratto s’apprende”, del quale nulla si conosce, dichiarato “fuori controllo” e che – supposizioni – non dovrebbe resistere al vaccino.
Chissà quali altri colpi di coda ci riserba questo crudele 2020. Possiamo allargare al mondo quello che Leonardo Sciascia attribuiva alla Sicilia: siamo in «una dimensione fantastica. Come si fa a viverci senza immaginazione?». E speriamo anche nella famosa immunità di gregge, magari guidato dai crasti che ci sono in ogni Paese.
Dialoghi Mediterranei, n. 47, gennaio 2021
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Nino Giaramidaro, giornalista prima a L’Ora poi al Giornale di Sicilia – nel quale, per oltre dieci anni, ha fatto il capocronista, ha scritto i corsivi e curato le terze pagine – è anche un attento fotografo documentarista. Ha pubblicato diversi libri fotografici ed è responsabile della Galleria visuale della Libreria del Mare di Palermo. Recentemente ha esposto una selezione delle sue fotografie scattate in occasione del terremoto del 1968 nel Belice.
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