di Olimpia Niglio
Recita un antico proverbio greco:
Una società cresce e diventa grande quando gli anziani piantano alberi alla cui ombra sanno che non potranno mai sedersi.La 16a Mostra Internazionale di Architettura aperta a Venezia lo scorso 26 maggio presso i Giardini e l’Arsenale propone un tema di riflessione molto suggestivo e propositivo. Le curatrici irlandesi, Yvonne Farrell e Shelley McNamara laureate presso l’University College di Dublino dove insegnano dal 1976 e socie fondatrici dello studio Grafton Architects [http://www.graftonarchitects.ie/], hanno individuato nella parola composta FREE-SPACE, letteralmente “spazio libero”, un contenuto semplice ma allo stesso tempo audace per avvicinare le differenti comunità chiamate a dialogare su un interesse comune ossia l’architettura, uno spazio che liberamente ci accoglie ogni giorno, nei luoghi in cui trascorriamo la nostra vita privata e pubblica, dove lavoriamo, leggiamo, viaggiamo con la mente durante il nostro tempo libero.
Nella sua visione assoluta il concetto di “spazio” costituisce un luogo indefinito, senza confini ma in cui sono contenute presenze materiali che occupano fisicamente una posizione e quindi danno vita a relazioni di tipo dimensionale, ossia geometrico, che caratterizza i valori tridimensionali di questa materialità. Si tratta per l’appunto della percezione tridimensionale che caratterizza l’architettura a cui dobbiamo però unire la quarta dimensione, ossia quella temporale, e quindi la presenza del “tempo” che interviene nel definire un sistema di riferimento, che seppure relativo, ci aiuta ad analizzare l’evoluzione e la trasformazione di questa materialità. Con riferimento alle teorie kantiane lo “spazio” insieme al “tempo” non sono altro che intuizioni pure proprie di ogni possibile esperienza umana (Kant, 2005).
Così Yvonne Farrell e Shelley McNamara attraverso il loro FREESPACE hanno rimesso al centro il patrimonio umano (Niglio, 2017) e quindi tutto ciò che l’uomo, per la sua sopravvivenza, ha realizzato modellando nel tempo lo spazio in cui è nato, arricchendolo o impoverendolo mediante azioni che hanno generato materialità ma anche estetica, linguaggio e bellezza.
Ecco che questo spazio indefinito si materializza liberamente sui differenti altopiani del mondo dove l’uomo ha disegnato il luogo in cui abitare, ha inciso sulla superficie terrestre la presenza del suo passaggio all’interno di un determinato arco temporale, ha dialogato con lo spazio sovrastante, ha modificato le relazioni tra uomo e natura, ha trasformato lo spazio rispondendo ai desideri e alle necessità del tempo. Così liberamente l’uomo è intervenuto sullo spazio e nel tempo mediante atti che sono alla base del concetto stesso dell’architettura.Tuttavia la storia tramanda sempre eredità di grandi trasformazioni epocali, di rimessa in discussione di schemi, linguaggi, modi di vita che hanno fortemente inciso sulla condizione dell’umanità. Questa consapevolezza deve aiutare a leggere queste incisioni, questi segni lasciati dall’uomo.
Tali considerazioni devono quindi guidare l’umanità verso una libertà di interpretazione della creatività, dove le comunità possano trovare il modo di condividere e coinvolgere le persone nel tempo, molto tempo dopo che l’architetto ha lasciato la scena. L’architettura ha infatti una vita attiva e passiva [Manifesto FreeSpace https://www.readingdesign.org/freespace-manifesto].
Ecco che la condivisione delle trasformazioni dello spazio nel tempo consentono all’uomo di agire liberamente costruendo la nuova “agenda dell’architettura” in grado di concentrarsi sulle reali contingenze delle diverse comunità all’interno di un mondo sempre più multiculturale e multietnico. Quindi FRESPACE intende aprire una finestra di riflessione sulle capacità che l’uomo ha naturalmente di essere generoso e, grazie a tale generosità, creare condizioni di vita capaci di assicurare il benessere e la sostenibilità, offrendo altresì opportunità per ricostruire un armonioso dialogo tra uomo e risorse naturali utili alla vita.
L’architettura diviene così spazio democratico, luogo di scambio tra persone e materialità, con ciò che è natura e ciò che è progetto, spazio del tempo e della memoria passata e proprio tutto questo potrà aiutare le giovani generazioni a scavare dentro quei segni e quelle incisioni lasciate dall’uomo nel corso della sua vita per riscoprire quegli strati culturali che sempre più unisce “l’arcaico con il contemporaneo”. Infatti armonizzare le sequenze della storia con le esigenze della contemporaneità significa costruire armonie in grado di aiutare l’uomo a perseguire i princìpi della bellezza.
L’architettura infatti deve essere vissuta nella sua spazialità e temporalità ma si deve anche sentire, percepire attraverso i sensi, essendo lo sguardo, l’udito, il tatto fondamentali per interpretare ciò che è oltre la forma. Tutto questo perché l’architettura richiede, nella sua fase creativa, un impegno emotivo ed emozionale molto grande, senza il quale non è possibile pensare che si possa realizzare qualcosa di sublime e di importante per l’umanità. Il progetto di architettura deve infatti puntare sui valori fondamentali e soprattutto sul recupero dei valori che nel passato hanno caratterizzato l’opera dell’uomo.
Il progetto della Biennale dell’Architettura di Venezia apre così ampie finestre di riflessione in grado di riportare l’uomo a beneficiare dei valori propri dell’architettura per «dare rifugio ai nostri corpi e sollevare i nostri spiriti». Oggi più che mai abbiamo grandi responsabilità e l’architettura è lo strumento attraverso il quale l’uomo può ristabilire il suo corretto rapporto con lo spazio ed il tempo valorizzando tutte le risorse della natura: luce, sole, ombra, luna, aria, vento e fuoco. Solo una società in grado di rimettere al centro il valore di generosità nei confronti del prossimo potrà costruire una buona architettura e quindi un mondo sostenibile; tutto questo ovviamente nel rispetto della dinamicità e delle diversità culturali che da sempre caratterizzano persone, luoghi, tempi, storie e quindi spazi di questa terra che non è altro che un grande arcipelago ossia “isole di comunità”, insieme di popoli distanti gli uni dagli altri ma ravvicinati dalle esigenze e dalle finalità rivolte al benessere della propria casa comune (Lettera Enciclica “Laudato si”).
Arcipelago Italia [ http://www.arcipelagoitalia.it/home ]
Il concetto di arcipelago trova una chiara connotazione nel Padiglione Italia sostenuto e promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane e curato dell’architetto Mario Cucinella con studio in Bologna [ https://www.mcarchitects.it/ ].
Il tema elabora un’ampia riflessione su oltre il 60% del territorio italiano dove però vive poco più del 20% della popolazione nazionale e quindi un ampio spazio dove “isole di comunità” vivono separate le une della altre, delimitate da confini non solo amministrativi ma anche culturali e dove la presenza multietnica in molti casi ha favorito il rafforzamento di questi confini. Sono ampi territori caratterizzati da evidenti fenomeni di spopolamento che in maniera più o meno costante hanno sempre caratterizzato la storia di questi luoghi. A questo fenomeno se ne accompagnano altri, quali l’invecchiamento della popolazione, l’impoverimento, la perdita della propria storia e delle identità locali nonché la fragilità di un sistema economico che non rende possibile progetti finalizzati al futuro.
Si tratta di grandi “isole” che sono incise sulla lunga penisola italiana, caratterizzati da borghi e centri dove spesso mancano anche servizi essenziali, dove non ci sono infrastrutture e la fragilità del territorio è tale che nel tempo le popolazioni sono emigrate altrove, spesso all’estero. Ed è proprio su questi aspetti che la libera creatività dell’uomo attraverso la costruzione di spazi democratici e quindi di un’architettura realizzata per l’uomo può fare e deve fare molto, se è vero che l’architettura è un progetto di “responsabilità sociale”. Solo sentendo, ascoltando questi spazi, queste “isole” e insistendo su un corretto atto creativo finalizzato alla collettività è possibile ripensare il valore dell’architettura e la libertà di cui questa gode per costruire un mondo migliore.
In qualche modo già la SNAI, Strategia Nazionale Aree Interne [http://community-pon.dps.gov.it/areeinterne/progetto-aree-interne/la-strategia-nazionale-per-le-aree-interne/ ] con il documento di indirizzo definito nel 2012, aveva inteso analizzare queste numerose “isole” interne al Paese e mettere in atto processi di progettazione partecipata resi ancora più urgenti dopo i terremoti che hanno colpito gravemente l’Italia Centrale negli ultimi anni.
Ecco che il Padiglione Italia alla Biennale dell’Architettura 2018 ha realizzato un vero e proprio viaggio in queste “isole” programmando insieme alle comunità locali atti di creazione collettiva in grado di costruire, grazie anche alla collaborazione interdisciplinare, azioni di governance e di sviluppo importanti per la rinascita di queste comunità. Tutto questo, come afferma Cucinella, parte però da «una politica di ascolto, proprio per capire dove si è spezzato quello che per secoli ci ha permesso di interpretare i desideri dei territori e trasformarli in architettura».
Lo spazio del Padiglione Italia lo possiamo leggere seguendo tre percorsi: il primo dedicato a circa settanta proposte di intervento su borghi, parchi e paesaggi urbani e naturali diffusi sul territorio italiano; il secondo invece è focalizzato a delineare scenari futuribili a partire da riscontri di natura sociologica e registrati in diverse realtà urbane della nazione; e infine il terzo percorso presenta cinque progetti di ricerca incentrati su cinque importanti macroaree: la Barbagia con la piana di Ottana, in Sardegna; la Valle del Belìce con Gibellina, in Sicilia; Matera e gli scali ferroviari di Ferrandina e Grassano, in Basilicata; Camerino, nelle Marche, all’interno della zona dell’Italia Centrale colpita dal terremoto del 2016; l’Appennino Tosco-Emiliano, con particolare attenzione per il Parco delle Foreste Casentinesi.
Quindi cinque grandi “isole” del Paese Italia dove in questi mesi sono attive anche altre importanti iniziative locali. Oltre alle più note iniziative per Matera 2019 che ovviamente vede questo territorio al centro degli interessi culturali e politici del Paese, va pure considerato proprio a Camerino, durante la prima settimana di agosto 2018, il Seminario Internazionale e Premio di Architettura e Cultura Urbana [ http://web.unicam.it/culturaurbana/ ] promosso dall’Università di Camerino sotto la responsabilità dell’Arch. Giovanni Marucci, questo anno alla sua 28ma edizione e che non ha mai chiuso battenti nonostante le grandi difficoltà dopo gli eventi sismici che più volte hanno colpito questo territorio. Il tema di questo anno, che vede la partecipazione numerosa di esperti e accademici sia nazionali che internazionali, rivolge una significativa riflessione sul rapporto contemporaneità e storia, periferie e paesaggi urbani, il tutto con la finalità di elaborare e condividere progetti per il futuro delle comunità locali.
Ancora in Valle del Belìce e a Gibellina in Sicilia, altra “isola” dell’Archipelago Italia è partito in aprile 2018 il progetto BIAS, Biennale Internazionale di Arte Contemporanea Sacra e delle Religioni dell’Umanità [ http://www.bias.institute/ ], presentato già alla 57ma Esposizione Internazionale Arte della Biennale di Venezia, come evento collaterale nel marzo del 2017, e che proprio dal 19 al 23 giugno scorso ha ospitato presso il comune di Salemi, il Convegno Internazionale e Workshop, coordinato dall’Arch. Vito Maria Corte, dal titolo La porta nella valle del Belìce – Architettura, Ingegneria, Scienza del restauro, Collezionismo, Diritto, Fiscalità ed Economia, con la collaborazione del Politecnico di Torino, Iuav di Venezia, Dipartimento di Architettura di Palermo, Dipartimento di Ingegneria di Messina, Centro di Restauro del San Raffaele di Milano.
Questo programma è stato inserito nel più ampio progetto culturale World International Sicilian Heritage che con l’artista Rosa Mundi ha promosso questa esposizione transnazionale di arte contemporanea sacra a cui sono seguite riflessioni e progetti di valorizzazione di diversi centri urbani sia della Sicilia che di altre realtà italiane e straniere dell’area mediterranea.
Queste sono solo alcune delle iniziative volte a rafforzare il ruolo strategico di territori isolati che vanno reintegrati e valorizzati all’interno di un progetto sostenibile e unitario di un’Italia in grado di guardare al futuro, così che le nuove generazioni possano scegliere e non essere costretti a lasciare i propri territori per realizzare il proprio destino altrove. Sono infatti queste opportunità che possono rimettere al centro l’importanza della conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale del Paese, la ricostruzione, la tutela idrogeologica dei nostri territori particolarmente fragili, il rilancio delle economie locali, il superamento di modelli sociali non più attuali ma che possono essere rigenerati ripensando e attualizzando le esperienze più positive del passato.
Dobbiamo quindi tutti impegnarci, con l’apporto delle differenti competenze, a non generare arcipelaghi ma a creare unione di comunità, territori uniti in grado di aprire dialoghi interculturali per costruire con generosità – riprendendo un punto saliente del Manifesto FREESPACE – spazi per l’uomo oltre il tempo.