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L’argentiere Wolfgang Hüber: dalla Baviera a Trapani (1764-1782)

2)Reliquiario VB, Chiesa Madre, Erice (foto Lallo Savalli)

Reliquiario VB, Chiesa Madre, Erice (ph. Lallo Savalli)

di Lina Novara 

Tra il 1764 e il 1782 è attivo a Trapani Wolfgang Hüber, un esperto argentiere tedesco che diffonde attraverso i suoi manufatti, tutti di ottima fattura, quel gusto rococò già affermatosi in Europa, nel quale esplodono i tipici motivi a cartouche, le volute, le forme sinuose.

Proveniva da una cittadina del Ducato di Baviera, indicata nei documenti come Chempsi, nome sicuramente italianizzato e forse corrispondente a Kempten. Nato nel 1730 ca., figlio d’arte, fu come il padre Mattia, orafo e argentiere [1]. Poche sono le notizie pervenuteci su di lui e lo stesso cognome Hüber nei vari documenti d’archivio viene diversamente indicato: Guver, Gueber, Gruber, Uber, Hueber, Huebuer …, ed il nome Wolfgang viene trasformato in Alfango, Wulfango, Golfango, Volfang ed anche Wolfan.

Fino al 1755 lavorava nella bottega di Johann Benno Canzeler, uno dei più bravi allievi di Johann Christoph Steinbacher, il rappresentante più importante della corporazione degli orafi e argentieri attivi a Monaco nella prima metà del ’700. A Monaco Hüber è già un esperto “maestro” ed ha una sua bottega, ma intorno agli anni 50 del secolo XVIII lascia la Baviera e comincia a girovagare per circa 13 anni in diversi regni e Paesi d’Europa, finché giunge a Trapani nel 1764. Lui stesso nel 1767 dichiara, in una supplica per l’autorizzazione a contrarre matrimonio, di essere nella città siciliana da tre anni [2].

 Non conosciamo i motivi del suo arrivo, né la scelta di Trapani come sua dimora tanto da volersi “accasare”. Per sposarsi ha però bisogno di una dispensa, in quanto straniero e quindi persona non conosciuta: potrebbe essere già sposato e di conseguenza non in grado di contrarre nuovo matrimonio.

A testimoniare sul suo celibato sono due colleghi con i quali probabilmente aveva stretto rapporti di amicizia, di stima e collaborazione: Angelo Sandìas e Giacomo Caltagirone. I nomi dei due argentieri li ritroveremo più volte durante il percorso trapanese del maestro. A vidimare alcune sue opere sarà infatti Angelo Sandìas che durante la permanenza di Hüber a Trapani ricoprì la carica di console della maestranza degli argentieri nel 1774. Le iniziali GC, riferibili a Giacomo Caltagirone o Giacomo Costadura saranno impressi su diversi manufatti, influenzati dallo stile del tedesco.

Tutto quello che, allo stato attuale, sappiamo sulla presenza di Hüber a Trapani si ricava dai registri parrocchiali che forniscono informazioni sul suo stato civile, sui luoghi della sua abitazione nel rione San Lorenzo, prima, e San Nicola, dopo; sfuggono però all’indagine i motivi del suo arrivo. Di certo sappiamo che tra le mete del suo viaggiare c’erano state la Corsica e Napoli. Dalla capitale del Regno a Trapani, capitale del corallo, della scultura in piccolo e delle arti decorative, il percorso è breve.

Ci chiediamo se a determinare l’arrivo a Trapani fu la conoscenza con il tenente Francesco Paolo Prjil che, nell’attestare il celibato di Hüber, dichiarava di averlo conosciuto nella città di Napoli, o quella con don Girolamo Accardo che, per la sua carica di viceconsole imperiale, sicuramente frequentava la città partenopea, e che diverrà in seguito suo cognato. Solo l’auspicabile rinvenimento di ulteriori dati documentari potrà far luce sui motivi della sua venuta [3].

1)Sigle WH e ASC (foto archivio Novara)

Sigle WH e ASC (ph. Archivio Novara)

A Trapani Wolfgang si sposa due volte: la prima nel 1768 con la giovanissima Maria Accardo, figlia dell’argentiere Paolo e sorella minore di don Girolamo, rappresentante a Trapani dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, il quale nel 1782 accoglierà nella sua casa i due figli di Wolfgang e Maria [4]. Rimasto vedovo nel 1774 con due figli, Mattia di cinque anni e Alberto di tre, Hüber sposa nel 1776 Francesca Scaduto, vedova del noto argentiere Vincenzo Bonaiuto del quale acquisisce la bottega. Poco prima di questo secondo matrimonio aveva però avviato le pratiche matrimoniali per sposare Paola Genovese, ma successivamente ne aveva richiesto l’annullamento [5].

Furono probabilmente motivi di convenienza quelli che lo indussero a contrarre matrimonio con la vedova Bonaiuto, verosimilmente riconducibili alla riduzione dell’apertura di botteghe, imposta dal Senato di Trapani, che aveva indotto il console del 1778, Antonio Daidone, e altri “consoli passati” a presentare una supplica affinché l’attuazione di tale provvedimento avvenisse gradualmente nel tempo. Tra gli argentieri che ratificarono, presso il notaio Caraffa, l’accettazione della supplica da parte del Senato c’era Wolfgang Hüber il quale, pur essendo già maestro, a Trapani, probabilmente, non aveva ancora una bottega di sua proprietà [6].

Hüber, assieme alla seconda moglie Francesca, nel censimento delle anime del 1782 risulta abitante nel territorio della parrocchia S. Nicola, nell’isola di San Matteo, mentre una fonte d’archivio del 1783, indirettamente, fa intuire che in questa data fosse già morto; dall’elenco dei giovani che ricevettero la cresima il 2 maggio 1783, presso la parrocchia di S. Lorenzo, si ricava infatti che tra essi c’era Mattia Hüber, “f.o delli qdm Wulfango e Maria” [7]. Dei due figli sappiamo che Mattia si sposò nel 1779 con Maria Schifano e che nell’atto di morte della figlia Dorotea viene indicato come “civile”; di Alberto, dichiarato “possidente”, si sa invece che rimase celibe e morì nel 1841 [8].

Su Wolfgang Hüber, allo stato attuale, si può solo rilevare con certezza quanto riguarda l’aspetto professionale: al suo arrivo a Trapani era un esperto maestro, aggiornato sullo stile del tempo, e sapeva ben interpretare i tipici motivi decorativi rocailles aggiungendo un sapore germanico a quel gusto che già era apparso in Sicilia. Le iniziali del maestro furono individuate per prima, nel 1976, da Maria Accascina tra quelle degli argentieri attivi a Trapani nel secolo XVIII, mentre Annamaria Precopi Lombardo, nel 1989, ritrovò negli archivi parrocchiali di Trapani, il nome e cognome Wolfgang Hüber sciogliendone la sigla [9].

Durante mie ricerche sull’arte argentaria trapanese avevo rinvenuto la sigla W.H. – ancora indecifrata – su una patena di collezione privata, associata alla bulla di Trapani (corona regia, falce e lettere DUI, Drepanum Urbs Invictissima) e alla sigla ASC del console della maestranza degli argentieri, Angelo Sandìas [10]. In un articolo dal titolo L’acqua del Santuario, l’eremita di santa Barbara e il calice di Wolfango Huebuer, Vincenzo Perugini, nel 2002, riportava inoltre la notizia di un calice eseguito dall’argentiere tedesco per la chiesa di S. Michele Arcangelo di Bonagia [11].

L’inventariazione informatizzata dei Beni Culturali Mobili Ecclesiastici, promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana e portata avanti dalla Diocesi di Trapani sin dai primi anni del nostro secolo XXI, ha permesso poi di individuare diversi oggetti marchiati con la sigla W. H.; buona parte di queste opere sono state recentemente esposte nella mostra Wolfgang Hüber. Un argentiere tedesco a Trapani (1764-1782), tenutasi ad Erice presso la chiesa di S. Giuliano dal 21 luglio al 15 settembre 2023 e successivamente a Trapani presso il Museo regionale Agostino Pepoli dal 9 novembre 2023 al 7 aprile 2024, curata da Pietro Messana e dalla scrivente [12]. L’esposizione delle opere, in gran parte inedite e provenienti da chiese ericine, ha fatto emergere dall’oblio la personalità artistica di questo poco noto maestro e ne ha fatto apprezzare le capacità tecniche ed espressive.

Quando il tedesco arriva a Trapani la locale produzione argentaria risulta ancora attardata su schemi tipologici e decorativi barocchi, dopo aver vissuto la sua stagione migliore con esperti maestri di chiara fama come Ottavio Martinez, Michele Tumbarello, Giuseppe Piazza, Angelo Sandìas e Vincenzo Bonaiuto [13].

A parte qualche eccezione, il repertorio decorativo rococò tarderà ad affermarsi e solo negli anni ‘60 del secolo XVIII comincerà a comparire su superfici lisce, senza intaccare la struttura dei manufatti. Le tipologie barocche vanno tuttavia via via alleggerendosi grazie agli influssi provenienti dalle manifatture palermitane che hanno acquisito le linee sinuose e le strutture a spirale e asimmetriche e hanno già utilizzato elementi fogliacei accartocciati, conchiglie, stemmi, volute a C o ad S.

Vincenzo Bonaiuto, al quale erano sicuramente noti i prontuari ideati da Juste Aurele Meissonnier e dalla scuola francese, sarà tra i primi argentieri trapanesi ad adottare le invenzioni dell’estetica rococò [14]. Più di altri, a metà ‘700, egli accoglie nel suo repertorio cartouches, motivi conchigliformi, soluzioni sfrangiate e plissettate, volute che si intrecciano e fantasiosi motivi vegetali superando le rigide regole della simmetria e alternandoli ad ornamenti ancora barocchi [15].

3)Incisione di F. X. Haberman

Incisione di F. X. Haberman

L’acquisizione di stilemi nuovi e il distacco da parte del Bonaiuto dai modelli tradizionali si colgono in opere come il reliquiario della Chiesa Madre di Erice, vidimato al console Giuseppe Piazza, rielaborato dall’incisione all’acquaforte di un Ostensorio (Augusta 1750 ca.) dell’ornatista e incisore tedesco Franz-Xavier Haberman, la cui principale attività fu quella di disegnare modelli per decorazioni, bronzi, mobili, cornici, in puro stile rococò (Fig. 3) .

Va sottolineato comunque che incisioni di opere di grandi artisti, repertori iconografici e stampe venivano solitamente diffusi dagli ordini conventuali e che Francescani, Domenicani e anche la Compagnia di Gesù custodivano, a Trapani, presso le proprie biblioteche, repertori a stampa, raccolte specialistiche di libri ed incisioni, intere collezioni di stampe che ponevano all’attenzione di artisti, architetti e decoratori. L’adesione definitiva del Bonaiuto al rococò fu forse agevolata dalla presenza a Trapani del tedesco, anche se non si è certi di rapporti tra i due, ma si può solo ipotizzare che si conoscessero e avessero intrapreso rapporti di amicizia e di collaborazione [17].

Della personalità artistica di Hüber sono testimoni le sue opere che, assieme alle iniziali W.H., documentano anche la sua attività svolta a Trapani attraverso i marchi della città e le sigle dei consoli della maestranza, impressi sull’argento. I manufatti trapanesi del tedesco, per la maggior parte, possono essere datati nel settimo decennio del secolo XVIII: ad imprimere la bulla di garanzia su di un suo calice della Chiesa Madre di Erice, oltre che su un altro del Vescovado di Trapani, proveniente dalla locale chiesa del Collegio dei Gesuiti, e su una patena di collezione privata di Trapani, fu Angelo Sandìas (ASC) durante il consolato del 1774.  Diego Piazza (DPC) garantì la bontà dell’argento del calice della chiesa di S. Francesco di Paola di Erice, del reliquiario francescano conservato presso il Seminario Vescovile di Erice-Casa Santa, la palmatoria del santuario dell’Annunziata di Trapani, un calice della chiesa Madonna del Soccorso di Trapani, una base di croce di Erice. Pasquale Daidone impresse il suo marchio (PDC75) su un servizio di cartagloria della Chiesa Madre di Erice [18].

4)Calice WH, chiesa Madonna del Soccorso, Trapani (foto Lallo Savalli)

Calice WH, chiesa Madonna del Soccorso, Trapani (ph. Lallo Savalli)

Opere come il calice con base a campana e bordo smerlato, o come il repositorio di Erice, siglati W.H., sicuramente lasciarono il segno nell’evoluzione stilistica dell’arte argentaria trapanese, sia per l’esuberanza decorativa tipicamente rococò, sia per il sapiente lavoro di bulinatura e cesellatura. Ad apprezzare le opere del tedesco furono soprattutto raffinati esponenti di ambiente monastico e di illustri famiglie aristocratiche come attestano gli stemmi sbalzati o cesellati all’interno di cartigli nei manufatti ericini. I calici si connotano per le specchiature con ornati rocaille, motivi che con il trascorrere degli anni acquisteranno libertà, scioltezza e maggiore esuberanza liberandosi dalle rigide incorniciatureElementi che caratterizzano gli ornati usati dal tedesco sono i ventagli sfrangiati, ora sovrapposti, ora contrapposti, ma sempre realizzati con una minuziosa tecnica di cesellatura; il maestro è abilissimo nel tracciare sull’argento, con il bulino e il cesello, minuscole incisioni parallele all’interno dei decori rocaille, e nel trattare in modo miniaturistico simbolici grappoli d’uva e fasci di spighe. In alcuni manufatti usa sapientemente un argento più chiaro, tramite una lega diversa, e adotta il metodo della satinatura per opacizzare talune superfici rendendole particolarmente raffinate. 

5)Calice WH, Chiesa Madre, Erice (ph. Lallo Savalli)

Calice WH, Chiesa Madre, Erice (ph. Lallo Savalli)

Quando arriva a Trapani è un artista maturo, padrone di mezzi tecnici e capace di elaborare un personale linguaggio formale come risulta evidente nel calice con base a campana, fitto di ornato, sul quale spiccano simbolici grappoli d’uva e fasci di spighe, misti a motivi rocaille. Volute e controvolute, cartouches ed elementi naturalistici increspano l’intera superficie del manufatto permettendo alla luce di produrre efficaci effetti plastico-pittorici attraverso l’infrangersi sui profili aggettanti o sulle foglie puntinate. A connotare il calice è inoltre l’andamento smerlato della base nella quale i tipici elementi plissettati rococò fanno tornare in mente i morbidi merletti settecenteschi.

L’insieme di questi caratteri denota una cifra stilistica personalissima che si evidenzia in particolar modo nell’ostensorio della Chiesa Madre di Erice, nel quale struttura e parti ornamentali si integrano perfettamente favorendo il dinamismo verticale del fusto [19]. La morfologia dei singoli elementi decorativi è inoltre definita dalla particolare tecnica della bulinatura e cesellatura che ne segna i dettagli con precisione quasi calligrafica. Anche per l’ostensorio, come per il calice, l’argentiere tedesco adotta la base a campana, ma nel bordo alterna la linea curva a sfrangiature rococò.

6)Ostensorio, Chiesa Madre, Erice (foto Lallo Savalli)

Ostensorio, Chiesa Madre, Erice (ph. Lallo Savalli)

Struttura ed elementi decorativi si integrano, ancora una volta, nel servizio di cartagloria dell’Assunta della Chiesa Madre di Erice, sulle cui cornici cesella con eleganza e grande effetto plastico i dettagli ornamentali, conferendo anche un andamento sinuoso [20]. Il bordo smerlato viene riproposto da Hüber nella piccola raffinata pisside portatile (cattedrale di S. Lorenzo, Trapani), in argento dorato e cesellato, dalla insolita forma esagonale del coperchio, determinata dalle specchiature che accolgono volute contrapposte, decori rocailles e motivi floreali [21].

Dalla consueta tipologia dei reliquiari si distacca un originale esemplare con stemma francescano, che si contraddistingue per il piccolo ricettacolo rettangolare contornato da una larga cornice decorata [22]: dalla superficie liscia Hüber fa risaltare motivi floreali e vegetali, eseguiti in modo plastico sì da creare efficaci effetti plastici.

7)Servizio di cartagloria WH, Chiesa Madre di Erice (foto Lallo Savalli)

Servizio di cartagloria WH, Chiesa Madre di Erice (ph. Lallo Savalli)

Sono quei fiori e quelle foglie che sicuramente aveva osservato direttamente su opere tedesche e forse anche già applicato su suoi manufatti in Baviera, traendoli dalle incisioni di Georg Michel Roscher [23]: erano queste le cosiddette “carte tedesche”, ossia le incisioni prodotte ad Augsburg che, arrivate anche in Sicilia, venivano utilizzate soprattutto dagli argentieri palermitani. A queste stesse incisioni sembra essersi ispirato l’autore di un cofanetto tedesco, in argento, che riporta impresse le iniziali W.H che, ipoteticamente, potrebbero riferirsi al nostro Hüber anche per l’analogo trattamento tecnico del decoro floreale [24].

8)Pisside portatile WH, cattedrale S. Lorenzo, Trapani (foto Giovanna Vacirca)

Pisside portatile WH, cattedrale S. Lorenzo, Trapani (ph. Giovanna Vacirca)

9)Ostensorio WH, Chiesa Madre, Erice (foto Lallo Savalli)

Ostensorio WH, Chiesa Madre, Erice (ph. Lallo Savalli)

Ma sicuramente l’“opera magna” del tedesco in territorio trapanese è il grande repositorio della chiesa di S. Giuliano di Erice, eseguito prima del 1774, ispirandosi forse a quello più antico del 1749, realizzato nella bottega dei Lotta, su disegno dell’architetto Giovan Biagio Amico, per la Cattedrale di Mazara [25]. Con quattro costoloni suddivide in tre parti la superficie del repositorio e nella zona mediana sbalza l’episodio biblico del Sacrificio di Isacco; alla base di ciascun costolone colloca i simboli teriomorfi degli Evangelisti: il toro, Luca; l’aquila, Giovanni; il leone, Marco e l’angelo, Matteo.

10)Ostensorio, particolare (foto archivio Novara)

Ostensorio, particolare (ph. Archivio Novara)

Nella parte apicale del coperchio ripropone le teste alate di tre puttini che si affacciano leggiadramente tra le nubi, un motivo presente anche nell’ostensorio ericino come raccordo tra il fusto e la sfera: sono quei puttini che svolazzavano negli affreschi e nei dipinti siciliani dello stesso periodo e, per quanto riguarda l’argenteria, facevano mostra di sé in un ostensorio a raggiera con smalti, diamanti e rubini, di manifattura palermitana, oggi presso la Galleria regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis di Palermo [26]. Frondosi festoni speculari e mascheroni che annunciano una sensibilità già orientata verso il ritorno al Classicismo, arricchiscono inoltre la composizione, basata sulla simmetria degli elementi ornamentali e connotata dalla presenza sull’asse verticale di conchiglie ventagliate di gusto ancora rococò.

11)Cofanetto tedesco WH (foto dal Web)

Cofanetto tedesco WH

Opere come questo sontuoso repositorio ericino sicuramente lasciarono il segno nell’evoluzione stilistica dell’arte argentaria trapanese, sia per l’esuberanza decorativa, sia per il sapiente uso del bulino e del cesello [27]. Che Hüber abbia avuto degli allievi nel senso di alunnato, al momento attuale non possiamo affermarlo con certezza, ma di sicuro molti furono gli argentieri che guardarono alle sue opere e ne trassero ispirazione riproponendo i motivi decorativi e le forme dei suoi manufatti [28].

Dalla metà del XVIII secolo fino al secondo decennio del XIX, nelle attive botteghe trapanesi furono prodotte suppellettili liturgiche ed opere di uso domestico in argento, lavorate con tecnica raffinata, a sbalzo e cesello, ispirate alle composizioni e al repertorio decorativo usato dal tedesco e contrassegnate da ornati rococò e motivi che, via via col trascorrere degli anni, andavano sempre più orientandosi verso l’ormai incombente Neoclassicismo.

Repositorio WH, chiesa di S. Giuliano, Erice (ph. Lallo Savalli)

Repositorio WH, chiesa di S. Giuliano, Erice (ph. Lallo Savalli)

Tra coloro che seguirono la “lezione” del maestro, o furono osservatori dei suoi manufatti, il più attento fu sicuramente l’argentiere dalle iniziali GC impresse su numerosi oggetti eseguiti tra la fine del secolo XVIII e i primi del XX.  Risulta difficile, allo stato attuale delle ricerche, stabilire l’identità di questo argentiere trapanese le cui iniziali corrispondono a diversi i maestri attivi in quel periodo: potrebbero infatti riferirsi a più componenti della famiglia Caltagirone – Giacomo, Giovanni o Giuseppe – o della famiglia Costadura – Giacomo o Giuseppe – ma anche a Giuseppe Croce.

Da Hüber verosimilmente appresero le più aggiornate tendenze dell’arte europea anche Nicola Parisi, Carlo Caraffa jr., Natale e Leonardo Daidone, Antonio Scalabrino ed anche l’argentiere dalle iniziali GM che possono riferirsi a diversi maestri della seconda metà del secolo XVIII [29]. Dalla metà del XVIII secolo fino al secondo decennio del XIX, nelle attivissime botteghe dei Parisi – Nicolò, Vito e due Vincenzo – furono prodotte suppellettili liturgiche ed opere di uso domestico, lavorate con tecnica raffinatissima a sbalzo e cesello e contrassegnate da ornati rococò talvolta misti a motivi neoclassici [30]. 

Dialoghi Mediterranei, n. 70, novembre 2024
Note
[1] Figlio di Mattia e Ursula. Per ulteriori notizie sulla biografia, la formazione e lo stile di Hüber si veda: Wolfgang Hüber. Un argentiere tedesco a Trapani (1764-1782), a cura di P. Messana e L. Novara, catalogo della mostra, Erice, chiesa di S. Giuliano – Oratorio dei 33 del SS. Crocifisso, 21 luglio -15 settembre, Erice 2024; in particolare cfr. ivi: L. Novara, Wolfgang Hüber. Un argentiere tedesco a Trapani: 145-155; ivi, M. Calcara, L’ambiente artistico della Baviera nella prima metà del ‘700 e la formazione di Wolfgang Hüber:117-127.
[2] I documenti riguardanti Hüber qui citati provengono dai Registri parrocchiali delle chiese di S. Lorenzo e S. Nicola, conservati presso l’Archivio Diocesano di Trapani.
[3] Manufatti di altri argentieri tedeschi nel secolo XVIII sono presenti in Italia e in particolare in Trentino e in Puglia. Cfr. D. Floris, Le oreficerie sacre di Ausgburg in Trentino, in Argenti del Nord. Le oreficerie di Ausgburg in Trentino, Trento 2005: 19-58. G. Borraccesi, Sacre suppellettili barocche di area germanica in Puglia, in Wolfgang Hüber. Un argentiere tedesco…, cit.: 137-144.
[4] Il matrimonio con la diciottenne Maria Accardo avvenne il 19 settembre 1768.
[5] L’annullamento degli sponsali tra Hüber e la Genovese avvenne l’1 agosto 1776. Wolfgang e la vedova di Bonaiuto si sposarono l’11 agosto 1776 nella chiesa di S. Lorenzo.
[6] AM. Precopi Lombardo, Documenti inediti e poco noti degli argentieri e orafi trapanesi, in Ori e Argenti di Sicilia dal Quattrocento al Settecento, a cura di M. C. Di Natale, catalogo della mostra, Trapani, Museo Regionale Pepoli, luglio-ottobre 1989, Milano 1989: 384-385, note 99-102.
[7] Documento segnalato da Francesco Castelli che ringrazio anche per altre utili informazioni.
[8] Dettagliate notizie sui figli di Hüber, tratte dai Registri parrocchiali, mi sono state fornite da Rosario Salone che ringrazio: Mattia nasce l’8 giugno 1769 e viene battezzato in S. Pietro come Huover; Alberto nasce nel 1771, viene battezzato in S. Nicola come Cuover, muore nel 1841, al n. 62 della via Mercè. Mattia il 27 settembre 1789 sposa nella chiesa di S. Pietro come Uber, Maria Schifano, dalla quale ha quattro figlie; di esse sopravvive solo Dorotea, battezzata nel 1792 come Uber nella chiesa di S. Pietro. Ringrazio anche Salvatore Accardi per altre utili informazioni.
[9] M. Accascina, Oreficeria di Sicilia, dal XII al XIX secolo, Palermo 1974: 292, fig.190. Eadem, I Marchi delle argenterie e oreficerie siciliane, Busto Arsizio 1976: 191. AM. Precopi Lombardo, Documenti inediti e poco noti…, cit.: 378-388.
[10] I manufatti d’argento eseguiti a Trapani tra il 1614 e il 1631 venivano bollati con il solo marchio della città. Nel 1631 comparvero le iniziali del console che aveva periziato l’opera; dal 1671 si aggiunse il marchio con le iniziali dell’argentiere e a quelle del console seguirono o la lettera C o le ultime due cifre della data. Per la storia della maestranza trapanese si vedano: Argenti e ori trapanesi nel museo e nel territorio, a cura di AM. Precopi Lombardo e L. Novara, Trapani 2010; AM. Precopi Lombardo, L. Novara, Argenti in processione. I Misteri di Trapani, Marsala 1992; AM. Precopi Lombardo, Voces in Arti decorative in Sicilia. Dizionario biografico, a cura di M. C. Di Natale, vol. IV, Palermo 2014. Per le sigle di consoli e di argentieri si veda Marchi di argentieri e consoli della Maestranza di Trapani, a cura di L. Novara, in Argenti e ori… cit., R.II: 79-106. Per i consoli si veda: Cariche sociali degli orafi e degli argentieri trapanesi (1612-1826), a cura di AM. Precopi Lombardo, in Argenti e ori …, cit., R.I: 61-77.
[11] V. Perugini, L’acqua del Santuario, l’eremita di Santa Barnaba e il calice di Wolfango Huebuer in Scuola e territorio, Valderice 2002: 7-9.
[12] La mostra “Wolfang Hüber. Un argentiere tedesco a Trapani”, è stata promossa dal MEMS, Museo di Erice la Montagna del Signore. L’esposizione, con più di quaranta opere, ha documentato la produzione argentaria trapanese dal Bonaiuto ai Parisi, attraversando Huber, ossia dalla metà alla fine del secolo XVIII. Un sentito ringraziamento va a Mons. Pietro Messana che mi ha coinvolto nell’organizzazione della mostra e voluto che la curassi assieme a lui.
[13] Si veda L. Novara, L’Arte argentaria trapanese dal XVII al XIX secolo, in Argenti e ori …cit.: 29-39.
[14] J. A. Meissonnier, Oeuvre de Juste Aurele Meissonnier, Parigi 1735-1750. Si veda inoltre: Peter Fuhring, Juste-Aurèle Meissonnier: un genio del rococò 1695-1750, Torino 1999.
[15] Bonaiuto (1717-1771), “figlio d’arte”, segue gli insegnamenti del padre Nicola e si afferma come uno dei più aggiornati argentieri trapanesi. Molto apprezzato dalla committenza, non solo cittadina, riceve incarichi di prestigio e collabora con i Lotta nella loro rinomata bottega. Cfr.: L. Novara, Vele in argento, in oro e in altri pregiati materiali, in La Navigazione nel Mediterraneo, Trapani 2005: 89-95.
[16] Franz-Xavier Haberman, Ostensorio, Augusta 1750 ca. Incisione all’acquaforte, quadrettatura a matita nera, 295 x 190 mm, tav. 503 della serie n.112 di M. Engelbrecht, Palermo, Biblioteca centrale della Regione Siciliana, pubblicata in Argenti e cultura rococò Palermo 2008: 58, fig. 21, da cui è tratta la foto.
[17] M. Vitella, Argenti rococò a Trapani: il ruolo di Vincenzo Bonaiuto e Wolfango Huebuer, in Argenti e cultura rococò…cit.:85-93.
[18] Pe le opere di Hüber e per quelle citate in questo testo si vedano le schede del catalogo della mostra Wolfgang Hüber. Un argentiere tedesco…, cit.
[19] L’oggetto è marchiato DUI W.H.
[20] L’opera reca i marchi DUI WH DPC75. Si veda: M. Vitella, Servizio di Cartagloria in Il tesoro della Chiesa Madre di Erice, Erice 2004, III.30: 113.
[21] Si veda M. Vitella, Argenti e cultura rococò…cit.: 85-93.
[22] L’opera è marchiata DUI WH DPC.
[23] Georg Michel Roscher, Rocaille ornaments, Publisher Johann Georg Hertel, Augsburg 1740 -1760.
[24] La notizia della presenza dell’opera in un’asta e la foto si ricavano dal WEB.           
[25] L. Novara, “Monumento d’argento per il S. Sepolcro della Cattedrale di Mazara“, in Argenti e ori…, cit.: 60-61.
[26] M. C. Di Natale, Ostensorio a raggiera, in Ori e argenti …, cit, II 221: 337-338.
[27] Altre opere con le iniziali di Hüber: una palmatoria presso il santuario dell’Annunziata di Trapani (M. Vitella, Palmatoria, in Argenti e cultura rococò …, cit.: 344, n. 33); una campanella presso una confraternita di Palermo; un calice liscio e uno stellario per statua di Immacolata presso la Chiesa Madre di Favignana (L. Novara, Wolfgang Hüber. Un argentiere tedesco…, cit.:152-153).
[28] Si veda: L. Novara, L’eredità del maestro tedesco sul territorio: allievi, collaboratori o seguaci? in Wolfgang Hüber. Un argentiere tedesco…, cit.: 169-175.
[29] AM. Precopi Lombardo, Huebuer Wolfango, in Argenti e ori…, cit., R.III, ad vocem: 124.
[30] L. Novara, L’Arte argentaria…, cit.: 38-39. 
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Lina Novara, laureata in Lettere Classiche, già docente di Storia dell’Arte, si è sempre dedicata all’attività di studio e di ricerca sul patrimonio artistico e culturale siciliano, impegnandosi nell’opera di divulgazione, promozione e salvaguardia. È autrice di volumi, saggi e articoli riguardanti la Storia dell’arte e il collezionismo in Sicilia; ha curato il coordinamento scientifico di pubblicazioni e mostre ed è intervenuta con relazioni e comunicazioni in numerosi seminari e convegni. Ha collaborato con la Provincia Regionale di Trapani, come esperto esterno, per la stesura di testi e la promozione delle risorse culturali e turistiche del territorio. Dal 2009 presiede l’Associazione Amici del Museo Pepoli della quale è socio fondatore. Ha recentemente pubblicato con M. A. Spadaro, Il liberty a Trapani. Architetture e protagonisti della modernità (ed. Kalos).

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