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Le pecore di Re Mida. Ma, non è tutto oro quel che luccica!

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Rascino, Greggi alla festa della Transumanza

di Settimio Adriani, Riccardo Fornari, Dario Santoni

Alla sua quarantunesima edizione la Mostra ovina dei piani di Rascino (Altopiano ricadente nel comune di Fiamignano, Rieti) cambia marcia e prospettive. Ideata alla fine degli anni Settanta per promuovere il territorio e le realtà in esso presenti, si pensò di perseguire tale obiettivo valorizzando la pastorizia, comparto ancora particolarmente vivo in quegli anni, anche se principalmente nella forma transumante (Adriani & Morelli, 2013: 403-420). Da allora la manifestazione si è perpetuata tra mille difficoltà ed è entrata con prepotenza nel vissuto della gente, fino a diventare uno degli eventi di punta della VII Comunità Montana “Salto Cicolano” e delle amministrazioni comunali di Fiamignano e Petrella Salto.

Nonostante si sia ripetuta senza interruzioni dalla sua prima edizione, il salto di qualità non si è mai registrato, ed è rimasto un bell’evento tendente a sfoggiare quanto di meglio fosse possibile, ma il carattere prettamente territoriale della mostra è inesorabilmente perdurato. Talvolta la manifestazione si è ridotta a una passerella per i politici locali e provinciali, perché, nonostante quelli di livello regionale si rendessero disponibili a partecipare, spesso, non si presentavano «per problemi insuperabili intervenuti all’ultimo momento», prassi che sta a dimostrare lo scarso interesse a voler presenziare un evento di limitata rilevanza mediatica.

In linea generale, la marginalità deriva anche dall’essere in pochi, dal contare nulla, e dal conseguente essere poco attraenti. Le risorse da mettere in campo sono state sempre limitate, cosicché di anno in anno l’impegno dei pastori, quello disinteressato delle Associazioni culturali territoriali e degli altri stakeholder è risultato fondamentale per la buona riuscita dell’evento. In sintesi, a fronte del budget perennemente scarso e ottenuto con grande difficoltà, nel tempo la Mostra ovina si è consolidata come una manifestazione con la pretesa di mostrarsi importante. Nei casi in cui è riuscita a farlo, l’apporto dei pastori e delle associazioni di volontariato non è stato secondario, processo partecipativo che ha contribuito a farla radicare, nonostante la sua storia sia datata ma non antica.

Nella media Valle del Salto sono pochissimi gli eventi che possono fregiarsi di questa particolare affezione e del coinvolgimento dal basso. Se si escludono la sagra della Lenticchia di Rascino, che si tiene da quasi mezzo secolo a Fiamignano, quelle più giovani della Pizza rentòrta, di Radicaro, e la Festa del Màngano, di Sant’Agapito, finora nessun’altra iniziativa ha resistito al logorìo del tempo. Negli ultimi decenni molte ne sono nate e altrettante si sono rapidamente estinte.

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Rascino, Ingresso all’area della festa

Di fatto, la Mostra ovina dei piani di Rascino è divenuta una parte integrante del patrimonio culturale immateriale del territorio che fino all’anno passato l’ha espressa. A rafforzare il senso di appartenenza all’evento entra in gioco un altro fattore, di primaria importanza in un contesto sociale in cui il campanilismo (talvolta anche quello più becero) regna incontrastato: la Mostra ovina nasce e si evolve come manifestazione intercomunale. Non si hanno testimonianze né memoria di altri casi simili in quel territorio.

Nella corrente estate del 2019, in occasione della XLI edizione, è la discesa in campo di Coldiretti, che ha sovvertito il consueto andamento, novità che per la manifestazione potrebbe rappresentare una improvvisa, inattesa e positiva risignificazione. Nella rivoluzione in atto, perché così è da intendersi a livello locale, subentra un ulteriore ipotetico fattore che contribuisce a cambiare radicalmente le carte in tavola: sembra prendere progressivamente corpo l’ipotesi della candidatura della Transumanza al patrimonio Unesco (La Repubblica, 2019). Non a caso, e proprio in coincidenza con l’entrata di Coldiretti, la Mostra ovina dei piani di Rascino è stata inaspettatamente e sorprendentemente tramutata in Festa della transumanza (Corriere di Rieti, 2019). Nel nuovo canovaccio che sta andando in scena, Coldiretti-Unesco potrebbero rappresentare Re Mida e le pecore dell’ex Mostra ovina, ormai Festa della Transumanza, la statua d’oro. Secondo tale visione tutto sembrerebbe quadrare, e l’interessamento di Re Mida acquisirebbe un significato compiuto proprio nell’ottica dell’ipotizzata candidatura.

Entrare in un circuito di tale prestigio e visibilità internazionale tornerebbe indubbiamente utile a Re Mida stesso, ai detentori della statua d’oro, e a cascata all’intero territorio e alla comunità in cui la manifestazione si concretizza. Se la risignificazione ha un senso nelle dinamiche evolutive dei patrimoni culturali, e nel loro continuo adattamento al mutare delle società che li esprimono, ha altrettanto senso non abbassare la guardia su ciò che scenari inediti potrebbero generare di indesiderato.

La storia del Cicolano, quella della gente comune, quella non scritta nei documenti d’archivio ma talvolta fortemente lamentata da chi l’ha vissuta, e la vive, è tristemente ricca di prevaricazioni e disinteresse, seppure di diversa natura e gravità. Quello che a tale proposito salta alla ribalta della cronaca, proprio in questo principio di agosto, riguarda le già citate Lenticchie di Rascino, eccellenza agroalimentare del Lazio iscritta alla legge 15/2000, che costituisce l’unico presidio Slow Food della Provincia di Rieti, che sul mercato spunta correntemente un prezzo di 12-15 euro al chilogrammo, e che oggi si trova a serio rischio di estinzione a causa dei non più sopportabili danni da fauna selvatica.

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In attesa delle valutazioni zootecniche

Eppure la politica regionale non sembra preoccuparsene, come non sembrano preoccuparsene minimamente gli enti ad essa subalterni e deputati alla gestione della fauna, che come rimedio al dramma in atto non hanno trovato altra soluzione che proporre ai disperati e ormai sfiduciati produttori un indennizzo a dire poco ridicolo: «ci è stato proposto un indennizzo di 39 centesimi al chilo», lamenta Valentina Croci, presidente dell’Associazione Produttori (Laurenzi, 2019: 35).

L’aver subìto, e il dover continuare a subìre, ha reso la gente del Cicolano scettica, e ne ha indurito il carattere; cosicché anche gli ultimi eventi riguardanti la neonata Festa della transumanza sono osservati con gli occhi increduli di bambino e vissuti con il cuore tremante di adulto. Quella che sembra prefigurarsi è senza dubbio una grande opportunità: «L’Unesco – scrive Fabio Dei – è come Re Mida: dove mette le mani, trasforma fenomeni effimeri ma vivi in statue d’oro» (Dei, 2019: 253).

Tutto troppo bello per essere completamente vero, ma l’esperienza dice di non abbassare la guardia.

E qualche riflessione in merito non può far male a nessuno.

In realtà l’approccio di Re Mida al territorio non ha assunto le forme di un’azione estemporanea e improvvisata; per tempo si sono trovate le teste di ponte, poi si è agito su un nervo scoperto della realtà pastorale del Cicolano, andando a parlare di “Lupo” (Coldiretti, 2019) proprio dove il predatore non è mai venuto a mancare, e dove non è mai venuto meno il relativo conflitto con i pastori. A trattare quell’annoso problema è stato chi, da quanto risulta, sulle mille sfaccettature delle interazioni Uomo/Lupo in quel luogo specifico aveva probabilmente ben poco da dire. Ma, in senso assolutamente generale, si sa che parlare da esperti a platee generaliste non è poi così complicato, basta dire ciò che gli ascoltatori vogliono sentirsi dire, omettere ciò che potrebbe disturbare, e la breccia è aperta.

Relativamente al particolare e improvviso interesse per la Mostra ovina, non è da escludere, inoltre, che sia stata proprio quella marginalità da sempre combattuta dai residenti, rappresentata dalla viabilità precaria e dalla totale mancanza di servizi, ad essere individuata come nuovo appeal nelle attuali dinamiche di marketing turistico. Probabilmente è stata quella la leva che più di ogni altra ha stuzzicato Re Mida a interessarsi repentinamente e inaspettatamente di quei luoghi, e delle molte statue d’oro che lì si possano concretizzare.

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Ogni pastore mostra i capi migliori

Nonostante l’evidente e indiscutibile balzo in avanti che la manifestazione ha evidenziato, le critiche non sono mancate; e avendole raccolte, non sarebbe giusto ometterle; perché è proprio prendendo atto delle critiche che si possono evitare cadute, e migliorare. Ciò che principalmente si lamenta è la mancata condivisione dei cambiamenti con coloro che hanno contribuito, fattivamente e con forza, a consolidare e mantenere la manifestazione originaria. E gli ultimi cambiamenti non sono stati minimi o di poco conto: promotori, ideatori, nome, collaboratori, finalità, immagine, marketing, allestimento…Tutto inedito, tutto non condiviso con la popolazione.

Rispetto alle novità in atto, che nel complesso sembrano essere accettate, restano però alcuni dubbi e perplessità, soprattutto riferiti a ciò che resterà per e nel territorio. Si teme, in sintesi, che l’evento nella sua nuova veste possa ridurre l’altopiano a un semplice scenario in cui attuare avvenimenti ad esclusivo beneficio “forestiero”, e che l’azione svolta, seppure mirabile nelle forme, giocando sulla scelta esclusivamente corografico/topografica, e non partecipativa, possa produrre una ulteriore marginalizzazione del territorio. E c’è chi si chiede: se ciò fosse vero, sarebbe valsa la pena far abdicare la consolidata Mostra ovina in favore della Festa della transumanza?

Ma la natura sospettosa della gente del Cicolano non ha soltanto una matrice caratteriale o genetica, dovuta all’atavico isolamento, si fonda anche sull’esperienza, spesso triste. Ha quindi un senso dare spazio alle istanze che arrivano dal basso, non per ostacolare il sacrosanto processo di risignificazione in atto, ma, come una sorta di esorcismo, per tenere alta la guardia su quanto non si vorrebbe che accadesse ma che potrebbe accadere.

È in quest’ottica che Re Mida non è né deve essere considerato un imputato, anzi; è da intendere, piuttosto, come il regnante di una “monarchia parlamentare”, nella quale il controllo democratico della base ha un senso, e un peso. Le remore dei sospettosi nascono da una serie di dubbi; date le ultime novità:

 -       quali priorità resteranno ai pastori locali e alle loro greggi?

-       Quali opportunità avranno la manovalanza e i fornitori di servizi del territorio?

-       Che beneficio ne avranno le strutture ricettive locali?

-   Che fine farà, nel bene e nel male, la partecipazione attiva e decisiva delle amministrazioni e delle associazioni no profit locali?

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La grande struttura predisposta per accogliere e ristorare i visitatori

Le perplessità sono scaturite quando, a manifestazione avviata, ci si è accorti che sul palcoscenico e dietro le quinte c’era molto di “forestiero”, e poco, veramente poco, di “autoctono”. Con tutti i suoi limiti e il suo essere chiusa in se stessa, quella condotta per quarant’anni era comunque stata una manifestazione in grado di dare un po’ di ossigeno all’economia del luogo, da lungo tempo sofferente e con un orizzonte di futuro sempre più ristretto. La sensazione è che ora la periferia si sia fatta centro, ma non nella forma di centro decisionale attivo, quanto piuttosto come luogo passivo in cui si realizzano le volontà e gli interessi del centro decisionale. Affermazione supportata dall’evidenza che nell’edizione del 2019 tutto è calato dall’alto: investimenti, decisioni, organizzazione, programma, maestranze, strutture, materiali…

Differentemente da come potrebbe apparire, questo contributo non è, o quanto meno non vuole essere, un romantico rimpianto del bel tempo che fu, perché il passato, remoto o recente che sia, sui monti del Cicolano bello non è mai stato. Molte attività sono state concepite erroneamente, altre non hanno funzionato appieno, altre ancora avrebbero avuto bisogno di più o meno profondi aggiustamenti; ma passare da questo a vedere i residenti ridotti a comparse in un progetto nato per valorizzare le realtà locali ce ne passa.

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Stand dei produttori della lenticchia di Rascino

In ogni caso, se ciò dovesse malauguratamente accadere, non tutte le responsabilità ricadrebbero sul “forestiero”, anzi. Qual è stato, infatti, il ruolo giocato in questa vicenda dagli amministratori, locali e non? Tra la poca gente che ancora vive nei comuni interessati, c’è chi risponde al quesito come da sempre in quei luoghi hanno dimostrato di saper fare meglio, con la satira. E di satire nei gruppi social ne stanno già circolando alcune, rivolte alla “politica” e incentrate sulle nuove sorti dell’ormai tramontata Mostra ovina dell’altopiano di Rascino. Volutamente non vengono riproposte in forma integrale, perché gratuitamente e ingiustificatamente offensive nei confronti dei destinatari; in esse, però, traspaiono alcune istanze particolarmente interessanti e condivisibili, che agli stessi “politici” vengono poste.

In estrema sintesi, a questi ultimi, ritenuti quantomeno inermi in merito all’abdicazione, si chiede di dare conto su quanto è accaduto, sulla provenienza e la destinazione dei fondi impiegati, su chi ci ha guadagnato e chi ci ha perso, su cosa si profila all’orizzonte per gli ormai “ex protagonisti”. Volgarità a parte, come non dare risonanza a queste domande?

 [...]

han svenduto mostra ovina.
e ci sta chi màgna, e inquina
[...]
quale fine avrà il pastore?
La sua festa ha poche ore
[...]
han cambiato il manifesto.
Sto dormendo, oppur son desto?
[...]
questa Terra chiede il conto
non gli basta il suono e il canto
[...]
per chi è stato tutto questo?
Chi è del luogo paga il costo!
[...]

Purtroppo la manifestazione già in programma per domenica 28 luglio è saltata a causa delle avverse condizioni meteo, e l’ignoto Pasquino locale così ha accolto il fatto:

[...]
se ne accorge il Padreterno
che scatena un vero inferno
[...]
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Un po’ di “folklore”

Ma Re Mida è forte, e il suo esercito non si arrende alla sconfitta della prima battaglia. Passata la tempesta spunta di nuovo il sole, le risorse economiche non mancano, non manca neanche la voglia di raccogliere il mancato consenso, e così il grande evento viene rimandato alla domenica successiva, al 4 agosto 2019.

Nonostante l’ottimo esito della manifestazione, seppure al secondo tentativo, c’è chi sentendosi spogliato di un elemento culturale ormai consolidato riprende la seguente vecchia eptastica di Luigi Adriani, detto mastru Gigi, pastore fiamignanese (1905-1996) che già verso la fine del secolo scorso evidenziò ad arte le rapine subìte dal suo territorio:

Da mó ferme sò’ ‘é conòcchie
né se fau più all’ara ‘é mùcchie
hau assegnate mezze macchie
l’acqua è quella de Verrecchie
da Magliànu le lenticchie.
Có’ llo èsse gente bòna
questa è terra … de rapina! [1]

Ed è facendo eco a questo componimento, citandone esplicitamente l’autore, che il Pasquino dei nostri giorni esprime la sua riflessione:

Ciò direbbe Gigi il mastro
sul che accade al tempo nostro:
«Non c’è più la Mostra ovina?
Questa è un’altra rapina!».

Amara affermazione che lascia poco spazio all’interpretazione, e molto al fermo auspicio che la paventata «rapina» non si realizzi. Nella sua nuova veste la manifestazione avrà un futuro certamente migliore, questo è quanto ha chiaramente dimostrato l’evidenza dei fatti.

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Greggi e pastori nel pianoro

Ma non tutto è mercificabile, e il “miglioramento” non è un fattore necessario e sufficiente per far accettare supinamente una qualunque cessione; in alcuni casi il prezzo richiesto può rappresentare un elemento dirimente. Prezzo che nel caso in questione non è stato irrisorio, visto che è quantificato in quarant’anni di storia e cultura locale; con il rischio aggiuntivo che gli ideatori e gli attori originari possano essere definitivamente espropriati ed estromessi.

L’auspicio è che tutto ciò non accada, ma il Cicolano è abituato al “peggio”, e come saggiamente affermato da Andrea Camilleri: «In Italia il peggio è sempre nuovo e sempre diverso» (La7 Ricorda, 2019). Ben venga Re Mida, quindi, e ben venga il suo esercito, a patto che alla statua d’oro non venga riservata una parte marginale del canovaccio e un angolo buio della scena, perché in questo caso, sì, che sarebbe un altro furto.

Dialoghi Mediterranei, n. 39, settembre 2019
 Note
[1] «Da molto tempo i fusi sono fermi / nelle aie non si trebbia più il grano / il comune ha venduto gran parte dei suoi boschi / l’acqua che beviamo viene da Verrecchie. / Con il nostro essere buona gente / questo è un territorio di rapina». Per quanto riguarda la vendita dei boschi demaniali si rimanda al riferimento bibliografico: Adriani (submitted).
Riferimenti bibliografici
Settimio Adriani, Elisa Morelli, Il mutato sistema produttivo in ambito agro-zootecnico nel Cicolano e a Rieti, in Giovanni Maceroni, Ileana Tozzi (a cura di) Il Cicolano e la città di Rieti dalle regioni al Giubileo del duemila, Rieti, Tipografia Fabri, 2013.
Settimio Adriani, Usi civici di pascolo e legnatico nell’altopiano di Rascino (Rieti), trasformazioni delle antiche forme di democrazia e autogoverno comunitario, «Scienze del Territorio», VIII, 2020. Submitted.
Pietro Clemente, Antonio Fanelli (a cura di), L’albicocco e la rigaglia. Un ritratto del poeta Realdo Tonti, Siena, Gorée, 2009.
Fabio Dei, Realdo Tonti e il “popolare underground”: per salvare l’ottava rima dall’Unesco,  in Pietro Clemente, Antonio Fanelli (a cura di), L’albicocco e la rigaglia. Un ritratto del poeta Realdo Tonti, Siena, Gorée, 2009.
Emanuele Laurenzi, La Lenticchia di Rascino rischia di sparire, «Il Messaggero», 04.08.2019.
A Rascino la Coldiretti celebra la pastorizia con la festa della transumanza. Corriere di Rieti, Rieti, <https://corrieredirieti.corr.it/news/rieti/282160/a-rascino-la-coldiretti-celebra-la-pastorizia-con-la-festa-della-transumanza.html>, 03.08.2019.
La Repubblica, Arte e Cultura,<http://www.repubblica.it/cultura/2018/03/27/news/italia_candida_transumanza_a_patrimonio_culturale_dell_umanita_unesco-192388096/>, 03.08.2019.
Convegno organizzato da Coldiretti Roma-Rieti e VII Comunità Montana “Salto Cicolano”, Centro Polifunzionale S. Elpidio di Pescorocchiano (RI), 15 giugno 2019.
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 Settimio Adriani, laureato in Scienze Naturali e Scienze Forestali, si è specializzato in Ecologia e ha completato la formazione con un Dottorato di ricerca sulla Gestione delle risorse faunistiche, disciplina che insegna a contratto presso l’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo (facoltà di Scienze della Montagna, sede di Rieti) e ha insegnato presso le Università degli Studi “La Sapienza” di Roma (facoltà di Architettura Valle Giulia) e dell’Aquila (Dipartimento MESVA). Per passione studia la cultura del Cicolano, sulla quale ha pubblicato numerosi saggi.
Riccardo Fornari, studente di Scienze della Montagna presso la Sabina Universitas di Rieti, è particolarmente interessato allo studio della fauna e attivo nelle relative indagini di campo, che conduce sia in collaborazione con il Dipartimento nel quale studia, sia con i gruppi di specialisti che operano nel suo territorio di residenza. Come socio dell’Associazione Pro Loco di Fiamignano (Rieti) è impegnato nel recupero e nella valorizzazione delle tradizioni del Cicolano (Rieti).
Dario Santoni, studia Scienze politiche presso “La Sapienza”, Università di Roma; ha intrapreso il precorso che lo condurrà ad essere giornalista. È particolarmente interessato alle ricerche e allo studio della fauna e delle tradizioni del suo territorio. In qualità di socio della Pro Loco di San Giovanni Reatino (Rieti), della quale è parte del Consiglio direttivo, è attivo nella raccolta di testimonianze orali e nella corretta catalogazione della documentazione già a disposizione dell’Associazione.
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