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Le razze non esistono, ma il razzismo sì. Ricordando Danilo Dolci, Ludovico Corrao e Alberto Piazza

61nm5xytyzl-_ac_uf10001000_ql80_di Francesca Maria Corrao

Potrebbe sembrare un’affermazione paradossale, ma invece è quanto emerge dalla lettura di Genetica e destino. Riflessioni su identità e memoria (Codice edizioni 2020), l’ultimo libro del genetista di fama mondiale, Alberto Piazza, recentemente scomparso. All’inizio del capitolo ‘Variabilità genetica e razzismo’, afferma «La genetica umana ha dimostrato che la diversità biologica tra due individui qualsiasi della nostra specie è dovuta all’85% al fatto che appartengono appunto alla stessa specie e per il 10% al fatto che la loro origine geografica si colloca in continenti diversi» (Piazza 2020: 69). 

Siamo tutti esseri umani, siamo uguali ma diversi. Essere uguali è un principio sancito da molte Costituzioni, ed essere diversi è un valore che ogni persona desidera che gli sia riconosciuto. Tuttavia al principio dell’uguaglianza non sempre corrisponde un pari trattamento, anzi!

In molti Paesi la diversità è stigmatizzata, il diverso è discriminato, per genere, provenienza geografica, tratti somatici o colore. La questione allora, secondo il filosofo Norberto Bobbio, è: «Chi sono gli uguali e chi sono i diversi?» (Bobbio 1994: 25-27). Gli esseri umani sono tutti uguali e tutti diversi, e dunque le razze non sono reali, anche se quella piccola parte di diversità biologica, e culturale, spinge alcuni ad affermare la superiorità della propria identità al punto da contrastare la commistione con l’“altro”. Infatti, come spiega il genetista Piazza, le definizioni a sostegno del razzismo si basano sulle piccole diversità biologiche per giustificare una gerarchia tra gli individui.  Purtroppo, si sa ancora troppo poco riguardo alla determinazione genetica del comportamento umano «per indicare i meccanismi biologici e culturali che ne influenzano le regole» (Piazza 2020: 75).

Come far sì che il diritto alla differenza, non tracimi in una rischiosa separazione e irriducibilità delle culture da cui trae profitto l’ideologia “razzista” per discriminare il diverso? Come combattere il pregiudizio? Lo strumento principe è l’educazione e, accanto a quella scolastica, l’informazione che oggi, grazie ai new media, diffonde l’arte, la musica, e la cultura immateriale che valorizzano l’identità di un dato gruppo. Tale identità è peraltro sempre provvisoria, molteplice e in divenire, frutto meticcio di un continuo apporto da altre culture e popolazioni, e affonda le radici nell’appartenenza all’unica razza umana. Questo affermano non solo la genetica ma anche gli studi sull’evoluzione delle culture. La conoscenza dell’altro è una delle armi principali per contrastare il razzismo, si pensi ad esempio a quanto dichiarava il “Manifesto della razza” fascista del 1938:

«[…] Gli ebrei non appartengono alla razza ariana [..] Anche l’occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all’infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia» (in Piazza 2020:72).
Pietro Piazza con Cairoli e Francesca Corrao in  occasione della presentazione del libro De Rerum Natura

Pietro Piazza con Cairoli e Francesca Corrao in occasione della presentazione del libro De Rerum Natura

Alberto Piazza ben documenta la falsità di queste affermazioni, che peraltro sono anche confutate dalle recenti scoperte archeologiche, linguistiche e genetiche e da numerosi studi sulla presenza araba in Sicilia (Corrao 2024: 151-159; Granara 2019; Arcifa Bagnera 2018: 382-404). Piazza attraverso i suoi studi ha confutato le assurde affermazioni dell’ideologia razzista, rendendo il suo lavoro di indagine una “missione” al servizio della conoscenza e della consapevolezza dell’unità del genere umano. Come scienziato, si è avvalso di un grande rigore metodologico nell’indagine sui dati genetici, che lo ha portato a demolire, su base scientifica, il concetto di razza applicato all’interno del genere umano, mettendo a disposizione della comunità accademica e della società civile nuovi strumenti utili a contrastare le motivazioni che portano a sostenere l’ideologia razzista.

I miei studi e le mie esperienze trattano quel dieci per cento di influenza culturale di cui parla Piazza; dalle mie ricerche accademiche non risulta altro che un ricco e incessante scambio culturale tra le opposte sponde del Mediterraneo: commerci, traduzioni, viaggi di esplorazione, migrazioni di popolazioni, acquisizioni artistiche. Senza la curiosità intellettuale, ma anche spirituale, che ha spinto mercanti, studiosi e pellegrini non avremmo la matematica, gli aggiornamenti nel campo medico e astronomico, e l’innovazione nella narrativa e nell’arte.

Senza tale scambio non avremmo i numeri arabi, le traduzioni delle opere mediche e filosofiche realizzate da ebrei, musulmani e cristiani in Sicilia come in Spagna, i lapislazzuli dell’Asia centrale che hanno dato il blu a Giotto per disegnare le volte di Assisi, o la tecnica della ceramica invetriata che ha decorato i piatti e i vasi del meridione d’Italia. E non si dimentichino i riverberi della poesia araba nei poemi della scuola poetica siciliana, tanto amata da Dante e Cavalcanti (Corrao 2024: 151-159).

È imbarazzante riconoscere la persistente e profonda ignoranza di gruppi di politici e giornalisti che sulla stampa fanno dichiarazioni razziste contro giocatori o valorosi atleti italiani i cui genitori sono nati altrove, o contro persone che per natura o scelta hanno indirizzi sessuali diversi da altri. La chiusura mentale è l’anticamera della decadenza, un arretramento culturale che non può che nuocere alla nostra crescita futura in termini di progresso scientifico ed economico.

Ancora oggi, con un tasso di analfabetismo decisamente migliore di quello di cento anni fa, si legge di frasi e azioni antisemite, quando già a scuola si dovrebbe insegnare che come l’italiano è una lingua romanza come il francese e il rumeno, così l’arabo e l’ebraico sono entrambe lingue semitiche. Torniamo ancora a parlare di cultura, ma se le razze non esistono, e la cultura fa la differenza, allora di cosa si sta parlando quando si accusa di antisemitismo per lanciare anatemi contro chi osa difendere la dignità umana di gente martoriata da ingiuste guerre? 

La recente scomparsa dell’amico Alberto Piazza mi ha portato a riflettere sui racconti della sua esperienza di vita e sull’importanza dell’impegno civile nella sua professione. Per lui – come per altre persone che hanno segnato la mia formazione – l’esperienza della guerra e l’incontro con grandi maestri generosi, hanno inciso nella sua vita contribuendo a risvegliare il senso di responsabilità nei confronti della propria comunità.

Danilo Dolci

Danilo Dolci

Il “destino”, in modo non del tutto casuale, ha voluto che ci conoscessimo sulle Alpi, e tra quei monti, nel ricordare gli itinerari dei nostri studi, abbiamo scoperto di avere diversi importanti riferimenti e conoscenze comuni, una in particolare parecchio significativa per entrambi: Danilo Dolci. Ricordo di aver chiesto ad Alberto Piazza chi o cosa lo avesse portato a maturare la consapevolezza del proprio impegno personale, professionale e di ricerca, e così venne fuori il nome dell’attivista triestino naturalizzato siciliano.

Danilo Dolci, sin da giovane si era opposto al fascismo e alla guerra; una volta completati gli studi di architettura si era trasferito in Sicilia, ispirato dall’esperienza nella comunità cristiana di Nomadelfia (GR) di Don Zeno Saltini, dove la “fraternità” è legge. Dolci mise da parte la professione e la produzione poetica per approdare nella poverissima Trappeto (Partinico, TP) [1]. Di fronte alla terribile miseria di quei luoghi si era improvvisato manovale e aveva promosso iniziative di protesta e lotta pacifica. Ispirato dagli insegnamenti di Gandhi e di Capitini, aveva adottato i principi della non violenza per denunciare le condizioni disumane in cui viveva la comunità locale facendo il primo sciopero della fame: si era sdraiato nel letto di un bimbo morto di stenti rimanendo a digiuno sinché il governo non si fosse impegnato ad avviare dei lavori per la sanificazione della zona.

Danilo Dolci

Danilo Dolci

Nel 1956, aveva promosso lo sciopero alla rovescia impegnando i disoccupati nel ripristino di una strada comunale; per questa attività era stato incriminato, ma in sua difesa era intervenuto Piero Calamandrei sostenuto da una grande mobilitazione internazionale. Aveva anche fondato la prima radio libera per informare e risvegliare la coscienza dormiente non solo della Sicilia ma dell’Italia post-bellica. A Trappeto aveva organizzato il centro Mirto, e a Partinico il centro studi, dove si adoperava per la formazione di giovani volenterosi che volevano impegnarsi per il bene comune. Qui giungeva Alberto Piazza, all’epoca studente a Torino con i compagni di liceo Gianfranco Accattino, Giovannino Mottura e Lello Guariniello, insieme ad altri giovani tra cui Vittorio Rieser e Guido Neppi Modona [2]. Questa esperienza durata tre estati contribuì a convincere Alberto Piazza, e come lui anche gli altri giovani, dell’importanza dell’impegno sociale e di una ricerca rigorosa utile alla crescita della società.

Dolci, sensibile ai problemi dei poveri contadini senza l’acqua per irrigare i loro campi, aveva organizzato le marce per la costruzione di una diga sul fiume Jato. A questa attività aveva partecipato anche Alberto Piazza e inoltre, con i suoi compagni di studi avevano raccolto le interviste che erano servite a Dolci per argomentare le sue iniziative a favore dei contadini, poi pubblicate da Einaudi in un libro intitolato, Lo spreco; questo titolo, nel ricordo di Alberto Piazza

«riassume in una sola parola l’insegnamento che vuole trasmettere: non sprecare mai in vaniloqui il tempo e le opportunità. Per tale compilazione peregrinavo da pastore a pastore chiedendo come usavano l’acqua e il letame, e ricordo, oggi grato, la sensazione di vergogna nel verificare tanta povertà» (Piazza 2020: 184). 

I giovani chiedevano ai contadini di Trappeto e Partinico quali fossero i loro bisogni fondamentali. Questi, che vivevano in una drammatica condizione di miseria e di disperato abbandono, rispondevano in modo pressoché unanime: l’acqua e la riduzione del numero spaventoso di ore di lavoro quotidiano nei campi. Inoltre Piazza e i suoi amici partecipavano ai programmi della radio Partinico libera, che diffondeva le attività del gruppo, promuovendo la necessità dell’impegno a favore dei meno fortunati attraverso azioni pacifiche come il dono del tempo e dell’attenzione e non solo con elargizioni pecuniarie. Principi che riecheggiano il pensiero del filosofo americano Ralph Waldo Emerson e del suo allievo Henry Thoreau (Corrao 2024 a).

Alberto Piazza, riflettendo sulla sua esperienza in Sicilia scriveva:

«Ho trascorso insieme a lui [Danilo Dolci] tre estati in Sicilia come volontario al tempo del Liceo, nell’illusione giovanile di essere utile alla società, per poi constatare a posteriori, di essere stato utile soprattutto a me stesso» (Piazza 2020:184). 
Ludovico Corrao e Leonardo Sciascia a Gibellina

Ludovico Corrao e Leonardo Sciascia a Gibellina

In quegli stessi anni nasceva il sodalizio tra Danilo Dolci e mio padre, Ludovico Corrao, già deputato regionale democristiano, della corrente di Dossetti, ma allora indipendentista cristiano sociale nel governo Milazzo [3]. Corrao sin da giovane era stato vicino ai bisogni dei poveri e, ispirato da La Pira, credeva nella necessità del dialogo tra i popoli; il sindaco di Firenze aveva avviato un dialogo solidale con le città del Mediterraneo invitando anche sindaci di Israele e Palestina.

Corrao, come sindaco di Alcamo, aveva già partecipato con Danilo Dolci alle marce per la costruzione della diga sullo Jato (Corrao L. 2013: 93-95); poi si erano ritrovati insieme quando il terremoto devastò la valle del Belìce per battersi uniti per la rinascita dell’area. Corrao aveva intrapreso una dura lotta per ricostruire le case ai poveri terremotati abbandonati nelle gelide baracche, con la sola prospettiva di emigrare al Nord.

Le attività politiche di Corrao, unite all’opera di sensibilizzazione e mobilitazione di Dolci, avevano rafforzato i rapporti con molti intellettuali solidali, tra cui Norberto Bobbio, il Nobel Dario Fo, Carlo Levi e Leonardo Sciascia. Questi ultimi assieme a Danilo Dolci, Renato Guttuso e altri intellettuali avevano sostenuto l’appello lanciato da Corrao nel ‘70 per sollecitare il Governo ad avviare la ricostruzione delle città distrutte dal terremoto.

Francesca Corrao e leonardo Sciascai, 1988

Francesca Corrao e Leonardo Sciascia, 1988

A quell’appello risposero artisti siciliani e italiani con un gesto generoso di sostegno e di dono partecipando al decoro della rifondata città di Gibellina che divenne un nuovo centro di arte con un futuro anche di turismo artistico-culturale nella regione. Negli anni successivi mentre Corrao ricostruiva Gibellina in nome dell’arte, Dolci, seguendo l’insegnamento spirituale gandhiano, proseguiva nell’attività pacifista costruendo una comunità educativa dedita alla formazione di giovani impegnati nella vita sociale.

Dolci, come Capitini, educò generazioni di giovani laici fortemente radicati in una salda etica morale fondata sul rispetto della vita di tutti. Un flusso internazionale di giovani partecipava attivamente ai gruppi di formazione, sperimentando nuove modalità di apprendimento basato sul dialogo tra pari. Per Dolci come per Corrao l’impegno per gli altri permeava la loro vita a tempo pieno, senza distinzione tra spazio pubblico e privato, tra vacanze e lavoro; la loro intera esistenza era caratterizzata da incontri e dialoghi con gente di tutto il mondo; locali e stranieri insieme si incontravano, ciascuno con il desiderio di arricchirsi delle altrui esperienze e conoscenze.

Dolci aveva sposato una vedova di Trappeto adottandone i figli che educava ai suoi valori assieme agli altri cinque nati dalla loro unione. Corrao, da avvocato, si impegnava nella difesa delle vittime della mafia, che all’epoca vessava i più deboli con estorsioni e prepotenze di ogni tipo, uccidendo chi non pagava il “pizzo” e rapendo le donne che si rifiutavano di sottostare ai loro capricci. Corrao fu tra i primi a difendere le vedove della mafia come Serafina Battaglia, che ebbe il coraggio di denunciare i mafiosi che le avevano ucciso il figlio e il marito, e dopo di lei Maria Ciuni [4]. Difese anche Franca Viola rapita e violentata dal pretendente mafioso; e poi propose e fu relatore in Parlamento della legge per l’abolizione del delitto d’onore. Tali coraggiose attività li misero nel mirino di Cosa nostra che, con attentati e calunniose accuse minacciarono entrambi, al punto da fare incriminare Dolci; ma non li fermarono.

Corrao e Burri

Ludovico Corrao e Alberto Burri

La città di Gibellina, ricostruita da altri, fu trasformata da Corrao, nonostante le bombe intimidatorie, in un museo all’aria aperta e oggi la Fondazione Orestiadi conserva la memoria artistica di quell’esperienza, in continuità con il pensiero politico di Ludovico Corrao [5]. Qui si trova il Museo delle trame mediterranee, dedicato al dialogo artistico delle diverse culture della regione mediterranea alla cui creazione hanno contribuito artisti italiani quali Carla Accardi, Alberto Burri, Pietro Consagra, Emilio Isgrò, Arnaldo Pomodoro, Mario Schifano e tanti stranieri tra cui l’egiziano Adel al-Siwi, il tunisino Mja Mdawi e il tedesco Joseph Beuys, solo per citarne alcuni.

Nella cittadina ci sono altri due musei di cui il Museo Comunale di Arte Contemporanea Ludovico Corrao, riunisce le donazioni dei tanti artisti che hanno contribuito alla crescita di Gibellina [6]. L’altro è il Centro di Ricerche Economiche e Sociali per il Meridione (CRESM), creato da Lorenzo Barbera, anche lui allievo di Danilo Dolci, con cui promosse campagne di protesta a favore dei terremotati; il museo ne racconta le vicende [7]. Questi musei testimoniano la presa di coscienza dei propri diritti da parte dei giovani e della popolazione del territorio, grazie anche alle azioni di Corrao e agli insegnamenti di Dolci. Il lavoro di informazione e sensibilizzazione e la formazione avevano risvegliato le coscienze di molti, tra cui anche quella di Peppino Impastato e Mauro Rostagno; entrambi pagarono con la vita il coraggioso impegno contro la mafia, e furono uccisi l’uno nel 1978 e l’altro nel 1988.

Ad Alberto Piazza, come a tanti altri, toccò un diverso destino; tornato a Torino iniziò la sua lunga battaglia scientifica contro pregiudizi e ignoranza. Trascorsi tanti anni da questi episodi, tornando in Valle d’Aosta, dove bambina ero stata con mio padre convalescente, ho incontrato un gruppo di cari amici, tra cui Alberto e Ada Piazza, sempre impegnati anche in vacanza. Tra passeggiate e lunghe chiacchierate ci siamo trovati a partecipare insieme e collaborare a numerose attività culturali [8]. Ci univano la sua vasta conoscenza scientifica, il suo spirito creativo, l’amore per la poesia e la musica.

Nelle pause tra le passeggiate nel verde e il lavoro, si invitavano amici e colleghi, a tenere conferenze per aggiornarsi sugli avanzamenti negli studi. Arriviamo così ad un altro elemento importante del nostro sodalizio: il confronto e il dialogo come strumento di conoscenza, crescita e quindi di educazione.

omaggio-a-piazza-locandina-cogneSu questo tema si confrontavano la sua maturazione anche conseguente all’incontro con Dolci, affinata da decenni di docenza e attività scientifica internazionale, con le mie esperienze a Gibellina, ma anche a Partinico (sebbene allora molto più giovane), e di docenza e di ricerca altrove nel mondo. Studi diversi ma complementari nell’approccio, guidati da un laicismo umanistico, rispettosi della dignità della vita di tutti; una visione che abbraccia anche il modo di insegnare, basato su un dialogo mirato a risvegliare curiosità e a stimolare capacità, per aiutare i discenti a contestualizzare e ad elaborare in modo autonomo. Una formazione che vuol fare diventare i giovani consapevoli di sé, mettendoli in grado di sviluppare le proprie competenze.  

L’educazione e il dialogo avviati da Dolci hanno contribuito a cambiare la Sicilia, e con essa tante generazioni di studiosi e attivisti venuti per arricchire la loro formazione grazie a quella esperienza. Dolci e Corrao hanno messo in atto un dialogo che crea il valore nell’educazione – secondo il pensiero del filosofo giapponese Daisaku Ikeda – perché costruisce un processo di negoziazione in cui l’uno confronta il proprio discorso con quello dell “altro” su temi di utilità, bontà e bellezza (Urbain 2018: 105-120). In questo scambio si palesa quell’interdipendenza che unisce tra loro esseri umani e ambiente sociale e naturale, di gandhiana memoria, tanto cara a Dolci a Corrao e Piazza.

Noi siamo un’unica razza umana, affermava Alberto Piazza; è pertanto indispensabile che ciascuno si attivi con conoscenze e azioni per contrastare la nuova ondata di ingiustificato razzismo, che vorrebbe addirittura negare diritti, come quello di asilo, conquistati dopo decenni di orribili guerre nell’ambito di accordi internazionali sotto l’egida delle Nazioni Unite, a cui la nostra nazione, rinata dopo gli orrori del nazi-fascismo, ha contribuito. 

Conclusioni

L’esperienza di Danilo Dolci e di Ludovico Corrao e le scoperte scientifiche di Alberto Piazza ci insegnano che anche il bene è contagioso, e che l’impegno di una singola persona può fare la differenza e contribuire a cambiare la storia, in qualsiasi campo. Dall’esempio positivo nasce la speranza che incoraggia a sfidarsi, quella speranza che abita le persone che si rifiutano di avere nemici, di odiare e di essere vittime. Oggi più che mai è necessario ricordare, rendere omaggio e sostenere le tante grandi e piccole realtà di coraggiosi che agiscono per costruire la pace, come la Comunità di Sant’Egidio, e non soltanto nel nostro Paese ma anche dove la guerra infuria. Mi riferisco alle tante Comunità che nel mondo vedono partecipi giovani e volontari, come quelle di Neve Shalom avviata nel 1972 in Israele e la fattoria della famiglia cristiana Nassar a Betlemme. 

Dialoghi Mediterranei, n. 69, settembre 2024  
Note
[1] https://danilodolci.org/
[2] https://www.unacitta.it/it/intervista/2876-il-sud-di-dolci-e-la-fiat-di-panzieri 
[3]  Il governo Milazzo, che aveva rotto il monopolio democristiano in Sicilia, fu fatto naufragare da un ben orchestrato tradimento Corrao L., Il sogno Mediterraneo, a cura di Baldo Carollo, ErnestodiLorenzo editore, Alcamo, 2013: 93-95, 100-115.
[4]https://it.wikipedia.org/wiki/Serafina_Battaglia
https://it.wikipedia.org/wiki/Seconda_guerra_di_mafia#:~:text=28%20ottobre%201970%3A%20omicidio%20dell,%C3%A8%20sul%20letto%20d’ospedale. (Consultato il 18 agosto 2024).
[5] In occasione del centenario della nascita di Danilo Dolci il Festival delle Orestiadi, diretto da Alfio Scuderi, gli ha dedicato una serata al grande maestro, Radio libera Sicilia,  https://www.fondazioneorestiadi.it/
[6] https://www.macgibellina.it/
[7] https://www.cresm.it/
[8] Alberto Piazza a Cogne ha fatto parte del Comitato scientifico del Festival Grand Paradis Film Festival, ha partecipato a molte conferenze organizzate nella sezione “De rerum natura”, e ha anche organizzato il ciclo di conferenze “Il mondo che cambia”, ciclo che quest’anno nel rendergli omaggio gli dedica una settimana di studi. 
Riferimenti bibliografici
Arcifa L., Bagnera A. (2018) “Palermo in the ninth and early tenth century. Ceramics as archeological markers of cultural dynamics”, a cura di Anderson G.D., Fenwick C., Rosser-Owen M., The Aghlabids and their Neighbors: 382-404.
Bobbio N. (1994) “Eguali e diversi”, in Sisifo, 27 Maggio 1994: 25-27.
Cavalli Sforza L.L., Menozzi P., Piazza A. (1977) Storia e geografia dei geni umani, Milano, Adelphi.
Cavalli Sforza L.L. e Piazza A. (1996) L’evoluzione dell’uomo tra natura e storia, Milano, Mondadori Educational.
Corrao F.M. (2024), “Emiri, sultani e califfi nell’epoca della sovranità frammentata. Panoramica storica: IX-XIV”, in Storia della Letteratura araba. Dall’Epoca preislamica all’età postclassica, in
Corrao F.M. e Ruocco M. (a cura di 2024), Mondadori Educational e Le Monnier Università, Milano, vol. 1: 151-159,
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Corrao F.M. e Redaelli R. (a cura di 2021), States, Actors and Geopolitical Drivers in the Mediterranean, Palgrave, Londra.
Corrao F.M., (2021), “Memory of Oblivion: Italian history and lost memory of the Arab influence in medieval Sicily” in The Biblioteca Helvatica Romana series holded by the Swiss publishing house.          
Corrao F.M., (2021), “Notes on a new reading of the Mediterranean: a History of Trade, Culture and Wars”, in Corrao F.M. e Redaelli R. (eds.), Perspectives in the new centrality of the Mediterranean. States, Actors and Geo-political Drivers in a Changing Region, Palgrave, Londra.-               
Corrao F.M., (2021), Tra i ricordi di Leonardo Sciascia una lezione per il presente” in TODOMODO vol. X.  
Corrao F.M. e Violante L. (a cura di 2018), L’Islam non è terrorismo, Il Mulino, Bologna.        
Corrao L. (2013), Il sogno Mediterraneo, a cura di Baldo Carollo, ErnestodiLorenzo editore, Alcamo. 
Dolci D. (1060), Spreco, Einaudi, Torino.
Dolci D. (1966), Chi gioca solo, Einaudi, Torino.
Dolci D. (1967), Ai più giovani, Feltrinelli, Milano.
Dolci D. (1968), Inventare il futuro, Laterza Bari.
Dolci D. (1985) Palpitare di nessi: Dialoghi in versi e riflessioni per una ricerca di educare creativo a un mondo nonviolento, Mesogea, Messina.
Dolci D. (1996) La struttura maieutica e l’evolverci, La Nuova Italia, Firenze.
Granara W. (2019) Narrating Muslim Sicily. War and Peace in the Medieval Mediterranean World. Tauris.
Piazza A. (2020), Genetica e destino. Riflessioni su identità e memoria, Torino, Codice edizioni.
Piazza A. (2021) Le leggi razziali del 1938, Bologna, Il Mulino.
Tarozzi M. (1995) “Come l’ape che si posa su un fiore. Intervista a Danilo Dolci”, in DuemilaUno, X (1995), 49, http://www.centrostudialeph.it/archivio/dolci/web_site/dda/tarozzi.html
Urbain O. (2018), “Bringing Out the Best in Oneself and Others: the Role of Dialogue in Daisaku Ikeda’s Peacebuilding Practice”, in Peacebuilding Through Dialogue. Education, Human Transformation, and Conflict Resolution, a cura di P. N. Stearns, George Mason University Press, Fairfax Virginia: 105-120. 
Sitografia (Consultata il 18 agosto 2024).:
https://www.cresm.it/
https://danilodolci.org/
https://www.fondazioneorestiadi.it/
https://www.macgibellina.it/
https://www.unacitta.it/it/intervista/2876-il-sud-di-dolci-e-la-fiat-di-panzieri
https://it.wikipedia.org/wiki/Serafina_Battaglia 
https://it.wikipedia.org/wiki/Seconda_guerra_di_mafia#:~:
text=28%20ottobre%201970%3A%20omicidio%20dell,%C3%A8%20sul%20letto%20d’ospedale

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Francesca Maria Corrao, ordinario di Lingua e Letteratura Araba, alla Luiss Guido Carli Roma, ha studiato in Italia e al Cairo la cultura del mondo arabo e islamico. Tra le sue pubblicazioni numerosi articoli in sedi internazionali e nazionali e gli approfondimenti su: La rinascita islamica (ed. Laboratorio antropologico, Università di Palermo 1985); Poeti arabi di Sicilia (Mondadori 1987, Mesogea 2001) Le storie di Giufà (Mondadori 1989, Sellerio 2002), Adonis. Ecco il mio nome (Donzelli 2010), Le rivoluzioni arabe. La transizione mediterranea (Mondadori università 2011). Assieme a Luciano Violante ha recentemente curato il volume edito per i tipi de Il Mulino L’Islam non è terrorismo e con Monica Ruocco i due volumi della Storia della letteratura araba, presso Le Monnier/Mondadori.

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