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Leggende plutoniche nel repertorio Pitrè-Salomone Marino

copertinadi Giuseppe Giacobello [*]

Una mitologia molto diffusa riguarda tesori nascosti in cavità del sottosuolo, o in luoghi simbolicamente equivalenti, configurati secondo ideologie d’incantesimo e sottoposti a restrizioni rituali che li rendono, di fatto, inattingibili. Alle rappresentazioni narrative collegate, alle cosiddette leggende plutoniche, i demologi siciliani del secondo Ottocento e del primo Novecento hanno dedicato un’attenzione tra le più rilevanti nel quadro regionale europeo. Tra di loro (M. Alesso, U. A. Amico, R. Castelli, M. Di Martino, G. Frosina-Cannella, C. Grisanti, S. A. Guastella, A. G. Gubernale, C. Melfi, F. Neri, F. Pulci, S. Raccuglia, G. Ragusa Moleti, G. Rametta Garofalo, B. Rubino, C. Angelo Sacheli, S. Salomone, F. Sanfilippo, C. Simiani, G. Traina, I. A. Trombatore, A. Tropia, F. Vacirca, P. Vetri), un ruolo d’orientamento hanno avuto Giuseppe Pitrè (1841-1916) e Salvatore Salomone Marino (1847-1916), con uno scambio scientifico e personale che pure in questo caso ha lasciato tracce importanti.

Punto di partenza possono essere i volumi IV-VII della «Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane» (= BTPS) di Pitrè, intitolati Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani (1875), con oltre quattrocento trascrizioni suddivise in cinque serie. Le storie specifiche sui tesori, in Sicilia e altre zone del Sud Italia denominate anche con varianti locali di trovature, sono state “raccolte” dallo stesso Pitrè (CCXXVII, La muntagna di la fera, Borgetto PA – CCXXVIII, Li vèrtuli di la muntagna di la fera, Borgetto PA – CCXXXa, Lu bancu di Ddisisa, Borgetto PA – CCXXXb, Pizzu Gaddu, S, Giuseppe Jato e Camporeale PA – CCXXXc, Lu bancu di Ddisisa, Borgetto PA – CCXXXI, Rocca d’Antedda, Salaparuta TP – CCXXXII, La Rocca di lu Pizziddu, Cammarata AG – CCXXXVIII, Lu Pizzareddu, Capaci PA – CCXL, La muntagna di lu Raja, Salaparuta TP – CCXLI, La seggia di lu turcu, Salaparuta TP) che le ha integrate con altre inviategli da Salomone Marino (CXXXVIII, La truvatura, Borgetto PA – CCXVI, Li Diavuli di la Zisa, Borgetto PA), G. Di Giovanni (CCXXIV, La Grutta di lu Pizzu Beddu, Casteltermini AG – CCXLV, Curaggiu Don Menu!, Casteltermini AG), V. Gialongo (CCXXXII, La muntagna di Santu Cuonu, Polizzi Generosa PA – CCXXXIV, La Chisulidda di lu Sarvaturi, Polizzi Generosa PA) e M. Di Martino (CLXXXV, Lu mastru e li spirdi, Noto SR). Non sono ancora proposte tutte insieme, anche se risultano per lo più incluse nella Serie terza dedicata alle «tradizioni storiche e fantastiche di luoghi e di persone», genere allora piuttosto frequentato dalla ricerca demologica:

«queste tradizioni non rappresentano che un piccolo saggio delle tante e poi tante che in ogni più riposto angolo della Sicilia potrebbero andarsi raccogliendo; ma e’ ci vuole fatica e pazienza maggiore di quella che sembri, a prima vista, necessaria. Si dovrebbe correr l’Isola tutta quanta, e cercare la spiegazione che contadini, montagnuoli, pescatori, artigiani danno d’una valle, d’una grotta, d’un fiume, d’un sasso, d’una montagna, d’una contrada qualsisia. Vi son luoghi che non si comprendono o che si crede comprendere; i dotti almanaccano e si bisticciano; il volgo mette fuori un nome, e da quel nome esce improvvisa una luce che spiega le origini e la storia del luogo stesso» (Pitrè 1875/I: X-XI).

Oltre all’amicizia, il motivo che conduce Salomone Marino a trasmettere (e a sua volta ricevere) documenti folklorici inediti va dunque ricercato nel suo prevalente interesse per attestazioni di “storia popolare” che offrissero riscontri allo studio di personaggi, eventi e luoghi della storia ufficiale. Appena uscite le Fiabe di Pitrè, infatti, egli interviene due volte sulla rivista «Nuove Effemeridi Siciliane» (1875, 1876), integrando con altri documenti quella Serie terza dell’amico e precisando alcuni aspetti, anche su presunti siti di tesori incantati, proprio in ragione del suo particolare intento storiografico “dotto”:

«Il popolo ha pur esso la sua storia particolare, fatta secondo i suoi gusti, le sue aspirazioni, il suo modo di sentire e giudicare; storia, che non è stata mai scritta, ma che pur vive una vita sempre giovane e rigogliosa, affidata com’è alla tradizione orale, che gelosa la custodisce. Vero è bensì che il continuo passare da bocca a bocca, da luogo a luogo, da tempo a tempo viene lentamente ma costantemente diffalcando, aggiungendo, modificando alcuna cosa al tradizionale racconto; ma è vero altresì che se delle alterazioni subiscono il colorito, la scena, i personaggi del quadro, questo si rimane pur sempre lo stesso, e l’occhio esercitato, attraverso le ulteriori pennellate deturpatrici intravede le primitive tinte e l’originale disegno. Da qui l’importanza di’ ricercare e conservare questi antichi cimelj, che poi, tocchi dalla selce della critica, dànno delle scintille spesso non infruttuose. La storia tradizionale di un popolo, per quanto minuta, aneddotica e riguardante il più spesso un luogo o un fatto o un individuo soltanto, anziché un regno od una popolazione in complesso, è pur sempre degna che amorosamente s’interroghi, perché oltre al far meglio conoscere il popolo, può fornire de’ lumi alla storia scienziale dei dotti; né senza peccare di leggerezza potrebbero oggidì tenersi in dispregio, da chi studia la vita e le fortune di un popolo, le orali tradizioni di esso. Delle quali ho qui riunito parecchie in prosa di carattere storico. Sono tradizioni tutt’affatto speciali alla Sicilia, e da costituire una importante giunta alle altre di simil genere, che il Pitrè diede nel vol. VII della sua meritamente celebrata Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane. I racconti, scrupolosamente, stenografati dalla bocca di popolani, riguardano città, luoghi, uomini variamente famosi presso dotti ed indotti. Spesso curiosi o strani e non dissimili da’ miti, essi racconti dànno pur sovente a pensare al critico, al quale riescono certamente più degni di considerazione che i lunghi ed eruditissimi ragionamenti di certi indagatori di origini storiche, pei quali la storia dei popoli e degli stati deve accomodarsi, a’ prestabiliti pensamenti del proprio cervello» (Salomone Marino 1876: 311-312).

Ma l’attenzione di Salomone Marino verso argomenti “fantastici” o “meravigliosi” correlati a quell’interesse storiografico “oralistico” per le “etnofonti” si ha ancora di lì a poco con Leggende popolari siciliane in poesia (1880), malgrado vi compaiano solo tre narrazioni legate ai tesori (XXII, La Casa ‘ncantata, Camporeale PA – XXIII, Lu Bancu di Disisa, Borgetto PA XXIV, Lu Zagariddaru, Partinico PA) e malgrado in anni più recenti siano state avanzate riserve filologiche su questa e altre sue opere: valga per tutte quanto hanno ricostruito Aurelio Rigoli e Alberto Varvaro sul repertorio dedicato alla Baronessa di Carini. Nel lavoro del 1880 l’immaginario plutonico è comunque posto in relazione con un quadro articolato e attendibile di credenze (prime fra tutte quelle sulle Donni di fora); in secondo luogo, le pagine di «annotazioni e riscontri», dopo le precedenti di C. Avolio (Canti popolari di Noto, 1875), M. Di Martino (Usi e credenze popolari siciliane, 1874), S. A. Guastella (Canti popolari del circondario di Modica, 1876) e R. Castelli (Credenze ed usi popolari siciliani, 1878-80), vanno oltre le necessità da “raccoglitore”, mostrando accurate propensioni comparative.

1Nella storia delle trovature e dei rapporti tra i due studiosi, uno sviluppo rilevante si ha nel biennio 1888-89. Dopo le Fiabe del 1875 «pareva che poco rimanesse tuttavia da raccogliere in Sicilia»; eppure nelle Fiabe e leggende popolari siciliane del 1888, dedicate a Thomas Frederick Crane, Pitrè riesce a mettere insieme altri «centocinquantotto racconti tradizionali nei dialetti e nelle parlate di quarantun comuni dell’isola, oltre a venticinque varianti, parte per esteso in dialetto, parte riassunte in italiano» (p. VII). Numerato come XVIII della BTPS, quel volume va dunque considerato il quinto della raccolta novellistica di tredici anni prima. I criteri di presentazione sono identici, anche se in parte è mutata la distribuzione in ‘serie’. Altre otto narrazioni sui tesori mantengono l’inserimento con le illustrazioni di luoghi regionali particolari (come nel 1875): Pitrè attribuisce a se stesso il rilevamento di tre in trascrizione siciliana (XCVIII, Lu gran tisoru di la Zisa, Palermo – CII, La truvatura di Beddumunti, S. Lucia del Mela ME – CIII, Munti Scuderi, Messina); una quarta, sempre in siciliano, è dovuta a C. Simiani (CVIII, ‘I Cientu Puzzi, Ragusa); le rimanenti quattro sono comunicate, «in forma italiana», da Guastella, sebbene conservino una titolatura nella lingua locale di Chiaramonte (CIX, L’Ebreu di la Grutta d’ ‘i Funnacazzi – CX, La Chiusa di S. Giuvanni – CXI, La Chiesa di Santa Margarita – CXII, La Grutta di crapa d’oru).

Nel 1889 è ultimata un’altra quadrilogia della BTPS: Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano, con dedica affettuosa a Salomone Marino. Frutto di lavoro ventennale, nella progettazione dell’autore

«è per le usanze e le superstizioni in Sicilia quello che per la poesia popolare sono i tre volumi di Canti [1870-71] e di Studi [1872], per la novellistica i cinque di Fiabe, Novelle e Racconti [1875] e di Fiabe e Leggende [1888], per la paremiologia i quattro di Proverbi [1880]; e si completa con gli Spettacoli e Feste [1881]. […] La Medicina popolare, che avrebbe dovuto far parte di questo gruppo, uscirà prossimamente [1896]» (Pitrè 1889/I: VII-VIII).

Nel quarto volume degli Usi, per la prima volta in una monografia dedicata all’Isola, c’è una sezione distinta su I Tesori incantati; ma soprattutto, come già nella BTPS per altri settori d’indagine, c’è un primo studio specifico, Dei Tesori incantati, che costituirà un canone autorevole e “autoriale” per molti altri autori dell’epoca, con uno sguardo d’insieme rispetto a localizzazioni rinomate (Zisa, Bancu di Ddisisa, Munti Scuderi, Cala Farina, Rocca d’Antedda e altre), ricorrenze terminologiche (truvatura, trovu, bancu, ncantisimu ecc.), custodi e altre figure fantastiche (Mercanti, Monacella, Nanu moru, Schiavo, Vecchia di li fusa, Vuvitini ecc., approfonditi pure nel rilevante capitolo dedicato a Esseri soprannaturali e meravigliosi), concezioni dell’incantesimo, operatori e prontuari cerimoniali, anche extra-regionali.

2Segue una raccolta di sessantatre attestazioni (più quelle inserite nello studio) a partire dalle quali, diversamente da quanto avvenuto per le fiabe, la documentazione sulle leggende assume una fisionomia disomogenea: pur mantenendo numerazione e titoli che fanno pensare a nuove varianti narrative integrali, prevale l’esigenza di estendere le notizie sui luoghi di attestazione anche nell’impossibilità di fornire testi in trascrizione siciliana e dunque ricorrendo a versioni (traduzioni) e soprattutto a riassunti in italiano (le tre parole in corsivo sono proprio quelle usate dall’autore).

Le ripercussioni di questa procedura sono tante. Sulle trascrizioni dalla lingua parlata, in linea con tendenze filologiche del tempo, il demologo palermitano s’era già pronunciato in termini risoluti (cfr. ad esempio Pitrè 1875/I: XVI, XXIV-XXXIII, LX-LXIII; 1888: IX-XII). Un brano, tra gli altri, restituisce con immediatezza le sue idee:

«Tutte le tradizioni che si contengono nei presenti quattro volumi sono state raccolte da me e da amici miei in Palermo e ne’ vari comuni della Sicilia: ogni cosa dalla viva voce del popolo minuto e privo affatto d’istruzione. Ci vorrà poco a sincerarsi di questo fatto, che in argomento di tradizioni è rilevantissimo. Se i testi fossero stati alterati, non avrebbero l’importanza che si attribuisce ad essi nella forma verginale con cui si presentano. Nessuno de’ miei amici si è permesso mai una interpolazione, un ritocco qualunque; se ciò mi riuscì di scoprire, in principio della raccolta, in novelle non sapute letteralmente trascrivere da poco esperte persone, io fui sollecito di mettere da parte i mss., e di persuadere i raccoglitori che la importanza di queste tradizioni cresce in ragione contraria agli intendimenti comuni; ché dove l’arte dell’uomo di lettere entra o per modificare un periodo, o per togliere una ripetizione, o per ricondurre a suo luogo una circostanzia, la scienza perde il frutto che s’impromette. Quanto a me, è ben noto che io ho colto quasi a volo la parola del mio narratore, e quale è uscita dalle sue labbra tale la ho, per così esprimermi, stenografata; chi mi è stato testimonio in questa improba fatica, può farne sicurtà » (Pitrè 1875/I: XVI).

Egli è dunque costretto a pubblicare versioni soprattutto quando così gli sono fornite dai collaboratori (caso più frequente), quando gli è sottoposta una trascrizione insoddisfacente (cfr. ad es. Pitrè 1875/I: XVI) o quando la ritiene di difficile lettura per le particolarità linguistiche dell’area di provenienza (cfr. ad es. Pitrè 1913: 137). Denomina invece riassunti le sintesi (talvolta con estrapolazioni di brani originali e suoi “aggiustamenti”) che ricava da opere già date alle stampe.

Tralasciando altri particolari, dei diciassette testi presenti in Pitrè 1889/IV, solo cinque sono inediti: tre rilevati dallo stesso autore (21, La Truvatura di lu Munti, Trapani – 34, La Turri di Bapillonia, Pietraperzia EN – 55, ‘Nna truvatura di Francufonti, Francofonte SR), uno da M. Di Martino (51, Darrieri S. Giuvanni, Avola SR) e uno da B. Morasca (9, Lu cozzu di lu ritunnu, Ciminna PA); quattro sono ripresi da Pitrè 1875 (uno dei quali rilevato da Salomone Marino), sei da M. Di Martino (Tesori incantati, «Archivio per lo studio delle tradizioni popolari», 1885) e due da Salomone Marino 1876 e 1880. Cinque riassunti si riferiscono invece a testi già pubblicati in Pitrè 1875 e 1888.

3Come nel 1875 dopo l’uscita delle Fiabe, anche stavolta Salomone Marino integra da una rivista («Archivio per lo studio delle tradizioni popolari», 1889) con attestazioni inedite su Tesori incantati in Sicilia di Salemi (TP) e Borgetto (PA). Sottolineando l’importanza della recente trattazione di Pitrè e ritenendo che a quel punto sia lasciato poco spazio a novità, se non sul piano delle varianti, offre «all’Amico del cuore qualche nuova tradizione, inedita, fin qui, la quale o conferma le sue, o vi aggiunge particolari più minuti, o mette in luce qualche altro aspetto di queste curiose e caratteristiche credenze su’ tesori nascosti e resi inaccessibili agli uomini per via di incanto e per la potenza di esseri malvagi» (pag. 417). Come si apprenderà in seguito dagli studi di A. Rigoli e altri, sono trascrizioni in siciliano riportate su un taccuino denominato Tradizioni popolari siciliane e non confluite nell’intervento del 1876 (oggi, però, i contenuti dell’intero taccuino sono accessibili nell’edizione critica del Centro Internazionale di Etnostoria, 2008). I quattro documenti della natia Borgetto (III, Li dinari ‘ncantati – IV, Pirchì li dinari si ‘ncàntanu – V, Li dinari ‘mmusati – VI, Lu postu di li Truvaturi), per trame narrative e qualità espressive della fonte (il contadino Giuseppe Valenza), recano all’etnologia dei tesori incantati particolari tutt’altro che «minuti».

Su solchi già tracciati, e qui soltanto sintetizzati, si mantengono i contributi successivi: In cerca del Tesoro, capitolo XXIII di Costumi ed usanze dei contadini di Sicilia (Salomone Marino 1897), e due sezioni di Leggende plutoniche espressamente concepite per Studi di leggende popolari in Sicilia (Pitrè 1904) e Cartelli, pasquinate, canti e leggende del popolo siciliano (Pitrè 1913), volumi XXII e XXIV della BTPS. In questi ultimi lavori, le trascrizioni in siciliano si riducono a poche unità, prevalendo riedizioni e “riassunti” da opere diverse (M. Alesso, M. Di Martino, V. Graziano, C. Grisanti, C. Melfi, L. Molino Foti, G. Mulè Bertolo, F. Neri, F. Pulci, S. Raccuglia, F. Sanfilippo, V. Sardo Sardo).

Dialoghi Mediterranei, n. 34, novembre 2018
[*] Sono qui rielaborate alcune pagine della relazione Storie di trovatura. Da Pitrè a Camilleri, presentata al convegno Pitrè e Salomone Marino a cento anni dalla morte (Palermo 23-26 novembre 2016), a cura dell’Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari, della Fondazione Ignazio Buttitta e del Centro di studi filologici e linguistici siciliani. Gli atti a cura di Rosario Perricone sono in stampa per le Edizioni del Museo Pasqualino di Palermo.
Riferimenti bibliografici
G. Pitrè, Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani, 4 voll., Palermo, 1875 (BTPS IV-VII; riedd. a c. di F. Cannatella, Palermo, 2006, e a c. di J. Zipes, Roma 2013); Fiabe e leggende popolari siciliane, Palermo, 1888 (BTPS XVIII; riedd. a c. di F. Cannatella, Palermo, 2008, e a c. di J. Zipes, Roma 2016); —Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano, 4 voll., Palermo, 1889 (BTPS XIV-XVII; ried. a c. di C. Cataldo, Palermo 2007); Studi di leggende popolari in Sicilia e nuova raccolta di leggende siciliane, Torino, 1904 (BTPS XXII; ried. a c. di L. Montella, Palermo 2007); Cartelli, pasquinate, canti e leggende del popolo siciliano, Palermo, 1913 (BTPS XXIV; ried. a c. di F. Salvia, Palermo, 2008). S. Salomone Marino Luoghi e nomi storici della provincia di Palermo illustrati dalla tradizione popolare. Lettera a Giuseppe Pitrè, «Nuove Effemeridi Siciliane», 1875, s. III, I: 203-216; Tradizione e storia, «Nuove Effemeridi Siciliane», 1876, s. III, IV: 311-332 (ried. in Rigoli 1996); —Leggende popolari siciliane in poesia, Palermo, 1880 (ried. a c. di A. Fragale, Palermo, 2000); Tesori incantati in Sicilia, ASTP, VIII-1889: 417-424 (parz. ried. in Salomone Marino 1977); In cerca del Tesoro, in Id. Costumi ed usanze dei contadini di Sicilia, Palermo, 1897: 299-307 (ried. a c. di A. Amitrano Savarese, Comiso, 2005); Il paese del giudizio. Racconti popolari (…), a c. di A. Rigoli e S. Vilardo, Palermo, 1977 (da pubbl. e ms. XIX sec.); —Tradizioni popolari siciliane, a c. di I. Cardella, Palermo, 2008 (da ms. XIX sec.). Per un’analisi complessiva dell’opera di Pitrè e Salomone Marino cfr. AA.VV., Pitrè e Salomone Marino, Palermo, 1968; AA.VV., Salvatore Salomone Marino e la cultura scientifica della Sicilia nella seconda metà dell’Ottocento, Alcamo, 1991; R. Perricone (a c. di), Pitrè e Salomone Marino. Atti del convegno internazionale di studi a 100 anni dalla morte, Palermo, in stampa. Per Salomone Marino i contributi più organici rimangono quelli di A. Rigoli: Mondo popolare e letteratura, Palermo, 1973; Introduzione, in Salomone Marino 1977; Il rapporto folklore – ‘storia scienziale dei dotti’ nell’interpretazione di Salomone Marino, in Id., Magia e etnostoria, Torino 1978: 82-96; Storia senza potere. “Vicende” nella tradizione contadina raccolta da S. Salomone Marino, Messina, 1996. Si vedano pure L. Bellantonio, Salomone Marino, Salvatore, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, 2017-89, e A. Varvaro, Adultèri, delitti e filologia: il caso della baronessa di Carini, Bologna 2010. L’opera di Pitrè può essere criticamente avvicinata a partire da recenti interventi di F. Dei, Pitrè, i gesti e lo spazio del folklore, «Studi Culturali», XIV-2017/1: 101-110, e Pitrè, Giuseppe, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, 84-2015 (entrambi in rete) e dalla sezione dedicatagli su «Lares», LXXXIII-2017/1. Per i riferimenti agli altri demologi e agli studi dedicati alle leggende plutoniche si rimanda a G. Giacobello, Lo spirito del gioco. Campi di esperienza mitico-cerimoniale nella tradizione del Lotto in Sicilia, «Archivio Antropologico Mediterraneo», II-1999/1-2: 107-137; Peripezie dell’impresa plutonica, in Epica e storia (…), a c. di M. G. Giacomarra, Palermo, 2006: 191-215; Oltre quel che c’è. Oracoli, giochi di sorte, tesori nascosti, incanti sotterranei, Palermo, in stampa.
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Giuseppe Giacobello, ha conseguito il dottorato di ricerca in Etnoantropologia all’Università di Palermo e oggi insegna discipline letterarie al Liceo Artistico “F. Arcangeli” di Bologna. Tra le pubblicazioni: Frontiere mitiche: leggende plutoniche e fiabe del sottosuolo, in AA.VV., La fiaba e altri frammenti di tradizione popolare, Firenze, 2006; Oltre quel che c’è. Oracoli, giochi di sorte, tesori nascosti, incanti sotterranei, Palermo, in stampa. Su «Dialoghi Mediterranei»: Cledonomantica. Forme e pratiche femminili dell’interrogare e del conoscere, 2017-27; Ritualità e preghiere agiografiche nel Corpus di Alberto Favara, 2017-28; Etnografia storica delle orazioni terapeutiche in Sicilia, 2018-29; Corcontento, Gustavino e altri favolieri, 2018-30; Miraggi nella Contea. Infanzie negate, tesori, orchi negromanti, 2018-32.

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