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Lo Stretto, teatro di migrazioni sopra e sotto il mare

Black stork, cicogne nere ph. Ivano Adami)

Black Stork, cicogne nere ph. Ivano Adami)

di Anna Giordano 

Ci sono luoghi belli, altri bellissimi, diversi sono bellissimi e unici, semplicemente magici. Luoghi spesso immaginati lontani e irraggiungibili, senza sapere spesso che sono invece quelli in cui vivi. Luoghi che ogni giorno dai per scontati e forse ritieni simili a tanti altri.

Scopri invece che sono unici perché chi arriva da fuori rimane incantato, o qualcuno ti fa riflettere sulla non esistenza altrove di ciò in cui sei immerso ogni giorno e neanche ti accorgi di come sia speciale. Oppure lo reputi bello, bellissimo, ma sei troppo piccolo per sapere altro e invece scopri che proprio lì, dove vivi, si svolge uno dei fenomeni naturali più belli del pianeta: la migrazione degli uccelli.

È quello che è successo a me, che sin da bimba sognavo di poter vedere lo spettacolo della migrazione degli uccelli, immaginando di dover raggiungere posti lontanissimi nel mondo per poter realizzare questo sogno. Crescendo infatti ho scoperto che sullo Stretto di Messina, dove vivevo dai miei dieci anni, in primavera era possibile scorgere il passaggio di migliaia di rapaci e centinaia di cicogne ma ho anche scoperto, con scene indelebili e drammatiche ancora oggi freschissime nella mia memoria, che in barba ad ogni legge questi migranti venivano massacrati dalle doppiette dei bracconieri.

Durante i tanti campi internazionali antibracconaggio, iniziati nel 1984 e ora senza più le fucilate mortali di un tempo, continuando a richiedere il rispetto delle norme di tutela, subendo minacce e anche una macchina bruciata e vedendo morire ciò che amiamo, abbiamo iniziato a domandarci dove andavano tutte quelle stupende farfalle che iniziano a vedersi ai primi di maggio.

Albanella reale (ph. Michele Ungaro)

Albanella reale (ph. Michele Ungaro)

Un flusso inarrestabile, sempre verso nord, scoprendo che migrano anche loro, leggerissime e fragilissime, a migliaia. Animali di ogni genere, tra mare e terra, sorvolano lo Stretto di Messina con nel mezzo monti fantastici come sono i Peloritani, aspri, ricchissimi di piante diverse, un terzo di quelle siciliane vivono qui. Mentre osserviamo tutto ciò che vive, che sia mobile o fisso al suolo, vediamo altri insetti e da specialisti apprendiamo che anche loro migrano, ma di notte, mentre di giorno saltellano sulla vegetazione, in cerca di rifugi e di cibo. Lo stesso fanno i milioni di uccelli che migrano di notte, che non vediamo, volando anche in piena città mentre dormiamo inconsapevoli di questo incredibile volo silenzioso.

Amici biologi marini mi raccontarono che anche sotto la superficie del mare c’era una spettacolare migrazione, quella dei cetacei e dei pesci. Diverse volte, seguendo il volo degli uccelli, abbiamo visto Tursiopi, Stenelle, Globicefali, Grampi, Balenottere, Capodogli, uno spettacolo meraviglioso, nello scenario unico del magico Stretto di Messina, sopra e sotto il mare.

Aquila minore (ph. Michele Ungaro)

Aquila minore (ph. Michele Ungaro)

Lo Stretto di Messina è un luogo che la natura ha voluto rendere ricchissimo, sopra e sotto il mare, che la natura ha stabilito isola da un lato e continente dall’altro, separandolo con abissi e pesci abissali, unico luogo al mondo dove prima dell’alba ne puoi trovare tracce sulle spiagge, dove la ricchezza unica e irripetibile si vorrebbe stravolgere in nome di un ponte.

Dove la natura ha separato l’uomo vorrebbe unire, sfidando le leggi di natura che hanno regole e modi diversi di manifestarsi. Inutile sprecare ulteriori parole su un’opera che chi ama lo Stretto ha da sempre contestato, e siamo tanti, tantissimi, come mai si era visto di fronte ad interessi progettuali sul territorio. Impossibile in poche righe evidenziare le criticità di un’opera così gigantesca. Non basterebbe un libro a carattere enciclopedico, ma è necessario invitare a smettere di credere che quest’opera sia qualcosa che viene poggiata al suolo e lì finisce il fastidio.

Al di là dell’amore che si può provare per uno scenario stupendo, quello di un mare che separa due terre e di spazi marini aerei e terrestri ricchissimi per diversità di vita come pochi luoghi al mondo, scenario inarrestabile di flussi migratori spesso invisibili a chi non ha occhi e cuore per osservare oltre il proprio spazio vitale. Al di là dell’amore per questa separazione, dettata da un movimento sotto il suolo di cui noi cogliamo l’attimo oggi ma che appartiene a milioni e milioni di anni di storia della terra.

Falchi pecchiaioli (ph. Miche Ungaro)

Falchi pecchiaioli (ph. Michele Ungaro)

Al di là di tutto ciò e molto altro che per brevità è impossibile riportare, su questo Stretto passano milioni di uccelli protetti, notte e giorno. E abbiamo, oltre che l’obbligo, anche il dovere di rispettarne la sopravvivenza e garantir loro la vita. E passano cetacei e pesci, questi ultimi subirebbero l’effetto F.A.D., ovvero l’effetto ombra. Per chi è pratico di pesca o ne conosca le varie tecniche, questo è un modo per pescare senza fallire. I pesci, semplicemente, si fermano per l’ombra. E l’ombra del ponte sarebbe inequivocabilmente un fattore di stop con effetti negativi immani su tutto il bacino del Mediterraneo.

Gli uccelli dicono siano intelligenti. Non vi è dubbio alcuno. Peccato che siano tra quelli che affrontano la migrazione più dura di mezzo pianeta. 2700 km di deserti (Sahara e Sahel), poi non meno di 140 km di mare tra Capo Bon e il trapanese, se gli va bene, sennò anche 300, 400 km di mare aperto. Dipende dal vento, che non puoi prevedere né governare. Deserto e mare sono in assoluto gli ambienti più ostili per i migratori. Poco cibo e acqua se non nulla, nel deserto. In mare, se finisce l’energia cadi in acqua e muori. Giungono in primavera sullo Stretto di Messina già stremati, hanno fretta di arrivare nei luoghi di riproduzione, in molti casi ancora lontanissimi, con migliaia di km da percorrere e svariati altri pericoli.

Se possono evitare un ostacolo lo fanno, ma non sempre ne sono in grado. Stanchezza, invisibilità (volano in volo cieco nelle nuvole e nella nebbia), energie residue (o finite), condizioni meteorologiche fanno la differenza, e porre un ostacolo aereo gigantesco lungo la rotta più vulnerabile di mezzo pianeta è devastante, con effetti negativi stracerti, indiscutibili, non mitigabili, non compensabili. Il tutto, in due zone protette dall’Unione Europea proprio perché territori fondamentali per la migrazione degli uccelli. E migrano anche di notte, e le luci costituiscono un pericolo mortale, provocano impatto diretto o distorsione ottica, ovvero essi perdono l’orientamento e se continuano a volare in mare aperto con le pochissime energie residue muoiono cadendo esausti. Il radar che è stato collocato nello Stretto per solo un mese e mezzo nella primavera del 2006, a seguito della procedura di infrazione per violazione della Direttiva Uccelli del progetto ponte, ha censito oltre quattro milioni di uccelli nelle ore notturne. Un mondo invisibile, fragilissimo, che abbiamo il dovere di proteggere.

Falco pecchiaiolo (ph. Michele Ungaro)

Falco pecchiaiolo (ph. Michele Ungaro)

Luogo di migrazione di uccelli, di cetacei, di pesci, di insetti. Luogo magico, irripetibile lo Stretto di Messina. Smettiamola di pensare che ciò che si vorrebbe fare sia esente da conseguenze drammatiche, e non solo per gli uccelli. L’acqua, che diamo per scontata aprendo il rubinetto, non è materializzabile se non c’è. Se c’è una cosa che nessuno può prevedere nel lungo periodo è se pioverà o no, se le falde si ricaricheranno o meno, non lo decidiamo noi e men che meno possiamo prevederlo. Con certezza invece, se si svuotano per eccesso di utilizzo, lo possiamo certamente prevedere. Questo lo possiamo sapere. Ed ecco che un progetto come quello del ponte di acqua ne necessiterebbe a iosa.

Ma a parte proclami, inviti alla parsimonia, ordinanze contro il consumo eccessivo, l’acqua continua ad essere considerata “rinnovabile”, salvo poi vivere (e subire) – una volta al nord e poi, più gravemente al sud – pericolosissimi periodi di siccità. Mentre scrivo tocca al sud, che già da sempre vive di una precarietà idrica che si stenta a credere possibile nel terzo millennio. Ma al di là di questioni di reti che perdono, di guasti, di povertà idrica intrinseca, il ponte ne avrebbe un bisogno immane, ancora oggi non quantificato nel dettaglio.

Ve n’è traccia in alcuni documenti, per brevità riporto un calcolo fatto da noi, al ribasso, da un dato solo: 43 lt al secondo dall’acquedotto come da indicazione in un elaborato del progetto del 2011, senza considerare i pozzi da realizzare e/o da cui attingere. Quindi, sempre al ribasso, ipotizzando che si lavori cinque giorni a settimana per otto ore al giorno per cinquanta settimane all’anno, in un anno e solo dall’acquedotto comunale si dovrebbero prelevare 309.600.000 litri!

Non si dispone di altri dati al momento, ma solo della certezza assoluta che non siamo minimamente in grado di obbligare le nuvole a scaricare pioggia e a rimpinguare le falde sempre più dolenti e vuote. Così come non possiamo fermare la troppa pioggia se arriva e devasta territori resi ancor più fragili dal senso di onnipotenza umana che vuole soverchiare e violare le leggi di natura.

Non mi addentro sui dissalatori di cui si parla spesso invano in certi luoghi, fonti di inquinamento (salamoia e prodotti chimici in primis), di costi notevoli, per non parlare degli spazi necessari e annesse connessioni (e scavi). Sarebbe bene fare un esercizio semplice quando si parla di un qualsiasi progetto. Calarsi nella ratio del progetto e chiedersi: cosa occorre ad esso? acqua? spazio? energia? cemento? devo scavare e, se sì, quanto materiale mi toccherà tirare fuori che la natura ha impiegato secoli a creare e che io in tre minuti disintegro? E poi dove lo metto? Per il ponte, il bilancio complessivo supera i 19 milioni di mc. E come lo trasporto? e verso dove? e per farci cosa? E così via.

Falco pescatore (ph. Miche Ungaro)

Falco pescatore (ph. Michele Ungaro)

Luogo unico lo Stretto di Messina. Incantevole. Magico. Irripetibile. Affascinante. Sublime. Storia racchiusa insieme a leggende e miti. Natura unica, un concentrato di bellezza vitale di ogni genere e forma, sopra e sotto l’acqua, volante o strisciante o nuotante o saltellante. Luogo che affascina da sempre, che attira appassionati di natura da ogni dove, che ammalia chi lo vive e chi ci vive tanto da portare decine di migliaia di persone a marciare contro un’opera che vorrebbe unire laddove natura ha separato. Questo popolo di ammutinati è formato da chi si sente isolano, da chi nutre amore per questa terra e questo mare, da chi rispetta il paesaggio, da quanti si battono per la sopravvivenza degli uccelli e di tutti gli esseri viventi, da chi lotta per tutto questo o semplicemente perché trova inverosimile spendere fiumi di denaro per qualcosa che non serve, a fronte di immutabili e immutati problemi quotidiani, pesanti nel quotidiano vivere, dimenticati per decenni.

Questo popolo ama questa terra. E si può anche giungere a distruggerne le risorse, ponendo centomila ostacoli aerei al volo stupendo di milioni di migratori che passano anche di notte e avrebbero nelle luci un ulteriore nemico mortale. Ma nulla cambierà la loro rotta. Quello che potrebbe cambiare se non si ferma l’assalto su un territorio magico è il numero dei sopravvissuti. Sopra e sotto il mare, umani inclusi, il cui amore per questo spazio, separato solo dal cielo e dalle acque dinamiche, sarebbe invaso da un’opera che tutto sarebbe tranne che priva di impatti irreversibili.

Dialoghi Mediterranei, n. 68, luglio 2024

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Anna Giordano, la “Signora dei falchi”, è laureata in Scienze Naturali, specializzata in ornitologia, da 25 anni è attiva nel WWF (già direttore della Riserva delle Saline di Trapani) e ha fondato l’Associazione mediterranea per la natura che si occupa di antibracconaggio e di un centro di recupero della fauna selvatica. Il suo impegno le è valso nel 1998 il prestigioso Goldman Environmental Prize. Ha pubblicato numerosi studi scientifici su riviste nazionali e internazionali.

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