di Alessandro Curatolo
Sono trascorsi ormai dieci mesi da quando vivo a Londra e il turbinio di questa metropoli convulsiva mi ha già inghiottito. Vite metropolitane frenetiche che si scontrano ma non si incontrano quasi mai in queste metrò dove le persone assomigliano a topi che tentano di fuggire da un’imminente inondazione correndo sotto terra. Si galoppa in tutte le direzioni e in tutte le occasioni, si mangia persino correndo da un posto ad un altro.Il cibo viene consumato velocemente nei centinaia di fast food della città, nelle decine e decine di franchising dove il pasto diventa un involucro plastificato usa e getta.
ore 4,48 del mattino
Il primo bus diurno mi porta al lavoro. Caffè Italia, è cosi che lo chiameremo, una catena di 500 caffè sparsi per tutta l’Inghilterra in cui ho trovato il mio primo lavoro. Tutto è stato progettato e ideato per richiamare lo stile anni 80 dei bar italiani, prediligendo il legno scuro e le sedie di vimini, i tavolini di marmo e il pavimento in cotto, dove un vecchio tavolo di legno della nonna viene posto nella sala principale.
Gigantografie di italiani in vespa o di persone sorridenti sedute nei caffè a sorseggiare il famigerato espresso sono appese alle pareti di questi cafes per vendere quello che risulta un vero e proprio surrogato del made in Italy e che di italiano ha davvero poco. Di italiano ha solo il nome e ahimè l’intento di assurgere a tale. Bandiere italiane sventolano ovunque, riproponendo un marchio italiano che non c’è, menù tipici di una cucina atipica, eterogenea e confusa quella inglese.
La cucina italiana a Londra viene riproposta in centinaia di pizzerie e ristoranti “ITALIANI”, Don Peppe, Bar Italia, Bella Italy, gestiti da migranti e dove spesso italiani appena maggiorenni vengono pagati la metà del salario minimo consentito in Inghilterra per servire ai tavoli o per lavorare nelle cucine. Il marchio italiano viene allora falsificato per richiamare l’attenzione di turisti affamati in cerca della buona tavola e dell’italianità. Il nome Italia posto sull’insegna di un ristorante o di una pizzeria fa risuonare nella mente del turista o del londinese l’eccezionalità della cucina mediterranea, la perfezione culinaria, l’unicità di un pasto dalle radici autentiche. La realtà è ben diversa: la maggior parte delle volte i ristoranti non sono gestiti da italiani, i piatti “tipici italiani” vengono rivisitati nella versione inglese, i prodotti utilizzati non sono né D.O.P. né D.O.C. e nemmeno Made in Italy. In definitiva un Made in Italy che Made in Italy non è, ma che riesce a fatturare parecchio, uno specchio per allodole frettolosamente affamate di italianità.
Londra. Un mix di voci si aggrovigliano per le strade, centinaia di dialetti, lingue e inflessioni diverse corrono per le vie della metropoli, “that’s London”. Al supermercato, al pub, al mercato, nei siti turistici, sui trasporti pubblici, gli italiani sono ovunque e sento riecheggiare il suono della mia lingua che è dolce inizialmente, ma con un retrogusto alquanto amaro. Con la crisi europea e globale Londra ormai è divenuta un potpourri di culture diverse: spagnoli, greci, francesi e ovviamente italiani lasciano il loro Paese per cercare fortuna in questa città. Giovani laureati, spesso e volentieri, che hanno investito tutte le loro forze nel loro Paese di origine e che sono costretti a ricominciare tutto da capo, a lasciare amici, partner e parenti, immergendosi in un nuovo mondo, una nuova lingua, un sistema politico, economico, sanitario, legislativo del tutto diverso. Si riparte da zero e, come nascendo una seconda volta, impari ad articolare i suoni della nuova lingua, come un infante che dice le sue prime parole.
Perfino la tv trasmette programmi italiani: sulla BBC 4 il sabato sera puoi gustarti The Young Montalbano – Il Giovane Montalbano, in lingua originale con sottotitoli in inglese, ed è alquanto divertente vedere come vengono tradotte le frasi dal siciliano all’inglese. Stereotipi o verità? tipi e/o tòpoi culturali o generalizzazioni visionarie? Falsificazioni arbitrarie o genuini intenti di ricostruire un’originalità? Certamente ogni cultura è caratterizzata da peculiarità marcatamente raffigurate e configurate dal suo popolo che l’antropologo tenta di definire, indagare e spiegare, ed ogni caso di esportazione/emigrazione culturale dovrebbe essere studiato di per sè e in relazione alle contingenze. Resta comunque il fatto che il Made in Italy culinario riproposto a Londra, agli occhi di un italiano risulta un chiara mistificazione del reale operata per meri scopi di profitto.
Al palato l’ardua sentenza! Enjoy your meal.
Dialoghi Mediterranei, n.4, novembre 2013