Dal 18 al 20 settembre si è svolto MAV 2024, convegno-rassegna dei Materiali di Antropologia Visiva, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Sapienza Università di Roma, a cura di Laura Faranda, Giovanni Giuriati e Antonello Ricci.
Dopo una pausa forzata di alcuni anni a causa dell’epidemia di Covid, l’evento è stato riproposto per celebrare i 100 anni dalla nascita di Diego Carpitella: un momento di ricordo di un Maestro, per chi scrive e per i co-curatori delle tre giornate, e, per molti versi, anche per tanti altri studiosi e ricercatori antropologi ed etnomusicologi per i quali continua a essere un riferimento importante.
Ho avuto conferma, se ce ne fosse bisogno, del valore e della ricchezza della sua “scia” intellettuale anche tra gli studenti del corso di laurea magistrale in Discipline EtnoAntropologiche del Dipartimento SARAS della Sapienza, proponendo loro la rilettura di un suo testo, didatticamente, forse, tra i più ricchi e stimolanti (Carpitella 1976), nel ciclo di lezioni da me tenute e dedicate alla Demologia italiana (Ricci 2020).
Gli incontri dei MAV sono nati a opera di Diego Carpitella nel 1985 con una fruttuosa e intensa sinergia istituzionale fra la Sapienza Università di Roma, dove lo studioso ha insegnato Storia delle tradizioni popolari prima ed etnomusicologia poi, il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari (MNATP) e l’Associazione Italiana di Cinematografia Scientifica (AICS): «Seminari-proiezioni di documenti video-cinematografici» era il sottotitolo esplicativo e programmatico della serie biennale da lui voluta allo scopo di offrire una ricca occasione di incontri (a volte anche di scontri), di scambi di esperienze, di messa a punto di una metodologia di ricerca scientifica con il cinema, soprattutto, e anche con la fotografia, negli studi antropologici. Lo studioso precisava il suo intento nell’introduzione alla prima edizione del 1985 scrivendo che i seminari-proiezioni non dovessero essere l’ennesima «rassegna di documentari “etnografici”, bensì promuovere un incontro e un confronto sull’antropologia e il cinema scientifico ai fini della definizione dei loro nessi» (Carpitella 1986a: 9).
Carpitella con i MAV apriva, dunque, un percorso di costruzione di un metodo scientifico orientato verso la definizione di una cinematografia espressamente di ricerca etnografica, volta allo studio dei fenomeni culturali in una prospettiva antropologica, all’interno della più ampia dimensione del quotidiano e degli stili di vita, che lo studioso amava definire una «formalizzazione del vissuto». Lo ricordava Francesco Giannattasio (2024 in cds) nella sua prolusione in apertura dei MAV 2024. L’antropologia visiva, ambito di studi di cui Diego Carpitella è stato in Italia tra i fondatori e principali fautori, era già, in quegli anni, al centro del dibattito nazionale e internazionale, come attesta, a titolo esemplificativo, il convegno dal titolo Filmer le monde rural tenuto a Parigi nel giugno del 1980 nella sede dell’Unesco, con la partecipazione, fra gli altri, oltre che di Carpitella, di Valerio Castronuovo, Marcel Jollivet, Tullio Kezich, Christian Bosséno, Claudine de France, Jean Dominique Lajoux, Luigi Lombardi Satriani (Sparti 1982).
Lo stesso studioso, negli anni precedenti, aveva organizzato a Roma, ugualmente insieme all’AICS, altri eventi dedicati al cinema etnografico in Italia, come le tre edizioni delle Giornate del Film etnografico italiano in collaborazione con la Sapienza fra il 1977 e il 1982.
Altre importanti occasioni di fermento per l’Antropologia visiva nelle quali la figura di Carpitella è stata centrale sono stati i molteplici appuntamenti con l’Istituto Superiore Regionale Etnografico di Nuoro, a partire dal fondativo convegno Cinema, fotografia e videotape nella ricerca etnografica in Italia, ugualmente del 1977, con la partecipazione, tra gli altri, oltre che dello stesso Carpitella, di Clara Gallini, Michele Gandin, Tullio Seppilli, Lello Mazzacane, Roberto Leydi, Annabella Rossi, Virgilio Tosi.
Sotto la guida di Carpitella si sono svolte tre edizioni biennali dei MAV, fino al 1989. La serie, purtroppo, è stata interrotta dalla prematura scomparsa dell’etnomusicologo avvenuta nel 1990. Nel 1991 i MAV sono stati dedicati al suo ricordo con la partecipazione, tra i tanti, di Alan Lomax e Jean Rouch. Nel 1993 si è svolta l’ultima delle edizioni organizzate dal MNATP e dall’AICS ancora nel segno lasciato da Carpitella, come tengono a sottolineare Valeria Petrucci, Virgilio Tosi ed Emilia De Simoni negli Atti (De Simoni 1995), vale a dire un’occasione di incontro, dibattito e scambio di esperienze, come lo sono stati i due momenti coordinati da Luigi Lombardi Satriani e da Francesco Faeta, entrambi presenze costanti ai MAV.
Sono seguite due ulteriori edizioni nel 1995 e nel 1997 con un’impostazione ormai lontana dai seminari-proiezioni voluti da Diego Carpitella e molto più simile a una rassegna di documentari selezionati in base a tematiche.
Nel 2010, in occasione dei vent’anni dalla morte dell’etnomusicologo, i Materiali di antropologia visiva hanno ripreso vita alla Sapienza per iniziativa di Laura Faranda, Francesco Giannattasio, Giovanni Giuriati e Antonello Ricci e con la partecipazione di Valeria Petrucci ed Emilia De Simoni, di Giorgio Adamo, Francesco Faeta, Luigi Lombardi Satriani, Ferruccio Marotti, già testimoni delle diverse stagioni dei MAV.
Fino al 2018 gli incontri si sono svolti regolarmente con cadenza biennale. Dal 2012 si è ripristinata la collaborazione con l’ex istituzione museale statale che aveva contribuito in maniera decisiva alla nascita e al successo dei seminari di studio voluti da Diego Carpitella. Di volta in volta, abbiamo individuato un tema del percorso di ricerca di antropologia visiva e sonora dello studioso su cui costruire la giornata inaugurale, a partire dalla proiezione di un film che costituisse l’incipit della rassegna-convegno.
Nel 2010 è stata la volta delle Poliphonies de Ceriana (2010), film di Hugo Zemp, richiamando le campagne di registrazioni di Alan Lomax e Diego Carpitella del 1954, effettuate anche in quel paese della Liguria in provincia di Imperia, e da cui lo stesso Zemp è partito per il suo film. Nel 2012 è stata la volta di L’Italia non è un paese povero (1960) di Joris Ivens (vi collaborarono a diverso titolo Paolo e Vittorio Taviani, Tinto Brass, Valentino Orsini, Alberto Moravia, Enrico Maria Salerno).
Il film riguarda i progetti di sviluppo petrolifero italiano dell’ENI di Enrico Mattei. Uno degli episodi è stato girato nei luoghi della Basilicata percorsi e studiati da Ernesto de Martino negli stessi anni, e interessati alle trivellazioni per la ricerca del petrolio. Il commento musicale di questa parte comprende le musiche registrate sul campo da Carpitella in quegli stessi luoghi.
Nel 2014 abbiamo posto l’attenzione sulle ricerche sui Carnevali campani degli anni ’70, proiettando materiali filmati in elettronico da Carpitella e Annabella Rossi, appositamente restaurati.
L’edizione del 2016 è stata dedicata alla psichiatria ed etnopsichiatria a cui Carpitella aveva, a sua volta, dedicato una rassegna-convegno nel 1985, con la collaborazione del CNR, dal titolo Etnopsichiatria e cinema scientifico.
La prima giornata si è aperta con il documentario di Costanza Quatriglio 87 ore – Gli ultimi giorni di Francesco Mastrogiovanni del 2015, un film realizzato con le riprese delle telecamere di sorveglianza della struttura sanitaria dove Mastrogiovanni fu ricoverato per un trattamento sanitario obbligatorio durante il quale morì.
A esso abbiamo affiancato il film di Michele Gandin Gli esclusi, del 1969, basato sulle fotografie del libro omonimo di Luciano D’Alessandro riprese nel manicomio di Nocera Superiore.
Abbiamo poi aggiunto un’intervista filmata – forse l’ultima prima della scomparsa del fotografo napoletano avvenuta a settembre 2016 – raccolta da Laura Faranda e da me stesso (“Camera oscura” in “Voci” 2017).
Abbiamo pensato di aprire l’edizione del 2018 con tre temi nevralgici dell’antropologia contemporanea su cui hanno lavorato altrettanti registi capostipite: Jean Rouch e la sua pionieristica idea di etnografia filmica condivisa, con il film Moi un noir del 1958; il cinema come strumento di ricerca secondo Diego Carpitella, con il film Cinesica 2 Barbagia del 1974; infine uno sguardo d’autore sull’etnografia delle migrazioni, con il film Lettere dal Sahara del 2005 di Vittorio De Seta.
MAV 2024
Giungiamo, quindi, al 2024 con la sesta edizione dei MAV alla Sapienza, organizzata dai dipartimenti di “Storia, Antropologia, Religioni, Arte, Spettacolo” e di “Lettere e Culture Moderne”.
Ancora una volta il riferimento è stato all’edizione fondativa del 1985: nella lettera di invito a partecipare alla rassegna-convegno abbiamo scritto:
«MAV è l’acronimo di Materiali di Antropologia Visiva: non si tratta, dunque, dell’ennesimo festival, ma di una rassegna improntata alla discussione e alla messa in mostra di metodologie, di prospettive di studio, di pratiche di restituzione della ricerca, realizzate con i mezzi audiovisivi. Pertanto, la presente chiamata è, come sempre, un invito a proporre lavori di antropologia visiva che possono anche essere in corso e di cui si propone una prima idea di montaggio. I film proiettati costituiscono la base di un dibattito che si spera ampio e serrato come è successo nelle precedenti edizioni, diventando elemento catalizzatore delle giornate» (Faranda, Giuriati, Ricci 2024: 7).
Di quella prima edizione vorrei ricordare i nomi dei presenti che hanno avuto un ruolo di partecipazione attiva: un elenco che ancora oggi sorprende. Erano stati invitati dallo stesso promotore, o vi avevano partecipato per l’interesse suscitato dall’iniziativa (De Simoni, Rengo 1986): Fernando Armati (documentarista scientifico e fotografo, che realizzò, tra l’altro, un noto documentario a puntate per la RAI dal titolo Gli zingari), Maricla Boggio (regista teatrale e documentarista, collaboratrice di Lombardi Satriani), Matilde Callari Galli (antropologa culturale), Ernesto Capanna (membro dell’AICS, studioso di cinema scientifico e di applicazioni alla didattica), Riccardo Cattani (esperto di tecnologie elettroniche e multimediali), Massimo Cresta (esperto di salute alimentare della Sapienza e direttore di un progetto di ricerca sul tema dell’alimentazione nel paese di Rofrano, in provincia di Salerno, da cui Virgilio Tosi, nel 1954, trasse un documentario dal titolo Inchiesta alimentare a Rofrano), Augusto De Vincenzo (antropologo culturale), Luigi Di Gianni (cineasta), Francesco Faeta, Luigi M. Lombardi Satriani e Lello Mazzacane (antropologi culturali), Tullia Magrini (etnomusicologa), Renato Morelli (cineasta e documentarista di etnomusicologia del Trentino), Roberto Perpignani (tra i maggiori montatori cinematografici italiani), Valeria Petrucci (direttrice del MNATP), Virgilio Tosi (documentarista ed esperto di cinema scientifico), Valentina Valentini (studiosa di cinema). Alcuni di essi, a diverso titolo, li abbiamo ritrovati nell’ultima edizione, a testimoniare una chiara linea di continuità delle prospettive e degli intenti con cui pensare e realizzare produzioni cinematografiche entro un alveo di ricerca antropologica ed etnomusicologica.
I MAV 2024 si sono aperti con la prima delle tre proiezioni dedicate al progetto Un patrimonio visivo – L’archivio fotografico del Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari realizzato da Francesco Faeta e Marco Marcotulli per conto dell’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale.
Sono state proposte tre puntate, di complessive sette, dedicate rispettivamente a Luigi Lombardi Satriani, Lello Mazzacane e Francesco Faeta, ad aprire le giornate della rassegna. I filmati, attraverso il racconto delle esperienze dei rispettivi protagonisti, restituiscono uno scenario conoscitivo e di valorizzazione dell’archivio fotografico costituito all’interno di una delle istituzioni statali le cui attività hanno contribuito a plasmare l’antropologia italiana nella seconda metà del Novecento. L’organizzazione dei tre film è centrata su itinerari autobiografici continuamente in dialogo con i materiali multimediali dell’archivio, soprattutto fotografie di ricerca sul campo, ma anche registrazioni audio e primi esperimenti di utilizzo della tecnologia elettronica con videocamere. In tutti e tre i filmati proiettati si assiste a una vera e propria irruzione della fotografia e della registrazione audio nell’indagine etnografica a testimonianza di una consapevole volontà di produzione di dati documentari, da un lato come testimonianze pregnanti della vitalità della cultura contadina, dall’altro come necessità scientifica della produzione di documenti visivi e sonori in grado di lasciare traccia di sé e del lavoro etnografico di chi li ha prodotti.
Fra gli anni ’60 e soprattutto ’70 del Novecento si è avvertita con forza l’urgenza della documentazione e della costruzione di fondi documentali in grado di testimoniare forme e comportamenti dell’alterità contadina ancora viva e presente, seppure ormai in regresso. L’auspicio di Diego Carpitella (1986b: 128) in quegli anni era per la costituzione di «una Enciclopedia videocinematografica di film uniconcettuali». Tutto questo senza indulgere a una facile e ingenua, quanto acritica, produzione documentaria fine a se stessa: al contrario le riflessioni degli studiosi impegnati nelle ricerche etnografiche e nella documentazione multimediale erano sempre profonde, complesse e ricche di intrecci con un contesto culturale e sociale di ampio respiro. Ne sono attestazioni pregnanti le parole di Lombardi Satriani, nel primo filmato, che rievocano un approccio politicamente collocato del lavoro sul terreno fatto da lui insieme ad Annabella Rossi, protagonista forte e indiscutibile della puntata guidata dall’antropologo calabrese scomparso nel 2022. Analogamente si esprimono Mazzacane e Faeta nei due filmati a loro dedicati. Il primo ripercorre l’elaborazione del suo lavoro etno-fotografico basato su un metodo paradigmatico di analisi dei comportamenti festivi ispirato allo strutturalismo levistraussiano. La sua ricerca ha avuto un originale esito di restituzione nella multivisione che pionieristicamente incorporava nella dimensione scientifica forme di sperimentazione artistica. Il secondo evidenzia la necessità di un lavoro critico sugli archivi etnografici al fine di restituirne l’originalità dell’approccio documentario da cui originano. La loro caratteristica principale consiste, infatti, nell’essere multi-supporto e, conseguentemente, multimediale. La loro valorizzazione dovrebbe, dunque, consistere nel far risaltare consapevolmente l’originalità multiforme che li caratterizza.
La seconda parte della giornata è stata interamente dedicata alla Borsa di studio “Diego Carpitella” dell’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati della Fondazione Giorgio Cini di Venezia.
Si tratta di un’iniziativa avviata nel 2018 da Giovanni Giuriati (Sapienza Università di Roma), Simone Tarsitani (Durham University), Marco Lutzu (Università di Cagliari) per incentivare la ricerca filmica in etnomusicologia, ma anche per avere il polso delle tendenze contemporanee nell’uso dei linguaggi videocinematografici e delle innovazioni tecnologiche applicate alla ricerca scientifica. Giunta alla settima edizione, la sessione a essa dedicata ha offerto un interessante panorama riepilogativo dei primi sei anni di attività e si è rivelata di grande interesse dando luogo a un serrato quanto articolato dibattito metodologico e di definizione del campo di interesse disciplinare.
Un altro sguardo su un’ulteriore iniziativa istituzionale ha riguardato il progetto Itinerari digitali, dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione del Ministero della Cultura, volto ad ampliare la conoscenza del patrimonio culturale di alcune regioni del sud Italia.
Nella sessione Cinesica e cultura – 2, del 20 settembre, ne è stato presentato un primo tassello riguardante la Basilicata, sul cui territorio, nel 2021 e 2022, è stata svolta un’ampia indagine allo scopo di riunire in una sequenza di rilevamento, catalogazione e restituzione, una molteplicità di aspetti economico-culturali che contribuiscono a definire la fisionomia del territorio plasmando il paesaggio come bene culturale. A questo scopo è stato decisivo l’utilizzo di rilevamenti video-filmici realizzati da Emanuele Di Paolo e da Gianfranco Spitilli con una precisa metodologia di etnografia filmica. Ne sono stati presentati tre brevissimi estratti uniconcettuali che restituiscono altrettanti aspetti immateriali e materiali delle culture locali oggetto della ricerca.
Abbiamo voluto centrare l’attenzione su progetti che nascono all’interno di istituzioni pubbliche o di riferimento pubblico, ritenendo che potessero rappresentare, nella dimensione contemporanea, un’idea e una prassi perseguite più volte dallo stesso Carpitella, anche con i medesimi riferimenti istituzionali. Sulla stessa scia si pone la presentazione del libro di Ottavio Cavalcanti Inquadrature e sequenze: filmati di Antropologia visuale, che riporta l’attività del Centro Interdipartimentale di Documentazione Demoantropologica dell’Università della Calabria. Così come lo è il film di Michele Trentini Nel verde incanto, prodotto dall’Ecomuseo delle Acque del Gemonese.
La selezione degli altri video pervenuti è stata operata seguendo la tematica da noi proposta Il linguaggio del corpo e l’antropologia visiva. Ci sembra che i filmati che abbiamo selezionato per la proiezione seguissero tale indicazione così come l’abbiamo intesa proporre: un omaggio a Diego Carpitella da interpretare nella maniera più libera possibile.
Un richiamo al ricordo di Virgilio Tosi, scomparso nel 2023, sodale sempre accanto a Carpitella nelle iniziative di cinema scientifico, ci è parso un giusto completamento per questa edizione 2024 di MAV. Ne ha parlato il regista Stefano Missio, presentando il film di Tosi Fotografia della famiglia italiana (1969). Come è noto il film si basa sulle fotografie della mostra La famiglia italiana in 100 anni di fotografia del 1968, promossa dal Centro di informazione Ferrania di Milano e dall’Istituto di Etnologia e antropologia culturale dell’Università di Perugia con la cura di Ando Gilardi, Marcantonio Muzi Falconi e Tullio Seppilli, che scrisse i testi di riferimento scientifico (Ricci 2020: 445-490).
Approfitto del riferimento allo studioso perugino per riportare, in chiusura di questo scritto, un’ultima interessante iniziativa del ciclo delle “Seppilli lectures”, promossa dalle fondazioni “Alessandro e Tullio Seppilli” e “Orintia Carletti Bonucci” insieme all’Università di Perugia, dal titolo Il film di ricerca sociale in Italia, tavola rotonda avvenuta il 15 ottobre 2024, all’interno della rassegna Habitat – Documentare forme di resistenza ecologica. I lavori sono stati coordinati da Cristina Papa, presidente della Fondazione Seppilli e vi hanno partecipato, oltre al sottoscritto in rappresentanza di MAV 2024, Augusto Cacopardo, dell’Università di Firenze e già vicepresidente del Festival dei popoli, Alexander Koensler, promotore della rassegna Habitat, e Raffaele Federici, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, entrambi i due ultimi afferenti all’ateneo di Perugia. Gli interventi e il dibattito scaturito dalla tavola rotonda, animato da un folto numero di studenti, hanno messo in rilievo ancora una volta l’interesse didattico e scientifico per la prospettiva visiva come metodo etnografico nella ricerca antropologica e la necessità di continuare a sviluppare sempre nuove occasioni di incontro e di scambio di esperienze nel campo dell’antropologia visiva, così come lo sono stati, e continuano a essere, il Festival dei popoli, per il cinema del reale e di ricerca sociale, e MAV – Materiali di antropologia visiva, per l’approccio metodologico alla ricerca scientifica di ambito antropologico.
Dialoghi Mediterranei, n. 70, novembre 2024
Riferimenti bibliografici
Carpitella Diego (a cura di), 1976, Folklore e analisi differenziale di cultura, Roma, Bulzoni.
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Carpitella Diego, 1986b, Postfazione, in E. De Simoni, M. Rengo (a cura di) 1986, Materiali di antropologia visiva 1: 125-128.
De Simoni (a cura di), 1995, Materiali di antropologia visiva 5, Roma, Bollettino dell’Associazione italiana di cinematografia scientifica.
De Simoni Emilia, Rengo Mara (a cura di), 1986, Materiali di antropologia visiva 1, Roma, Bollettino dell’Associazione italiana di cinematografia scientifica.
“Camera oscura”, 2017, sezione della rivista “Voci”, XIV, pp. 261-323 (https://voci.info/anno-xiv-2017.html).
Faranda Laura, Giuriati Giovanni, Ricci Antonello, 2024, MAV – Materiali di antropologia visiva – Per i 100 anni dalla nascita di Diego Carpitella, Roma, Edizioni Nuova Cultura.
Giannattasio Francesco, 2024, Prolusione a MAV 2024 Materiali di antropologia visiva – Per i 100 anni dalla nascita di Diego Carpitella, “Voci”, XXI, in c.d.s.
Ricci Antonello (a cura di), 2020, L’eredità rivisitata. Storie di un’antropologia in stile italiano, Roma, CISU.
Sparti Pepa (a cura di), 1982, Cinema e mondo contadino – Due esperienze a confronto: Italia e Francia, Venezia, Marsilio.
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Antonello Ricci, è professore ordinario di Discipline DemoEtnoAntropologiche presso il Dipartimento di Storia, Antropologia, Religioni, Arte, Spettacolo (SARAS), “Sapienza” Università di Roma. Conduce ricerche sul campo nell’Italia centrale e meridionale sui temi delle culture pastorali, dell’ascolto, della museografia e dei beni culturali DEA, della antropologia visiva e della festa. Tra le sue pubblicazioni: Sguardi lontani. Fotografia ed etnografia nella prima metà del Novecento, Milano, 2023; Suono/Ascolto, Milano 2022; Cinema, suono e memoria. Appunti per un’etnografia visiva condivisa 2021; Etnografia, fotografia e uso pubblico delle immagini negli anni ’50 e ’60 del Novecento, 2020; cura di L’eredità rivisitata. Storie di un’antropologia in stile italiano, Roma, 2020; Il secondo senso. Per un’antropologia dell’ascolto, Milano, 2016; I suoni e lo sguardo. Etnografia visiva e musica popolare nell’Italia centrale e meridionale, Milano, 2007.
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