di Corradino Seddaiu
On ne nait pas artiste, on le devient [1]
L’uscita del libro Tonì Casalonga. D’arte e d’impegni di Vannina Bernard-Leoni per la casa editrice corsa Albiana è l’occasione per riflettere sull’esperienza dei piccoli paesi, sulla Corsica e su Pigna e sulla figura centrale di Tonì Casalonga nonché sul suo ruolo fondamentale nella sua rinascita.
Vannina Bernard-Leoni è direttrice del Dipartimento di Innovazione e Sviluppo dell’Università della Corsica, co-fondatrice e co-direttore della rivista Robba [2] ed è una donna particolarmente attiva e coinvolta nella vita universitaria, economica e culturale della Corsica. Ultimamente si è occupata, fra le altre cose, della candidatura di Bastia a capitale della cultura europea. Ma Vannina è soprattutto una persona con cui abbiamo trascorso del tempo a discutere del passato, del presente e del futuro delle nostre isole del Mediterraneo, ospiti come associazione culturale ‘Realtà Virtuose’ sia nella sede della fondazione dell’università di Corte che nel Fab Lab adiacente ma anche nella sua stupenda dimora nel centro della città di Paoli, in compagnia delle sue bambine e del marito André.
Questo libro è quindi composto dalle opere di Tonì Casalonga (più di 850 scatti), ma anche dalle sue stesse pubblicazioni, dalle sue interviste passate. Intrecciando opere e osservazioni illuminanti, l’opera è concepita come un’enorme sala espositiva e offre quindi due o tre possibilità di vagabondaggio. Si può sfogliare per dare libero sfogo alla propria sensibilità e allo stato d’animo del momento: ogni pagina è di per sé un particolare “momento” artistico, che fa appello ai sensi, alla percezione particolare di ognuno.
Il lungo percorso artistico di Tonì Casalonga coincide anche con l’età del movimento di rinascita culturale in Corsica, il Riacquistu. La sua energia militante, le sue creazioni, il suo lavoro possono apparire oggi come un filo rosso di questi anni di resistenza, resilienza e riconquista culturale. Il suo lavoro di “artigiano immaginario”, espresso in particolare attraverso la scultura, la pittura, i manifesti, i fumetti e, soprattutto, l’incisione, è diventato nel tempo l’impronta grafica stessa del periodo. Iconografo della Corsica contemporanea, Tonì Casalonga ne è certamente uno, non solo come artista che osserva il suo tempo, ma come attore testimone a pieno titolo.
«Artiste cardinal du Riacquistu, Tonì Casalonga a bâti une œuvre complexe, d’une grande richesse iconographique, impliquée et libre. L’ouvrage permet, à la façon d’une monumentale exposition, de découvrir, en compagnie de l’artiste, les lignes de force de plus de soixante années de création originale, multiforme, iconique… » [3].
Quando penso alla Corsica, ai suoi paesi e in particolar modo a Pigna, sono due i termini che vengono in mente: remoteness e gentrificazione. Remoteness è un termine anglosassone che si traduce in italiano con un termine raro la remotezza. è spesso usata per i luoghi marginali, per i paesi di montagna, le campagne e le periferie, anche se a dire il vero la remoteness viene spesso percepita anche da coloro che vivono in aree urbane rispetto alle relazioni, all’organizzazione di vita alienante che li circonda.
Remoteness o estrema lontananza doveva essere ciò che pensava inizialmente Toni nelle sue prime esperienze di vita al di fuori dell’isola nelle Accademie e negli atelier d’arte di Parigi.
«Gli studenti venivano da tutto il mondo e da tutte le parti della Francia. Ho un ricordo terribile della prima esperienza. Tutti parlavano del loro posto di provenienza e delle bellezze nelle loro terre. Io non dicevo mai niente e se qualcuno domandava cosa ci fosse di bello dalle mie parti, io rispondevo niente… non avevo a quei tempi nessuna coscienza culturale legata alla Corsica» [4].
L’altro termine è gentrificazione. Quando Pietro Clemente parla di gentrificazione felice, penso sempre a Pigna. Qua la gentrificazione nasce dal capitale culturale. Pigna, piccolo villaggio della Corsica del nord è manifesto del piccolo paese che ce l’ha fatta a vincere la battaglia contro l’oblio e lo spopolamento. È cresciuta nel tempo ammirando e diffondendo musica in lingua corsa, saperi tradizionali, arte, agricoltura, equilibrio tra abitato e territorio. È diventata col tempo un punto di riferimento internazionale di artisti, artigiani, appassionati dai più svariati stili di vita che creano l’alternativa. E come ci raccontano le persone interpellate su Pigna «Tonì Casalonga è Pigna e Pigna è Tonì Casalonga».
Tutto nasce, nel 1962 appunto a Pigna in Balagna. Toni fonda insieme ad alcuni compagni l’atelier delle Pleïadi che prende il nome dalla costellazione amata, visibile nel cielo della Balagna: «come studente comprai una casa in rovina a Pigna, per il prezzo di una chitarra. Aghju persu un pocu u ciarbellu» [5]. All’epoca i visitatori erano pochi ma l’idea era quella di una casa a Pigna e una volta riuscito a guadagnare la somma necessaria la comprai. «Ogni estate i compagni della scuola di belle arti di Parigi trascorrevano un po’ di tempo a Pigna spalando macerie, rifacendo tetti e scale» [6].
«Pigna non è il mio villaggio – racconta Toni – La Balagna, l’ho scoperta all’età di otto anni: eravamo nel 1946 all’uscita dalla guerra, e in una società corsa tagliata fuori da anni da ogni relazione economica o culturale con il resto del mondo. Ad Aiaccio, dove viveva la mia famiglia, c’era poca roba se non al mercato nero e il babbo non ne voleva sentire nemmeno la puzza» [7].
Tappe fondamentali nel suo percorso sono le esperienze alla fine degli anni 50 alle Belle Arti di Parigi. «Car lorsqu’ on reve de faire l’artiste, il n’y a alors qu’une destination: Paris» [8]. é il 1961, dove in piena guerra d’Algeria, lascia Parigi per Roma per studiare all’Accademia di Belle Arti di via Ripetta. È a Roma che avviene per Toni una rivoluzione copernicana, a Roma che era stata Caput mundi, centro del mondo, «J’ai compris qu’il n’y avait pas de centre du monde». Quello che credeva di trovare solo a Parigi o a Roma si può trovare senza dubbio anche altrove.
«Enfin, il y eut le retour en Corse; quand dans un ile endormie et déprimée par l’exode, il dut assumer ses premièrs responsabilités familiales, s’inventer une vie professionnelle au carrefour de plusieurs pratiques creative et trouver le sens de la vie…» [9].
Contro ogni previsione Toni sarà fra i primi della sua generazione a ritornare e l’installazione sull’isola non sarà una via di fuga ma un progetto di vita in sintonia con lo spirito alternativo dell’epoca che intende trasformare il mondo. Il ritorno in Corsica non è una rinuncia al mondo, ma la voglia di farsi conoscere altrove per il lavoro in Corsica e non di essere conosciuto in Corsica per aver lavorato altrove. Non esisteva più nessun centro del mondo.
Come associazione ‘Realtà Virtuose’ abbiamo conosciuto Toni qualche anno fa grazie a Pietro Clemente, siamo andati ad incontrarlo nella sua Pigna e da quel momento per lui eravamo diventati “gli amici di Pedru”. Ha partecipato successivamente ad una delle puntate più interessanti della nostra rubrica “In viaggio”, reperibile nell’archivio della pagina facebook di ‘Realtà Virtuose’.
Per arrivare a Pigna ci si inerpica in una strada tortuosa e stretta ma, come spesso accade, le strade più pericolose da percorrere sono anche le più belle. Si attraversa il borgo di Corbara con la sua piccola bottega di “fruits et legumes” che vende i prodotti degli orti vicini e qualche km più avanti si incontra il maestoso convento di Corbara, il più grande di tutta la Corsica secondo quanto riportato dalle guide, costruito nel 1430 sul monte che domina l’area fino al mare. È stato il primo luogo dove da piccolo Toni ha potuto approcciare l’arte.
«Il convento viveva poi in una autarchia medievale: orti traboccanti di verdure, alberi carichi di frutti, alveari di miele, recinti di vitelli, mucche, pecore, capre e capretti. Cantine colme di vino, ma questo lo avrei scoperto più tardi! I domenicani, per la maggior parte intellettuali un po’ troppo all’avanguardia per la loro gerarchia, mi fecero pian piano conoscere anche il mondo del pensiero, perché siamo andati per anni, con mamma, a passare il mese di settembre nel convento» [10].
A breve distanza appare il borgo in pietra di Pigna, come sospeso. Dall’esterno potrebbe sembrare uno dei tanti posti dell’entroterra della Corsica destinati all’oblìo. All’ingresso del villaggio è situata la chiesa, poi si apre alla vista un dedalo di stradine strette di acciottolato, scalinate, passaggi curati puntellati di abitazioni dai balconi fioriti. Ogni angolo nasconde una bottega o un atelier dove artigiani e artisti di tutte le età lavorano, discutono, oziano seduti al sole o all’ombra a seconda della stagione, sorseggiano una bevanda, un caffè o fumano tabacco, insomma vivono nel paese e il paese. Lungo il percorso ci imbattiamo in diverse botteghe, con a guardia dell’ingresso il proprio gatto, interrotto da affacci che rivelano scorci dalla vista mozzafiato sulla costa.
Fra i numerosi atelier la nostra attenzione viene attirata da uno in particolare che lavora il vetro, all’interno una piccola Murano dove i colori e le forme si fanno apprezzare e rendono il viaggiatore desideroso di portare con sé almeno un pezzetto di quel mondo. Poco più avanti c’è anche “A Casarella”, che merita di essere menzionata per il suo spazio. Una semplice terrazza acciottolata all’aperto con piccoli tavoli in legno e le sedie caserecce che raccontano la convivialità dei cortili di paese, i gatti che sonnecchiano, i fiori e i rampicanti che la circondano e un panorama incantevole sul golfo. Prendiamo atto di come un posto così piccolo possa essere a misura d’uomo senza stravolgere i tempi e gli spazi riuscendo contemporaneamente a venire incontro ai visitatori.
Incontriamo Toni la prima volta alla “Casa Musicale”, una delle tante eccellenze tanto che Pigna è considerata ormai un vero e proprio atelier a cielo aperto. Luogo dove chiunque voglia esprimere la sua arte è benvenuto. Ma come racconta Toni non è sempre stato così. Affrontiamo il tema a noi caro dei piccoli paesi, dello spopolamento e delle prospettive.
«Pigna, prima non contava ormai che 40 abitanti, era un mondo che finiva, gli ulivi erano bruciati: se ne andava in fumo l’oro del Mediterraneo. Il silenzio della natura dopo i grandi incendi produceva un’impressione profonda di morte, di vuoto e desolazione» [11].
La Corsica, ci racconta, nell’800 aveva circa 400 mila abitanti, agli inizi del Novecento era crollata a 150 mila, praticamente disabitata, ora secondo l’ultimo censimento ci sono 335 mila residenti. Toni illustra il suo pensiero a proposito delle aree interne e racconta la sua esperienza in Balagna. «Non deve esserci il frettoloso bisogno assoluto di riempire il vuoto, questo avverrà quando ne verrà riscoperto il valore». Dopo una lunga pausa di riflessione ci introduce un detto corso “U mortu allarga u biu” consegnandocelo come invito alla riflessione sul lutto che migliora i vivi. Quando scompare un modo di vivere, si creano vuoti, si aprono spazi che sono la prima condizione necessaria per la mutazione: così scompaiono anche gli ostacoli, e nasce la libertà di fare.
Forte della sua esperienza sostiene che sia necessario aspettare e soprattutto accettare l’ora del vuoto, della morte. Afferma che solo dopo questo lutto si potrà prendere coscienza del valore, e le persone che lo faranno non saranno spesso quelle natie ma coloro che riconosceranno questo valore e lo trasformeranno. «Dove c’è perdita di valore non c’è azione».
«La prima delle condizioni, la possibilità di fare, non nasce dalla nostalgia del passato ma dalle opportunità aperte dalla sua dipartita, prendere il tempo come un amico. Perché dopo il tempo di una società che finisce senza risollevarsi mai più, ritorna il tempo del desiderio. Ieri, era necessario andarsene».
A Pigna le cose iniziano nel 1964 con la creazione di una cooperativa di artigiani, la Corsicada. Negli anni Settanta, questa cooperativa si allarga ai prodotti agricoli trasformati; poi al restauro dell’architettura tradizionale e infine alla musica. La cooperativa nasce per supportare l’artigianato artistico ma ha l’ambizione più grande di cambiare le cose in Corsica.
Toni inizia a viaggiare nell’isola, in particolare nella valle d’Orezza per incontrare alcuni artigiani ormai rimasti senza lavoro col fine di coinvolgerli nella cooperazione e impedire la svendita dei loro manufatti. Poco a poco questo mondo ch’era “guasi spentu” conosce una nuova vita. «Avec les artisans traditionnels nous reiventions sans le savoir le circuit court qui permet de payer au juste prix le producteur et de vendre au meilleur cout pour l’acheteur» [12].
Nel 1967 la Corsica viene riconosciuta associazione di educazione popolare. È da quel momento che si riannodano i fili strappati dell’identità, che si intrecciano con quelli della creazione per una nuova tessitura. I saperi antichi, e le nuove conoscenze reinventano un nuovo modo di vivere i luoghi. Tutto ciò si è realizzato attraverso la sperimentazione, sia sul piano tecnico che logistico che sociologico.
«Nel 1969 la vicinanza fra la produzione artigianale e quella agricola ci convincerà tutti a prendere in considerazione il mondo della produzione agricola locale. si apre a Pigna la Casa Paesana che avrà la stessa organizzazione degli artigiani, e garantirà le produzioni locali. “fare e disfare e sempre lavorare” è il motto preferito a Pigna» [13].
Pigna, oggi, è un piccolo villaggio con un centinaio di abitanti stanziali, con un’età media di 30 anni. Non ci sono più case in rovina, poiché il villaggio è stato restaurato col tempo dagli sforzi degli abitanti. Ci sono artigiani, ristoratori, musicisti, artisti incisori di pitture-sculture, agricoltori e pastori. Ci sono anche negozi di artigianato e di agro-alimentare, ristoranti, alberghi, un auditorium di 120 posti, e un teatro all’aperto. E tutti gli anni si organizza il festival Estivoce che accoglie artisti da ogni parte del mondo.
Racconta Toni Casalonga: «gli amici dicevano è bellissimo ma mica starete qui tutto l’anno?». Invece ora gli amici pongono la stessa domanda con uno sguardo di invidia. A Pigna si viaggia, si fa musica e arte e si vive nel mondo del nostro tempo. Toni è un pittore, uno scultore ma soprattutto è un pensatore della contemporaneità. Non sfugge dal prendere atto della realtà. Ci prefigura un aumento della popolazione nei centri principali e nelle aree periurbane a discapito dell’interno. Luoghi dove è in atto quella che definisce “normalizzazione”, la rottura identitaria dove nessuno sa niente del vicino.
Se la tendenza non solo in Corsica pare essere questa, prendiamo atto comunque di un altro mondo possibile in quel di Pigna che non si racconta attraverso nostalgiche immagini del passato, del «si stava meglio quando si stava peggio», ma che esprime la volontà di essere luogo di resistenza ai grandi processi di omologazione attraverso quella gentrificazione, attivata da nuovi soggetti.
Questa comunità di destino lontana dai clamori e dalle ansie delle città metropolitane si descrive, si racconta nell’espletamento delle sue occupazioni di tutti i giorni, in un’esistenza dove la contemplazione e il sentimento sembrano prevalere rispetto alla frenesia. Piccole storie in Corsica si intersecano a formare un tessuto di esperienze, di azioni che danno origine ad un vissuto comune ricco di fili che si intersecano con altri e che formano nuovi tessuti-vissuti.
Il tessuto che si crea ed avvolge è composto da tanti fili che disegnano una cena conviviale con Brandon e Lena dell’associazione Insite e dell’università di Corte. Racconta di un articolo di Dialoghi Mediterranei posto su carta e messo in mostra in un piccolo comune. Colora i momenti di un caffè con Toni a Pigna. Scrive la stoffa con la memoria di una visita al Fab Lab con Vannina nel palazzo che fu del governo indipendente di Pasquale Paoli. Tessuto che avvolge un fiore che Jean Charles della confraternita di Pianellu dona nella festa di san Marcellu ad Aleria. Tessuto su cui si imprime l’ascoltare Saveriu e Martine a Sarra di Farru di fronte ai vetri colorati delle brocche che vanno ad incorniciare lo spettacolo del Golfo di Valincu. I fili creano il tessuto per la tovaglia che Veronique e Marianna distendono dopo uno spettacolo a Locu Teatrale per ringraziare i partecipanti o la tela dove Gerome e Maria Francesca di Allindi proiettano cinema d’autore nei piccoli paesi dell’isola.
Il lavoro monumentale dell’autrice Vannina Bernard-Leoni riesce a mostrare fra gli scatti, i disegni e le parole, la diversità dei temi, il posto essenziale che vi occupa la Corsica – la sua storia, la sua gente, i suoi costumi – e la cultura universale, in simbiosi con la storia dell’uomo, le sue scelte di vita, i suoi impegni, il suo pensiero. Ma mostra in maniera fondamentale l’ancoraggio dell’uomo nel suo territorio naturale, nella sua terra.
Dialoghi Mediterranei, n. 63, settembre 2023
Note
[1] D’Arte e d’Impegni, Bernard- Leoni, 2022, Albiana: 6.
[2] www.rivistarobba.com
[3] www.albiana.fr
[4] Intervista su pagina face book Realtà Virtuose, rubrica In Viaggio, febbraio 2021.
[5] D’Arte e d’Impegni, Bernard- Leoni, 2022, Albiana: 9.
[6] Ivi: 17.
[7] Intervista tv France Corse Stella
[8] D’Arte e d’Impegni, Bernard- Leoni, 2022, Albiana: 9.
[9] Ivi: 18.
[10] www.albiana.fr
[11] Intervista su pagina face book Realtà Virtuose, rubrica In Viaggio, febbraio 2021.
[12] D’Arte e d’Impegni, Bernard- Leoni, 2022, Albiana: 24.
[13] Intervista su pagina face book Realtà Virtuose, rubrica In Viaggio, febbraio 2021.
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Corradino Seddaiu, laureato in Sociologia a La Sapienza di Roma con una tesi dal titolo “Paesaggi culturali. L’esempio dei Saltos de Joss nella Sardegna nord orientale”, è Presidente dell’Associazione culturale ‘Realtà Virtuose’, che opera nel nord Sardegna, con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo e la valorizzazione dei piccoli borghi con un’attenzione particolare alle tematiche ambientali e sociali locali orientate verso il cambiamento dei paradigmi in agricoltura e nel turismo. Membro della Rete delle associazioni della Sardegna, attualmente collabora con sociologi della musica e tecnici del suono per la realizzazione di una mappa sonora dei territori (fiumi, risorgive, borghi abbandonati, chiese, botteghe artigiane) al fine di creare un archivio sonoro a disposizione della collettività e di artisti che ne vogliano rielaborare i suoni e i rumori dando vita a musica e forme d’arte.
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