La fotografia in bianco e nero posta in apertura del volume Storia di un galantuomo Nello Ticci libraio antifascista («MAITARDI» I Quaderni, Siena, Venti Media Print, 2023) è la porta attraverso la quale si entra nella storia politica e familiare di Nello Ticci e delle carte donate dalla nipote Laura Della Corte all’Istituto Storico della Resistenza Senese e dell’Età contemporanea (ISRSEC) nel 2015. In una porzione di giardino tagliata orizzontalmente dal filo dei panni stesi, un uomo troppo magro per stare nel vestito tiene per mano una bambina sorridente che ha appena iniziato a camminare. Siamo a S. Colomba, una frazione rurale in provincia di Siena, negli ultimi anni della Seconda guerra mondiale.
Nello Ticci, tra i fondatori della sezione senese del Partito socialista, dal 1936 ha rilevato una storica libreria nel centro cittadino, forte dell’esperienza maturata in campo editoriale alle dipendenze della Vallecchi nel corso del decennio precedente. All’attività di libraio con biblioteca circolante, univa anche quella di tipografo-editore con un proprio catalogo, nel solco di un modello ottocentesco che aveva una lunga tradizione nella Toscana dei Vieusseux e che, nel periodo tra le due guerre, sarebbe stato rinnovato (e in parte travolto) dalla modernizzazione del mondo editoriale italiano e dalle politiche culturali dello Stato fascista – come mostrano le immagini delle vetrine della Libreria Ticci dedicate all’Enciclopedia Treccani e al lancio dei romanzi gialli di Mondadori, pubblicate in calce al volume.
Non sappiamo esattamente quando ma la libreria in via Banchi di sopra 8 era divenuta anche un luogo di riunioni e di incontri di antifascisti, in cui transitavano materiali di propaganda e si ascoltavano i messaggi di Radio Londra. Nel suo libro recente sulla Vicenza azionista, Irene Piazzoni ha evidenziato l’importanza di questi luoghi nel processo di ricostruzione di una coscienza democratica tra 1943 e 45. Il recupero dell’iniziativa, il riposizionamento nella società passarono, almeno per alcuni esponenti di un ceto medio urbano, riflessivo e inquieto, attraverso i libri, i rapporti personali intrecciati al lavoro editoriale, le discussioni sui problemi all’ordine del giorno (Editoria e antifascismo. Tra guerra e Resistenza: il contributo della Vicenza azionista, Ronzani 2024).
Secondo la testimonianza di Michele Della Corte (Io e il mondo, testo inedito), nipote di Nello, dopo l’8 settembre 1943 la libreria funzionava già da punto di raccolta di fondi, e di generi alimentari e medicine da distribuire alle formazioni partigiane operanti nella zona. In ogni caso fu nella rete di contatti e di attività finalizzate alla rifondazione del PSI e alla costituzione del Comitato di Liberazione Nazionale di Siena che maturò l’arresto di Nello Ticci, il 20 febbraio 1944, nel quadro di una retata della milizia fascista volta a colpire dissidenti di varia cultura politica (azionista, socialista), non impegnati direttamente nella Resistenza armata.
Se il materiale clandestino circolante nelle stanze della libreria finì verosimilmente nel fuoco dopo le minacce e le perquisizioni, i primi nuclei documentari del Fondo donato all’ISRSEC originano proprio da quell’arresto e dalle conseguenze della detenzione di Nello Ticci per 50 giorni, prima alla Casermetta, in piazza della Posta, e poi alle carceri di Santo Spirito, dal 20 febbraio al 7 aprile del 1944. Nel primo faldone si trovano infatti custodite le lettere e le carte che raccontano i travagli della sua scarcerazione su cui si è innestata, nel corso degli anni successivi, una stratificata memoria familiare, da leggersi anche come una battaglia morale, combattuta con le armi della scrittura, dell’affetto e del ricordo, in difesa dell’onorabilità di Nello – padre, zio e nonno – dalle accuse mosse da alcuni compagni di partito di delazione e scorretta gestione delle risorse del CLN locale. L’ambiguità della formula con cui il 12 agosto 1944 la Commissione dei Probiviri della sezione socialista deliberò l’irrilevanza delle imputazioni a carico del “compagno”, riconducendole ai «limiti della debolezza umana», fu una ferita per Nello, che reagì con lettere di denuncia e la richiesta di riconoscimento della qualifica di partigiano. Colpito anche nel fisico da una grave malattia polmonare che lo avrebbe portato alla morte nel 1949 – a 59 anni non ancora compiuti –, nell’immediato dopoguerra fu costretto vendere la libreria e non ebbe il tempo di tornare ad una vita politica attiva. Ogni cuore custodisce la sua amarezza.
I saggi di Pietro Clemente (Nello Ticci, un archivio e una vita) e di Luigi Oliveto (Per amore dei libri e della libertà) ripercorrono quello che è accaduto prima e dopo quella foto scattata a Nello nel giardino di S. Colomba, mentre si china amorevolmente con il corpo e con lo sguardo sulla piccola nipote. Una storia particolare di rapporti tra le generazioni e di trasmissione della memoria lungo la linea femminile della discendenza (la figlia Liliana, la nipote Laura) che pone domande di rilevanza generale sul fascismo e l’antifascismo dell’Italia del Ventennio e della nascita della Repubblica. L’introduzione di Valerio Strinati inquadra la vicenda biografica di Nello negli effetti prodotti dall’ascesa del regime fascista sulla vita delle persone e nella conflittualità interna allo schieramento antifascista che si acuì durante e dopo la Liberazione di Siena del 3 luglio 1944.
Per quanto riguarda il primo punto, emerge il nesso tra militanza socialista e impiego nelle Ferrovie dello Stato su cui la storiografia è tornata a insistere di recente, esplorando il ruolo del sindacato ferrovieri nella crisi politica e sociale dell’Italia del primo dopoguerra (M. Taborri, Ferrovieri contro il fascismo. Roma 1922-44, Chillemi 2019; A. Mazzoni, Spartaco il ferroviere. Vita morte e memoria del ragionier Lavagnini antifascista, Pentalinea 2021). All’ascesa del Fascismo Nello Ticci era dipendente delle Ferrovie, a Firenze, e fu licenziato per motivi politici. Il rifiuto di prendere la tessera del PNF trasformò la sua vita e quella della sua famiglia: l’impiego nell’amministrazione della casa editrice Vallecchi, il temporaneo trasferimento a Milano, il ritorno a Siena per investire nell’acquisto della libreria.
Sarebbe interessante capire che tipo di socialista fu Nello Ticci prima e dopo quella cesura: si può annoverare tra i militanti che apparvero disarmati di fronte alle novità della Grande Guerra e della Rivoluzione russa o fu vicino al massimalismo di Giulio Cavina, segretario della Camera del Lavoro di Siena? Aderì allo sciopero del 1920? Come visse le azioni delle squadre fasciste del febbraio-marzo 1921 a Firenze e a Siena culminate nella distruzione della Casa del Popolo? (cfr. G. Maccianti, Il fascio senese in azione, in 1921 squadrismo e violenza politica in Toscana, a cura di R. Bianchi, Olschki 2022: 119-129). E poi, come guardò alle tre guerre della Resistenza (nazionale, sociale, politica) il libraio definito dal nipote Michele ora come “socialista nascosto”, ora come “socialista puro”? Quale fu il suo grado di integrazione nella classe dirigente senese? Come si combinarono le sue convinzioni politiche alle relazioni sociali intrattenute con il conte Guido Chigi Saracini o il prefetto Giorgio Alberto Chiurco, autore per Vallecchi della Storia della rivoluzione fascista 1919-1922 (1929)?
Sono tutte domande che rimandano al grande tema delle forme e dei limiti del consenso totalitario (Il consenso totalitario. Opinione pubblica e opinione popolare sotto fascismo, nazismo e comunismo, a cura di P. Corner, Laterza 2012), alle vite vissute in precario equilibrio tra la scelta di non aderire all’ideologia fascista e quella di non abbracciare l’opposizione politica clandestina in un ambivalente continuum di adattamenti e resistenze (cfr. N. Labanca, Resistenza/resistenze. Un bilancio tra discorso pubblico e studi storici, in 1943. Strategie miliari, collaborazionismi, resistenze, a cura di M. Fioravanzo e C. Fumian, Viella 2015: 27-76).
In linea con alcuni studi recenti sulla giustizia di transizione (si vedano i lavori di Lidia Celli e Iara Meloni vincitrici della III edizione del Premio Pavone 2023), Strinati suggerisce una rilettura delle dinamiche di trapasso dei poteri tra guerra e Liberazione che tenga conto non solo della debolezza dell’iniziativa politica dei partiti appena ricostituiti dopo la caduta del Fascismo, e in particolare del PSI senese, ma anche delle preesistenti tensioni sociali tra città e campagna, della preoccupazione diffusa nel notabilato urbano di mantenere la pace sociale in città e di contenere la conflittualità di classe di fronte al dilagare del consenso comunista nell’area mezzadrile e bracciantile.
Le accuse dei compagni socialisti a Nello Ticci sono dunque da inserire nella complessità dei conflitti interni ai partiti e tra partiti dello schieramento antifascista durante la Resistenza e da intrecciare allo studio dell’epurazione su scala locale ovvero al modo in cui si andarono riarticolando tra gli anni Quaranta e Cinquanta i rapporti tra istituzioni, partiti e popolazione. Senza dimenticare, come ricorda Pietro Clemente nel suo contributo, richiamando la trama del racconto di Sartre Il muro (1939), la centralità assunta dallo scenario della confessione e del tradimento nella guerra civile europea del Novecento.
Dialoghi Mediterranei, n. 67, maggio 2024
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Monica Pacini, ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia economica e sociale presso l’Università Bocconi di Milano. Nel 2013, e poi di nuovo nel 2017, ha ottenuto l’Abilitazione Scientifica Nazionale di II fascia per il settore concorsuale 11/A3 – Storia contemporanea. Attualmente insegna Storia contemporanea e Storia del giornalismo all’Università di Firenze e collabora con il Gabinetto scientifico-letterario G.P. Vieusseux ad una ricerca interdisciplinare su Viaggiatori-lettori europei nella Firenze cosmopolita del “lungo Ottocento”. Dal 2011 fa parte della redazione di «Genesis. Rivista della Società Italiana delle Storiche».
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