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No price, no pay. Società Segrete, Confraternite e Cultismo tra Nigeria e Italia

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Società segreta Vabong Mumuye

di Lisa Regina Nicoli

Moustapha mi aspetta. La schiena appoggiata al furgone bianco, una sigaretta tra le lunghe dita e i dread soffocati sotto il cappello di lana.

- Si stava meglio giù eh- gli grido parcheggiando la bicicletta. Battuta idiota. Sghignazza.

Ci conosciamo da diversi anni e mi ha mandato qualche foto mentre attraversava la Mauritania, in mezzo alla sabbia e al caldo soffocante del deserto.

- Come stanno Marta e i bambini?

- Bene, ma non la porto più, viaggiare in macchina con un bianco adesso è troppo pericoloso, non sai mai chi ti ferma. Vado da solo.

Moustapha ha attraversato l’Africa Occidentale scendendo dal Marocco verso la Costa d’Avorio per recuperare un po’ di merce lasciata qua e là da suo padre, tra magazzini polverosi e villaggi svuotati, molti svendono i propri oggetti tradizionali per fare due soldi. Un viaggio affascinante, quanto pericoloso. Troppo, per una moglie bianca e dei bambini troppo chiari.

- Sei ancora fissata con la Nigeria?- ride. – Ti ho portato qualcosa che ti piacerà.

Moustapha estrae dal furgone due bastoni lunghi verdastri coperti da un panno. Non mi piacciono le armi, nemmeno quelle rituali. Lo guardo scettica ma lui non si scompone e mi dice di fare attenzione.

Pesa tantissimo, sembra ferro.

- Mi porti il ferrovecchio Moustapha?

Toglie il panno impolverato e sento lo stomaco farsi piccolo.

Due uomini barbuti, seduti su due lunghe stecche di ferro, uniti per la testa da una catena.

- Dove l’hai trovato?

Alza le spalle indicando un punto fisso lontanissimo.

Mentre torno a casa nel freddo della pianura con l’Edan Ogboni, gli scettri di una delle società segrete più antiche e potenti dell’Africa Occidentale appoggiati sulla spalla, mi sento terribilmente coloniale.

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Edan Ogboni (ph. L. Regina Nicoli)

Società Segrete in Africa Occidentale

Molte zone del mondo ospitano confraternite e società segrete all’interno dei propri tessuti socio-culturali e l’Africa Occidentale non fa eccezione. Si tratta di organizzazioni costituite da gruppi di persone, divise per genere, dedite ad un’attività tradizionale specifica, che condividono un patrimonio di pratiche, conoscenze e segreti sconosciuto al di fuori del gruppo e interdetto al resto della comunità a cui appartengono.

Spesso fondate sulla base di una condivisione religiosa e rituale, hanno come scopo principale la regolamentazione dei rapporti sociali e la risoluzione della crisi. La loro potenza emerge durante particolari momenti del vivere comunitario, come i riti di passaggio o di cura, iniziazioni, nascite o funerali in cui viene percepita la possibilità di disordine o disequilibrio nelle regole della società; in queste occasioni i membri del gruppo svolgono pubblicamente rituali e cerimonie a favore del resto della comunità o del villaggio utilizzando maschere o oggetti simbolici che durante il resto dell’anno sono conservati in spazi privati.

La condivisione interna di un patrimonio simbolico segreto costituisce un legame saldo tra i membri, che spesso entrano nelle società segrete molto giovani attraverso riti di affiliazione di base iniziatica che sono incorruttibili e che si inseriscono in un ordine gerarchico incontrovertibile, a cui è riconosciuta fedeltà e devozione per la vita.

Il valore delle società segrete è generalmente positivo e finalizzato al bene comune. Le pratiche promosse riguardano il contenimento del rischio e degli agiti anti-sociali che potrebbero minacciare la stabilità del gruppo, la gestione della crisi, la cura delle malattie, fisiche e mentali e il mantenimento degli equilibri interni.

Tra le società segrete più conosciute in West Africa c’è la società maschile Poro e la parallela femminile Sande, diffusa tra la Liberia e la Costa d’Avorio, le Kore e Djo in Mali, Byeri in Gabon; molto conosciute dalla Nigeria sono inoltre l’Ekpe, nota soprattutto come “la società degli uomini leopardo”, la società Vabong tra i Mumuye e naturalmente la Ogboni fraternity.

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Edan Ogboni

Quella degli Ogboni, è una società segreta yoruba nata intorno al XIX secolo che rivestiva potere religioso e politico sui regni situati in alcune zone tra Togo, Benin e Nigeria. Fondata sul culto tradizionale degli antenati e di una divinità chiamata Edan, le funzioni ricoperte dalla confraternita erano assolute e indiscusse, tanto che anche i re dovevano sottostare al giudizio del gruppo, perché unico organo controllato direttamente dal potere degli antenati, che si esprimevano attraverso la consultazione dell’Oracolo. Il potere degli Ogboni era tale da essere in grado di decidere anche le sorti dell’Oba [1]. La società segreta era formata da un numero di anziani e una serie di affiliati tra i membri più facoltosi e influenti dei villaggi che formavano di fatto una sorta di gruppo elitario in possesso di grandi privilegi per via del suo status. L’Edan Ogboni è il simbolo del rituale di iniziazione di un nuovo membro. Rappresenta il maschile e il femminile legati da una catena che ne sancisce il vincolo indissolubile. I pollici rimangono nascosti nella mano, simbolo del rito iniziatico e la scultura riporta i simboli del gruppo. Ogni iniziato riceve un Edan di cui prendersi cura e che dovrà tenere con sé fino alla morte. I rituali di iniziazione sono segreti e non possono essere rivelati dai membri, pena la morte.

Dopo un periodo di apparente disgregazione, in Nigeria si è recentemente assistito alla rifondazione della confraternita, le cui caratteristiche parrebbero sempre più simili a quelle di una loggia, piuttosto che di una confraternita. In alcune zone oggi la “setta Ogboni” rappresenta un organo para governativo che esercita controllo su vari villaggi tra Ogun State, Osun State e Lagos.

Anche oggi i membri Ogboni sono persone per lo più benestanti e influenti in società, ma sembra che recentemente si siano creati legami con la criminalità organizzata bisognosa di braccia per potere espandersi. Per queste ragioni si sta assistendo ad un arruolamento forzato di giovani nelle fila Ogboni che nulla hanno a che vedere con la tradizione. L’adesione può essere forzata in particolari casi di filiazione, o di debito di un elemento della comunità che decide di ripagare consacrando un membro della sua famiglia destinato ad essere utilizzato come corriere per le attività del gruppo.

L’evoluzione della società segreta Ogboni in confraternita dai contorni torbidi, è un esempio di come le tradizioni possano adattarsi strumentalmente ai bisogni di una società in forte crescita e cambiamento politico e economico che non va di pari passo con un equo sviluppo sociale, come è avvenuto in molti luoghi del mondo tra cui alcune aree della Nigeria, dove povertà, tradizione, bisogno di sicurezza, corruzione, colonialismo e necessità di controllo hanno contribuito alla nascita di un fenomeno che ha assunto tratti devianti e si è diffuso a livello globale. Il Cultism.

8889401_images8_jpeg_jpeg6deeb7d4cdf09b36eeb07662c3cccb1aNigeria: da Società Segrete a Confraternite

La nascita delle confraternite in Nigeria è piuttosto nota. Negli anni ’50 il Paese stava attraversando una delle fasi cruciali della sua storia e la società giovanile era in fermento. Le università al tempo erano conosciute e molto frequentate e assistevano al fiorire di gruppi studenteschi eterogenei e ad iniziative di respiro internazionale. La spinta globale però sembrava viaggiare di pari passo con un sentimento filo-coloniale diffuso nelle classi medio alte locali, a discapito di un nazionalismo nascente troppo spesso relegato ad una forma di folklore.

In questo contesto, proprio nell’università di Ibadan, direttamente connessa all’University of London, sette amici fondarono la prima confraternita maschile universitaria nigeriana in aperto contrasto allo stile filo-coloniale della maggior parte degli studenti. Uno dei fondatori, Wole Soyinka dichiarò in seguito che l’obbiettivo del gruppo era quello di promuovere un nuovo stile accademico più vicino alla tradizione locale che si differenziasse dalla borghesia coloniale dominante. Con i “magnifici sette” nasceva la Sea Dogs-Pyrates Confraternity, ispirata allo stile delle confraternite americane, in particolare alla “Skull&Bones” dell’università di Yale; la società era aperta a membri di ogni origine e provenienza ma rigorosamente selezionati con lo scopo di «promuovere giustizia e diritti umani» [2] e dare risalto agli studenti più promettenti, a prescindere dalle loro origini e dal ceto sociale. Per vent’anni rimase l’unica istituzione studentesca universitaria riconosciuta e politicamente influente ad Ibadan.

A seguito dell’indipendenza, i ‘60 furono un vortice di anni terribili, caratterizzati da conflitti e tensioni e dall’esplosione della guerra civile con il Biafra che segnò profondamente il Paese e che ancora oggi trascina le sue terribili quanto irrisolte conseguenze. Nei campus delle università gli studenti si dimostrarono particolarmente recettivi al clima socio-politico e iniziarono ad organizzarsi in gruppi coesi intorno agli eterogenei movimenti politici emergenti. Anche nei Pyrates si accesero conflitti interni sia tra i membri fondatori sia tra i confratelli. Gli standard di appartenenza richiesti erano allora molto alti e le gerarchie rigidissime fomentarono il malumore dei membri e le prime accuse di elitismo; il malcontento esplose con la prima scissione che portò uno degli ormai ex “magnifici sette” alla fondazione della National Association of Sea Lords/Buccaneers. I gruppi si accusavano reciprocamente di avere perso il senso iniziale delle fraternity e di essere mossi più dalla smania di accrescere il proprio potere personale piuttosto che dal desiderio di sostenere i confratelli. Iniziarono ad essere frequenti scontri violenti all’interno dei campus, ma la vera novità era che confraternite iniziavano ad uscire dall’esclusività degli spazi universitari e ad attirare membri esterni.

simbolo-black-axe-cultA Benin City intorno alla fine degli anni ‘70 nacque il Neo-Black Movement of Africa, ispirato alle Black Panther e più noto come Black Axe, l’ascia nera, da cui si separò poco dopo un gruppo dissidente che istituì la rivale Supreme Eiye Confraternity-National Association Air Lords, due falangi ancora oggi particolarmente influenti in Italia. Nello Stato di Cross River presso l’università di Calabar venne fondata invece l’Eternal Fraternal Order of the Legion Consortium- Klansmen Konfraternity e nello stesso periodo un ex membro dei Buccaneers fondò la Supreme Vikings Confraternity/De Norsemen Club of Nigeria, conosciuta anche come “Adventurers”.

Negli anni’80 le confraternite erano diffuse nelle principali istituzioni formative nigeriane, da Ibadan in Oyo State, nel Delta a Warri, fino a Enugo e Imo State. A seguito del colpo di stato del 1983 i leader militari individuarono nel nervoso fermento dei gruppi un prezioso potenziale da incanalare in attività utili alle proprie necessità di controllo e repressione delle proteste al regime che si sviluppavano proprio all’interno dei campus universitari; iniziarono pertanto ad armare i membri e a fomentare i conflitti interni. Il clima appariva così teso che nel 1984 Wole Soyinka chiese ai Sea Dogs/Pyrats di smettere di operare all’interno delle università.

Negli stessi anni emersero anche confraternite femminili, le più note sono Black Bra e le Daughters of Jezebel, particolarmente celebrate dalle produzioni di Nollywood. Ad oggi si individuano circa 44 confraternite ancora attive nella zona South-south ma probabilmente si tratta di una sottostima, dato che l’università di Nsukka, Calabar, Benin, Ile-Ife stimano al loro interno almeno 15 gruppi vicini al cultismo per istituzione scolastica, nonostante ad oggi sia una forma di associazionismo vietato per legge [3].

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Il termine cultismo nasce quando alla fine degli anni ‘80 iniziarono ad emergere riferimenti rituali nell’organizzazione strutturale delle confraternite. A partire da quel periodo si rilevò l’introduzione di pratiche tradizionali vodoun all’interno di alcune confraternite, in cui vennero inseriti elementi appartenenti al patrimonio culturale e religioso locale nei riti di iniziazione esplicitando una vera e propria manipolazione della religione tradizionale per fini legati al controllo dei membri e al mantenimento e gestione del potere. Sacrifici, corpi-feticcio, sangue e erbe sacre entrarono a fare parte delle pratiche caratteristiche delle fratellanze. Così come un possibile tradimento evocava la vendetta non solo del gruppo, ma anche di potenti elementi divini:

 «Giuro di sostenere Eiye confraternita moralmente, spiritualmente, finanziariamente e in qualsiasi altro modo e se non lo faccio che il vulture (avvoltoio) spietato mi strappasse gli occhi. Da oggi giuro di sostenere questa confraternita con tutto il mio cuore con fiducia e convinzione e fratellanza» [4].

I numerosi scontri, la strumentalizzazione dei gruppi e la grande violenza portarono presto le principali università a vietare le fratellanze e a espellerne i membri. I gruppi iniziarono così a reclutare nuovi affiliati al di fuori dell’ambiente universitario, in particolare non puntando più all’eccellenza negli studi e all’integrità morale, ma alla fedeltà cieca e alla disponibilità a prestarsi alle lotte intestine. Accadde dunque che alla ricerca di nuovi Aye [5] alcuni gruppi armassero giovanissimi devianti dei quartieri degradati per testarne le capacità e attirarli con la promessa di un lavoro e soprattutto di protezione. Cambiando la compagine interna dei gruppi non appare quindi inverosimile che le stesse fratellanze si siano evolute più o meno consapevolmente, introducendo elementi rituali legati ad alcuni aspetti della cultura tradizionale maggiormente celebrata e mantenuta nei villaggi, con lo scopo da un lato di aggregare nuovi elementi, dall’altra di esercitarne più efficacemente il controllo giocando su un patrimonio simbolico condiviso.

Spostandosi definitivamente nelle strade, le fraternity cambiarono obbiettivi e strategie, in funzione delle nuove caratteristiche socio-culturali degli affiliati e delle necessità legate al bisogno di affermare il proprio potere sul territorio. Potere, soldi, territorio, branco e rispetto sono le parole d’ordine più usate nelle confraternite: «He who price must pay. No price, no pay. What concerns a Klansman concerns all Klansman. No friend no foe» [6].

Le attività dei cultisti iniziarono così a incrociarsi con quelle dei gruppi criminali organizzati e ad infiltrarsi nelle attività devianti, dalle semplici rapine a omicidi, a volte su commissione, a volte utilizzate come prova di fedeltà dei membri o vendette su gruppi rivali, e poi truffe, rapimenti, spaccio, prostituzione e pirateria soprattutto in ambito petrolifero, al fine di accrescere prestigio e patrimonio. Anche le confraternite femminili sancirono preziose alleanze con i pari maschili per dedicarsi al florido mercato della tratta ai fini di sfruttamento sessuale, ben rappresentate anche oggi da alcune Maman.

Avendo introiti economici importanti, il bisogno di controllo e la necessità di predominare gli altri gruppi crebbe esponenzialmente, unitamente ai conflitti con le confraternite rivali nella spartizione dei territori e alla necessità di assumere tratti simbolici distintivi per riconoscersi tra membri e differenziarsi dai rivali.

acronimo-maphiteÈ così che le confraternite scelsero colori con cui vestire e simboli da portare con un tratto comune: l’utilizzo di un copricapo, in stile basco, che è nero e rosso per i Vikings ad esempio, blu per gli Eiye, giallo per i Buccaneers, nero e giallo per i Black Axe, verde per i Maphite. Anche il linguaggio è identificativo e simbolicamente declinato per identificare i ruoli, tuttavia simili all’interno delle varie strutture gerarchiche e sancirne compiti e attività.

I Black Axe per esempio hanno l’Head al vertice della piramide, a capo di un Forum (distretto) o di una Zone (nazione), il Cif Asa, contabile del gruppo, il Mod, che amministra il controllo e la difesa tramite i Butcha, i macellai, gli spaccaossa che si occupano di regolare i conti. Alla base gli Axeman, o gli Aye. I non iniziati sono definiti Ignorants o Jews, mentre i nemici, membri di altre confraternite sono gli Injews. Gli Eiye invece ricalcano il significato del loro nome legando i ruoli al mondo degli uccelli. L’Aviary, la voliera, domina la struttura a livello nazionale grazie all’Ebaka che garantisce i contatti con la “casa madre”, i singoli distretti d’azione dove lavorano i Birds/Tingo, gli affiliati, sono i nidi, Nest, controllati da un Fliyng Ebaka, che a sua volta ha un vice, Ostrich, struzzo e l’Engine Infantry, l’usignolo, l’Eagle, capo degli spaccaossa, il Parrot che canta durante i rituali e guida il coro, infine la colomba, Dove, un po’ spia un po’ vedetta. I non iniziati sono denominati Bastards che divengono Rugged a seguito dell’affiliazione.

Anche gli step di affiliazione seguono un iter simbolico. Tra i Black Axe ad esempio ricalcano la terminologia del gioco del calcio, si va da una fase di Orientation al First match, la partita che accompagna gli aspiranti affiliati al cospetto del Priest e del Chama. La prima, forse, di una serie di Play Hit, omicidi d’onore che permetteranno agli Aye di scalare la gerarchia, e diventare Lord. In una stanza dove sono disposte sette candele, numero caro al gruppo, che disegnano una bara gli aspiranti Aye vengono picchiati e frustati e devono ingerire il kokoma [7], un mix di erbe e sostanze che si crede capace di ucciderli in caso di tradimento.

«[…] Sotto quel tralcio è morta una ragazza della baraccopoli […] Le correvano dietro due del clan nigeriano NBM. Uno aveva un coltello. Gliel’ha conficcato nella schiena. Forse pensava di impugnare un machete. Forse pensava di essere ad Abuja, o a Benin city. La ragazza si è accasciata, era un rito che si chiama Football match»  (Palmisano, 2019: 14).

Anche l’iniziazione per gli Eiye è violentissima e scandita dal canto del Parrot. Il candidato è accecato e costretto a subire percosse e a prestare giuramento. In caso di tradimento perderà nuovamente la vista come durante il rito. A seguito dell’iniziazione il nuovo fratello ottiene un nuovo nome e apparterrà per sempre al cult, che diventerà di fatto una famiglia. L’elemento di sostentamento economico interno non è da sottovalutare. Gli stessi membri, i padrini, e chiunque lavori per la confraternita deve mantenerla e alimentarla, oltre che lavorare per la sua egemonia.

Il tema della criminalità organizzata legata al cultismo è diventato centrale anche in Europa e in Italia in particolare, a seguito anche all’incremento dei flussi migratori e alla scarsa conoscenza del fenomeno che non ne ha permesso una precoce individuazione, consentendo di fatto ai gruppi “turchi”, come vengono definiti da Cosa Nostra, di stabilire accordi di non belligeranza e collaborazione con le mafie locali.

viaggio-credits-webIl Cultismo in Italia

Nonostante in Nigeria esistano confraternite apertamente ispirate alla Mafia italiana, tra cui Ciao Son e Mafia, in Italia si è registrata la presenza di quattro gruppi principali a partire dai primi anni 2000. La conoscenza delle mafie nigeriane nella penisola è stata tuttavia approfondita dalle autorità solo negli ultimi cinque anni, attraverso tre indagini in particolare che dal 2016 ad oggi hanno portato all’arresto di decine di cultisti e alla scoperta di un fenomeno di stampo mafioso particolarmente radicato e collaborativo con le mafie locali soprattutto in Sicilia.

Eppure, secondo i rapporti della DIA-direzione investigativa antimafia, i primi elementi riconducibili ad un’infiltrazione mafiosa di gruppi nigeriani, risalivano già a diversi anni prima. I primi a occupare la scena pare siano stati i Maphite, sotto le spoglie di un’associazione registrata nella provincia di Bologna; secondo le indagini delle forze dell’ordine il gruppo gestiva affari criminali tra Piemonte ed Emilia Romagna. Anche i Vikings erano noti alle forze dell’ordine già da alcuni rapporti del 2006, mentre nel 2009 sono stati registrati arresti nei confronti di imputati coinvolti nell’organizzazione di spedizioni punitive degli Eiye a Brescia nei confronti dei Black Axe di Verona, sventate da controlli di polizia. Nel 2010 un gruppo afferente agli Eiye ha subìto inoltre condanne dalla Corte di Cassazione proprio per reati afferenti al 416 bis [8]. Scrive la DIA:

«Si tratta di organizzazioni caratterizzate da una rigida struttura verticistica che prevede la presenza di capi internazionali, nazionali e locali, i quali, sebbene gestiscano autonomamente le attività illecite sui territori di specifica influenza, perseguono politiche criminali condivise, mantenendo i contatti operativi con le strutture “madri” presenti in Nigeria» (Rapporto DIA, 2018).

Non solo Europa. Le mafie nigeriane sono presenti nella gestione del traffico di droga in Asia, Europa Russia e Stati Uniti, in Pakistan, India, Cambogia e Malesia. Ad Hong Kong pare siano dedite al riciclaggio di denaro, e naturalmente prostituzione e truffe. Gli enormi profitti vengono tutti convogliati in Nigeria e reinvestiti in settori come l’edilizia in tutto il mondo. Nel 2011, alba dei grandi flussi migratori che avrebbero interessato la penisola dal nord Africa e dalla Libia negli anni futuri, pare persino che l’ambasciata nigeriana abbia trasmesso una nota dai toni preoccupati al nostro Ministero degli Esteri:

«Vorrei attirare la vostra attenzione sull’attività criminale di gruppi nigeriani appartenenti a sette segrete, proibite dal nostro governo: purtroppo i membri di queste sette, che sono riusciti a entrare in Italia, hanno fondato nuovamente l’organizzazione nel vostro territorio con finalità criminali»[9].

Ma già a partire dal 2010 sembra che sul territorio nazionale, in particolare in Sicilia, siano soprattutto due gruppi a contendersi il territorio; si tratta del NBM-Black Axe e della sua costola Supreme Eiye Confraternity. La prima indagine denominata “Black Axe” si aprì a seguito del tentato omicidio di un giovane nigeriano di 25 anni, Don Emeka, che nel gennaio del 2014 venne trovato nei dintorni di Ballarò in un lago di sangue e la fronte squarciata chirurgicamente da un’arma da taglio professionale. Si scoprì che era stata usata un’ascia, il simbolo dei Black Axe. Don Emeka riuscì a sopravvivere ma rimase sfigurato da un marchio indelebile. Il giovane dichiarò di essere stato attaccato dalla confraternita per un suo rifiuto ad affiliarsi; la sua versione venne in parte confermata da Austin John Bull Ewosa, uno dei primi testimoni che dell’ascia nera ha scelto di raccontare tutto due anni dopo l’arresto per il tentato omicidio di Don Emeka, sentendosi tradito e necessitando di protezione dal suo stesso gruppo.

Le autorità investigative compresero immediatamente di avere messo il piede in una fase storica e delicata degli equilibri interni alle confraternite in Italia. Pare infatti dalle testimonianze rese da John Bull che, a seguito dei forti scontri nel nord Italia dei primi anni 2000, la “casa madre” nigeriana dei Black Axe, già presente sul territorio italiano, avesse messo in pausa la cellula italiana bloccandone le attività fino al 2012, quando la Zone Izoduwa [10] venne riattivata da Sixco, un migrante di vecchia data residente in Veneto da molti anni, conosciuto anche come Captain Putin, confermato nel ruolo di Head dal Temple nigeriano il 7 luglio 2013 durante un congresso che riaprì ufficialmente le attività del NBM in Italia e durante il quale vennero iniziati nuovi Aye.

Le autorità italiane si trovarono di fronte ad un fenomeno molto più complesso di quelli che potevano apparire come conflitti interni a gruppi di immigrati e le indagini approfondite rivelarono una situazione già ampiamente infiltrata in particolare nel Forum di Palermo, dove Black Axe e Eiye sembravano avere stabilito accordi di non belligeranza e di collaborazione con i colleghi di Cosa Nostra al fine di spartirsi le attività e non causarsi vicendevolmente problemi nella zona di Ballarò.

La collaborazione con le Mafie locali è forse il punto di forza principale dei cultisti che in questo modo non solo si garantiscono la libertà di operare senza troppi nemici, ma di consolidare fette di mercato a uso esclusivo, a discapito di altri gruppi criminali meno organizzati, come hanno dimostrato le inchieste relative allo spaccio di hashish in Puglia organizzato in sinergia tra alcuni esponenti della Sacra Corona Unita e l’NBM [11].

Nel 2016 si chiuse quindi l’operazione “Black Axe”, la prima in cui un tribunale italiano ha trattato gli avvenimenti come afferenti ad un caso di mafia, condannando in seguito gli imputati per associazione a delinquere di stampo mafioso [12].

manifestazione-anti-cultism-credits-webNella primavera del 2019 si è conclusa la seconda operazione anti-mafia nigeriana, denominata “No fly zone”, aperta sulla base delle testimonianze di una donna vittima di sfruttamento sessuale che ha scoperchiato la cupola di un’altra cellula mafiosa, questa volta appartenente alla confraternita degli Eiye, che sempre nei dintorni di Palermo gestiva una fitta rete di traffici illegali, dalla prostituzione allo spaccio. Le microspie delle forze dell’ordine permisero di registrare per la prima volta il rituale di affiliazione e le formule recitate dall’aspirante Bird, evidenziando il valore e la potenza degli elementi rituali nel sistema di affiliazione e fidelizzazione dei membri.

Infine, a luglio 2019 si è chiusa la terza e ultima operazione denominata “Disconnection Zone” che ha portato all’arresto di decine di cittadini e cittadine nigeriani con l’accusa di sfruttamento della prostituzione e associazione a delinquere di stampo mafioso. Tra gli arrestati con l’accusa di affiliazione mafiosa c’era anche una vecchia conoscenza degli investigatori siciliani, Don Emeka.

Gli ultimi rapporti della DIA parlano chiaro. Le organizzazioni cultiste ad oggi sono considerate gruppi criminali operativi a livello transazionale che lavorano sul territorio in accordo con le altre organizzazioni criminali. Sono gerarchiche e altamente strutturate. Si servono di un linguaggio simbolico e di un codice che permette ai membri di riconoscersi gli uni con gli altri. Hanno il proprio traffico e i propri confini che se non rispettati possono causare lotte violentissime; i cultist si occupano di spaccio, traffico di esseri umani, tratta ai fini di sfruttamento, truffe e falsificazione di denaro. Per aderire al culto si viene introdotti da un membro o a volte costretti per saldare un debito.

La crisi in Libia e il traffico di esseri umani hanno permesso alle confraternite di consolidare nuovi sentieri commerciali attraverso cui fare transitare merci di vario genere; lungo le rotte del deserto ad esempio viaggiano sia le donne destinate allo sfruttamento sessuale, sia gli uomini reclutati per l’accattonaggio, sia i corrieri per trasportare droga a basso costo. Le connection houses in Libia inoltre sono perfetti campi di addestramento per giovani reclute che devono imparare a gestire la violenza, l’autorità, il controllo e gli stupri; luoghi adatti per disumanizzare le vittime e per piegarle allo sfruttamento con il terrore e la violenza. Attraverso i luoghi di transito inoltre, gli sfruttatori comprano, vendono e scambiano merci e persone, come in un orribile mercato alle porte dell’Europa. Merce preziosa, ma non troppo, data la grande disponibilità, tanto da metterla a rischio facendola transitare nel Mediterraneo senza eccessive formule di garanzia.

Una volta in Italia i migranti entrati irregolarmente e richiedenti asilo ospiti nei grossi centri di accoglienza con il destino in sospeso per lunghi mesi, continuano ad essere il target ideale per il reclutamento e per realizzare servizi semplici ma redditizi.

«I ghetti rappresentano un vantaggio per almeno tre motivi: 1. Difficile (e incomprensibile) che vi entrino le associazioni antitratta; 2. Sono controllabili da parte dei sistemi di sfruttamento e dei sistemi criminali tradizionali; 3. Sono perfetti per l’esercizio della prostituzione, per la conduzione delle ragazze per strada, per l’esercizio della violenza su di esse » (Palmisano, 2019: 206).

Non tutti però sono destinati al reclutamento, spesso anche forzato, molti sono impiegati semplicemente per sbrigare lavoretti rischiosi la cui collaborazione può terminare una volta concluso quanto richiesto senza nessun legame di dipendenza ulteriore. Ad esempio, può essere incaricata la consegna di merce da un lato all’altro del paese, o lo spaccio di stupefacenti, oppure il prestito di una carta di credito per fare transitare denaro dall’Europa senza rischiare di essere intercettati.

La chiusura della terza operazione sembrava avere decapitato efficacemente le organizzazioni operative sul territorio. Ma il 7 ottobre 2019, pochi mesi dopo la reclusione, Don Emeka accusa un malore nel carcere Pagliarelli di Palermo e muore in circostanze poco chiare; le autorità dispongono l’autopsia perché esiste il concreto sospetto che non si tratti di una morte accidentale.

Dialoghi Mediterranei, n. 40, novembre 2019
Note
[1] Re nella società Yoruba.
[2] Dichiarazione del premio Nobel Wole Soyinka rispetto agli obbiettivi che lo avevano mosso a fondare la confraternita dei Sea Dog.
[3] Il Decreto Governativo “Secret cult and Secret Society Prohibition Bill” del 2011 vieta l’associazionismo cultista e punisce i trasgressori con 10 anni di reclusione. 5 anni di reclusione sono previsti per chi invece nasconde o sostiene a sua volta membri cultisti pur non essendo direttamente coinvolto. I membri che invece volessero spontaneamente uscire dalle organizzazioni non saranno perseguiti.
[4] Testimonianza intercettata nel corso dell’operazione “No fly zone”.
[5] African Youth Empowerment, membri della confraternita NBM-Black Axe.
[6] Chi deve pagare il prezzo Nbm-Black Axe, nessun prezzo nessun saldo Pyrats-Seadog, ciò che riguarda un confratello riguarda tutti i confratelli Klansmen, nessun amico nessun nemico Eiye.
[7] Bevanda contenente vari ingredienti e droghe come erba, noce di cola, foglia di zobo, pepe di alligatore, panadol. È preparato dal Priest e utilizzato all’inizio del giuramento dei nuovi membri. Se il membro iniziato dovesse tradire NBM, si pensa che Kokoma possa ucciderlo. La leggenda di NBM narra inoltre che un certo Charles Kokoma fu uno dei fondatori di NBM che tradì il “movimento” e fu poi decapitato dagli altri. Pertanto la decapitazione è oggi vista come la punizione appropriata per chi tradisce il “movimento” e ne viola i segreti.
[8] Reato di associazione per delinquere di stampo mafioso.
[9] Mafia nigeriana: il patto con Cosa nostra, agguati con l’ascia e sangue bevuto.  A Palermo prima inchiesta sulla Cosa nera, in Fatto Quotidiano, 19 ottobre 201. Consultato in data 10/09/2019
[10] Nome con cui viene definita la Zone Italia.
[11] Il giornalista Palmisano descrive nelle sue inchieste la collaborazione tra la famiglia pugliese Romito e la Black Axe. NBM pare utilizzi il cache proveniente dallo sfruttamento della prostituzione in strada per acquistare partite di droga che i Romito si fanno arrivare dall’Albania, e piazzarla sul mercato, utilizzando le donne sfruttate come vedette.
[12]https://www.poliziadistato.it/articolo/161558354a46ec73f934586420; https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/05/21/mafia-nigeriana-a-palermo-le-prime-condanne-per-cosa-nera-87-anni-per-14-affiliati-alla-black-axe/4371337/
Riferimenti bibliografici
DIA, Relazione semestrale 2018: pag. 1955.
Kpangban E., Umudhe S, Ajaja O. P., The menace of Secret Cultis in Higher Educational Institutions in Nigeria, Delta State University, Abraka, Nigeria:2017.
Palmisano L.,  Ascia Nera-la brutale intelligenza della mafia nigeriana, Fandango, Roma: 2019.
Pipitone G., Bellina F., Sputi, botte e frustrate: il BUSCETTA NERO racconta riti e crimini della mafia nigeriana, in Fq MillenniuM, Novembre 2018.
Portanova M., Una mafia globale nel flusso dei migranti proprio come Cosa Nostra, in Fq MillenniuM, Novembre 2018.
Preghafi A., Cultism and the law in Nigeria, Accademia.edu
Tobechukwo E.N., Igbinoba A., The media and cultism in International journal n.6 maggio 2007
SITOGRAFIA
https://www.vanguardngr.com/2015/08/cultism-corruption-and-politicans/
https://www.open.online/2019/07/19/mafia-nigeriana-maxi-blitz-al-nord-cosa-sono-i-maphite-e-la-bibbia-verde
https://www.tpi.it/news/mafia-nigeriana-italia-20190219239039/
http://m.espresso.repubblica.it/opinioni/l-antitaliano/2019/05/06/news/le-cosche-venutedall-africa-nera-1.334314
https://news.vice.com/en_ca/article/kzgnxy/the-mafia-and-a-nigerian-gang-are-targeting-refugees-in-sicily
https://www.ilsicilia.it/mafia-nigeriana-giallo-sul-testimone-chiave-muore-in-circostanze-sospette/
https://newsicilia.it/cronaca/operazione-disconnection-zone-nigeriani-al-potere-mafia-droga-e-prostituzione-nelle-loro-mani-video/440309
https://www.blogsicilia.it/palermo/il-rito-diniziazione-con-botte-lacrime-e-sangue-ecco-come-si-entra-nella-mafia-nigeriana-video/478180/
https://www.linkedin.com/pulse/mafia-nigeriana-e-associazioni-cultiste-breve-storia-relazioni
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/05/21/mafia-nigeriana-a-palermo-le-prime-condanne-per-cosa-nera-87-anni-per-14-affiliati-alla-black-axe/4371337/
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Lisa Regina Nicoli, antropologa e ricercatrice esperta di religioni afro-brasiliane e afro-caraibiche, si occupa dello studio delle culture e tradizioni di matrice africana, con focus specifico sulle religioni Vodoun. Da dieci anni si occupa di migrazioni internazionali, della tratta ai fini dello sfruttamento sessuale e dei sistemi di accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati.

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