di Elio Rindone
Nel 1632 Galileo Galilei pubblica con questo titolo un trattato in cui mette a confronto due visioni del mondo: quella tolemaica e quella copernicana. La difesa della teoria tolemaica è affidata a un personaggio che fonda le sue convinzioni sull’autorità di Aristotele, mentre il personaggio che sostiene la concezione copernicana basa le proprie sull’esperienza e sul ragionamento.
Anche oggi si scontrano due visioni del mondo, che non riguardano però il campo dell’astronomia ma quello della politica, e cioè l’invasione russa, nel 2022, dell’Ucraina, che ha subito ricevuto il sostegno della NATO. Nella maggioranza dei casi l’opinione pubblica, come accade di solito, ha cieca fiducia, in maniera più o meno inconsapevole, nell’autorità, che oggi non è più quella di Aristotele ma quella della Televisione. A questo atteggiamento, che definirei dommatico, si contrappone una minoranza, che non accetta verità precostituite e che assume un atteggiamento scettico, nel senso originario del termine: è, cioè, pronta a mettere in dubbio le versioni ufficiali, va alla ricerca di fonti d’informazione comunemente censurate, prende in considerazione una tesi soltanto se sostenuta da fatti accertati e da argomenti razionali.
Avendo assistito spesso a vivaci discussioni su questo tema, oggi così caldo, mi è venuta l’idea di ricostruire un dialogo immaginario tra due amici, che ovviamente chiamerò il Dommatico e lo Scettico, che incarnano queste due opposte posizioni, perché credo che ciò possa aiutarci a riflettere sugli errori in cui forse cadiamo anche noi.
- D. Questo Putin è davvero un criminale! La Russia, con la sua politica espansionistica, è veramente un pericolo per l’Europa. Stavamo così bene noi! Dalla fine della seconda guerra mondiale, eravamo un continente pacifico, e ora dal 2022, con l’invasione dell’Ucraina, scorre di nuovo il sangue nella nostra Europa.
- S. Hai ragione, caro amico: l’invasione russa dell’Ucraina è assolutamente da condannare. E ti dico subito che ho una pessima opinione del regime putiniano: anche una democrazia mal ridotta è per me preferibile a un’efficiente autocrazia. Però, devo essere sincero, non sarei così sicuro nell’affermare che per più di un settantennio l’Europa non abbia conosciuto guerre.
- D. Ma che dici? Che non ci siano state guerre, non solo lo ricordo bene io, ma lo scrive anche uno studioso qualificato come Parsi, che attribuisce a Putin, cito le sue parole, «una responsabilità gravissima», appunto quella di «avere riportato la guerra in Europa». Infatti, i popoli europei che per secoli si sono combattuti, ora «attraverso la testarda edificazione di una famiglia di democrazie» hanno scoperto la loro fratellanza, così che è diventato «il posto della pace quello che era stato per secoli il posto della guerra» [1].
- S. Non mi fa certo piacere mettere in discussione la bontà della tua memoria, e ancor meno l’autorevolezza del nostro Vittorio Emanuele Parsi. Però, contra factum non valet argumentum, come dicevano i latini. I fatti sono fatti, caro mio, e non si possono ignorare! Ed è un fatto che la disgregazione della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, tra il 1991 e il 2001, si concretizzò attraverso una serie di conflitti armati tra le diverse popolazioni balcaniche, con crimini di guerra, operazioni di pulizia etnica e bombardamenti della NATO, che ne fecero la più importante e sanguinosa guerra nel vecchio continente dalla fine della Seconda guerra mondiale. O vogliamo negare che i Balcani siano in Europa?
- D. E va bene, questa guerra ci sarà stata, ma non potrai negare che ora Putin, con l’invasione dell’Ucraina, ha iniziato…
- S. Ha iniziato che cosa? Ho già detto, e te lo ripeto, che condanno l’aggressione russa dell’Ucraina. Ma ti chiedo: sei sicuro che tutto è iniziato nel febbraio del 2022, e sei sicuro che lo slogan, urlato in maniera assordante, dai nostri mezzi d’informazione ‘c’è un aggressore e un aggredito’ offra una visione adeguata della realtà? Forse è un po’ troppo semplicistica la conclusione che ne deriva: ci sono i buoni, gli aggrediti, e i cattivi, gli aggressori; e noi, guarda caso, siamo sempre dalla parte dei buoni. Sarai d’accordo anche tu che un evento non può essere isolato da quanto lo precede, altrimenti ne risulterebbe una visione distorta. Lo studio della storia serve proprio a questo: se non venissero collegati l’uno all’altro, i fatti risulterebbero incomprensibili. Si capirebbe, per esempio, perché Napoleone è morto in esilio nell’isola di S. Elena, nell’oceano Atlantico, se non si conoscessero gli avvenimenti precedenti?
- D. Va be’, allora per parlare di ciò che accade oggi dobbiamo partire da Napoleone, e perché non da Giulio Cesare o, meglio, da Adamo ed Eva?
- S. No, forse non è necessario risalire ad Adamo ed Eva, ma almeno al 2014, o meglio al 1990, sì!
- D. E perché addirittura al 1990? Ricordo bene che in quegli anni c’è stata la riunificazione della Germania: ma tutto questo cosa c’entra con l’Ucraina?
- S. Ecco: con la riunificazione tedesca, l’Unione Sovietica perde il controllo della Germania orientale, che sino ad allora era stata sotto il suo potere. Non è ovvio che chieda garanzie che l’Occidente non estenda la sua influenza sui Paesi che restano nell’orbita dell’influenza russa? La trattativa giunge a un punto cruciale con l’incontro del 10 febbraio 1990, a Mosca, tra Kohl e Gorbaciov, quando il leader tedesco ottiene l’assenso sovietico alla riunificazione della Germania, che per intero ora fa parte della NATO, proprio a patto che la NATO non si espanda a est. Più volte viene data l’assicurazione: nessuna espansione della NATO “nemmeno un pollice verso est”, e anzi si prospetta una possibile futura integrazione dell’Unione Sovietica in Europa. Tutto ciò è provato dai documenti declassificati statunitensi, sovietici, tedeschi, britannici e francesi, pubblicati il 12 dicembre 2017 dal National Security Archive presso la George Washington University (http://nsarchive.gwu.edu).
- D. E la Russia si è fidata di queste promesse? Ma non lo sappiamo tutti che i politici prendono le loro decisioni basandosi non sulle regole morali ma sugli interessi del proprio Paese? E se la NATO aveva la possibilità di estendere la propria influenza allargandosi a Oriente, doveva rinunciarci per non venir meno alle promesse fatte? Non siamo ingenui: in politica, il più forte ha sempre ragione.
- S. D’accordo: in politica il criterio ultimo è, di fatto, quello della forza. Ma ciò significa che dobbiamo accettare tutto questo? Allora sarebbe inutile elaborare un diritto internazionale, fondare organismi come l’ONU, porre delle regole, per esempio quella che stabilisce che i patti vanno rispettati. In tal caso, il più forte potrebbe attaccare un Paese più debole, e l’invasione dell’Ucraina non sarebbe più condannabile.
- D. Ma invece è condannabile perché Putin ha sbagliato i suoi calcoli: credeva che l’Ucraina fosse debole, e invece, sostenuta dai Paesi della NATO, gli sta dando filo da torcere. Se si invade uno Stato sovrano, o gli si vieta di stringere alleanze con chi vuole, se ne pagano le conseguenze. A quell’atto di prepotenza, si risponde con un atto di forza più che giustificato.
- S. Anch’io prima pensavo che quella della Russia fosse un’aggressione ingiustificata, ma poi mi sono chiesto: se gli Stati Uniti si fossero sentiti minacciati da una potenza ostile, non avrebbero reagito? E mi sono ricordato che nel 1962, quando l’Unione Sovietica ha piazzato missili nucleari a Cuba, gli USA hanno imposto una quarantena navale e minacciato la guerra se i russi non avessero rimosso quei missili. Non è, allora, comprensibile che la Russia si senta minacciata, dal momento che il patto di Varsavia è stato sciolto mentre la NATO si è estesa sino ai confini della Russia?
- D. La differenza, però, è evidente: gli Stati Uniti non hanno iniziato una guerra, la Russia sì!
- S. Allora, primo: siamo d’accordo che l’invasione dell’Ucraina non è stata frutto di una politica espansionistica ma della volontà di difendersi da un’estensione della NATO, sentita come una minaccia. E siamo d’accordo che, se gli Stati Uniti hanno il diritto di dire: non vogliamo missili a Cuba, la Russia ha il diritto di dire: non vogliamo missili in Ucraina, perché questa sarebbe la conseguenza del suo ingresso nella NATO. Secondo: ripeto ancora una volta che sono favorevole alle iniziative diplomatiche e contrario a quelle militari. Il punto che resta da verificare, allora, è questo: la Russia è entrata in guerra senza tentare prima alcuna trattativa? Che tu sappia, c’è stato subito e soltanto il ricorso alle armi?
- D. La TV non ha mai parlato di trattative, ma solo di aggressione armata!
- S. Ma se l’ha detto la TV, allora, mi permetto di suggerire, è proprio un falso! Bada che ci sono due modi per disinformare: come ricorda, tra gli altri, Paolo Ferrero, «non tutta la manipolazione dell’opinione pubblica passa attraverso bugie. Sovente basta il non detto» [2]. Nel nostro caso, sono numerosi i fatti taciuti dai nostri mezzi d’informazione: in particolare, non si dice che in realtà la Russia ha fatto più di un tentativo per evitare che si arrivasse alla guerra. A cominciare proprio dalla data che avevo già ricordato prima: il 2014. In quell’anno – scelgo una tra le varie fonti ovviamente ignorate dalle nostre reti televisive, quella di Jeffrey Sachs, saggista statunitense, che ha insegnato per anni alla Columbia University di New York, una delle università più prestigiose del mondo – il presidente ucraino Viktor Yanukovych, filo russo, viene rovesciato con la complicità degli USA e sostituito da Petro Porošenko, filo occidentale, che ben presto ribadisce l’intenzione di Kiev di entrare nella NATO. A questo punto le regioni ucraine del Donbas, a maggioranza russofona, cominciano a ribellarsi in modo violento, sostenute dalla Russia, e si arriva a una vera e propria guerra civile: infatti «nei mesi e negli anni successivi, il governo di Kiev ha lanciato una campagna militare per riconquistare le regioni secessioniste, impiegando unità paramilitari neonaziste e armi statunitensi» [3].
- D. Ecco, vedi: già nel 2014 la Russia interviene in Ucraina!
- S. Sì, ma già prima gli USA avevano collaborato alla caduta di Yanukovych. Comunque è allora corretto riconoscere che il conflitto è iniziato non nel 2022 ma nel 2014. In ogni caso, prosegue Sachs, «Putin ha chiesto ripetutamente una pace negoziata, che ha portato all’accordo di Minsk II nel febbraio 2015, basato sull’autonomia del Donbas e sulla fine della violenza da entrambe le parti». Ebbene, «Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approvò l’accordo di Minsk II», ma ciononostante, ancora una volta, gli Stati Uniti non hanno rispettato gli accordi e hanno continuato ad armare l’Ucraina.
- D. Se accettava il sostegno militare degli USA, vuol dire che l’Ucraina non si sentiva sicura. Bulgaria, Romania, Polonia, per esempio, sono entrate nella NATO, che ha sempre rispettato, come si legge nel sito della stessa organizzazione, le regole del diritto internazionale. Perché tale ingresso dovrebbe essere proibito all’Ucraina?
- S. Anche questa volta la mia risposta è duplice. La prima: consultare il sito della NATO per sapere se essa agisce sempre nell’ambito della legalità mi pare come chiedere a un oste se il suo vino è buono. Io consiglierei di cercare voci terze, come quella di uno studioso apprezzato, Daniele Ganser, fondatore e direttore dell’Istituto Svizzero per la Ricerca sulla Pace e l’Energia, che tra i tanti casi possibili ne sceglie 13 in cui dimostra, con un’analisi accurata dei fatti, che la NATO ha sistematicamente sabotato le regole delle Nazioni Unite [4]. La seconda risposta: proprio perché si sente già accerchiata ai suoi confini, la Russia non è disposta ad accettare che il cerchio si chiuda con l’ingresso dell’Ucraina nella NATO. Perciò ancora nel 2021 ha tentato la via diplomatica. «Il 15 dicembre 2021 – scrive ancora Sachs – Putin ha messo sul tavolo una bozza di Trattato tra gli Stati Uniti d’America e la Federazione Russa sulle garanzie di sicurezza», che prevedeva «la fine del tentativo statunitense di espandere la NATO all’Ucraina». Ma gli USA rifiutarono la proposta, sostenendo che «l’allargamento della NATO all’Ucraina non era affare della Russia!». E tutto ciò è stato addirittura confermato, davanti alla Commissione Affari Esteri del Parlamento Europeo (7/9/2023), dal Segretario Generale della Nato, Jens Stoltenberg (che già in precedenza aveva ammesso che la NATO addestra e arma gli ucraini per combattere i russi fin dal 2014): il Presidente Putin «voleva che firmassimo quella promessa, di non allargare mai la Nato. … Abbiamo rifiutato. Così è entrato in guerra per impedire che la Nato, ancora più Nato, si avvicinasse ai suoi confini. Ha ottenuto l’esatto contrario» [5].
- D. Giusto: l’allargamento della NATO non è affare della Russia!
- S. Ah no! Su questo ti ricordo che eravamo d’accordo: se gli Stati Uniti hanno il diritto di dire non vogliamo missili a Cuba, la Russia ha il diritto di dire non vogliamo missili in Ucraina. E le parole di Stoltenberg provano che la Russia non voleva fare una politica espansionistica ma voleva solo evitare l’accerchiamento. La questione che stiamo ora esaminando è: la Russia ha provato a trattare per evitare la guerra? E la risposta è sì, e non solo nel 2015 e nel 2021, ma anche nel 2022! Riporto, ancora una volta, le parole di Sachs: l’ultima «offerta di Putin di negoziare è arrivata nel marzo 2022, quando la Russia e l’Ucraina hanno quasi concluso un accordo di pace poche settimane dopo l’inizio dell’operazione militare speciale della Russia, iniziata il 24 febbraio 2022». La Russia, ancora una volta, chiedeva la neutralità dell’Ucraina, e il Presidente Zelensky «accettò rapidamente la neutralità dell’Ucraina, e Ucraina e Russia si scambiarono i documenti, con l’abile mediazione del Ministero degli Esteri della Turchia. Poi, improvvisamente, alla fine di marzo, l’Ucraina ha abbandonato i negoziati». Come mai? Perché «il primo ministro britannico Boris Johnson, […] è volato a Kiev per mettere in guardia Zelensky»: nessuna neutralità dell’Ucraina e sconfitta della Russia «sul campo di battaglia».
- D. Beh, se effettivamente la guerra Russia-Ucraina è stata la conseguenza di un ripetuto rifiuto occidentale di una soluzione diplomatica, riconosco che bisogna evitare gli slogan semplicistici, informarsi meglio e riflettere a lungo. Non si possono esprimere troppo facilmente giudizi perentori!
- S. Esatto: la realtà è più complessa di come è raccontata. Ti confesso che, per tanti anni, anch’io sono stato convinto di avere sufficienti informazioni per esprimere giudizi in campo politico. Ma ora sono arrivato a una posizione socratica: so di non sapere, e perciò non faccio mie le tesi propinate dai media, ma ascolto chi merita fiducia per la sua competenza. Se sono ammalato, infatti, non cerco rimedi su internet ma mi rivolgo a un esperto, un buon medico; ugualmente, se devo costruire una casa, cerco un esperto, un buon ingegnere. E in campo politico, invece, siamo tutti sicuri delle nostre idee basandoci su giornali e TV? Nei Paesi occidentali, se c’è ancora posto per le tesi minoritarie, la voce che si impone è però una sola: come ricorda il già citato Abelow, «nelle democrazie, le élites non possono attuare i loro obiettivi con un colpo di mano autoritario. Al contrario, usano il loro enorme potere per manipolare l’opinione pubblica, creando un consenso artificiale a sostegno delle politiche scelte».
- D. Effettivamente l’esempio del medico e dell’ingegnere mi sembra convincente.
-S E allora dobbiamo avere il coraggio di mettere in discussione le nostre certezze e cercare dei buoni maestri in un campo, quello politico, che non è affatto più semplice della medicina e dell’ingegneria.
- D. E ti sarò grato se vorrai consigliarmi testi composti da autentici studiosi delle questioni geopolitiche.
- S. Lo farò con piacere. Intanto, in conclusione, vorrei offrirti un ultimo spunto di riflessione. Si tratta di un’ipotesi: forse la guerra in corso, più che un conflitto tra la Russia e l’Ucraina, è uno scontro tra la Russia e gli Stati Uniti, a cui si accoda l’Europa, e con un terzo protagonista, la Cina. La vera posta in gioco non è il controllo del Donbas ma l’egemonia mondiale.
- D. Ipotesi sostenuta da studiosi di valore?
- S. Ce ne sono diversi, ma mi limito a riportare le parole, non particolarmente ottimistiche, di Lucio Caracciolo, che addirittura rimpiange lo scenario della guerra fredda. Ecco le sue parole: «Non abbiamo capito che la guerra fredda non era affatto paradigma negativo. Era l’unico equilibrio possibile per evitare la guerra calda che avrebbe distrutto l’Europa, sterminato noi europei e dilagato nel pianeta. […] Nella superiore disputa Usa-Cina-Russia gli europei non hanno voce, al massimo sussurrano a orecchi poco ricettivi» [6]. E, prosegue Caracciolo, è la crisi dell’impero americano che è all’origine «della competizione geopolitica in corso, destinata a ridisegnare le carte del continente e del mondo. Posta in gioco, la gerarchia globale delle potenze. […] La competizione è ormai al grado bellico (Russia contro Usa in Ucraina) o vi è vicina (Cina contro Usa per Taiwan). […] A rischio di degenerare in guerra mondiale fuori tutto, in cui tutti potremmo finire fatti fuori. Quella sì incontestabile fine della storia. Perfettamente evitabile. Non per molto tempo ancora».
Dialoghi Mediterranei, n. 71, gennaio 2025
Note
[1] Vittorio Emanuele Parsi, Il posto della guerra e il costo della libertà, Bompiani 2022.
[2] Paolo Ferrero, Due anni di guerra tra Russia e Ucraina: così i nostri governanti mentono e distorcono la realtà, in Blog, Il Fatto Quotidiano, 24/2/2024.
[3] Jeffrey Sachs, Una fine pacifica della guerra in Ucraina?, 21/6/2024, https://serenoregis.org/2024/06/21/una-fine-pacifica-della-guerra-in-ucraina/.
[4] Vedi: Daniele Ganser, Le guerre illegali della Nato, Fazi 2022. È vero che nessuno dei membri della NATO è stato mai accusato di agire illegalmente, ma il motivo, sostiene Ganser, è la loro straordinaria potenza: “per l’attacco illegale all’Iraq nel 2003 la CPI [Corte Penale Internazionale] dovrebbe incriminare come responsabili George W. Bush, Dick Cheney, Donald Rumsfeld, Colin Powell e Tony Blair, accusandoli del crimine di aggressione. Ma la CPI non osa rivolgersi contro i paesi della NATO, perché sono troppo potenti”.
[5] Benjamin Abelow, “È stata la Nato”: e lo dice la Nato, Il Fatto Quotidiano, 8/10/2023. Questa è una delle tante fonti che riportano le parole di Stoltenberg. Parole che provano che l’invasione russa dell’Ucraina non è motivata da mire espansionistiche ma dall’esigenza di evitare l’accerchiamento della NATO, tanto che Abelow può concludere: «l’invasione russa dell’Ucraina non apparirà come la sfrenata mira espansionistica di un malvagio leader russo, bensì come una reazione violenta e distruttiva alle sconsiderate politiche occidentali». L’intervento di Stoltenberg è consultabile in rete: https://www.nato.int/cps/en/natohq/opinions_218172.htm
[6] Lucio Caracciolo, La pace è finita. Così ricomincia la storia in Europa, Feltrinelli 2022.
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Elio Rindone, docente di storia e filosofia in un liceo classico di Roma, oggi in pensione, ha coltivato anche gli studi teologici, conseguendo il baccellierato in teologia presso la Pontificia Università Lateranense. Per tre anni ha condotto un lavoro di ricerca sul pensiero antico e medievale in Olanda presso l’Università Cattolica di Nijmegen. Da venticinque anni organizza una “Settimana di filosofia per… non filosofi”. Ha diverse pubblicazioni, l’ultima delle quali è il volume collettaneo Democrazia. Analisi storico-filosofica di un modello politico controverso (2016). È autore di diversi articoli e contributi su “Aquinas”, “Rivista internazionale di filosofia”, “Critica liberale”, “Il Tetto”, “Libero pensiero”.
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