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Paolo Emilio Carapezza. Su quando e come il manifestarsi e dare frutti poi il suo talento

Paolo Emilio Carapezza

Paolo Emilio Carapezza

di Antonietta Iolanda Lima 

So del suo ingegno da tempo volato nel mondo dando semi e germogli. Ne deriva senza dubbio alcuno l’avere di lui piena conoscenza di una biografia integrata di opere e vita. Il tempo storico dunque in cui le date sono fondamentali. Ma non le escludo da queste mie riflessioni traendone alcune che ritengo fondamentali al fine di dare forza connettiva al perché del suo così magnificamente essere.

Carismatica l’intera figura. Alta e magra, viso oblungo, guance incavate, mascella forte, fronte spaziosa e riccioli d’argento che un vento gentile sembra tenere in continuo scompiglio. Grandi e intensamente neri un tempo quando ti scavavano dentro, ora come spilli gli occhi. Ma come allora ti penetrano, e la voce di Paolo Emilio in un dire che sonoro e chiaro con alti e bassi declina, improvvisamente squillando come la bella musica, e con il meno che in certi musici é più (Buchner 1989). Molteplice come la natura e come essa privo di fronzoli, vi sento con la forza della cultura il lavorio dello ‘spirito’, attuandosi in lui quella necessaria e mirabile fusione di en e pan di cui parlavano Hölderlin ed Hegel al concludersi del Settecento, a distanza di due decenni titolo che Aurelio Pes dà a una nuova rivista: “En Kai Pan”.

Luciano Carapezza, 1783, Governatore della Baronia delle Petralie

Paolo Emilio Carapezza, opera del pittore georgiano David Pataraia, 2010

C’è un grande dipinto in una parete della casa. È del 1787. Raffigura don Luciano Carapezza, governatore delle baronie delle Petralie, suo antenato, ed è talmente somigliante il volto a quello di Paolo Emilio giovane da rimandare all’imprevedibile implicito nel formarsi dentro il protettivo guscio della madre. E attinge e intreccia e ri-compone come poi avverrà, compiendosi il suo fare in un atto creativo – la nascita di una vita nuova – talmente meraviglioso da farci pensare all’Assoluto.

Seduti attorno al tavolo bianco e tondo. Leggiamo e sentiamo del silenzio il suono che man mano cresce ed improvviso uscendo in un fragore così bello da trasportarmi a certi fiori. E ricordo: ‘guardami’ mi dice la rosa ‘e se di me ti innamori devi saperlo fare’. Il come quindi, questa parolina piccola, breve, frugale e ricca di pieno. Familiarizzarsi occorre, diceva libero nel cielo Antoine Saint-Exupery (1958).

Paolo Emilio Carapezza, di pochi mesi

Paolo Emilio Carapezza, di pochi mesi

E questo familiarizzarsi in lui bambino si andava costituendo nell’entrare con Marcello in alberi acque monti colline, o quando dai nove anni in su studiava musica a essa mescolando della natura il bello. Con gli alberi dialoga nella folta pineta del seicentesco convento dei Riformati che domina Petralia dall’alto, con sguardo alle alte cime delle Madonie, e perpetuandosi il passeggiare in esso tra i quattordici e i diciassette anni e sino agli ottanta si apparenta con il rito, e dei gelsi di Margi ciascuno della sua articolata famiglia ne é ‘proprietario’. 

«Tramonta il sole dietro gli alti monti,
gli alberi sommi e le nuvole indora;
la valle dell’Imera trascolora,
fluisce l’acqua sotto antichi ponti.
E il fiume di mia vita scorre ancora,
lontano assai è ormai dalle sue fonti;
egra vecchiezza più non mi fa sconti,
ma sempre mi consola bella aurora.
Aurora m’è la giovinetta sposa,
che illumina i miei dì mattina e sera,
amorosa gattina e tigre (i)rosa.
Or Marilina dolce or Mara amara:
risplendemi il suo viso più che il sole,
diletta Sulamita del mio cuore».
 
«Come domare la mia bella belva?
Con cento sculacciate e mille baci,
da me rapita in una verde selva:
le belle forme già dai veli sciolte,
la stringo e abbraccio con perenne amore,
che sempre m’arde e mai non si rinselva.
Sempre propizi ci saranno i cieli,
se eterne coveran le nostre braci.
M’è generosa della sua bellezza,
di cure assidue e di furori audaci;
non le ripugna mai la mia vecchiezza.
Felici spesso sono le mie ore:
estasi e gioia dona ella al mio core,
e sempre io l’amo con tutto il mio ardore».
(Paolo Emilio Carapezza, Sonetti, del 2019 entrambi; 18 agosto il primo, 23 il secondo).  
con Mariangela

con Maria Angela

Arte è la musica, e bella essendo fusi in lei forma e sostanza, corpo e anima. Come afferma Wagner di eros potrebbe essere impregnata. Abita la donna. Alcune tra esse, in particolare. Lo sente, lo vede in Maria Angela, l’amata, Paolo Emilio. E gioia è sempre, in un vivere il cui tempo gli ottanta ha oltrepassato senza mai scolorire i fremiti delle «braci». e nonostante la lontananza dal vigore intellettuale degli anni giovinetti fragrante si ripropone la sua primavera intellettuale. E vibra nel suo concentrato muoversi delle mani. E prodigiosa risuona la sua memoria anche quando descrive in tutt’uno con il paesaggio urbano la natura.

Con Maria Angela, 1984

Con Maria Angela, 1984

Accade nella «valle di Canna e Nocara, sulle sponde del Mar Jonio, ricca d’acque, di boschi e d’uliveti, non solo per bellezze di natura, ma anche per la dolce armonia di strutture urbane e società umana. I paesi dell’alta Calabria jonica sono disposti su una sella, o più spesso tutt’attorno al  digradar  d’una  collina, con le  stradine  parallele e concentriche, che docilmente seguono e segnano le curve di livello, con brevi  traverse che le collegano, ma solo l’una  all’altra, senza mai attraversarle: raggi subito interrotti, tratti sfasati, zigzagando distanziati, a romper la furia del vento, della pioggia o del sole, a impedire il  precipizio d’acqua e di rumori, a proteggere, riparare, ombreggiare. Sicché non strade di paese paiono a chi le percorra, ma corridoi di case, e le case stanze di un’unica casa. Chi vi s’incontri si saluta, chi vi s’incontra è prossimo».

Ed ecco ancora due sonetti: del 10 luglio 1982, l’uno; dell’85 l’altro. E come nei precedenti della natura trae la sensualità ed essa diventa voce pregna di ritmo, di armonia:

«Non d’acqua azzurra, ma di verdi foglie
E vene d’argento fresche e chiare,
di fronte acque erbe e fiori silente mare,
dove ardendo mi inoltro: il corpo accoglie
verde erba e sulla rossa; fieno bianco
d’avorio lo sommerge. Ebbro nel giallo
sprofondo di ginestre; né la nera
terra coi piedi, né con gli occhi azzurro
il cielo tocco. In alto mare vivo» …
  
«La luna in cielo tutta tonda appare,
di notte in notte scema e alfin scompare:
filo lucente torna e via via cresce
e piena ancora in ventotto dì esce.
Mariangela dal cielo in terra e in mare
Porta le stelle a sua luna da amare.
Difida e tonda sempre mi riesce,
se lino o seta o lana le rincresce.
Dentro si muta ed in un mese anch’ella
Nasce, fiorisce, cresce, muore e nasce:
rossa, rosata,
bianca e sempre bella.
Ma se fiorita e rosata la pasce
Amor fa in nove lune nova stella;
se bianca e rossa, la luna rinasce». 

La sensualità dunque, di donna e natura.

Per Soeren Kierkegard (1976: 68) «la genialità sensuale» è suo «oggetto assoluto». Appartiene alla passione per Wagner ed è la donna che la passione compiutamente esprime. Legge morale per Platone, ne consegue la coincidenza di etica ed estetica. Al ‘fare’ della mente e alle emozioni dà vita: «ali al pensiero, slancio all’immaginazione, fascino alla tristezza, impulso alla gaiezza», ed è colma di significato cosmico, essendo «anima dell’universo» perché su numeri, su ritmo, su vibrazioni, è costruito il nostro mondo.

Dipinto di Paolo Emilio Carapezza

Dipinto, opera di Paolo Emilio Carapezza

Sensuale la musica nel suo congiungimento di anima e corpo, e quando è ‘grande’ la genialità che la intride ha il «il senso ultimo della vita e della morte» alla radice. La morte simultanea vogliono gli amanti: «prolungare eros mediante thanatos all’infinito. Presentarsi congiunti al cospetto di Dio…». Alla morte, in quella positiva eternizzandosi, «conduce l’eros».

Di questo parla Paolo Emilio il 23 maggio 1975, al Teatro Massimo di Palermo, dicendoci del madrigale rinascimentale italiano e poi traendo dal tempo storico poeti, filosofi, psicanalisti, con la consueta capacità di analisi-scavo-interpretazione, in un dire, chiaro, luminoso, di bellezza tessuto con un interrogativo infine, aperto a una sollecitazione che della musica di don Giovanni deve espandere il senso vitale senza tradire «la condizione di originaria elementare purezza e non di purificazione» con cui si dispiega, realizzata, la sensualità della musica di Mozart (Carapezza: ms., maggio 1975. Si cfr. anche: Idem 1974). Conosciuta e a lungo studiata, l’ha affascinata la sua effervescenza struggente. E non unico ma il solo, come afferma Rossini, un giudizio che condiviso si mantiene nel lungo tempo attraversato dalla musica nei suoi tremila anni di storia, e lo è anche per Paolo Emilio. Il più geniale dei folli lo ritiene Lamberto Maffei (2023: 27).

E la musica? «Unica cosa che so fare», di essa dice Mozart ed è con i suoi suoni che tutto e anche se tesso esprime.

A quattro anni con i genitori

A quattro anni con i genitori

Ha posto regale la musica nella famiglia di Paolo Emilio ed è costume, modo che dall’Ottocento origina quando vien fuori la sua rigogliosa bellezza e sarà il secondo dei suoi maestri ad introdurlo nel suo grande mare. Avviene nel 1957 con Luigi Rognoni di cui diventa assistente, a lui sostituendosi nella cattedra di Storia della Musica nel 1970. Ma anni prima, quando si appresta a spiccare il volo nella adolescenza c’è per lui Marcello Carapezza.

La musica entra nel suo parlare e si prolunga l’una nell’altro. Lo stesso avviene nelle poesie che scrive. Creazione sonora anch’esse, spesso di sensualità vibranti. Fonte e fuoco della vita, anche ora in lui la sento ardere.

Marcello Carapezza

Marcello Carapezza

Fuochi plurimi ardono nelle corde segrete del suo sottosuolo. Marcello Carapezza accende la sua immaginazione e da lui viene la ricchezza del suo nutrimento. Con mente e mani lo intride infondendogli un orizzonte aperto alla ricchezza della sua storia, quello della musica per Paolo Emilio. Dall’antico al contemporaneo con il Rinascimento al vertice. Nessuna cesura tra Umanesimo e Scienza, sicché plurimi i saperi che lo forgiano, e sin da bambino. Curiosità e sete di conoscenza sono cardini del suo essere. Gli abitano nel profondo. Ripetutamente, in molteplici e fertili incontri mi dice che da Marcello gli viene il formarsi di valori e visione, ma penso che senza l’essere pronto ad accogliere questo non sarebbe avvenuto. Non è carta bianca ciò che ci intride appena usciamo alla vita e già vibrano in noi corde segrete spesso permeate di scintille geniali.  

L’11 ottobre del 1937 è il giorno in cui nasce in una famiglia brulicante di vita, e da quel momento inizieranno a generarsi, via via sedimentandosi, i primi germogli di un talento che tanto darà all’universo della cultura.

È da lì che gli giungerà l’amore per tre mirabili valori: natura, arte ellenica, musica, e di essa la rinascimentale soprattutto poi il massimo della creatività per lui. Ne fa parte di questa sua diramata famiglia segnata da un patriarcato amorevole e non coercitivo, fatto oltre che di genitori, da nonni, zii, cugini, anche Marcello. Già nota e apprezzata internazionalmente la sua maestria di scienziato – chimico, geologo, vulcanologo – la difesa degli ecosistemi della natura entra nel suo fare. Camilleri che ne diverrà amico negli anni ’44-’48 ne mette in luce la passione quando ad alta voce declinava di Corinna Mali una poesia tratta da una rivista di Alba de Cespedes.

Paolo Emilio Carapezza

Paolo Emilio Carapezza

A nove anni con il pianoforte la musica inizia in lui radicarsi giungendo ad un evento, improvviso anch’esso come altri tramite e per lui determinante. Una svolta. Il gesuita Calaiò gli fa scoprire il tesoro di un’età che diventa per lui scrigno inesauribile e ammirato dove nel procedere del suo evolversi entra ed esce e ritorna di continuo e «Omero, Saffo, Pindaro, Eschilo, Sofocle, Euripide, e fino ad Ateneo e Limenio» diventano suoi amati compagni. «Musici» li chiama. 

Come in Marcello, non conosce muri la sua visione del mondo. La forgia un mirabile amalgama.

Della sua diramata famiglia Petralia Sottana era il rifugio quando l’orrore di una guerra scellerata senza misericordia alcuna insanguinava il mondo. Andava così piccolissimo ai Margi. E con Marcello che essendo di dodici più grande – (Petralia Sottana, 1928- Palermo 1987) – ne aveva ventiquattro, e già iniziavano a fruttificare gli elementi del suo rigoglioso pensare, e attento ascoltava Paolo Emilio ed entravano in lui e pian piano sedimentando. E prolungandosi nel tempo e spaziando dentro il vasto sapere, abiti toglieva questo ormai grande vulcanologo alle connesse meraviglie del sotto e sopra suolo, delle arti tutte e di ciò che dell’antico sentiva appartenergli per intima corrispondenza.

Con Marcello, a sei anni

Con il fratello Alessandro, a sei anni, il giorno della Prima comunione

In congiunzione astrale diverranno in Paolo Emilio, confrontandosi, contaminandosi, trasformandosi nel farsi di esperienze, alimentate sempre da letture e assorbimenti fertili dai diversi saperi, assi portanti di quel profondo interno che tanto e tanto esprimerà di elevata bellezza. E poi c’è la natura di cui appena qualche cenno ho dato. Srotola del suo tutto in coraggiosa difesa quanto di nefasto compiuto nel paesaggio, che è città territorio ambiente, dal passato e dal presente. Patrimonio è chiamato, e non solo parole ma fatti. Così ricorda Goethe nel suo Faust, «in principio era l’azione». Avviene con il trecentesco Palazzo Chiaromonte – lo Steri – sede dell’Ateneo di Palermo.

Siamo natura e come Marcello lo sa bene Paolo Emilio che da tempo e anche ora, avanti e di molto negli anni, non cessa di pensarla, immaginarla, vederla, sia pure indirettamente oggi percorrerla riconoscendole la sua prodigiosa unicità.

Gli chiedo allora cosa in particolare da quel costituente che la flora ha creato abbia imparato. La bellezza mi risponde, pari a quella della musica e dell’arte tutta, e lei vien fuori dal sonetto. Potrebbe bastare ma a me piace scavare gli interni delle sintesi. Cos’è dunque per Paolo Emilio? So che si infastidirebbe se lo sollecitassi a rispondermi. In questo lui è assoluto. Conoscendolo e frequentandolo da quando eravamo giovani entrambi, provo io a dirlo di che è fatto il pieno della bellezza e anche se in rapido elenco emergono concetti che sono valori:

- la relazione

- la solidarietà

- la capacità di trasformare l’intrusione di un altro in coabitazione

- l’intransigenza nel ricercare il fondamentale perché la vita fiorisca

- la frugalità che è più e mai meno.

Ma dell’altro c’è ancora:

- l’armonia

- l’equilibrio

- il silenzio

- la pace

- l’amore per bene-essere.

 E la fatica anche che vuole impegno e intransigenza sia pure flessibile e passione.

Come per la musica, mi dice. 

Scintille e non poche di follia intridono l’immaginifica creatività di scienziati e artisti e sin dall’antichità. Penso sia conoscenza condivisa che il «Socrate pazzo» – Diogene –, così lo chiamava il grande filosofo, vivesse in una botte e che la prodigiosità di Mozart si sostiene convivesse con pizzichi di autismo o di una sindrome di Tourette» (Maffei 2023). Ma anche per Seneca «non è mai esistito un grande ingegno senza un pizzico di follia». 

Il folle, l’amante, e il poeta
Son tutti fantasia. 

Dice il Teseo di Shakespeare in Sogno di una notte di mezza estate (Atto V, scena I): 

Amanti e folli hanno così fervide
le menti
fecondo immaginare concepisce
più idee che la fredda ragione non intende. 

E Michel Foucault in Storia della follia in età classica (1988) da cui traggo questo significativo rimando, brevemente commentando aggiunge: «Dall’uomo all’uomo vero, il cammino passa attraverso l’uomo folle». ‘Pensatori fantasiosi’ come Albert Einstein voleva che fossero. E chiarendolo così si esprimeva: «Solo coloro che sono abbastanza folli da poter cambiare il mondo lo cambiano davvero».

Ma un ma mi sorge a proposito del folle con un interrogativo. Può dirsi di Paolo Emilio? Lo si può considerare tale solo precisando la singolarità del suo modo di esserlo. Pur in lui, sembrerebbe albergare la cristallina chiarezza cartesiana, la infrange nella musica una irrazionalità, forse a lungo repressa, la infrange creando quelle magnifiche dissonanze così libere e belle quando di essa parla. 

Dipinto di Paolo Emilio Carapezza

Dipinto, opera di Paolo Emilio Carapezza

La ricchezza della letteratura greca lo affascina. La lingua, mi dice, è essa stessa musica. «Passare dal parlato al cantato applicando quello che i Greci chiamavano Nomos (pascolo, nutrimento): questo nutrimento consisteva in un modulo melico che interagiva con la struttura fonematica della lingua. Ecco perché la lingua greca è di per sé musica se si pronuncia come lo si faceva anticamente». «Nella musica comprendi anche i discorsi?»  – chiede Socrate –; «Ma certo!», risponde Glaucone, (Repubblica: libro terzo). Così fa Paolo Emilio che oltre il latino, anche il greco antico parla correntemente. 

Magistrale il suo narrare la musica, denso, e tuttavia limpido e arioso come con Buchner avveniva. Pregno di cultura trasfonde in esso una sapienza antica e moderna. In un intreccio vivo e vitale, colmo di spirituale, seminato, insieme alla forza della grande letteratura, che in filigrana appare.

Intreccio profondamente meditato, che terso e rapido scorre nel suo costituirsi. Colmo di spiritualità alla letteratura lega simboli e miti. E così alta si sente la voce del gran tempo greco. Profondamente lo ama questo tempo, Paolo Emilio, e lo dice con sapienza antica e moderna insieme. E dà emozione e gioia l’incontro con un pensiero anni luce lontano da omologazione e riduzione a disumani algoritmi.

Paolo Emilio carapezza

Paolo Emilio Carapezza, adolescente

Raramente il dire con questo ‘come’ pieno di senso appartiene alla scrittura accademica, spesso auto referenziale, eruditamente prolissa, specializzata nel suo creare argini tra i diversi saperi, povera nel separare cultura umanistica e cultura scientifica. Una narrativa fisica anche, intrisa di quella sensualità, più sopra evidenziata, che nitida fuoriesce dai suoi sonetti. 

Ventunenne frequenta l’università con il fine di studiare l’arte ellenica e i suoi miti e si diploma al Conservatorio in contrappunto e armonia. Con Antonio Titone nel 1963 fonda “Collage”, rivista internazionale di nuova musica e arti visive contemporanee, e per tre anni ne è il direttore. Tecnico laureato nel’67, lunghi soggiorni in Polonia. Conosce Michal Bristiger. La sua grandezza lo ammalia. Diventa suo maestro, mantenendosi in lui presenza costante.

«Quest’incontro fu un evento capitale e decisivo per lo sviluppo delle mie capacità scientifiche e didattiche, ma soprattutto per l’intera mia vita; trovai infatti in lui non solo un maestro autorevole, sapiente e saggio, ma anche un grande amico: la sua casa divenne per me un porto sicuro e l’approdo più gradito di tanti viaggi, e la Polonia una seconda patria… Memorabili i suoi corsi sulla teoria e l’analisi della musica, sul teatro musicale del Novecento», e di esse racconta Paolo Emilio dicendo dell’«intenso flusso di musiche e musici che si genera tra Palermo e Varsavia, e viceversa…».

Maria Angela attrice

Maria Angela

E nei ritorni a Palermo «la sapienza distillata di Buchner nei suoi discorsi, sempre pregnanti», fa in modo di condividerla con discepoli e colleghi (Paolo Emilio Carapezza, in P. Misuraca, a cura di, 2010: 159-181).

Ecco, la dimensione umana di questo grande che possiede quella rara miscela che rende mirabile l’essere pensatori accompagnata com’è dal suo essere semplice, umile direi e dal voler condividere.

Mi è di fronte in uno degli spazi della casa che libera e accogliente come con lui Maria Angela, poetessa, da quarant’anni insieme, e si esplica questa dimensione in uno dei modi più belli evocandomi quello spezzare in più parti il pane di Gesù nell’Ultima Cena trasfuso nell’atto dell’eucarestia – l’ostia spezzata e distribuita che tutti unisce – co(m)n-unione, che ci dice di «spezzare il nostro tempo e parlare in modo propositivo e creativo» (padre Cosimo Scordato, messa del 24 aprile 2023). Ne sente e ne professa il significato Paolo Emilio, possedendo la presenza di Dio, con la musica, alimento, nutrimento, crescita, come nella sua famiglia. 

Paolo Emilio Carapezza

Paolo Emilio Carapezza

E io credo, e con me altri, che Paolo Emilio in tutt’uno con la sua grande competenza abbia dato, sia pure laicamente, un contributo, in questa direzione. Basterebbe qui ricordare il fertile crogiolo di liberi competenti e appassionati insegnanti creato  nell’ambiente universitario. Ne cito una soltanto, anche lei straordinaria nell’esprimere cosa siano musica e musici: Amalia Collisani a cui ha lasciato il timone. 

La musica ha sedotto il suo modo di raccontare e raccontarsi. Come in Mozart, di cui più volte scrive, in Paolo Emilio colgo una corrispondenza autentica fra arte e vita, fra umanità e necessità creativa. In sommo grado le possiede, entrambe. 

Unico dunque anche Paolo Emilio Carapezza? Lo è per me. Per quanti altri mi chiedo e perché? Dite, suvvia … 

Dialoghi Mediterranei, n. 61, maggio 2023 
Riferimenti bibliografici [*] 
AUTORI VARI
        Comporre arcano Webern e Varese poli della musica moderna, a cura di Antonino Fiorenza Introduzione di Antonino Titone, Sellerio editore, Palermo 1985. In esso, in particolare Microcosmo-Micrologo di Paolo Emilio Carapezza: 20-33, e Spazio e tempo di Amalia Collisani: 84-94. 
             Luigi Rognoni intellettuale europeo, a cura di P. Misuraca, CRicd, Palermo 2010
CHIARA BERTOGLIO
       Logos e musica ascoltare Cristo nel Bello dei suoni, Effatà, 2014. 
ANTONY BUCHNER
       Come meno può essere più. Colloqui di etica della musica, Flaccovio Palermo, 1989. 
PAOLO EMILIO CARAPEZZA
       Figaro e Don Giovanni due folli giornate, S. F. Flaccovio Editore, Palermo, luglio 1974.
    Don Giovanni Dramma giocoso in due atti di Lorenzo Da Ponte, manoscritto, 11 pagine r. e v. non numerate, 23 maggio 1975. 
     La Fondazione dell’Istituto di Storia della Musica, in Luigi Rognoni intellettuale europeo, a cura di P. Misuraca,  CRicd, Palermo 2010: 159-192
AMALIA COLLISANI
       L’insegnamento universitario, in Luigi Rognoni intellettuale europeo, CRicd, Palermo 2010: 41-’53. 
MICHEL FOUCAULT
 Storia della follia in età classica, Rizzoli, Milano, 1988. 
SOEREN KIERKEGAARD
         Don Giovanni: la musica di Mozart e l’eros, trad. it. di Krandsen e Remo Cantoni, Denti, Milano 1945. 
LAMBERTO MAFFEI
         Solo i folli cambieranno il mondo, il Mulino, Bologna 2023: 27-31 (su Mozart). 
ANTOINE SAINT-EXUPERY
        Il piccolo principe, Gallimard, Bompiani, 1958 Milano, Prima edizione di Gallimard, Parigi 1943.  
[*] Oltre i riferimenti bibliografici elencati, fondamentali per la stesura di questo scritto, alcune Interviste fatte a Paolo Emilio Carapezza nella sua casa tra marzo e aprile 2023. 

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Antonietta Iolanda Lima, architetto, già professore ordinario di Storia dell’Architettura presso l’Università di Palermo. Sostenitrice della necessità di pensare e agire con visione olistica, sua ininterrotta compagna di vita, è quindi contraria a muri, separazioni, barriere. Per una architettura che sia ecologica, sollecita il rispetto per l’ambiente e il paesaggio, intrecciando nel ventennio ‘60-‘70 l’elaborazione progettuale, poi dedicandosi alla formazione dei giovani. Ad oggi continua il suo impegno a favore della diffusione della cultura e di una architettura che si riverberi positivamente su tutti e tutto: esseri umani, animali, piante, terra; perché la vita fiorisca. Promotrice di numerose mostre ed eventi, è autrice di saggi, volumi e curatele. Tra essi, qui si ricordano: L’Orto Botanico di Palermo, 1978; La dimensione sacrale del paesaggio, 1984; Alle soglie del terzo millennio sull’architettura, 1996; Frank O. Gerhy: American Center, Parigi 1997; Le Corbusier, 1998; Soleri. Architettura come ecologia umana, 2000 (ed. Monacelli Press, New York – menzione speciale 2001 premio europeo); Architettura e urbanistica della Compagnia di Gesù in Sicilia. Fonti e documenti inediti XVI-XVIII sec., 2000; Monreale, collana Atlante storico delle città Europee, ital./inglese, 2001 (premio per la ricerca storico ambientale); Critica gaudiniana La falta de dialéctica entre lo tratados de historia general y la monografìas, ital./inglese/spagnolo, 2002; SoleriLa formazione giovanile 1933-1946. 808 disegni inediti di architettura, 2009; Per una architettura come ecologia umana Studiosi a confronto, 2010; L’architetto nell’era della globalizzazione, 2013; Lo Steri dei Chiaromonte a Palermo. Significato e valore di una presenza di lunga durata, 2016, voll. 2; Dai frammenti urbani ai sistemi ecologici Architettura dei Pica Ciamarra Associati, 2017 (trad.ne inglese, Londra e Stoccarda, Edit. Mengel; Bruno Zevi e la sua eresia necessaria, 2018; Giancarlo De Carlo, Visione e valori, 2020; Frugalità Riflessioni da pensieri diversi, 2021. Il suo Archivio è stato dichiarato di notevole valore storico dal Ministero dei Beni Culturali.

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