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Per Arturo ovvero per Antonio

Per Arturo (ph. Gregorio Bertolini)

Per Arturo (ph. Gregorio Bertolini)

di Gregorio Bertolini

“È arrivato lo zio, … è arrivato lo zio …” – gridavano i nipoti, e a quel richiamo, in men che non si dica, la casa dello zio si riempiva di ragazzini assetati di nuove storie, “aspè … ora … tra poco vi racconto quella del …” – iniziava sempre così il primo giorno dello zio dopo il lungo imbarco che lo aveva tenuto lontano da casa diversi mesi.

Quando egli iniziava il suo racconto nipoti e amici sembravano entrare in trance, il silenzio era totale, tutti concentrati quasi in preghiera per non perdere neanche una parola. “… mmm …. oggi vi racconto la storia di Arturo”. – E cominciò: “Antonio era un appassionato di motori …“zio … hai detto Arturo – mormorarono con disappunto i bambini, e lo  zio continuò: “Ehi … non interrompete, lasciatemi raccontare …

Per Arturo (ph. Gregorio Bertolini)

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«Prima di entrare nell’esercito, Antonio aveva passato anni a lavorare con le mani sporche di olio, affascinato dal ronzio delle macchine e dalla precisione della meccanica, per lui i motori non avevano segreti, la testa china sulla massa ferrosa li auscultava ad occhi chiusi, sembrava che gli parlassero e lui capirne i singoli ticchettii, quasi volessero trasmettergli la loro storia. Era ciò che amava di più.

Per Arturo (ph. Gregorio Bertolini)

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Quando fu arruolato, subito prima dell’inizio della guerra, si ritrovò a lavorare nell’officina dei mezzi corazzati, in una lontana caserma, sperduta tra le montagne, un luogo freddo e solitario, dove le giornate erano scandite dall’eco lontano delle esplosioni e dai rintocchi dell’orologio della torre.

Gli piaceva il suo lavoro, ma non si era mai abituato al freddo tagliente delle mattine invernali, e men che meno all’asprezza degli ufficiali. Nonostante il caos della guerra, Antonio trovava una strana pace nell’officina. Le macchine, con le loro complessità, erano molto più prevedibili delle persone. E mentre gli altri soldati si preparavano a combattere, lui combatteva contro il tempo e l’usura, cercando di far sì che ogni veicolo potesse tornare in battaglia lucido ed efficiente.

Per Arturo (ph. Gregorio Bertolini)

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Ma una mattina fredda ed umida si materializzò il timore del trasferimento al fronte dove, ahimè, le sue competenze meccaniche non sarebbero servite in combattimento, arrivò l’ordine di evacuare. In poco tempo, la notizia si diffuse come un incendio: il nemico stava avanzando molto più velocemente del previsto. La caserma, che era sempre stata un luogo di routine e disciplina, si trasformò in un chiassoso viavai: i soldati correvano, gli ufficiali urlavano ordini e tutti si affannavano a prepararsi per la partenza imminente.

La mattina seguente all’alba la realtà si abbatté su di lui come un macigno: si ritrovò solo, era stato dimenticato, abbandonato come uno strumento ormai inutile. Con la consapevolezza che sarebbe stato inseguito e forse accusato di diserzione, Antonio decise allora di darsi alla macchia, con vecchi abiti civili e con poche provviste, cominciò la sua odissea attraverso le montagne, alla ricerca di un rifugio sicuro.

Per Arturo (ph. Gregorio Bertolini)

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Nel frattempo, la caserma abbandonata diventò un luogo di attrazione per gli abitanti dei paesi vicini. Molti vi giunsero nella speranza di trovare qualcosa di utile. Scatoloni di carne, barattoli di burro e altri alimenti vennero scoperti e portati via, offrendo una breve tregua alla fame di molte famiglie. Ma non tutti gli scatoloni contenevano quel che ci si aspettava, alcuni, una volta portati a casa con immane fatica, rivelarono il loro pericoloso contenuto di strumenti di morte quali bombe a mano pronte all’uso, con grande disappunto e delusione di tutta la famiglia.

Il viaggio di Antonio fu lungo e pericoloso. Ma, nonostante la fatica e la paura, un pensiero lo tenne vivo: tornare al suo paese natìo, lì dove aveva lasciato la sua famiglia, gli amici, e i ricordi di un’infanzia serena. Una volta raggiunto il suo paese, Antonio sapeva che non poteva rivelare la sua vera identità. Era troppo rischioso. Per evitare di essere riconosciuto e incriminato, chiese a tutti a gran voce: “chiamatemi Arturo”.

Per Arturo (ph. Gregorio Bertolini)

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La guerra era ormai un tragico ricordo, Arturo, col nuovo nome, trovò lavoro in un’officina locale. Con il passare del tempo, riuscì a ricostruirsi una vita normale. Ma il segreto del suo passato pesava sulle sue spalle come un fardello invisibile. Nel paese aveva incontrato una vecchia conoscenza, Giovanni, era un suo compagno d’armi che aveva attraversato analoghe peripezie; i due condivisero i loro segreti e Giovanni gli raccontò di come aveva ottenuto l’amnistia.

Per Arturo (ph. Gregorio Bertolini)

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Per Arturo (ph. Gregorio Bertolini)

Per Arturo (ph. Gregorio Bertolini)

Molti in paese cominciarono a sostenere la sua causa, riconoscendo il valore e il sacrificio di chi aveva dato tutto per il proprio Paese e che meritava una seconda opportunità. Alla fine, anche Arturo ottenne l’amnistia e con essa la possibilità di ritornare ad essere Antonio, l’uomo che una volta era stato, ma con una storia incredibile da raccontare». 

Dialoghi Mediterranei, n. 64, novembre 2023

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Gregorio Bertolini, di professione architetto, vive e lavora a Palermo. Fotografa da molti anni. Autodidatta, prima, con approfondimenti professionali durante la permanenza nell’associazione Imago di Palermo, dove ha potuto attingere alla sua nutrita biblioteca fotografica. Ha presentato sue fotografie in mostre collettive e personali dal 2012; la più recente alla Settimana internazionale di fotografia 2018, a Mazara del Vallo. Ha partecipato a diversi concorsi ottenendo apprezzamenti: nel 2013 un primo posto al concorso “Fotografias en Español 2013” organizzato dall’Istituto Cervantes di Palermo.

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