Lettera aperta della redazione di “Dialoghi Mediterranei” ai direttori dei telegiornali e dei quotidiani italiani
Diamo avvio in questo numero 1/2021 dell’ottavo anno della nostra rivista e nell’anno di celebrazioni nazionali dell’anniversario del VII centenario della morte di Dante, a una sezione che ha un titolo programmatico: Per l’italiano. Cominciamo con un testo di forte denuncia e altri due testi di riflessione sul tema. Abbiamo la sensazione che la pandemia abbia prodotto un fenomeno patalogico grave anche sul linguaggio pubblico (quello promosso soprattutto dalla stampa e dalla televisione) che è stato flagellato e travolto da una montagna di anglismi sempre meno accettabili e sempre più incomprensibili.
Forse per gli scienziati del settore possono esserci ragioni di linguaggio scientifico internazionale ma, per i cittadini e gli utenti delle comunicazioni di massa, questa incredibile adozione totale di un lessico straniero ha solo allontanato i più dalla comprensione e drammaticamente sottratto alla nostra lingua un campo espressivo che avrebbe potuto esplicitamente riempire con propri termini e significati.
Siamo consapevoli che le lingue sono costitutivamente sistemi aperti a influenze, prestiti e contaminazioni, che non si regolano con i decreti né si governano con posizioni scioviniste o meramente puriste. Sappiamo anche però che sono preziosi beni comuni e che attraverso il loro uso passano i diritti di cittadinanza, la qualità della democrazia, la condizione culturale di un Paese. Da qui l’attenzione allo stato di salute della lingua italiana, che oggi tracima di anglismi snobistici e rischia di trasformarsi in itanglese.
Che i giornalisti pensino di sembrare colti e internazionali usando un lessico incomprensibile ai più ci sembra, come è sempre stato, un fenomeno di insopportabile provincialismo. Perfino il cash back (un banale ritorno di cassa) può essere ottenuto solo mettendo una OTP (one time password- password da usare una sola volta) così se non si riesce a condurre in porto la complessa operazione si può anche pensare che l’inglese sia usato qui per discriminare gli utenti e per scoraggiarli.
Ma più in generale assistiamo a una vera e propria perdita di parole e di significati proprio intorno a una esperienza così emotivamente rilevante e che avremmo voluto, proprio per questo, vivere nella nostra lingua. Chiediamo a voi di fare il possibile per frenare questo processo catastrofico, e per rendere reversibile la perdita che si è prodotta. Noi continueremo a discutere e a riflettere sul fenomeno, e in questo spazio raccoglieremo e pubblicheremo idee, voci, testimonianze. Di recente molti quotidiani hanno segnalato la prossima nascita a Firenze del primo museo della lingua italiana. Non vorremmo che esso diventasse, di fatto, il monumento funebre di una lingua morta.
Dialoghi Mediterranei, n. 47, gennaio 2021