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Per una ecologia integrale: le voci del Santo e del Papa. Note e digressioni

Statua della Libertà di N.Y.

Statua della Libertà di New York

di Antonietta Iolanda Lima 

In un mondo con un neoliberismo sfrenato, con una tecnologia che sovrasta tutti gli individui, eccessivamente condizionandoli, dove «la brutalità umana ferisce il paesaggio quanto la speculazione edilizia e la depredazione delle risorse» (Cavaglion 2021), dov’é il diritto di cui parla Papa Francesco, giustamente definito da Ezio Mauro ‘codice universale della civiltà’, strumento di tutela dei singoli, custode della loro dignità e della possibilità di ciascun essere umano di sentirsi libero? Costitutivo questo diritto della democrazia europea, la stessa che volta le spalle ai disperati? E dove l’agire della politica per il bene comune? Come si tradurrà l’ossessiva volontà di potenza di Trump con la sua sete di potere imperiale, con l’istanza invasiva nefasta come quella di Putin? E i conflitti in Medio Oriente? Dove ci condurrà l’estremismo di una destra feroce che spegne la fiaccola della libertà?

Un’alta staccionata di metallo segna il confine lì dove c’era il Parco dell’Amicizia inaugurato nel 1971 dalla First Lady Pat Nixon, luogo di incontro fra chi, da un lato e dall’altro, era impossibilitato a varcare la frontiera. Quale l’autentico significato della libertà inneggiata dalla omonima Statua la cui data segna la Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America (il 4 luglio 1776), nata da sete di potere e dallo sterminio dei nativi?

 «Tenetevi, o antiche terre, la vostra vana pompa – grida essa [la statua] con le silenti labbra – datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi, i rifiuti miserabili delle vostre coste affollate. Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata» (Emma Lazzarus, David Lehman 2006). 

Nonostante lo sterminio di cui sopra, resta nobile aspirazione, più che mai offesa oggi con la nuova amministrazione. Dopo qualche giorno appena di insediamento assistiamo allo smantellamento di quella importante costruzione che è la democrazia, pur con le sue molteplici contraddizioni, essendo una costruzione umana. Il lunghissimo dopoguerra di libertà è oggi fortemente a rischio. Sono iniziati gli arresti e le deportazioni dei migranti, e del resto da noi, in Europa, Italia compresa, nessuno li vuole, e li rimandano indietro anche in Paesi dove continueranno ad essere affamati e torturati. Papa Francesco: «L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme… e, di fatto, il deterioramento dell’ambiente e quello della società colpiscono in modo speciale i più deboli del pianeta, gli esclusi, la maggior parte del pianeta, miliardi di persone. I loro rimangono frequentemente all’ultimo posto. Ma un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri».

Qualche anno prima così scrivevo nella dedica di Frugalità, un mio libro del 2022 (edito dal Poligrafo): «A tutti gli abbandonati perseguitati rifiutati, ai migranti e bambini disperati, sfruttati, affamati, uccisi, ingoiati dal mare, a causa di un mondo predatorio e indifferente», dimentico che, diversamente dal pensiero di tale mondo, e nonostante questo, possono essi viaggiare “nel carro della loro anima” (Emily Dickinson), sognando la speranza, parola scelta da Papa Francesco per il titolo della sua autobiografia. 

Se si dimenticano le finalità, paradossalmente lungimirante appare la riflessione di quasi un secolo addietro da parte di un uomo che ci avrebbe condotto alla follia della guerra e allo sterminio di milioni di esseri umani: «L’Europa non è più il continente che dirige la civiltà umana. Questa è la constatazione drammatica che gli uomini che hanno il dovere di pensare debbono fare a se stessi e agli altri. C’è stato un tempo in cui l’Europa dominava politicamente, spiritualmente, economicamente il mondo. Lo dominava politicamente attraverso le sue istituzioni politiche. Spiritualmente attraverso tutto ciò che l’Europa ha prodotto col suo spirito attraverso i secoli. Economicamente, perché era l’unico continente fortemente industrializzato. Ma oltre Atlantico si è sviluppata la grande impresa industriale e capitalistica… L’Europa può ancora tentare di riprendere il timone della civiltà universale, se trova un “minimum” di unità politica. Questa intesa politica dell’’Europa non può avvenire se prima non si sono riparate delle grandi ingiustizie (Mussolini il 14 novembre 1933, Consiglio Nazionale delle Corporazioni). 

Ecco, trascurando di conoscere di colui che sosteneva queste convinzioni la natura irresponsabile e antitetica e l’efferatezza del contesto che in gran parte andava determinando, le parole che le forgiano potrebbero considerarsi, sia pure in parte, positivamente pertinenti nella drammatica realtà attuale.   

In Afghanistan, in aggiunta a terribili efferatezze, il governo talebano preclude l’istruzione superiore alle studentesse. Guerre e tragedie e non solo nel Medio Oriente. Tra tante, tremendamente emblematica l’immagine di quel piccolo bambino che porta nello zaino il fratellino morto per trovare un posto dove seppellirlo.

11Rotti gli equilibri, peraltro sempre precari del mondo, e con essi quelli naturali, come, tra i più rilevanti, gli incendi in California, i continui disboscamenti in Amazzonia, la decimazione di foreste nelle Alpi a causa del bostrico. E l’agricoltura? Non fa anch’essa parte della natura? Non sarebbero necessarie soluzioni attuative di un miglior collegamento tra esse? In tal senso sollecita la voce di Francesco, il nostro papa, per il quale, come si percepisce nella ricchezza contenutistica dei suoi scritti la teologia deve aprirsi al dialogo e al confronto con le scienze.

Nutrito e alimentato oltre che da una profonda fede e da una grande ricchezza culturale, da solidarietà, com (con) passione, tenerezza, relazione amorevole con tutte le cose del mondo, viventi e non, rispetto per la natura e per le sue diversità, anche con altro nome, come ci dice Shakespeare in Romeo e Giulietta, a proposito della rosa, papa Bergoglio conserverebbe ‘il suo particolare profumo’, in cui c’è anche il ‘saper vedere’ la relazione malata che gli umani hanno instaurato con la terra in cui dimenticano di essere ospiti, asserviti, i più, a una logica di dominio. Da qui l’incapacità di cogliere quel valore di cui la diversità é pregna, e ancor più in quella dei cosiddetti ‘marginali’: la dignità che a nessuno dovrebbe essere tolta. 

Nella modernità degli anni Cinquanta del Novecento, ai suoi albori, Paolo Soleri, poneva le sue architetture nel loro farsi e attuarsi in corrispondenza costante con sole, aria, vento, freddo, caldo.  Unendo la poesia alla scienza li chiamava ‘potenziali cosmici’. Così questo torinese naturalizzato americano, che dal grande Frank Lloyd Wright aveva assimilato l’amore per il paesaggio, declinandolo poi in altro modo, donava lode alla terra creando architettura come ecologia umana. Non lo sapeva Paolo quando alla Biennale di Venezia, gli dissi del figlio di un mercante – Francesco era il suo nome – che così faceva otto secoli prima lodando Dio con la terra, e a lungo ne parlammo e venne fuori la relazione, senza la quale viene meno la fioritura di “tutte le creature sensibili e insensibili” (Tommaso da Celano nella sua Vita del beato Francesco, 1Cel 77: FF 455).

Il bene comune nella casa comune, per il Francesco di oggi, Jorge Mario Bergoglio divenuto papa, è una realtà sacra che deve custodirsi e così facendo lodando Dio. E lo dirà al mondo con l’Enciclica Laudato Sì pubblicata nel giugno 2015 in cui, in prosieguo con la visione di Papa Ratzinger, si percepisce il senso profondo del vangelo e la responsabilità dell’umanità che ne deriva. E in proposito – dice il Patriarca Bartolomeo, da lui più volte citato – «Un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio», invitando a cercare soluzioni in un cambiamento dell’essere umano tale da fargli comprendere il valore dell’imparare a dare». E così Bergoglio: «Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo “custodi” della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo… Se noi ci accostiamo alla natura e all’ambiente senza questa [di San Francesco] apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati. Viceversa, se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno in maniera spontanea». 

9788817100526_0_200_310_75Per una natura offesa talmente da suscitarne la ribellione, la fioritura, dicevo: basti pensare all’oggi, privo di giustizia e di pace, per vederne tristemente negato quanto può generarla. Dovunque, nelle case, nei bar, nelle piazze delle città gli umani parlano solo con i loro ‘telefonini’ e così ciascuno di essi è solo. Non c’è dialogo, non il confronto che arricchisce sollecitando, se necessario, a cambiare punti di vista, e donando così ‘autentica ricchezza’. Dimenticano questi umani della connessione che permea loro e ogni ‘cosa’, le meraviglie che in un andirivieni continuo dalla terra rimandano all’universo che il grande John D. Barrow (L’universo come opera d’arte, Rizzoli 1997) vedeva come opera d’arte e fonte cosmica della creatività umana, significando così dell’esistenza dei suoi frammenti in ciascuno di noi. 

Laudato si, mi Signore, per sora nostra madre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi, con coloriti fiori et erba e il sole, il vento, il fuoco, l’acqua, necessari tutti a dare vita al prodigioso processo evolutivo che ha determinato l’Umano di oggi. Di loro continuiamo ad aver bisogno. E tuttavia la nostra stoltezza e avidità, la folle capacità di devastarle invocando una crescita insana, la nostra sete di potere, il nostro rubare ‘vita’ al pianeta, ci ha dato solo ingiustizia, diseguaglianze, povertà crescente e dilagante, guerre, morti, inquinamento, clima impazzito, isole di plastica, e l’acqua la cui decrescita condurrà a nuovi e terribili scontri.

Non rispetto, attenzione, solidarietà, con-passione, coinvolgente operatività finalizzata al bene comune, ma cecità di tutti e ovunque. Due le parole restitutive di una realtà, in tal modo, prossima all’apocalisse se l’essere umano non muta paradigma liberandosi dalla sete di potere che in lui ha preso dimora: capitalismo e progresso, sfrenati entrambi, l’uno ha fatto a meno della democrazia, l’altro, in tutt’uno con la parola ‘crescita’, nel derubare con ritmo crescente le risorse della natura, agisce molto al di là dei limiti dimensionali della nostra ‘casa comune’, il pianeta terra. Invocando un’ecologia integrale, è questo il ‘filo rosso’ di un dire colmo di acuta intelligenza e mirabilmente competente, quello di Francesco nella sua Enciclica.

oltre-natura-e-cultura-3434Contro il degrado antropico, occorre una consapevolezza e una volontà diffusa, una coscienza collettiva sulla natura, per riportare la terra in un equilibrio tra natura storia e tecnologia, congiuntamente alla ri-unione tra le due culture, quella scientifica e quella umanistica, atta a consentire la sopravvivenza sul pianeta della vita. Occorre rimettere in discussione, ci dice il grande antropologo francese Philippe Descola, la separazione tra natura e cultura ereditata dal Seicento (Oltre natura e cultura, 2021): animali, piante, minerali, acque, non sono semplicemente natura ma elementi di un collettivo di cui noi e gli altri esseri siamo parte. Occorre quindi la scelta ecologica che Laura Conti, scrittrice impegnata, promotrice dell’ecologismo italiano, definisce una scelta d’amore per il sistema vivente, il cui degrado antropico, etico e morale soprattutto, lascia strada all’uccisione dei diritti e della dignità verso i cosiddetti marginali generando una sorta di regno dell’indicibile: i dispersi nel gelo e nella fame, i manganelli elettrici dei bulgari, i respingimenti di disperati, ‘della speranza che muore’.

Trump all’indomani del suo governo ha dato avvio alle retate antimigranti in chiese e scuole e ripristinato la pena di morte. Aumentano le diseguaglianze e al contrario dei ricchi i poveri diventano sempre più poveri nel mondo definito civile in cui a detta di un gruppo di ricercatori israeliani «la somma di tutto ciò che l’umanità ha costruito e prodotto (case, strade, mezzi di trasporto, suppellettili, plastiche, computer, vetri, armi…) ha eguagliato la massa degli esseri viventi sulla Terra, cioè la biomassa. Si tratta di 1,1 teratonnellate, millecento miliardi di tonnellate. Significa che nel 2020 la somma degli oggetti umani ha pareggiato tutta la vita messa insieme». L’antropocene ha prodotto insieme ai benefici danni di gran lunga superiori. Lorraine Daston, una delle più autorevoli studiose del pensiero europeo moderno, direttrice del “Max planck”,  ci ammonisce che la rottura del delicato equilibrio ecologico che nutre la vita di qualsiasi specie può causarne l’alterazione, concludendo infine che la nostra attuale incertezza sul futuro non è se ci sarà futuro ma come sarà e se ci includerà ancora, essendosi spezzata la continuità che collega il presente con il prossimo futuro a causa del ritmo incalzante dei cambiamenti tecnologici, sociali e politici degli ultimi due decenni che hanno irrimediabilmente turbato il mirabile equilibrio in cui tutte le specie organiche vivono con il clima, la flora, la fauna, la topografia e la geologia.

Erano invece creature ‘create da Dio’ diceva quasi dieci secoli fa quel Francesco che divenne Santo in un bellissimo Cantico sollecitando un inno alla cura per “sora nostra madre terra” che nutre e si prende cura degli uomini con i suoi frutti e le sue erbe.

Esprimendosi nel volgare umbro riconosceva nelle creature la grandezza di Dio. Vedeva il mondo come bellezza e con la contemplazione nutrita dalla voce del profondo giungeva la meraviglia. Era il suo Cantico, considerato tra i documenti di maggiore rilievo della nostra tradizione letteraria, una lode a Dio per la bellezza di ciò che Lui aveva creato «sole, luna, fulgide stelle, cieli dei cieli…» e vento, acqua, fuoco terra e fiori, frutti, l’erba e tutte le creature che popolano il mondo. Dialogava con la natura, Francesco, e si sentiva parte della creazione, e come tale fratello di ogni essere vivente. 

…Laudato si, miSignore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual’è iorno, et allumini noi per lui Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si, miSignore, per sora luna e le stelle: in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.Laudato si, miSignore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
Laudato si, miSignore, per soracqua. la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si, miSignore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si, miSignore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba….. 

Morirà Francesco il 4 ottobre 1225. Diverrà Santo e patrono dell’Italia, e si racconta che poco prima della sua fine terrena, non avendo più voce, lo inneggiarono il suo Cantico le allodole, araldi del mattino. Nella nostra contemporaneità, Bergoglio, divenendo Papa, dimostra subito al mondo il suo legame profondo con questo uomo da noi lontanissimo, e come lui, sollecitando la cura della “madre terra” e di tutte le sue creature e di quanto è il suo frutto. «Ho preso il suo nome come guida e come ispirazione nel momento della mia elezione a Vescovo di Roma. Credo che Francesco sia l’esempio di una ecologia integrale». La vive, ci dice, con gioia e autenticità, e nel suo dichiararsi fratello di tutti c’è ancor più lo sguardo a ciò che è debole, come i migranti costretti a lasciare la propria terra devastata dai cambiamenti climatici, ma anche da guerre e miseria alimentati da interessi economici spregiudicati. 

12Così scrive nell’Enciclica: «Nell’ assumere i migliori frutti della ricerca scientifica oggi disponibile, occorre “lasciarcene toccare in profondità e dare una base di concretezza al percorso etico e spirituale che segue. A partire da questa panoramica, riprenderò alcune argomentazioni che scaturiscono dalla tradizione giudeo-cristiana, al fine di dare maggiore coerenza al nostro impegno per l’ambiente. Poi proverò ad arrivare alle radici della situazione attuale, in modo da coglierne non solo i sintomi ma anche le cause più profonde. Così potremo proporre un’ecologia che, nelle sue diverse dimensioni, integri il posto specifico che l’essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realtà che lo circonda. Alla luce di tale riflessione vorrei fare un passo avanti in alcune ampie linee di dialogo e di azione che coin-volgano sia ognuno di noi, sia la politica internazionale. Infine, poiché sono convinto che ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo, proporrò alcune linee di maturazione umana ispirate al tesoro dell’esperienza spirituale cristiana». 

Molteplici gli assi portanti che attraversano il suo dire. Per esempio l’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta; la convinzione che tutto nel mondo è intimamente connesso; la critica al nuovo paradigma e alle forme di potere che derivano dalla tecnologia; l’invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso; il valore proprio di ogni creatura; il senso umano dell’ecologia; la necessità di dibattiti sinceri e onesti; la grave responsabilità della politica internazionale e locale; la cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita. Questi temi non vengono mai chiusi o abbandonati, ma anzi costantemente ripresi e arricchiti, rivelatori tutti di quello che sta accadendo alla  “nostra Casa”  e come l’uno si connetta agli altri spesso aggravandoli: Inquinamento, rifiuti e cultura dello scarto, cambiamenti climatici, perdita della biodiversità (necessaria, specie in alcuni luoghi particolari, al buon funzionamento del pianeta e quindi dell’ecosistema mondiale), mancanza di vivibilità nelle città a causa soprattutto non solo di una gestione politica nefasta, ma anche di previsioni di crescita e di localizzazioni a dir poco sbagliate, spesso non necessarie. 

Nell’insensato sviluppo che caratterizza la nostra contemporaneità, dominato dal fine della produzione e del consumo «il territorio – avverte recentemente Massimo Cacciari –  non conosce più alcun Nómos [...]. La città è ovunque: dunque non è più città». La crisi ambientale implica una crisi umana. L’uomo ha perso se stesso. Occorre ritrovarlo, disse Le Corbusier poco prima di morire, nel 1965: «Ritrovare la linea che sposa l’asse delle leggi fondamentali: biologia, natura, cosmos».

E ancor prima, nei tardi anni Venti del Novecento e più nei Trenta, era ormai diffusa la consapevolezza di una città malata che disumanizzava la vita. In un processo lento e continuo oggi è l’intero pianeta ad essere profondamente malato e l’architettura, la più antica professione della terra nata per dare riparo all’uomo e alle sue attività, per proteggerne e migliorarne la vita sulla terra appagando altresì il suo credo nella nobiltà della sua esistenza (E. Saarinen), non è immune da responsabilità. Ineludibile, penso, il rimando all’agire di urbanisti e architetti per i quali forse sarebbe opportuno andare al pensiero di Soleri, da me più sopra citato. Eccolo, da me sintetizzato: L’autentico sviluppo umano possiede un carattere morale e presuppone il pieno rispetto della persona umana, ma deve prestare attenzione anche al mondo naturale e «tener conto della natura di ciascun essere e della sua mutua connessione in un sistema ordinato. (…) Il degrado della natura è strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana», per cui l’uomo deve comprendere e assimilare struttura, connessioni, rete di relazioni; così che, contro materialismo e consumismo, sterzi a favore della coscienza e della sacralità della vita. Pertanto, il carattere di un’architettura così riconcettualizzata non può che essere antimaterialistico, all’interno di una cooperazione profonda con scienza e religione. È quanto sollecita per la teologia e la Chiesa papa Francesco.   

Coincidendo per Soleri l’architettura con l’ambiente, ecco perché essa può ben definirsi forma fisica dell’ecologia dell’umano. Solo così la materia si configura in modo da consentire un flusso energetico vitale a favore di una città capace di costruire una neo-natura necessariamente radicata nella geologia, passante attraverso la biologia, accordata al flusso generale dell’evoluzione al fine di contribuirvi a sua volta. All’interno di una natura estensivamente ecologica, è una neo-natura intensivamente ecologica, in un processo teso verso la pienezza dell’essere umano e della società. Nel ritenere le nostre città come uno degli aspetti più critici della crisi ambientale-spirituale, potremmo dire, afferma Soleri, che se un Dio benevolo volesse prendere in mano la situazione, avrebbe due arcangeli alle spalle. Il primo soffierebbe via da esse tutto ciò che punisce l’uomo, che è morto ed orientato all’entropia (dall’automobile alle miriadi di futilità degradanti). Questo disinquinamento, operazione chirurgica anti-entropica, lascerebbe dei vuoti nel nostro ambiente urbano. Ed è qui che il secondo arcangelo, quello del rispetto, entrerebbe a ristrutturare la città, cambiandola in qualcosa di molto più piccolo, rapido, frugale, ecologicamente adattabile e umanamente vivo, solvente, razionale, speranzoso; un frammento ambientale di una migliore qualità di vita.

imagesSembra a questo punto di leggere un pensiero analogo in Francesco. Si riteneva Soleri un “ateo agnostico”, eppure, sia pure a suo modo, nella ricerca di dare un senso alla vita, il suo scrivere e il suo agire erano pregni della spiritualità e del credo di Teilhard de Chardin, geologo e paleontologo gesuita. Del libro forse più maturo di questo notevole intellettuale di fede profonda, Il fenomeno umano, aveva condiviso, della sua densa spiegazione del mondo e di ciò che l’uomo diventa, il senso profondo della totalità permeato dal concetto di spiritualizzazione della materia, per de Chardin come ascesa a Dio, per lui alla massima trascendenza dell’uomo che come tale deve essere consapevole della determinatezza del suo ruolo. Lo ribadì, nel 2000,  alla Biennale di Venezia nel ricevere il Leone d’Oro alla carriera. «È luogo comune dire che noi siamo polvere di stelle. Ora, la scienza ha dimostrato che siamo polvere di stelle, e noi, qui, siamo un esempio del prodigio dell’idrogeno che diventa coscienza. Dovremmo essere degni di questo prodigio».

Immediato il rimando alla sollecitazione di Francesco: «L’umanità è chiamata a prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stili di vita, di produzione e di consumo…a pensare a un’etica delle relazioni internazionali che positivamente incida anche nelle componenti sociali oggi negativamente mutate per effetto di molteplici cause tra cui si includono gli effetti occupazionali di alcune innovazioni tecnologiche, l’esclusione sociale, la disuguaglianza nella disponibilità e nel consumo dell’energia e di altri servizi, la frammentazione sociale, l’aumento della violenza e il sorgere di nuove forme di aggressività sociale, il narcotraffico e il consumo crescente di droghe fra i più giovani, la perdita di identità».

Non sul modello tecnocratico dell’efficienza deve essere il nuovo paradigma, ma sulla cura della casa comune retta da autentico spirito di fraternità e di solidarietà, quella cura che tanto tempo addietro, con il suo sguardo contemplativo dell’universo, mostrava San Francesco. 

All’interno del principio d’incertezza che sempre governa il fremito della creazione, non di un codice comportamentale o di un insieme di regole di condotta necessita la città, il territorio, l’ambiente tutto, ma di una struttura di supporto, che consente alla vita di interiorizzarsi fiorendo, interna alle direttive di una rete che deve avere una normalità di estensione nello spazio e nel tempo, alcuni suoi concetti in un sintetico elenco: efficace uso delle risorse contro consumismo, autocontenimento dell’habitat e congruenza, cooperazione, qualità, ascoltando la lezione che ci viene dalla natura; per una economia che non sia più di denaro ma di vita, come esortava Lewis Mumford già nel 1938 e prima di lui Ebenezer Howard (1850-1928) in Inghilterra. Sensibile ai temi comunitari e alle relazioni uomo-ambiente, la visione di entrambi mirava a sostituire la città insalubre, inquinata, materialista, con un ordine razionale più umano e solidale, arricchito dal contatto con la natura. Sullo sfondo è la tradizione utopistica della prima metà dell’Ottocento e le esperienze del secondo: il radicalismo cristiano di Welby Pugin e di John Ruskin, contro la brutalità della meccanizzazione e la disumanità del capitale, il socialismo organico e la visione etica di William Morris che postulava la necessità di riformare in senso responsabile la società, i piani di città, per una una frugalità che nel saper congiungere etica ed estetica sia struttura connettiva dell’agire umano all’interno di una profonda, sinergica e ininterrotta interazione di locale e globale che mai disattenda la volontà di porre in atto un approccio veramente integrato tra sviluppo e ambiente, tale da esitare una nuova consapevolezza nel confronto tra l’essere umano e il mondo. 

Consapevolezza, quindi, ed è attraverso essa che deve avviarsi un percorso di rigenerazione impegnato ad aiutare il mondo per la cui salvezza anche Rita Levi Montalcini stimolava alla formazione di una Magna Carta dei doveri dell’uomo e dei programmi di tutti i Paesi. Come la vita, l’architettura vera rifiuta i marchi di fabbrica e gli assunti astratti. Proprio perché al suo centro pone l’uomo in tutt’uno con l’insieme sociale e in dialogo con le irripetibili e sempre variabili specificità di luoghi, paesaggi, culture, essa è sempre una sorta di punto e a capo, in una processualità aperta che, nel nutrirsi della fertilizzazione di saperi molteplici, pretende nel progetto il continuo riesame di tutti i dati di volta in volta, ponendo al centro del suo agire l’armonia tra l’essere umano e la natura. 

9788811002055_92_270_0_75Tutti noi quindi, e già da parecchio, dovremmo essere non solo consapevoli, ma responsabili, pronti a mutare il nostro modo di vivere, fare ciascuno la propria parte. Ognuno dovrebbe fare la sua parte, lanciare semi come il piccolo colibrì con la sua goccina d’acqua nella foresta in fiamme. Anche le nostre città potrebbero diventarlo. Sono noti, nel mondo, gli incendi in alcune di esse per effetto di un agire di inspiegabile stoltezza che portava George Steiner nel 2008 a scrivere che essa, con tutta la sua rabbia implicita, non poteva che derivare da un uomo ormai simile a un legno di grande stortura. Pertanto, scrive Francesco: «Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti. In primo luogo, farò un breve percorso attraverso vari aspetti dell’attuale crisi ecologica allo scopo di assumere i migliori frutti della ricerca scientifica oggi disponibile, lasciarcene toccare in profondità e dare una base di concretezza al percorso etico e spirituale che segue. A partire da questa panoramica, riprenderò alcune argomentazioni che scaturiscono dalla tradizione giudeo-cristiana, al fine di dare maggiore coerenza al nostro impegno per l’ambiente. Poi proverò ad arrivare alle radici della situazione attuale, in modo da coglierne non solo i sintomi ma anche le cause più profonde. Così potremo proporre un’ecologia che, nelle sue diverse dimensioni, integri il posto specifico che l’essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realtà che lo circonda. Alla luce di tale riflessione vorrei fare un passo avanti in alcune ampie linee di dialogo e di azione che coinvolgano sia ognuno di noi, sia la politica internazionale. Infine, poiché sono convinto che ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo, proporrò alcune linee di maturazione umana ispirate al tesoro dell’esperienza spirituale cristiana».

Si dipana così nella sua Enciclica una narrazione la cui complessità è pari a quella della dinamica dei sistemi complessi propria della vita, del mondo, del cosmo; una narrazione attraversata da assi portanti di grande significato. Tra essi: l’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta; la convinzione che tutto nel mondo è intimamente connesso; la critica al nuovo paradigma e alle forme di potere che derivano dalla tecnologia; l’invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso; il valore proprio di ogni creatura; il senso umano dell’ecologia; la necessità di dibattiti sinceri e onesti; il clima come bene comune di tutti e per tutti; la realtà dell’acqua, preziosa e privatizzata, priva di qualità unita al non accesso che provoca morti tra i poveri, la scarsezza di quella pubblica; i cimiteri subacquei spogliati di vita e di colore; la mancanza di alloggi, grave in molte parti del mondo; i danni locali determinati dalle esportazioni di alcune materie prime per soddisfare i mercati nel Nord industrializzato, tra i quali quello da mercurio nelle miniere d’oro o da diossido di zolfo in quelle di rame; la grave responsabilità della politica internazionale e locale; l’intervento umano, spesso al servizio della finanza e del consumismo; il difficile spostarsi liberamente delle popolazioni animali, molti dei quali rischiano la loro estinzione, mentre altri entrano negli habitat. 

In un simile scenario dovrebbe situarsi da parte di tutti una riflessione profonda, eticamente fondata, sull’ intervento umano sul mondo vegetale e animale e derivare da essa la proposta di un nuovo stile di vita, ispirato alla capacità di ‘riconoscere’ il mirabile funzionamento degli ecosistemi naturali, modello per un autentico sviluppo. Ma tale riflessione così necessaria appare essere accolta solo da quei pochi che, dopo un tempo di fiducia irrazionale nel progresso e nelle capacità umane, hanno maturato una sincera e dolorosa preoccupazione per ciò che sta accadendo al nostro pianeta.

downloadOccorre una autentica ecologia umana che sia e dia senso all’agire della società e del mondo intero, scaturita da una visione culturale colta, profonda, responsabile, spirituale di cui necessitano anche le città e quanti in esse vivono. Data l’interrelazione tra gli spazi urbani e il comportamento umano, coloro che progettano edifici, quartieri, spazi pubblici e città, hanno bisogno del contributo di diverse discipline. Non basta la ricerca della bellezza nel progetto, perché ha ancora più valore servire un altro tipo di bellezza: la qualità della vita delle persone, la loro armonia con l’ambiente, l’’incontro e l’aiuto reciproco. Per questo è tanto importante che il punto di vista degli abitanti del luogo contribuisca sempre all’analisi della pianificazione urbanistica – e questo rimanda all’architettura partecipata praticata da Giancarlo De Carlo, considerando che i diversi elementi del luogo formano un tutto che è percepito dagli abitanti come un quadro coerente con la sua ricchezza di significati… Occorre quindi «comprendere i processi, il simbolismo e i comportamenti delle persone», conclude Francesco.

Solo così ci si potrà avvicinare a una ecologia comprensiva delle dimensioni umane e sociale che, per diventare tale, aggiunge Francesco, «richiede la pace interiore, il dedicare un po’’di tempo per recuperare la serena armonia con il creato, per riflettere sul nostro stile di vita e i nostri ideali, per contemplare il Creatore, che vive tra di noi e in ciò che ci circonda. Questa stessa gratuità ci porta ad amare e accettare il vento, il sole o le nubi, benché non si sottomettano al nostro controllo. Per questo possiamo parlare di una fraternità universale». Una ecologia integrale. 

Dialoghi Mediterranei, n. 72, marzo 2025 
Riferimenti bibliografici 
John D. Barrow, L’universo come opera d’arte, Rizzoli, Milano 1997
Isaiah Berlin, Il divorzio tra le scienze e gli studi umanistici, in Controcorrente. Saggio di storia delle idee, Henry Hardy, Adelphi, Milano 2000.
Leonardo Boff, Grido della Terra, grido dei poveri: per una ecologia cosmica. Cittadella Editrice, Assisi 1996
Giorgio Bonaccorso, L’anima: contributo e limiti delle neuroscienze, in Associazione Teologica Italiana, Per una scienza dell’anima. La teologia sfidata, Jean Paul Lieggi, Milano 2009.
Massimo Cacciari, Quando la città non ha più confini, in A. Bonomo e A. Abruzzese (a cura di), La città  infinita, Bruno Mondadori, Milano 2004.
Fritjof Capra, Pier Luigi Luisi. Vita e natura. Una visione sistemica, Aboca, Arezzo 2014. 
Alberto  Cavaglion, Decontaminare la memoria, Add editore, 2021. 
Philippe Descola, Oltre natura e cultura Raffaello Cortina editore, Milano 2021
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Antonietta Iolanda Lima, architetto, già professore ordinario di Storia dell’Architettura presso l’Università di Palermo. Sostenitrice della necessità di pensare e agire con visione olistica, sua ininterrotta compagna di vita, è quindi contraria a muri, separazioni, barriere. Per una architettura che sia ecologica, sollecita il rispetto per l’ambiente e il paesaggio, intrecciando nel ventennio ‘60-’70 l’elaborazione progettuale, poi dedicandosi alla formazione dei giovani. Ad oggi continua il suo impegno a favore della diffusione della cultura e di una architettura che si riverberi positivamente su tutti e tutto: esseri umani, animali, piante, terra; perché la vita fiorisca. Promotrice di numerose mostre ed eventi, è autrice di saggi, volumi e curatele. Tra essi, qui si ricordano: L’Orto Botanico di Palermo, 1978; La dimensione sacrale del paesaggio, 1984; Alle soglie del terzo millennio sull’architettura, 1996; Frank O. Gerhy: American Center, Parigi 1997; Le Corbusier, 1998; Soleri. Architettura come ecologia umana, 2000 (ed. Monacelli Press, New York – menzione speciale 2001 premio europeo); Architettura e urbanistica della Compagnia di Gesù in Sicilia. Fonti e documenti inediti XVI-XVIII sec., 2000; Monreale, collana Atlante storico delle città Europee, ital./inglese, 2001 (premio per la ricerca storico ambientale); Critica gaudiniana La falta de dialéctica entre lo tratados de historia general y la monografìas, ital./inglese/spagnolo, 2002; SoleriLa formazione giovanile 1933-1946. 808 disegni inediti di architettura, 2009; Per una architettura come ecologia umana Studiosi a confronto, 2010; L’architetto nell’era della globalizzazione, 2013; Lo Steri dei Chiaromonte a Palermo. Significato e valore di una presenza di lunga durata, 2016, voll. 2; Dai frammenti urbani ai sistemi ecologici Architettura dei Pica Ciamarra Associati, 2017 (trad.ne inglese, Londra e Stoccarda, Edit. Mengel; Bruno Zevi e la sua eresia necessaria, 2018; Giancarlo De Carlo, Visione e valori, 2020; Frugalità Riflessioni da pensieri diversi, 2021. Il suo Archivio è stato dichiarato di notevole valore storico dal Ministero dei Beni Culturali.

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