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Piccole Comunità, pietre di scandalo. Manifesto per una rete dei piccoli comuni del #welcome

 copertinadi Angelo Moretti

L’Italia dei piccoli numeri può essere l’Italia delle grandi risposte? I dati ufficiali parlano di almeno 1.940 Comuni in Italia che contano meno di 1.000 abitanti, distribuiti tra Nord, Sud e Centro, ma con una netta prevalenza al Nord (1.248). In moltissimi casi i residenti reali sono ancora meno di quelli dichiarati all’anagrafe. Quattro milioni e mezzo di persone vivono in Italia nelle cosiddette Aree Interne, quelle che distano almeno 40 km da servizi pubblici essenziali come stazioni e ospedali, quelle che presentano un digital divide ancora elevatissimo, offrendo ai propri abitanti servizi di connessione internet più scadenti rispetto ai grandi centri abitati.

In questa fetta di Italia, che rappresenta in chilometri quadrati e in spazio simbolico e culturale molto di più di ciò che si possa immaginare, c’è un problema principale, da cui discendono tutti gli altri e che costituisce il vero grande spettro da cui difendersi per il futuro: lo spopolamento progressivo, l’invecchiamento progressivo, l’abbandono ambientale progressivo. C’è un’Italia che ha un saldo emigratorio imponente, in cui negli ultimi dieci anni gli emigrati e i morti superano dieci/cento volte gli immigrati e i nuovi nati.

Anche se nessuna forza politica sembra volerne parlare nei talk show e nei social, luoghi in cui si crea l’opinione pubblica nazionale molto più che in Parlamento o alle Regioni, l’Italia ha un enorme problema di svuotamento progressivo di se stessa. Il dibattito nazionale si ferma sui dati e le notizie di poche decine di città italiane, delle sue periferie scoppiate o facilmente “scoppiabili”, dello sciopero dei trasporti pubblici locali che isolano quelle stesse periferie dal centro di città, di quelle poche decine di migliaia di nuovi immigrati che si trasferiscono  nelle  nostre periferie, e non vede, non  sente,  non avverte lo svuotamento progressivo che siamo vivendo.

Tutta l’Italia è incredibilmente vecchia, con un indice di vecchiaia (il saldo tra quindicenni e sessantacinquenni) consegnato dall’Istat nel 2017 pari solo a quello del 1917, quando i giovani uomini e i padri vennero falcidiati a milioni dalla prima guerra mondiale. L’Italia del 2017 ha un indice di natalità tra i più bassi d’Europa e una SUA (Superficie Utilizzata in Agricoltura) sempre più ridotta, un numero di case sempre più sfitte e abbandonate (l’analisi del sito Solo Affitti parla di più di 7 milioni di case sfitte nel 2016).

Questa Italia può essere la grande risposta al rinnovo dei piani di sviluppo locale e alla crisi? Può essere questa l’Italia che innova il rapporto ecologico tra donne, uomini e creato e i rapporti tra economia reale e finanza virtuale? Può essere questa l’Italia che riesce a trovare una nuova chiave di volta per il suo Welfare sempre più stretto tra politiche di Maastricht e cultura della solidarietà in discesa?

In un’antropologia postmoderna che orienta le comunità degli uomini a organizzarsi attorno alle esigenze di una vita liquida, fatta di relazioni umane fragili e frequentemente scomponibili, di rapporti virtuali più significativi e costanti di quelli reali e di prossimità, le piccole comunità possono essere ancora la pietra di scandalo del sistema globale. Ma stanno per morire nell’incuria generale e in assenza totale di strategie forti.

Un Manifesto per questi piccoli comuni è proprio ciò che si intende etimologicamente nella parola  stessa:  è una mano che fende, che squarcia, che prova a rigenerare scuotendo, mescolando e progettando, proprio come si fa con le terre incolte quando un gruppo di sognatori immaginano la loro nuova e prossima rifioritura.

Il 1Welcome di Papa Francesco

A volte si tratta di ascoltare il grido di interi popoli, dei popoli più poveri della terra, perché «la pace si fonda non solo sul rispetto dei diritti dell’uomo, ma anche su quello dei diritti dei popoli». Deplorevolmente, persino i diritti umani possono essere utilizzati come giustificazione di una difesa esacerbata dei diritti individuali o dei diritti dei popoli più ricchi. Rispettando l’indipendenza e la cultura di ciascuna Nazione, bisogna ricordare sempre che il pianeta è di tutta l’umanità e per tutta l’umanità, e che il solo fatto di essere nati in un luogo con minori risorse o minor sviluppo non giustifica che alcune persone vivano con minore dignità. Bisogna ripetere che  «i più favoriti devono rinunciare ad alcuni dei loro diritti per  mettere con maggiore liberalità i loro beni al servizio degli altri». Per parlare in modo appropriato dei nostri diritti dobbiamo ampliare maggiormente lo sguardo e aprire le orecchie al grido di altri popoli o di altre regioni del nostro Paese. Abbiamo bisogno di crescere in una solidarietà che «deve permettere a tutti i popoli di giungere con le loro forze ad essere artefici del loro destino», così come «ciascun essere umano è chiamato a svilupparsi» (Francesco, Evangelii Gaudium: 190)

«In alcuni luoghi, rurali e urbani, la privatizzazione degli spazi ha reso difficile l’accesso dei cittadini a zone di particolare bellezza; altrove si sono creati quartieri residenziali “ecologici” solo a disposizione di pochi, dove si fa in modo di evitare che altri entrino a disturbare una tranquillità artificiale. Spesso si trova una città bella e piena di spazi verdi ben curati in alcune aree “sicure”, ma non altrettanto in zone meno visibili, dove vivono gli scartati della società» (Francesco, Laudato Sii: 45)

2Presentazione

Il “Manifesto per una Rete dei Piccoli Comuni del Welcome” che di seguito presentiamo nasce dal desiderio di fare sintesi della lezione di Francesco I sulla solidarietà umana e sulla solidarietà ecologica. Pensare il Creato, l’ecosistema, come un sistema interdipendente retto da un’unica missione: la salvezza degli uomini e delle donne. Salvezza intesa come fine ultimo di tutti i figli di Dio chiamati all’amore e come salute di ogni singolo cittadino, premessa imprescindibile dello sviluppo integrale della persona umana, una salute che non è semplicemente assenza di malattie, ma una condizione di vita che l’Organizzazione Mondiale della Salute definisce “uno stato completo di benessere fisico, mentale e sociale”. L’organizzazione universale degli uomini nell’ecosistema dovrebbe sempre avere come approdo del suo agitarsi e del suo vivere il garantire salute a tutti i suoi abitanti.

Eppure esistono frontiere che si frappongono tra gli uomini, tra la salute e la malattia, tra il privato e il pubblico, tra la solidarietà degli uomini e la solidarietà con il creato, tra la costruzione del presente e la costruzione del futuro. I 60 milioni di uomini, donne, bambini che sono in marcia nel mondo stanno aprendo nuovi punti interrogativi alla nostra società occidentale che è pronta a sconvolgersi solo in caso di guerra e attacchi terroristici, mentre non sembra preparata a doversi ripensare di fronte a una migrazione pacifica e resiliente che mai nella storia era avvenuta nel modo in cui oggi sta avvenendo. Di fronte a questa marcia che sembra non arrestarsi neanche alle peggiori violenze e soprusi subìti da chi si mette in viaggio, la nostra piccola Italia si riscopre fazzoletto di terra in mezzo al mare e anche centro del mondo. La reazione italiana alla marcia silenziosa dei migranti non potrà dare risposta ai bisogni e ai desideri di tutti i migranti, ma potrà dare risposta al mondo intero sulla cultura italica e ai nostri figli nati nel terzo millennio che per la prima volta, dopo la caduta delle grandi ideologie del Novecento, sono tornati a chiederci: da che parte stiamo? Dalla parte dei migranti o contro di loro?

Ma i migranti portano con sé anche nuove domande: qual è lo sviluppo possibile del nostro territorio? Qual è il nostro futuro? Se i migranti hanno bisogno di protezione, che fine ha fatto il welfare di quegli italiani che non hanno alcuna protezione dall’indigenza e dalla fragilità? Cosa accadrà a quei paesi che rischiano di spopolarsi del tutto nei prossimi dieci anni per entrare nella lista dei “paesi abbandonati”? Cosa può fare il welfare nei territori se si rivela incapace di cucire legami di comunità?

Dal nostro osservatorio di piccolo comune dell’entroterra campano, abbiamo avvertito che la reazione più naturale a tutte queste domande si chiama in un solo modo: Welcome! Welcome non come semplice accoglienza strutturata dei migranti, ma come segno di cambiamento del welfare locale di fronte alle grandi sfide del nostro tempo. Welcome è la reciprocità tra chi accoglie e chi arriva, è la reciprocità tra chi offre un servizio e chi lo riceve, è la qualità di una relazione calda piuttosto che l’efficienza di una prestazione di servizi. Welcome è il nuovo nome di welfare, è forse l’unico vero cambiamento che manca per il futuro dei piccoli centri abitati dell’entroterra. Chi abbandona questi piccoli centri sono gli italiani in cerca di una migliore collocazione per le proprie esistenze, chi li trova sono migranti che si sono messi in marcia verso un indistinto Occidente per una nuova vita. Eppure sia gli italiani che i migranti sanno che la migliore qualità di vita di cui sono in cerca è data, come Freud ricordava ad Einstein, dall’amore (i legami) e dal lavoro (la possibilità di produrre reddito e di partecipare alla comunità), e queste relazioni possono trovarsi tanto nel centro di Roma quanto nel centro dei piccoli borghi.

Ed è così che si scopre che piccole comunità – come Roccabascerana, Chianche, Petruro Irpino, Castelpoto, Pietrelcina, San Bartolomeo in Galdo e tutti gli altri Comuni del Welcome – paesi con meno di 5.000 abitanti residenti, possono divenire il centro del mondo, il centro di un cambiamento epocale, in cui piccoli gruppi di migranti possono dare nuova vita a quel territorio rurale che rischia di essere terra di spopolamento e di aggressione da parte di un’economia speculatrice che si nutre dell’abbandono del pubblico per circoscrivere spazi di benessere privato.

I “Comuni Welcome” si riscoprono il centro di un cambiamento possibile di politiche di welfare che diventano welcome, accogliendo ogni famiglia indigente in un percorso di uscita dalla povertà, grazie alle nuove norme sul Reddito di Inclusione, accogliendo ogni fragilità sociale con la progettazione dei Budget di Salute che ridistribuiscono ricchezza e forza nelle comunità da anni deprivate da un’economia estrattiva che è solita espungere le persone fragili dai territori in cui nascono e crescono per affidarle a centri esterni, grazie ad un’azione che sappia proteggere i luoghi di socializzazione dall’aggressione dell’azzardo, che sappia rispondere a sfide possibili, come lo sviluppo di energie rinnovabili e la strutturazione di migliori connessioni con il web per i suoi abitanti. Tutte queste azioni fanno di un “Piccolo Comune del Welcome” un territorio capace di dare una risposta alla Storia con il suo essere azione e messaggio al tempo stesso, una risposta ai bisogni del presente e una strategia aperta al futuro.

I “Piccoli Comuni del Welcome” ripartono dalle risposte ai desideri di ogni persona fragile che lo abita, che sia migrante o autoctono, riparte dalla fragilità ecologica rispondendo alle sfide del futuro e al rischio dell’abbandono con la bellezza della propria vocazione rurale, artigiana, turistica.

I “Piccoli Comuni del Welcome” raccolgono il messaggio nella bottiglia dei migranti,  dei naufraghi,  delle persone sole e disorientate, dei fragili abbandonati dai grandi centri urbani, dalle devianze delle periferie di tutte le metropoli e vi inserisce un suo piccolo messaggio al mondo.

12Manifesto per una rete dei piccoli comuni del #welcome

I piccoli comuni si candidano a divenire Comuni capaci di innovarsi e di rinnovare le proprie pratiche di welfare comunale, con la volontà di riaffermare la coesione sociale e la qualità di vita delle piccole comunità a fronte della sempre più dilagante invivibilità dei grandi centri urbani e delle periferie metropolitane.

In particolare, la Rete dei Piccoli Comuni del Welcome, condivide la seguente dichiarazione di intenti:

  • Grazie agli attuali strumenti Europei e Italiani contro l’indigenza e per l’inclusione sociale (Reddito di Inclusione, PON  inclusione,  Strategia Nazionale  per le Aree  Interne) è concretamente possibile  perseguire una politica  di welfare  locale ad “esclusione zero”;
  • grazie agli attuali strumenti normativi regionali in materia di riabilitazione del disagio psichiatrico, delle disabilità fisiche ed intellettive, del recupero delle dipendenze patologiche, degli anziani fragili e dell’infanzia a rischio (Progetti Terapeutici Riabilitativi Individualizzati-PTRI con Budget di Salute) è possibile attuare un welfare comunale capace di prendersi carico delle persone fragili del proprio territorio, con percorsi capaci di incidere su Habitat, Formazione/Lavoro, Socialità/Affettività;
  • grazie al fondo straordinario delle politiche di Asilo, gestito da Ministero dell’Interno ed Anci, è possibile attivare in ogni Comune una presa in carico personalizzata dei migranti, attraverso l’adesione al Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) e bloccare le distorsioni dell’attuale sistema di accoglienza basato sugli appalti delle Prefetture a privati interessati al business dell’accoglienza;
  • grazie alle nuove scoperte scientifiche e tecnologiche, le risorse sufficienti a soddisfare il fabbisogno energetico di un piccolo comune possono essere trovate nel corretto utilizzo di beni comuni quale il sole, il vento, la geotermia e l’acqua;
  • le complessità sociali che incidono sulla qualità di vita dei nostri territori (disgregazione delle famiglie, bullismo, dipendenze patologiche, digital divide, incuria dei beni comuni, difficoltà a contemperare le esigenze occupazionali con le esigenze di tutela ambientale, depauperamento e desertificazione degli ex distretti industriali, difficoltà a valorizzare il genius loci) richiedono una cura dei luoghi e delle relazioni sociali significative che un welfare comunale può promuovere molto meglio di attività centralizzate e lontane dal territorio;
  • i territori italiani sono letteralmente aggrediti dal gioco d’azzardo, in particolare le periferie. La ricaduta di questa aggressione ha effetti devastanti per la coesione sociale dei territori e per l’economia locale. Gli unici veri antagonisti del gioco d’azzardo patologico possono essere i Sindaci, responsabili della salute di tutti cittadini residenti;
  • nell’epoca delle grandi migrazioni dal Sud del mondo verso i Paesi storicamente ricchi, i comuni occidentali possono dividersi in “Comuni Accoglienti” o “Comuni non Accoglienti”.  Noi  riteniamo che nessuna comunità possa oggi girare le spalle alla richiesta di accoglienza di milioni di persone povere del mondo che cercano rifugio da guerre, povertà, oppressioni o che semplicemente cercano una vita migliore nei Paesi storicamente benestanti dell’Occidente cristiano. Un Occidente che in passato ha visto la sua gente migrare in cerca di fortuna e in fuga da conflitti mondiali ed oppressioni. Se il mondo si divide tra comunità accoglienti e comunità non accoglienti, noi vogliamo essere Comuni Accoglienti, con intelligenza sociale e governance attenta dell’integrazione, anche finalizzata a contrastare i fenomeni di invecchiamento e di spopolamento dei nostri  territori  interni;
  • il contrasto al depauperamento del capitale umano che coinvolge i piccoli Comuni di Italia, passa attraverso la promozione di nuove forme di economia sociale capace di coinvolgere gli abitanti in nuove forme cooperativistiche, attraverso la produzione e distribuzione di beni e servizi che incidono sulla qualità di vita dei piccoli territori e sulla qualità occupazionale;
  • la testimonianza dell’azione dei Comuni Accoglienti è un’azione imprescindibile per diffondere la possibilità di essere generativi di sviluppo e ricrescita territoriale. L’uso delle principali forme di comunicazione, in modo particolare delle piattaforme social e web è oggi lo strumento essenziale per diffondere questa cultura;
  • il rispetto dell’ambiente e la valorizzazione a fini produttivi e turistici delle risorse disponibili sono aspetti non contrastanti tra loro, in un percorso di sviluppo locale che superi la logica della crescita quantitativa. Tali pratiche di valorizzazione  dei beni ambientali possono essere solo ispirate  a criteri di economia  circolare, applicando nei territori le best practices sulla gestione dei rifiuti urbani;

4La Rete dei Piccoli Comuni del Welcome vuole dunque agire in modo sinergico ed efficace sulle politiche di accoglienza e di inclusione, per chi viene e per chi c’è, utilizzando tutte le opportunità normative e scientifiche del welfare personalizzato e del welfare di comunità. Nei nostri Piccoli Comuni il welfare dovrà passare dalla concezione di “sicurezza sociale” alla nuova visione del Welcome: una progettazione sociale locale capace di dare futuro ai Comuni in via di spopolamento e alle città che vivono un forte tasso di invecchiamento della popolazione.

Per raggiungere questi obiettivi i Comuni aderenti alla Rete ottengono l’assistenza gratuita dai promotori della Rete per:

  • progettare l’attivazione degli SPRAR in tutta la rete, creando un coordinamento operativo, culturale e programmatico tra tutti gli attori coinvolti anche per partecipare ai Bandi nazionali SPRAR;
  • avviare la presa in carico personalizzata di nuclei familiari per l’uscita da una condizione di indigenza, attraverso il Reddito di Inclusione, creando équipes multidisciplinari tra ente pubblico e no profit;
  • promuovere l’applicazione dei Budget di Salute per tutte le situazioni di disabilità e di malattie cronico-degenerative;
  • realizzare una mappatura del fabbisogno energetico;
  • innovare i processi di agricoltura e di valorizzazione del lavoro artigiano perché diventino leva di coesione sociale e di resilienza del territorio prima ancora che dello sviluppo economico;
  • impegnarsi nella riduzione del digital divide per garantire l’accessibilità alle reti informatiche globali a tutta la popolazione locale;
  • promuovere  turismo sociale nei  “Piccoli Comuni del Welcome”;
  • adottare regolamenti di limitazione della diffusione delle slot machines dei centri scommesse e di prevenzione e riduzione del gioco d’azzardo in genere;
  • istituire la figura del Comunicatore Istituzionale;
  • promuovere la formazione e la nascita di Cooperative di Comunità;
  • potenziare la prassi di economia circolare e di differenziazione e valorizzazione dei rifiuti urbani, con particolare attenzione alla campagna dei Comuni Ricicloni  di Legambiente.

5La Rete dei “Piccoli Comuni del Welcome” si impegna concretamente a:

  • rispettare i parametri nazionali dell’accoglienza di persone migranti: 2,5 ogni 1000 abitanti;
  • attivare il REI e le progettazioni individualizzate per tutte le famiglie in condizioni di povertà assoluta;
  • attivare i Progetti Terapeutici Riabilitativi Individualizzati con Budget di Salute per tutti i cittadini con una disabilità cronica, gli anziani fragili, le persone con problemi di dipendenza patologica, i sofferenti psichici, i minori con disagio;
  • definire il fabbisogno energetico delle infrastrutture comunali per un passaggio alle fonti di energia pulita e promuovere la progettazione di fonti di energie rinnovabili;
  • attuare piani di diffusione dell’agricoltura sociale e dell’artigianato;
  • ridurre il digital divide in termini di accesso e di velocità al web, garantendo la banda larga a tutti i cittadini e una velocità di 30 mbps per il 100% dei cittadini;
  • promuovere la nascita di nuove infrastrutture leggere per il turismo sociale e diffuso;
  • adottare regolamenti comunali per il contrasto alla diffusione patologica del gioco d’azzardo;
  • rispettare i parametri quantitativi delle diverse tipologie di rifiuti differenziati richiesti attraverso i codici EER e previsti dal D.M. 26 maggio 2016 (v. Report    Annuale   di     Legambiente   sui  Comuni  Ricicloni);
  • attivare le procedure di individuazione, ai sensi della Legge 150/2000, del Comunicatore istituzionale che, nel rispetto delle indicazioni impartite dai vertici dell’Ente Locale, diffonde le pratiche e le azioni del Welcome di cui al presente Manifesto;
  • promuovere la costituzione di Cooperative di Comunità, nel rispetto della normativa vigente, nel solco della massima trasparenza e secondo una naturale selezione, impiegando soggetti fragili e/o con specifiche competenze.

I Sindaci dei Piccoli Comuni del Welcome si impegnano a riunirsi periodicamente per confronti e progetti comuni, a cooperare per il raggiungimento dei suddetti obiettivi, ad allargare la rete ad altri piccoli comuni limitrofi.

Dialoghi Mediterranei, n. 35, gennaio 2019
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Angelo Moretti, progettista sociale e Coordinatore della Caritas Diocesana di Benevento, co-fondatore e direttore generale del Consorzio Sale della Terra è co-autore del Manifesto per una Rete dei Piccoli Comuni del #Welcome. È stato Presidente Nazionale dei Giovani Volontari Vincenziani dal 2002 al 2006 e Presidente del Centro Servizi al Volontariato di Benevento dal 2004 al 2008. È Giornalista Pubblicista.
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