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Quel che rimane del borgo più famoso di Corleone

 

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Borgo Schirò (ph. Carlo Baiamonte)

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di Carlo Baimonte

Di paesi fantasma la Sicilia è ricca. In generale la presenza di molti siti in stato di abbandono è il prodotto storico del processo di spopolamento e della crisi dell’occupazione correlata all’agricoltura. In questo reticolo che interessa tutte le province alcuni siti presentano però un’omogeneità strutturale.

In particolare i borghi rurali e i piccoli insediamenti costruiti in epoca fascista sembrano essere accomunati da un destino inesorabile di abbandono. A fasi alterne e con una progettualità a singhiozzo nell’ultimo quarto di secolo abbiamo assistito al tentativo da parte delle istituzioni di valorizzare i borghi di origine fascista, senza esiti rilevanti.

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Borgo Schirò (ph. Carlo Baiamonte)

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Borgo Schirò (ph. Carlo Baiamonte)

L’intervento più recente, ad opera della Regione siciliana, ha interessato tre realtà territoriali che versano in totale stato di degrado: borgo Lupo nei pressi di Mineo, borgo Bonsignore a Ribera e borgo Borzellino a Monreale.

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Borgo Schirò (ph. Carlo Baiamonte)

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Borgo Schirò (ph. Carlo Baiamonte)

E se il governo Musumeci considera questa ristrutturazione necessaria per valorizzare il patrimonio di architettura rurale della storia contadina della nostra Isola non mancano voci discordanti come il giudizio di Rosario Mangiameli (ordinario di Storia contemporanea del dipartimento di Scienze politiche dell’università di Catania), che considera questi luoghi privi di storia e di cultura, inutili dal punto di vista dello sviluppo agrario, ma soprattutto dal punto di vista sociale.

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Borgo Schirò (ph. Carlo Baiamonte)

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Borgo Schirò (ph. Carlo Baiamonte)

In effetti anche nel periodo di maggiore produttività i borghi fascisti si sono caratterizzati, per chi li abitava, come luoghi di isolamento, frazioni separate dalla comunità limitrofa più grande che ostacolavano la partecipazione alla vita politica e sociale, ispirati al principio di autosufficienza, in una fase in cui il mondo cambiava e con esso l’agricoltura siciliana sempre più meccanizzata e imprenditoriale.

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Borgo Schirò (ph. Carlo Baiamonte)

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Borgo Schirò (ph. Carlo Baiamonte)

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Borgo Schirò (ph. Carlo Baiamonte)

I borghi sono stati costruiti dall’Ente per la colonizzazione del latifondo siciliano tra il 1939 ed il 1943. Nel dopoguerra passarono prima all’Eras (Ente regionale per la riforma agraria) poi all’Esa (Ente per lo sviluppo agricolo). In tutto in Sicilia sono otto, anche se in origine dovevano essere uno per provincia.

A questi borghi che presentano i medesimi caratteri architettonici si aggiungono alcune località come Pergusa (nata da un’opera di bonifica del territorio dove insiste l’omonimo lago) e Libertinia nel catanese presso la frazione di Ramacca, in cui risiedono ancora 90 abitanti, unica realtà che si è integrata al tessuto urbano.

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Borgo Schirò (ph. Carlo Baiamonte)

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Borgo Schirò (ph. Carlo Baiamonte)

Dal punto di vista sociale questi luoghi sono scomparsi del tutto e, ad oggi, sono privi di identità comunitaria. Si sono trasformati in Non Luoghi, apprezzabili solo per l’esplorazione urbana, usati dalle associazioni paramilitari per le esercitazioni di soft air, occupati da soggetti marginalizzati e, qualche volta, sembra per nascondere qualche latitante o per raduni non leciti e rispondenti a comportamenti socialmente ammessi.

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Borgo Schirò (ph. Carlo Baiamonte)

Nel presente reportage vengono presentate alcune immagini di Borgo Schirò, uno dei siti rurali costruiti in epoca fascista che appartiene al territorio monrealese pur essendo vicino al comune di Corleone. 

Borgo Schirò, edificato tra il 1940-41, oggi città fantasma, diventata famosa anche perché insiste nelle campagne di Totò Riina ed attrae quel particolare flusso di visitatori denominato “dark tourism”, è stato una delle prime città rurali di Sicilia. Si presenta immersa in un’atmosfera spettrale, per quanto mitigata dai colori straordinari delle campagne corleonesi che domina da una strategica altura.

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Borgo Schirò (ph. Carlo Baiamonte)

Il nome è legato alla vicenda di un giovane bersagliere di etnia albanese, Giacomo Schirò (in arbëreshë Minu Skiroi), che durante una festa di paese negli anni ’20 fu trucidato con 53 coltellate.

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Borgo Schirò (ph. Carlo Baiamonte)

Il borgo è caratterizzato da otto edifici che si sviluppano intorno ad una piazza ad impianto rettangolare. La maggior parte degli alloggi versano in stato di degrado ma sono presenti e riconoscibili la scuola, l’ufficio postale, la canonica, la chiesa, l’ambulatorio medico e un negozio di generi alimentari.

Il borgo si è spopolato quasi del tutto nella prima metà degli anni ’70 ma il parroco ha celebrato messa ed ha abitato i locali della canonica sino ai primi anni Novanta.

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Borgo Schirò (ph. Carlo Baiamonte)

La chiesa è l’ultimo edificio ad essere stato abbandonato. Sono ben visibili i segni della vandalizzazione e all’interno mancano gli arredi e gli ornamenti sacri. Rimane riconoscibile l’altare deturpato da alcune espressioni realizzate con vernici spray. L’altare è certamente stato oggetto di interesse per iniziative di aggregazione, rituali a carattere ludico o esoterico.

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Borgo Schirò (ph. Carlo Baiamonte)

Tra le immagini scattate mi sono rimaste particolarmente impresse quelle che riportano le insegne dei vari edifici (tra tutte quella del nome del borgo su una stele che campeggia all’ingresso), quella raffigurante nel retro dell’edificio della chiesa la zampa di una capra appesa ad un ramo che richiama forti elementi a carattere simbolico e ritualistico, l’immagine del calendario abbandonato sul pavimento della canonica fissato al 1994.

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Borgo Schirò (ph. Carlo Baiamonte)

L’ultimo intervento per accendere i riflettori su Borgo Schirò risale alla fine degli anni Novanta ad opera di alcuni studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Palermo che realizzarono dei murales nelle pareti esterne dei fabbricati.

Queste opere, tutt’oggi ancora ben visibili, a mio parere, non hanno favorito il mantenimento dell’integrità visiva di questa piccola realtà che, seppure senza efficacia progettuale, racconta un pezzettino di mondo immerso nel paesaggio straordinario dell’entroterra siciliano.

Dialoghi Mediterranei, n. 48, marzo 2021

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Carlo Baiamonte, vive e lavora a Palermo, insegna Filosofia e Scienze Umane all’Istituto Regina Margherita di Palermo. Si è laureato in Filosofia nel 1993 e si è occupato a lungo di ricerca, progettazione e programmazione dei servizi socio-sanitari svolgendo attività di consulenza nel Terzo settore e negli enti locali, in particolare nella valutazione della qualità. È giornalista pubblicista, ha collaborato con la rivista “Prometheus” come responsabile della sezione scienze sociali e ha svolto sino al 2013 l’incarico di direttore responsabile di Medeu.it, quotidiano di informazione socio-sanitaria. Appassionato di fotografia, ha al suo attivo diverse pubblicazioni con contributi saggistici in ambito di sociologia della comunicazione. Nel 2018 pubblica con People&humanities il saggio fotografico Nel segno di Palermo, nel 2019 con Giusy Tarantino Di moka in moka. Storie di donne davanti a un caffè pubblicato da Edizioni Ex Libris.

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