di Olimpia Niglio, Kevin Echeverry [*]
Introduzione
Ogni epoca storica ha registrato dei momenti di grande cambiamento socio-culturale che hanno contribuito a modificare sistemi ideologici e processi pragmatici. Non c’è alcun dubbio che siamo difronte ad una nuova era di cambiamenti con cui dobbiamo confrontarci ed essere pronti per meglio affrontare l’immediato futuro.
Certamente gli eventi del 2020 hanno rimesso al centro il valore dell’Educazione e della Cultura nonché hanno evidenziato le grandi discrepanze sociali che segnano la società a livello mondiale. Gli investimenti rivolti più alla guerra che alla pace ci hanno fatto ereditare un mondo veramente difficile, i cui pezzi rimasti vanno ora rimessi insieme nel migliore dei modi possibili.
Tra i punti più nevralgici emerge quello dell’Educazione delle giovani generazioni, temi su cui da anni si confrontano e discutono i governi e le organizzazioni internazionali ma senza mai raggiungere obiettivi veramente concreti.
Già la “Dichiarazione dei diritti del fanciullo”, emanata dalle Nazioni Unite nel 1923, affermava che «[…] Al bambino bisogna dare i mezzi necessari per il suo normale sviluppo, sia materiale che spirituale […]». Ancora la “Dichiarazione Universale dei Diritti del Fanciullo” del 1959 al punto 7 afferma che
«[…] il bambino ha diritto a una educazione che, almeno a livello elementare, deve essere gratuita e obbligatoria. Egli ha diritto a godere di un’educazione che contribuisca alla sua cultura generale e gli consenta, in una situazione di eguaglianza di possibilità, di sviluppare le sue facoltà, il suo giudizio personale e il suo senso di responsabilità morale e sociale, e di divenire un membro utile alla società. Il superiore interesse del fanciullo deve essere la guida di coloro che hanno la responsabilità della sua educazione e del suo orientamento; tale responsabilità incombe in primo luogo sui propri genitori. Il fanciullo deve avere tutte le possibilità di dedicarsi a giochi e attività ricreative che devono essere orientate a fini educativi; la società e i poteri pubblici devono fare ogni sforzo per favorire la realizzazione di tale diritto […]».
Per poi arrivare alla Convenzione sui Diritti dell’Infanzia del 1989, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 in cui gli articoli 28 e 29 prestano particolare attenzione alle modalità con cui tutti gli Stati devono ottemperare alle azioni finalizzate all’obbligo dell’educazione e a favorire lo sviluppo della personalità del fanciullo nonché le facoltà e attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità. Ancora più in dettaglio l’articolo 32 afferma che
«[…] Gli Stati devono riconoscere il diritto del fanciullo di essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale […]».
Tuttavia, nonostante questi importanti strumenti condivisi a livello internazionale, il panorama che è sotto gli occhi di tutti si presenta alquanto differente e proprio la pandemia mondiale del 2020 ne ha smascherato tutti gli aspetti. La grave crisi dell’educazione nell’età dell’infanzia e dell’adolescenza non è soltanto un tema che investe i Paesi denominati “meno sviluppati” ma differentemente riguarda tutto il mondo in quanto i processi attuativi delle convenzioni internazionali trovano, anche nei Paesi industrializzati, parziali riscontri e le cui manchevolezze sono emerse immediatamente nel momento in cui un sistema consolidato ha dimostrato tutte le sue debolezze ed inefficienze. Soprattutto durante la pandemia sono palesate chiare circostanze di esclusione, di non equità e soprattutto di disequilibri per differenti opportunità socioeconomiche. Insomma, si è rivelato un sistema per nulla orientato al rispetto del diritto allo studio e con gravi diseguaglianze che dimostrano come questo tema dell’educazione non è di fatto per tutti un “diritto”.
Dai rapporti certificati non solo dalle organizzazioni governative internazionali ma anche dalle istituzioni locali questa pandemia ha smascherato numerosissime inefficienze e incompetenze e ha altresì dimostrato l’assenza di quei princìpi educativi che fino a tutta la metà del XX secolo erano proprî della famiglia e della comunità. Infatti, ancor prima della scuola l’educazione si apprendeva soprattutto se non esclusivamente in famiglia ed ha sempre avuto un carattere intergenerazionale. Erano, infatti, i genitori e in generale i più anziani a educare i giovani, ma anche altri membri della famiglia – ad esempio fratelli e nonni – nonché coetanei e amici assolvono funzioni educative. Nella società contemporanea, soprattutto nei Paesi consumistici, questa dimensione familiare in moltissimi casi si è persa del tutto, affidando così quella fase educativa “familiare” ad altri strumenti come quelli dei media, televisivi, radiofonici e ancora più oggi a quelli della rete informatica. Proprio quest’ultima sembra aver ormai preso il posto delle famiglie e degli insegnanti delle istituzioni scolastiche.
Verso una Umanizzazione della Educazione
Il termine “educazione” indica l’attività, l’opera di educare, o di educarsi allo sviluppo di facoltà e attitudini finalizzate ad affinare la sensibilità, il comportamento e così acquisire elementi culturali, valori estetici, norme morali che dobbiamo anche essere in grado di trasmettere a nostra volta. Più in dettaglio l’educazione rappresenta quel processo di trasmissione culturale, diverso per ogni situazione storicamente e culturalmente determinata, mediante il quale, all’interno di specifiche istituzioni sociali come la famiglia e la scuola, viene strutturata la personalità civica dell’individuo.
Negli ultimi decenni l’educazione e i metodi per perseguirla hanno allargato i propri obiettivi ma accompagnata anche da nuovi “sentimenti” che non sempre favoriscono un processo educativo corretto; ad esempio, più recentemente stiamo assistendo anche tra i più giovani a spiccate forme di individualismo sollecitate da politiche di consumismo che dimostrano come i processi educativi e civici siano fortemente indeboliti rispetto ai valori fondanti della vita.
In un’opera pedagogica molto importante dell’americano Lawrence Cremin si parla di “Ecologia dell’educazione” in cui la parola “ecologia” intende sottolineare la stretta relazione che esiste tra uomo e leggi della natura e quindi come l’educazione deve riferirsi alla rigorosità delle leggi che regolano le norme di trasmissione tra gli esseri viventi. Pertanto, l’educazione – secondo Cremin – costituisce un sistema coerente e preciso attraverso cui trasmettere, stimolare e acquisire conoscenze, attitudini, valori, capacità e sensibilità, tutti aspetti fondamentali per la vita dell’uomo sulla terra.
Tuttavia, il concetto “ecologico” trova poi importanti riferimenti anche in relazione all’ambiente in quanto le comunità sono fortemente sollecitate e educate dal contesto in cui si svolgono le loro attività.
Difatti, ambiti di studio più deterministici che si sono sviluppati in differenti settori disciplinari, hanno dimostrato come le culture sono strettamente modellate al contesto ambientale a cui appartengono e che tutte le culture sviluppatesi nella stessa area accrescono secondo stessi metodi e modalità.
Questa deterministica conclusione, se analizzata attentamente, trova riscontro soprattutto nelle società industrializzate dove lo sviluppo culturale si è sempre di più allontanato da quello dell’ecosistema naturale di cui l’uomo è parte integrante, ponendo così l’uomo stesso non più al centro di un programma di promozione educativa, se non un passivo attore e “consumatore” di un sistema.
Diversamente è fondamentale rimettere al centro l’incontro tra uomo, cultura e ambiente e quindi l’educazione. Per fare questo occorre osservare il mondo da differenti prospettive in grado di strutturare un rapporto plurimo tra le differenti realtà che interagiscono nella costruzione dell’essere.
In prima istanza sarà fondamentale intendere come il contributo delle tecnologie abbia finora interagito con lo sviluppo della cultura e dell’ambiente; poi come i modelli di comportamento delle comunità si sono sempre di più conformati a modelli deterministici ed infine come questi modelli abbiano favorito, o meno, lo sviluppo della cultura e quindi dei processi educativi.
Siamo sicuramente in una fase storica molto complessa che sta rimettendo in discussione molti metodi e modelli storicamente determinati. Tuttavia, questo costituisce una grande opportunità per riflettere e rimettere al centro i valori dell’uomo e del contesto ambientale perché è proprio l’ambiente la grande forza trainante del cambiamento culturale, che incoraggia nuove azioni all’interno della complessità culturale esistente.
Lo sviluppo di un nuovo processo educativo sarà possibile favorendo l’incontro tra culture che si sono evolute e trasformate secondo princìpi spesso “opposti” ma dalla cui interazione sono nati esiti importanti. Lo dimostra la conoscenza della storia e soprattutto quanto accaduto sin da epoche remote lungo l’antica Via della Seta che unisce l’Europa con l’Asia. Due grandi ambiti culturali dal cui incontro sono nate altrettante strutture che hanno visto e vedono tuttora partecipi principalmente le necessità del sapere e quelle dell’azione. Dal dualismo sapere-azione si sono generati altri pensieri, altre opportunità e quindi nuove culture, risultato di un’azione educativa che non sempre è stata opportunamente analizzata e valorizzata nei processi di sviluppo delle società e delle civiltà.
Il momento storico che stiamo vivendo è certamente opportuno e propizio per aprire una nuova prospettiva metodologica per una educazione in grado di oltrepassare i limiti di quel determinismo tecnologico che soprattutto in Europa, con l’abbandono dell’empirismo (XVII secolo), ha causato una frammentazione del sapere e dell’agire a discapito di un più fluente e rigoglioso sviluppo “transdisciplinare”. Quest’ultimo aspetto è certamente ancora vivo soprattutto in quei contesti culturali dove il rapporto uomo-natura è alla base dell’esistenza, così come nelle culture asiatiche.
Reconnecting with your culture: la Scuola del Mondo
Sulla base di queste premesse nasce il progetto di riavvicinamento ai temi della cultura, “Reconnecting with your culture. Draw your heritage”, al fine di poter studiare e analizzare opportunità metodologiche applicate ad una “pedagogia ecologica” in grado di agire su tre azioni fondamentali dell’atto della conoscenza e della trasmissione: l’io, l’altro e il NOI.
Un’azione “ecologica” consente di rimettere al centro i valori fondanti dell’esistenza e quindi di programmare azioni educative equitative e transdisciplinari.
Nel punto 109 dell’Enciclica “Fratelli Tutti”, papa Francesco afferma che
«[…] Alcuni nascono in famiglie di buone condizioni economiche, ricevono una buona educazione, crescono ben nutriti, o possiedono naturalmente capacità notevoli. Essi sicuramente non avranno bisogno di uno Stato attivo e chiederanno solo libertà. Ma evidentemente non vale la stessa regola per una persona disabile, per chi è nato in una casa misera, per chi è cresciuto con un’educazione di bassa qualità e con scarse possibilità di curare come si deve le proprie malattie. Se la società si regge primariamente sui criteri della libertà di mercato e dell’efficienza, non c’è posto per costoro, e la fraternità sarà tutt’al più un’espressione romantica […]».
Intanto questo efficientismo ha messo in evidenza un sistema che solo in apparenza sembrava ineccepibile ma tale non si è dimostrato, così che la pandemia ha consentito di sconfessare tutte le manchevolezze di un sistema educativo non equitativo, non inclusivo né tanto meno aggiornato a quelle che ormai da anni sono le azioni che l’evoluzione della società richiede.
Così il progetto educativo internazionale “Reconnecting with your culture” nasce da un lungo percorso di osservazione e di analisi di quelli che sono stati e sono i programmi ed i progetti educativi nel mondo. La diretta osservazione e le esperienze realizzate sul campo hanno consentito di riflettere sulle reali necessità sulle quali le giovani generazioni devono potersi formare per una scuola più inclusiva, partecipata, attiva, libera e creativa. Il progetto “Reconnecting” ha inteso, pertanto, rimettere al centro prima di tutto la persona, i suoi valori culturali e lo stretto legame con il contesto in cui vive.
Attraverso un semplice esercizio di creatività il percorso educativo invita tutti i giovani a riflettere sui valori originari della vita e ad avvicinarsi ai contenuti culturali della propria esistenza al fine di poterli conoscere, apprezzare, valorizzare e a sua volta trasmetterli, diventando così ambasciatori di un processo culturale fondamentale per costruire un mondo migliore.
Purtroppo, come sottolinea anche Papa Francesco nell’Enciclica “Fratelli Tutti” al punto 15
«[…] Il modo migliore per dominare e avanzare senza limiti è seminare la mancanza di speranza e suscitare la sfiducia costante, benché mascherata con la difesa di alcuni valori. Oggi in molti Paesi si utilizza il meccanismo politico di esasperare, esacerbare e polarizzare. Con varie modalità si nega ad altri il diritto di esistere e di pensare, e a tale scopo si ricorre alla strategia di ridicolizzarli, di insinuare sospetti su di loro, di accerchiarli. Non si accoglie la loro parte di verità, i loro valori, e in questo modo la società si impoverisce e si riduce alla prepotenza del più forte. La politica così non è più una sana discussione su progetti a lungo termine per lo sviluppo di tutti e del bene comune, bensì solo ricette effimere di marketing che trovano nella distruzione dell’altro la risorsa più efficace. In questo gioco meschino delle squalificazioni, il dibattito viene manipolato per mantenerlo allo stato di controversia e contrapposizione […]».
Questa politica finalizzata ad “un progetto per pochi eletti”, avallata e sostenuta dalle strategie locali, ha disgregato completamente la scuola, allontanato tanti studiosi e ricercatori, favorito l’abbandono allo sviluppo e avviato una pratica dello “scarto” che ha contribuito fortemente a indebolire le procedure educative.
Tutto questo, opportunamente smascherato dalla pandemia mondiale, ha creato quelle condizioni per promuovere un processo di umanizzazione educativa e quindi “ecologica” in grado di dare il giusto contributo allo sviluppo dell’umanità. Si sono così, finalmente, realizzati i presupposti per avviare un cammino equitativo e propositivo nell’esercizio del dialogo tra le persone che nell’altro trovano le energie propulsive per attivare progetti capaci di rimettere al centro un’educazione di qualità e generare, così, cammini di condivisione culturale.
Ne sono già esempio i numerosi seminari e corsi che il progetto “Reconnecting” ha attivato da luglio 2020 in tanti Paesi del mondo dove numerose scuole, di diverso grado, hanno adottato il progetto per dare vita a percorsi educativi innovativi, orientati a riavvicinare i bambini e i ragazzi ai valori culturali dei territori in cui vivono perché possano condividerli con compagni di altri Paesi del mondo. Nasce così una grande ed importante proposta per costruire la Scuola del Mondo. Una scuola basata su tre grandi princìpi: il “pensiero critico e creativo”, auspicato da Maria Montessori, il “saper essere nella società” di Lorenzo Don Milani e la “interdisciplinarità del linguaggio e la capacità di sognare” di Gianni Rodari.
Così la Scuola del Mondo attraverso il disegno mette in atto una metodologia pedagogica volta a sviluppare la capacità di osservazione dei ragazzi, a favorirne il percorso creativo, avvicinando questi stessi alle proprie realtà sociali mediante un processo di inclusione collettiva e la messa in atto di uno strumento di comunicazione universale che consente a tutti di dialogare senza alcuna barriera linguistica. Un progetto di inclusione sociale e di alta qualità educativa in grado di generare modalità di apprendimento permanente nel rispetto anche dei princìpi del “lifelong learning” quale l’approccio “personale” che mira all’accrescimento del proprio bagaglio di competenze e conoscenze attraverso un percorso di autorealizzazione e quindi di alta responsabilità civica.
La Scuola del Mondo, in ottemperanza anche al punto 4 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, si prepara così a superare e a lasciare alle spalle la quarta rivoluzione industriale e ad accogliere la Società 5.0, quella che rimette al centro l’uomo. Al riguardo i giapponesi già dal 2016 hanno denunciato che l’approccio adottato finora esclude un elemento fondamentale: le persone, mentre il progresso non può prescindere dallo sviluppo del benessere non solo economico, ma anche sociale, e hanno concretizzato questo concetto, parlando di società human-centric, o Società 5.0, che sarà alla base della tecnologia dell’Industria 5.0.
Così la quinta rivoluzione industriale, ormai in atto, si basa su una società collaborativa focalizzata sulla cooperazione tra comunità e sistemi tecnologici. Tutto questo però richiede un’alta professionalità e capacità di strutturare idee sempre nuove e propositive. Il tutto sarà reso possibile solo grazie alla stretta collaborazione tra le persone e le diverse culture, il cui dialogo darà quel valore aggiunto in grado di produrre innovazione al servizio del benessere e della sostenibilità della nostra casa comune.
Così il progetto “Reconnecting” intende creare quelle basi educative innovative e fondamentali per rispondere al meglio alle esigenze di una Società che necessita di rimettersi in “connessione” con sé stessa e con gli altri per meglio affrontare le sfide del futuro.
Dialoghi Mediterranei, n. 47, gennaio 2021
[*] Questo testo è stato pensato e scritto in dialogo con quello di Alberto Blanco-Uribe Quintero, Patrimonio, infancia, adolescencia y derechos humanos, pubblicato in questo stesso numero.
Riferimenti bibliografici
AA.VV. (2001), I diritti dei bambini: la convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia riscritta dai bambini, con Andrea Casoli, Lomagna.
AA. VV. (2019), La Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza Conquiste e Prospettive a 30 Anni dall’adozione, Roma.
Cremin, L. (1980), American education, New York.
Per maggiori approfondimenti sul progetto “Reconneting with your culture” consultare la pagina
http://esempidiarchitettura.it/sito/edakids-reconnecting-with-your-culture/
https://independent.academia.edu/ReconnectingwithYourCulture
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Olimpia Niglio, architetto, PhD e Post PhD in Conservazione dei Beni Architettonici, è docente di Storia dell’Architettura comparata. È professore presso la Hokkaido University, Faculty of Humanities and Human Sciences e Follower researcher presso la Kyoto University, Graduate School of Human and Environmental Studies in Giappone. È stata full professor presso l’Universidad de Bogotá Jorge Tadeo Lozano (Colombia) e Visiting Professor in numerose università sia americane che asiatiche. Dal 2016 al 2019 è stata docente incaricato svolge i corsi di Architettura sacra e valorizzazione presso la Pontificia Facoltà Teologica Marianum ISSR, con sede in Vicenza, Italia. È membro ICOMOS – International Council on Monuments and Sites - e ACLA – Asian Cultural Landscape Association. È Vice Presidente dell’ISC PRERICO, Places of Religion and Ritual, ICOMOS – International Council on Monuments and Sites - e Vice Presidente ACLA – Asian Cultural Landscape Association. https://orcid.org/0000-0002-5451-0239.
Kevin Alexander Echeverry, colombiano, è maestro d’arte, laureato presso l’Università di Bogotá Jorge Tadeo Lozano (Colombia) e attualmente sta completando anche gli studi in architettura. È membro del comitato scientifico di EdAKids e coordinatore esecutivo del progetto internazionale “Reconnecting with your culture”. Ha al suo attivo esposizioni d’arte in Colombia e Giappone ed è autore di articoli in libri e riviste scientifiche.
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