il centro in periferia
di Titino Bacciu – Prospero Malavasi
Ogni due anni nel mondo attuale raddoppia la mole delle conoscenze cui chiunque può accedere. Il dato riportato, da solo basterebbe per collocare in una nuova dimensione tutto il tema della formazione nella società della conoscenza.
Questa immensa produzione di materiali è stata resa possibile in primo luogo dallo sviluppo di tutte le attività che hanno a che fare con l’intelligenza artificiale e dall’altro lato, dallo sviluppo della ricerca scientifica.
Se già prima di oggi appariva chiaro il bisogno di un grande progetto per far fronte alle nuove domande educative di una società in rapida trasformazione, l’ingresso improvviso del coronavirus nel mondo, con il suo aspetto devastante, ha reso impellente la necessità di una rivoluzione nel mondo della formazione, dalla materna all’Università, e costringe tutti gli attori ad un ripensamento delle basi pedagogiche sulla forme di acquisizione del sapere oltre che sul sapere stesso.
La pandemia mette alla prova in modo ancora più netto l’eguaglianza delle opportunità, l’innovazione tecnologica nei sistemi educativi, nonché l’innovazione educativa stessa. Essa sollecita ancor più dinamismo, versatilità e flessibilità quali misure necessarie per stare dietro alla velocità dell’evoluzione della conoscenza.
In Sardegna poi l’evento pandemico è caduto nel bel mezzo del decorso dell’altro virus che la colpisce da tempo e che si chiama spopolamento. Scopre la scuola che la tecnologia c’è e che deve essere usata. Scopre l’Università che la formazione deve continuare con l’impiego delle macchine intelligenti. Scopriamo tutti che niente sarà come prima, anche nel campo della formazione. Questi fattori congiunti spingono con forza a pensare adesso a cosa fare nell’Isola per cambiare la situazione esistente, per «sviluppare un sistema formativo e d’istruzione che assicuri non solo la presenza, ma anche la qualità e consenta la sperimentazione di un nuovo rapporto fra territori, Università e mondo della ricerca» (dal Manifesto della Rete Associazioni–Sardegna). Solo pensare di cambiare il sistema educativo da presenziale in un sistema educativo virtuale impone una ristrutturazione completa di metodi, strumenti e tecniche del processo di formazione.
Seymour Papert, uno dei padri dell’intelligenza artificiale, ma anche uno dei pedagogisti più importanti del Novecento, dedito ad esplorare la relazione che si istituisce fra la macchina intelligente e l’intelligenza della persona in via di formazione, agli albori della società della conoscenza sostenne a spada tratta che «chi continua a pensare che la tecnologia ci insegnerà a fare meglio le cose che sempre abbiamo fatto, limitandosi a facilitarle, non ha capito l’importanza del cambiamento che abbiamo di fronte; la tecnologia, ci sta offrendo ora la possibilità di ripensare completamente il concetto di educazione». Questa affermazione fatta una trentina di anni orsono, vale tanto più in un momento di crisi come l’attuale che obbliga persone e nazioni a modificare i tradizionali modi di essere, a trovare soluzioni per i nuovi problemi che sorgono e conseguentemente a prendere decisioni efficaci.
Chi ha colto con chiarezza la radicalità del cambiamento sono le imprese che immediatamente hanno sviluppato forme di smart working per poter continuare nella produzione e non soccombere alla concorrenza. Sarebbe illogico pensare che lo stesso mutamento non possa avvenire a livello di formazione universitaria, considerando anche che da tanto tempo e da più parti si dice con chiarezza che la concezione attuale dell’università si rivela sempre più obsoleta e che anche per essa occorre progettare un futuro nuovo e diverso.
Non è questo il luogo per delineare quali possano essere le caratteristiche della formazione futura anche se appare molto chiaro che il ruolo del docente sarà sempre più quello di un incentivatore, o motivatore o orientatore piuttosto che un professore di tipo classico dedicato quasi esclusivamente alla lezione. L’insegnamento in presenza continuerà certamente ad esserci, ma esso, con l’uso degli strumenti della tecnologia della conoscenza, sarà sempre più integrato con l’insegnamento a distanza e questa combinazione permetterà una notevole espansione delle conoscenze, acquisite non più dentro le mura dell’Istituzione Università, ma su piattaforme ad hoc deputate accessibili da qualsiasi punto.
Ecco perché possiamo immaginare nuovi scenari per la Sardegna, pensando alla ricomposizione del sapere, ma anche alla ricomposizione della frattura creatasi fra centro (le città universitarie) dotato di tutti gli strumenti e periferia (i territori delle zone interne) privati finora di qualsiasi strumento di formazione, ma capaci adesso, grazie alla tecnologia, d’avere a disposizione tutto il sapere e superare in tal modo il gap storico relativo all’eguaglianza delle possibilità.
Gli scenari futuri potrebbero essere così sintetizzati:
1) Interazione globale-locale: università come fattore di impulso dello sviluppo locale basato sulla conoscenza globale. Per come oggi è strutturata questa istituzione, fra le altre cose, si rivela come una delle fonti di spopolamento delle zone interne, un’idrovora che risucchia le migliori energie dal suo hinterland, desertificandolo socialmente ed intellettualmente. Nello scenario futuro continua ad alimentare intelligenze, ma trasforma i territori in smartland, territori intelligenti, e attraverso le nuove tecnologie permette ai singoli individui di accedere alla conoscenza dentro il territorio d’origine pur vivendo all’interno del mondo globale. Esperienze formative decentralizzate pertanto senza più il bisogno di stare nello stesso posto o nella stessa aula per ascoltare la lezione. Ogni territorio può essere dotato di un Hub formativo, un grande contenitore dotato di tutti i mezzi della comunicazione dalla radio alla televisione, a You tube e alla banda larga naturalmente, da cui attingere la conoscenza e nello stesso tempo permettere l’integrazione del virtuale con il reale.
2) Universalizzazione del sapere attraverso l’eguaglianza delle opportunità, nel centro e nella periferia, per una formazione altamente personalizzata. Già oggi chi lo desidera può avere l’accesso a tutte le biblioteche del mondo rimanendo a casa propria. Puntare sulle risorse intellettuali, sia giovanili che non; permettere che chiunque sviluppi la propria creatività e segua percorsi formativi personali che possono avere grandi ricadute nei territori di appartenenza. Ridare l’accesso alla formazione a persone che con un termine inglese possiamo definire mature students, persone che a suo tempo sono state espulse dalla formazione accademica per mancanza di mezzi. Persone che hanno già un’esperienza lavorativa alle spalle, hanno obiettivi chiari e intraprendono di nuovo il loro percorso di studi per acquisire e trasferire competenze e capacità nei propri luoghi di appartenenza e di lavoro.
3) Nascita e sviluppo delle reti di docenti, di ricerca nelle smartland. Le reti e le comunità di studio on line sono gli strumenti che permettono la fuoriuscita dall’isolamento e l’accensione della speranza. Nel mondo digitale non esiste un centro ed una periferia, ma tutti coloro che lo abitano vivono nello stesso tempo nel centro e nella periferia. La rete degli studenti che vivono il territorio e studiano on line o semplicemente chattano, permette la valorizzazione delle energie, l’apporto di una ricchezza diffusa dentro i territori, l’eliminazione di quel senso di povertà tipico delle zone interne che ha origine proprio nella mancanza di spazi ove potersi incontrare e formare. Non disperde le energie locali e non le diluisce dentro la città, anzi vivifica la relazione fra centro e periferia facendo risaltare la ricchezza culturale materiale e immateriale di cui i territori sono provvisti e crea una felice interazione conoscitiva con il centro.
In fin dei conti si tratta di accettare la sfida della modernizzazione e della rivoluzione tecnologica posta con urgenza da questo momento di crisi, per arrivare ad un sistema di formazione aperto, adattivo, globale, democratico e diffuso nel territorio.
Dialoghi Mediterranei, n. 44, luglio 2020
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Monserrato Bacciu (detto Titino), laureato in Filosofia all’Università di Genova, ha insegnato nel liceo classico di Ozieri, nei corsi di formazione ministeriali per l’uso delle TIC nelle scuole nel 2000/2001. Dal 74 all’84 è stato responsabile della CGIL scuola e dall’85 al 90 assessore alla Cultura nel comune di Ozieri. Ha inventato la rassegna internazionale “Estiamo in piazza” ed è autore di diverse pubblicazioni. Ha curato l’edizione del libro Ozieri Storia di una città (1989). Sta pubblicando con altri autori I quaderni Ozieresi (Ediz. Ramagraf).
Prospero Tomaso Malavasi, laureato in Filosofia conseguita presso l’Università di Urbino e Dirigente presso gli istituti superiori della provincia di Sassari, è saggista e curatore di pubblicazioni a sfondo didattico-educativo. Dal 1997 al 2002 è stato responsabile della formazione dei docenti della Sardegna presso l’I.R.S.A.E. del Ministero della Pubblica Istruzione e per esso promotore di corsi di formazione e di convegni, sia a livello regionale che nazionale. Direttore di gallerie d’arte ed organizzatore di mostre e concerti, è il primo promotore per la istituzione dell’Accademia di Belle Arti di Sassari.
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