il centro in periferia
di Elena Brusadelli e Francesca Uleri [*]
Introduzione
Nell’analisi dei processi di mutamento sia delle Aree Interne nazionali sia – in misura più ampia – di quelle aree rurali periferiche e montane che la letteratura internazionale fa spesso rientrare nelle concettualizzazioni di “lagging rural areas” (aree rurali in ritardo) or “left behind places” (luoghi lasciati indietro) (Fuguitt, 1971; Ilbery et al., 2004; Rodríguez-Pose, 2018; Ulrich-Schad & Duncan 2018; MacKinnon et al., 2022) diventa sempre più importante focalizzare tali contesti territoriali come contesti in movimento, continuamente mediati e rimodellati dall’interazione di gruppi differenti che vivono e/o che fanno per fini diversi esperienza del rurale, muovendosi in un ambito di interazione sociale e spaziale comune (Meloni 2015; Dematteis et al. 2018; Pettenati, 2020; Barbera et al., 2021).
Alla luce di ciò, questo contributo ha l’intento di presentare il progetto di ricerca “Rural Mobility initiatives. Comparing hosting communities’ and participating student’s expectations” [1]. La ricerca parte dall’analisi delle esperienze di mobilità studentesca rurale attivate nel quadro delle iniziative Erasmus Plus portate avanti dall’ampio partenariato internazionale della rete UNITA Montium [2] che vede coinvolti vari partner accademici tra Italia, Francia, Romania, Andorra, Spagna e Portogallo; si muove sviluppando il focus analitico che lega i gruppi – a volte altamente mobili – che nel rurale si interfacciano (in questo caso gli enti ospitanti e gli attori territoriali a questi connessi e gli studenti in mobilità) e la rispettiva costruzione di immaginari a questo legati. Nello specifico il lavoro si sviluppa a partire dal riconoscimento del carattere ibrido delle aree rurali sia in termini di immaginario che di mobilità e dall’esigenza di comprenderne e ricostruirne i fili conduttori che legano le due sfere.
La ruralità risulta essere un concetto in continuo mutamento che deve la sua interpretazione al contesto storico-sociale in cui è calata, connessa, definita, interpretata o utilizzata, va compresa dunque alla luce di bisogni e esigenze mutevoli (es: formazione) che riflettono mutamenti sociali più ampi. Allo stesso modo, la costruzione dell’immaginario rurale si sviluppa e trasforma anche grazie ai molteplici tipi di mobilità che compongono, attraversano e infine rimodellano in misure differenti questi territori. Le mobilità contribuiscono a plasmare il rurale attraverso il confluire di svariati attori, i quali si incontrano e scontrano in un continuo scambio di idee, attività e modelli legati a pratiche multiple, alle volte incanalabili in solide strategie di sviluppo se opportunamente organizzate.
Date queste premesse, le sezioni a seguire contribuiscono attraverso una riflessione teorica – connessa al lavoro empirico pianificato e qui presentato nell’ ultima sezione – a inquadrare mobilità e definizione degli immaginari all’interno della più ampia lente riguardante la costruzione sociale dello sviluppo rurale (Oostendie et al., 2008; Pitkänen et al., 2017). È una riflessione che a partire da un caso progettuale specifico sottolinea ancora una volta l’importanza di leggere le aree rurali come terreno di scambio in termini di significati e persone piuttosto che come realtà date, statiche e omogeneamente definite, attributi che ne ostacolano la messa a terra di strategie di sviluppo reale (Oliva, 2010).
Il progetto di ricerca vuole dunque comprendere e definire attraverso metodologie principalmente qualitative i meccanismi di decostruzione di tale concettualizzazione e identificarne i processi di differenziazione, lavorando su complessità del rurale localmente radicate nei territori di accoglienza e offerta dei percorsi formativi, analizzando inoltre collisioni e conflitti simbolici che le diverse rappresentazioni della ruralità creano e le mobilità trasportano (Bell & Osti, 2010). Questa operazione risulta un elemento chiave sia da un punto di vista analitico che di progettazione dello sviluppo locale in quanto le immagini sono fini a se stesse se non collegate a iniziative collettive canalizzate da un’analisi e/o iniziativa di progetto capace di tener conto degli attori coinvolti e che si muovono nel rurale, delle loro soggettività, motivazioni e aspettative.
Ruralità in trasformazione oltre l’agrarismo sviluppista
Soprattutto fino agli anni ‘80, in Europa l’agrarismo sviluppista di matrice fordista ha significativamente inciso sulle traiettorie di sviluppo delle aree rurali attraverso l’indirizzo della Politica Agricola Comune e la definizione di strumenti (es: sistema di sostegno all’agricoltura “accoppiato” ai prezzi e alle quantità prodotte) e obiettivi, principalmente relativi alla massimizzazione della produzione e stabilizzazione dei redditi agricoli all’interno di filiere globalizzate (De Benedictis & De Filippis, 1998). Sul livello di policy e di discussione pubblica il termine “rurale” soprattutto ricondotto ai contesti che non si adattavano alle declinazioni di un paradigma della modernizzazione, è andato a perdere «la sua connotazione territoriale complessa […] sinonimo di marginalità, intesa in termini geografici come perifericità ma che implica metaforicamente altri tipi di distanza: distanza tecnica, socioeconomica e culturale rispetto ad un modello di sviluppo socio-economico dominante» (Berti et al., 2010: 64). Soprattutto il rurale-montano iniziò a porsi nei canoni di un immaginario di un’«industria di manodopera per la città», «fabbrica d’uomini ad uso altrui» (Braudel, 1966), di uno «svuotarsi inesorabile».
Tuttavia dagli anni ‘80 in poi si iniziò ad assistere a processi di profonda trasformazione delle economie nazionali tra cui: la crescente terziarizzazione e relativo mutamento della struttura occupazionale; la crisi agraria come crisi del paradigma della modernizzazione manifesta in uno schiacciamento dei redditi agricoli a fronte dei costi in salita (cost-price squeeze); una diversificazione dei modelli di consumo e della domanda non solo dei prodotti agricoli (si registra un’attenzione a prodotti di qualità, ad esempio riconducibili a specificità territoriali, è il cosiddetto quality turn) ma di molteplici prodotti e servizi dell’economia rurale (es: patrimonio immobiliare, servizi turistici e ricreativi, sport, ecc.); fenomeni di contro-urbanizzazione, suburbanizzazione e disurbanizzazione (Dematteis, 1997) con flussi di emigrazione diretti verso le aree rurali più vicine alle città, i quali porteranno a parlare nel caso italiano di formazione di «campagna urbanizzata» a cui contribuirà notevolmente anche il decentramento industriale in aumento (Becattini 2000).
Si aggiungerà nel 1999 l’adozione dell’Agenda 2000 da parte della Commissione Europea, attraverso cui verrà riconosciuto all’agricoltura, oltre la funzione produttiva, il contributo nella conservazione del paesaggio, nella protezione dell’ambiente, della qualità e della sicurezza dei prodotti alimentari, ecc. (multifunzionalità agricola). Verrà inoltre introdotto nella PAC il pilastro (II) relativo allo Sviluppo Rurale con un’attenzione alla complessità delle economie rurali oltre la sola produzione agricola, seppur centrale per molti contesti ma non più esclusiva.
Come sottolinea Berti (2009) questo sarà primariamente manifestazione del (i) superamento dell’equivalenza ruralità=agricoltura in affermazione e riconoscimento multilivello dell’articolazione multisettoriale dello spazio rurale e multifunzionalità agricola; (ii) superamento dell’equazione ruralità=marginalità e l’emergere di traiettorie di sviluppo innescate e basate su modelli e strategie organizzative differenti da quelli propri del paradigma della modernizzazione agricola, animati su linee orizzontali di network territoriali; eterogeneità delle tipologie delle aree rurali oggi ormai diventata finalmente centrale all’interno del Rural Pact [3] e della Long Term Vision For Rural Areas (LVTRA) [4].
Sotto un profilo istituzionale-organizzativo, il territorio rurale per mantenere un equilibrio territorialmente centrato delle sue risorse deve garantire un coordinamento tra risorse umane e materiali attraverso un complesso relativamente coerente ed efficace di regole e norme socialmente riconosciute e condivise volte a garantire funzioni di tipo ambientale, economico e socio-culturale. Il territorio rurale appare dunque come una struttura collettiva determinata e governata da una comunità di interessi temporalmente e spazialmente mutevoli, in possesso di regole per la gestione delle risorse (Iacoponi, 1998).
Conseguentemente, lo sviluppo rurale può essere inteso come:
«un processo di cambiamento conservativo, che migliora la qualità della vita della comunità rurale (e della società cui essa appartiene) con azioni sostenibili, endogene e locali di animazione, riproduzione, integrazione e crescita dell’economia del territorio [...], progettate, intraprese e controllate da una comunità locale in una logica di attivazione o di auto sviluppo (o di non dipendenza) e al tempo stesso di interdipendenza tra sviluppo locale e sviluppo globale, in un sistema mondiale “multi dimensionale”» (Iacoponi, 1998:55).
In tale processo di sviluppo si interfacciano gruppi (es: consumatori, produttori, turisti, istituzioni, ecc.) appartenenti a popolazioni differenti (es: residenti, lavoratori non residenti, rural users, etc); il rurale è territorio di interazione (alle volte anche conflittuale) e mediazione di interessi, richieste, bisogni, aspettative e immaginari del rurale propri di diversità più o meno ampie di gruppi di popolazioni, spesso nuove (es: nuovi abitanti, tirocinanti e studenti internazionali, ecc.) (Meloni, 2020), le quali in diverso modo e misura contribuiscono a rimodellare e differenziare il profilo ambientale, la natura economica e socio-culturale del rurale. Coerentemente la ruralità appare come costruzione sociale, prodotto complesso di un’interazione tra attori che ci pone di fronte a una campagna non-unitaria e a cui corrispondono immaginari eterogenei, i quali possono convergere o alle volte entrare in contrasto, per andare così a definire indirettamente significazioni nuove del rurale. A livello analitico risulta pertanto strategico comprendere come i processi strutturali e dinamiche macro-economiche si trasformano in immaginari e paesaggi, tra una dimensione materiale e immateriale, e come questi elementi influenzano le pratiche di mobilità, la fruizione e l’interazione tra diversi profili di attori.
Le aree rurali: un concetto in movimento. Un’analisi sull’evoluzione dell’immagine di ruralità
Come si evince dai paragrafi precedenti, il concetto di rurale non è sempre di facile delimitazione teorica in quanto conosce diverse interpretazioni che lo rendono mutevole a seconda dei contesti storico-sociali in cui è inserito. Ad esempio, il geografo M. Woods incoraggia ad approcciarsi al concetto di aree rurali attraverso un’analisi discorsiva, intesa come strumento con cui creiamo delle realtà a partire da delle immagini. In particolare, nel caso della ruralità, Woods, ci ricorda che non esiste una sola maniera di conoscere il rurale, piuttosto una circolazione di diversi discorsi a riguardo, ciascuno dei quali risulta essere un modo di conoscerlo e capirlo in relazione al contesto di riferimento, identità, cultura, modelli di comportamento, preferenze, ecc. (Woods, 2011).
Adottando questa chiave di lettura, la definizione di un’idea di rurale risulta essere un fenomeno socialmente costruito piuttosto che una realtà oggettiva e materiale (Rye, 2006). In particolare, come visto, i processi sociali ed economici che coinvolgono e travolgono questi territori, generano forme sempre nuove d’intendere la ruralità. Questo concetto, nell’ultima decade, conosce infatti un proseguire della trasformazione di significato che permette al luogo marginale di non essere relegato a mero oggetto indiretto di meccanismi di modernizzazione escludente ma piuttosto viene considerato soggetto complesso attivo e responsabile di forme di sviluppo differenti (van der Ploeg, 2013; Sotte, 2013). Le aree rurali vengono così recentemente rappresentate attraverso una narrativa positiva che permette loro di cercare e trovare uno spazio all’interno di politiche e letterature capaci di incanalare il carattere polimorfico. Tuttavia, per individuare gli strumenti e le misure più consone con cui ottenere uno sviluppo reale di questi territori e delineare un possibile presente e futuro a favore del loro mantenimento è necessario capire le motivazioni alla base di questo cambiamento di interpretazione.
Per fare ciò, è importante tenere conto di processi sociali e dinamiche macro che sono stati e tuttora sono protagonisti di questa evoluzione di paradigma e, allo stesso tempo, come e perché queste condizioni rappresentino il pretesto per la creazione d’immagini altre. Le circostanze qui descritte non vogliono e non devono essere lette come una presentazione esaustiva dell’origine di questa evoluzione narrativa e semantica delle aree rurali, quanto piuttosto un tentativo di ricostruzione utile per capire come la ruralità non sia solo un concetto mutevole ma anche una realtà sempre più ibrida (Camarero & Oliva, 2016). A tal proposito, la crisi del modello post-fordista, l’insorgere del populismo, l’inquinamento prodotto nelle megalopoli, l’aumento delle disparità sociali e spaziali, i problemi legati ai cambiamenti climatici, i disagi sociali connessi alla crisi identitaria delle nuove generazioni sono campanelli d’allarme che non possono essere più ignorati (Fenu, 2021). In questo senso, la letteratura esistente concorda nell’attribuire anche a tali situazioni un ruolo rilevante per lo sviluppo di una narrazione più attenta alle potenzialità e specificità delle aree rurali come luoghi capaci di contrastare queste derive (Magnaghi, 2010).
Il contesto di molteplici crisi che caratterizza la società odierna, permette quindi alle aree marginali di trovare una loro visibilità e una nuova interpretazione (Carrosio, 2019). Inoltre, come suggerisce il documento programmatico della Commissione Europea “LTVRA” sono anche le nuove domande sociali, la terziarizzazione, le opportunità derivanti dalla green economy, le possibilità sviluppate a partire dalle tecnologie, condizioni capaci di contribuire a cambiare lo sguardo su questi territori (Chartier, 2021).
In particolare, le aree rurali non vengono più associate a concetti quali arretratezza, micro-collettività, staticità e esclusiva presenza agricola (Comins et al., 2012), quanto piuttosto sembrano essere connesse a immagini quali resistenza, comunità, innovazione sociale, diversificazione, salubrità, contatto con la natura e opportunità. Sebbene, è sempre da tenere conto che la narrazione in positivo non è e non deve essere omogeneizzante e oscurante di criticità e problematiche che i diversi territori vivono e che compongono lo scenario reale del sistema rurale locale.
La nascita di questo immaginario collettivo è probabilmente l’indicatore o il rivelatore di una crisi interna alla società, nel senso di nostalgia, di aspirazione, di rivendicazione di qualcosa di assente (Raffestin, 2005). In questo senso, le circostanze sociali precedentemente elencate hanno prodotto – tra i tanti – tali orientamenti e sentimenti che hanno generato a loro volta un nuovo modo di interpretare il territorio. Nello specifico, come ricorda Raffestin, è solo quando lo sguardo va oltre al mondo materiale, le sue morfologie e il suo funzionamento per entrare nel mondo dell’emozione e del sentimento che mette in opera una rappresentazione (Ibidem). Il cambiamento di sguardo su questi territori deve venire analizzato anche in questi termini per meglio capire i movimenti che caratterizzano le aree rurali oggigiorno. Infatti, il riconoscimento della specificità di questi territori nel loro carattere di attori attivi e come canalizzatori di un sentire collettivo e/o individuale, comporta inevitabilmente una trasformazione delle popolazioni che li vivono.
La progressiva differenziazione regionale e diversificazione della tipologia e del significato attribuito alle aree rurali sono state vicendevolmente amplificate per effetto della crescente globalizzazione delle mobilità verso questi luoghi (Camarero & Oliva, 2016). Difatti, esiste una reciprocità tra il rappresentante e il rappresentato, capace di trasformare le aree rurali in delle realtà attraversate da persone diverse con svariati obiettivi e motivazioni che di riflesso rimandano a un’immagine del territorio in funzione del loro modo di occuparlo, attraversarlo, utilizzarlo (Raffestin, 2005). La complessità del rurale è quindi applicabile non solo sul piano dell’immaginario ma primariamente sul piano del reale, per cui se il concetto è in continuo movimento anche il territorio – nelle sue forme di essere abitato e vissuto – è tale. A tal proposito, come sostiene Vito Teti, le zone rurali sono mobili in termini d’insediamento, rappresentazione e onomastica. È proprio questa mobilità che conferisce ai luoghi un ubi consistam, che li dota di un nome: senza di essa questi territori semplicemente non si chiamerebbero e dunque non esisterebbero (Teti, 2004). La mobilità sembra pertanto rappresentare proprio uno dei processi che supporta l’ibridizzazione delle aree rurali, intesa come condizione d’interazione tra attori, interpretazioni e attività di diversa natura che si incrociano e, a volte, interconnettono nello stesso luogo.
Le aree rurali: una realtà ibrida tra rappresentazioni nuove e mobilità diverse
I nuovi approcci alla geografia basati sull’ibridazione rurale sono riusciti a trascendere le vecchie prospettive sul luogo come qualcosa di statico, concettualizzandolo come una realtà continua ricostituita da flussi (Camarero & Oliva, 2016). Flussi qui intesi come movimenti di persone ma anche come mutamenti di significato. Come ben evidenziato da Woods, bisogna muoversi dal pensiero del rurale come un’entità spazialmente fissa e concentrarsi sul modo in cui la ruralità si integra nelle pratiche sociali degli attori coinvolti nella mobilità verso, tra, e da questi territori (Woods, 2010). Infatti, esiste un senso strettissimo tra il movimento delle persone e il mutamento dei luoghi così come un nesso altrettanto stretto esiste tra l’identità delle persone e l’identità dei luoghi (Teti, 2004).
Considerando quanto finora detto, emerge come le rappresentazioni delle aree rurali risultino essere molteplici poiché svariate sono anche le motivazioni che portano al muoversi al loro interno e alla costruzione del loro immaginario. Anche gli attori coinvolti sono diversi e ciascuno di essi struttura e pratica il territorio a seconda della percezione e rappresentazione acquisita che ha di questi. In particolare, un ruolo fondamentale affinché avvenisse questo cambio interpretativo è la trasformazione della funzione dell’agricoltura. Come esposto prima, il lavoro agricolo viene riconosciuto nel suo carattere multifunzionale, assumendo un significato ulteriore rispetto alla semplice economia agricola differenziata. Si è arrivati a riferirsi ai molteplici risultati dell’agricoltura, che includono non solo la produzione di cibo e altre risorse ma anche impatti sociali e benefici ambientali (Sotte, 2013; Meloni & Pulina, 2020).
La realtà cambia così come i soggetti che la interpretano e la abitano. I movimenti verso questi territori, non essendo più confinati nelle sole pratiche agricole in termini stretti, trasformano le aree rurali stesse in luoghi capaci di accogliere soggetti diversi. In particolare, durante l’ultimo decennio, le zone marginali sono state esposte a flussi di mobilità di risorse fisiche, immateriali, di persone che ne modificano le traiettorie e rimescolano strati sociali (abitanti locali, migranti, nuovi contadini, abitanti di seconde case) diversi per ceti ed età (Colosimo & Di Iacovo, 2012). Un’interpretazione differente di questi luoghi, un ruolo rinnovato dell’agricoltura, l’urgenza e le necessità personali di trovarsi in realtà altre, permettono la costruzione di vere e proprie reti di condivisione etico-economiche del territorio rurale. Queste mobilità diverse tra loro e che coinvolgono molteplici attori, trasformano le aree rurali in un territorio ibrido anche in termini di tensione tra processi globali e locali. L’immaginario ideologico-culturale della post-modernità ha cambiato e moltiplicato il significato del rurale, trasformandone le narrative e soprattutto le attività (Camarero & Oliva, 2016).
Le “aree rurali marginali” risultano essere quindi un terreno complesso, cui lettura non può essere legata alla staticità di questi luoghi ma neanche basarsi semplicisticamente e esclusivamente sulle teorie legate al filone della counterurbanization o alle interpretazioni edonistiche del neoruralismo (Camarero & Oliva, 2016). Non possiamo dunque più relegare i nuovi abitanti di queste zone alla categoria della classe media spinta da un’idea romantica e idealizzata della ruralità, dei migranti forzati o dei contadini resilienti, quanto piuttosto bisogna considerare la rete di attori nel loro dinamismo. Infatti, immaginari diversi trasformano le aree rurali in melting pots (Oliva, 2010) dove mobilità ed esigenze nuove trovano un terreno di scontro e incontro, in cui emerge l’idea di abitare un territorio non in termini di insediamento quanto piuttosto di contributo.
Mobilità temporanee: ruralità come opportunità
L’analisi sulle aree rurali, consolidato il loro carattere ibrido, non deve passare quindi solo attraverso uno studio sul cambio della loro interpretazione ma anche da un approfondimento delle diverse mobilità che le attraversano. In particolare, considerando che le mobilità trasformano i luoghi, incidendo sulle forme e rappresentazioni della ruralità e viceversa, emerge la necessità di inquadrare dettagliatamente questi nuovi movimenti, dando rilevanza centrale anche alle mobilità temporanee. Seguendo Bell e Osti, lo spazio rurale può essere: a) uno spazio in cui vengono diffusi i modelli di mobilità temporanea; b) uno spazio di vita tra gli altri, connesso attraverso le mobilità; c) uno spazio di mobilità temporanea con valore simbolico; d) o uno spazio perduto che non può essere restituito (urbanizzazione, emigrazione) (Bell & Osti, 2010).
Le mobilità temporanee sembrano rappresentare un nuovo modo di abitare la realtà rurale in linea con la poliedricità di questi territori. Attraversare le aree rurali in questi modi potrebbe risultare una forma di contribuire al loro sviluppo sia in termini di costruzione di immagine che di capitale sociale. Nello specifico, possono aumentare la resilienza e l’auto-identificazione delle comunità ospitanti e allo stesso tempo apportare nuovi lavori, buone pratiche, rafforzare le opportunità sociali e la qualità/ range dei servizi locali (Pitkänen et al., 2017). Tuttavia, tali contributi verso le realtà ospitanti non sono immediati e sicuri, dipendono dalle motivazioni e dal coinvolgimento degli attori che praticano queste mobilità, dall’organizzazione di queste così come dalla collaborazione da parte di chi ha un radicamento costante di creare una dimensione di rete.
In ogni caso, le diverse declinazioni e gli impatti di questa tipologia di mobilità sulle comunità locali risultano essere non sufficientemente studiati. Nello specifico, le mobilità di breve durata, essendo un fenomeno in molti contesti territoriali recente ma di natura diversa, sono accompagnate da una scarsa letteratura a riguardo.
Considerando il carattere multifunzionale delle aree rurali e le diverse attività coinvolte, all’interno dell’“etichetta” delle mobilità temporanee rientrano svariate realtà come quelle del turismo di massa, movimenti verso le seconde case o lavori stagionali e di breve durata, magari per formazione (Pitkänen et al., 2017). L’oggetto della ricerca di seguito presentata, prevede l’analisi di questa ultima tipologia di mobilità temporanea attraverso il tentativo di codificazione di esperienze interne alle iniziative Rural Mobility promosse da UNITA (vd. il paragrafo successivo sul profilo di questa Alleanza). Si guarda quindi ai programmi che permettono ai giovani di sperimentare questi territori rurali in termini di formazione e educazione, con l’idea di dare un contributo al tentativo di invertire una rotta che vede i ragazzi partire e le aree rurali come luogo di impossibilità. A tal riguardo, questi flussi a breve termine, principalmente internazionali che vedono protagonisti giovani formati in diverse discipline nascono grazie, e contribuiscono, allo,sviluppo di una rappresentazione della ruralità nuova. L’immagine di rurale proposto da queste tipologie di programmi viene qui inteso come opportunità.
UNITA Universitas Montium – Rural Mobility
UNITA Universitas Montium è un consorzio composto da sei università appartenenti a differenti Paesi: Universidade de Beira Interior, Universidad de Zaragoza, Université de Pau et des Pays de l’Adour, Université Savoie Mont Blanc, Università degli Studi di Torino e Universitatea de Vest din Timișoara. Questa Alleanza sostiene lo sviluppo dei territori in cui è insediata, focalizzandosi soprattutto sulle aree periferiche, rurali, montane e transfrontaliere. Mira a potenziare le competenze degli studenti e a rafforzare alcune azioni coerenti con gli obiettivi di sviluppo sostenibile promosse sia dalle Nazioni Unite che dal Green Deal europeo, considerando la diversità culturale e linguistica dei territori coinvolti e sfide attuali dei territori rurali e montani. La promozione del programma di Mobilità Rurale (Rural Mobility) si pone su questa prospettiva consentendo agli studenti universitari di trascorrere un periodo come tirocinanti in una specifica area rurale di questi sei Paesi. Il progetto prende spunto dal programma Desafío, proposto e ideato nel 2018 dall’Università di Saragozza (UNIZAR), il Consiglio provinciale di Saragozza (DPZ) e con il contributo della Cattedra sullo Spopolamento e Creatività di UNIZAR. L’idea alla base di questo programma era quella di ottenere un mutuo contributo da entrambe le parti, quella degli host e degli studenti, generando un terreno fertile per lo sviluppo di capitale sociale e contrastare lo spopolamento dei pueblos della regione grazie all’attrazione di studenti formati.
Nel 2021 UNITA si è proposta di creare un progetto simile a livello transnazionale coinvolgendo le province dove hanno sede le Università partner, con l’obiettivo di generare scambi virtuosi tra studenti e territori. Questa azione ha un duplice obiettivo: da un lato, mira a rafforzare le competenze e migliorare l’occupabilità degli studenti universitari. Dall’altro lato, si rivolge ai territori con l’intenzione di creare nuove sinergie nell’istruzione, nella ricerca e nell’imprenditorialità per produrre un impatto positivo sul contesto regionale rurale europeo attraverso lo scambio di persone, idee e competenze (Garcia Casarejos & Saez Perez, 2020). Il programma Rural Mobility permette agli studenti di approcciarsi a nuovi contesti e acquisire conoscenze professionali grazie ad una relazione di prossimità. Allo stesso modo, l’obiettivo di questo scambio è quello di supportare la trasformazione dei contesti di accoglienza in terreni interculturali, tenendo conto del loro carattere multifunzionale. Alla base di questi scambi risiede l’idea che le aree rurali non siano solamente luogo da cui partire quanto piuttosto territori dove tornare, andare e creare. Come detto in introduzione, i progetti di Rural Mobility promossi da UNITA si strutturano e si sviluppano da un’immagine di rurale capace di incanalare le potenzialità dei territori, creando poi azioni concrete affinché queste immagini non siano fini a se stesse ma si trasformino in progetti utili per il territorio.
La ricerca in corso e riflessioni conclusive
Il programma Rural Mobility-UNITA non prevede dunque unicamente lo scambio di capitale sociale tra i soggetti e gruppi di attori coinvolti, bensì si muove riconoscendo l’importanza di generare una circolazione e contaminazione di idee e immaginari sul rurale. Questo aspetto risulta essere vantaggioso per entrambe le parti, host e studenti: da un lato, contribuisce a destrutturare concettualizzazioni non rappresentative del rurale di destinazione o della cosiddetta “vita di provincia”, stimolando rappresentazioni rinnovate, dall’altro lato, permette ai giovani di rivedere le proprie percezioni, lasciando loro sperimentare un altro ritmo di vita, forme nuove di relazione, o in molti casi l’opportunità di vivere a contatto con la natura e un paesaggio di qualità (Garcia Casarejos & Saez Perez, 2020).
Sulla base di tale iniziativa, si sviluppa oggi il progetto di ricerca “Rural Mobility initiatives. Comparing hosting communities’ and participating student’s expectations” guidato da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino in collaborazione con studiosi dell’Università del Piemonte Orientale e l’Università dell’Insubria. La ricerca prevede l’analisi delle esperienze di mobilità rurale attivate nell’ambito del consorzio UNITA sviluppando il focus analitico che lega la connessione tra i gruppi che vivono e/o fanno esperienza del rurale per fini specifici e la costruzione di immaginari a questo legati.
Ci si concentrerà in particolare su: (a) una mappatura completa dei percorsi di mobilità proposti, compresa un’analisi approfondita e sistematica degli attori coinvolti, la collocazione geografica, la tipologia delle attività proposte, i legami tra le attività di mobilità rurali e le comunità ospitanti; (b) le aspettative e le esperienze degli studenti partecipanti, con specifico riferimento ai loro immaginari relativi al rurale, ex-ante ed ex-post rispetto all’esperienza di mobilità. Si lavorerà attraverso una prima analisi desk per la costruzione di database puntuali che permettano di avere una panoramica dell’“offerta” di mobilità proposta dal 2021 all’ultima call del marzo 2023, e caratteri generali (socio-spaziali e economici) dei contesti di accoglienza. A questo seguirà la selezione di tre casi-studio nazionali (Francia, Italia e Spagna) con focus territoriali mediante un insieme di interviste semi-strutturate ai rappresentanti degli enti e organizzazioni selezionati come “hosts”, volte ad avere un’emersione delle specifiche percezioni e rappresentazioni di cos’è rurale/ruralità, così come delle aspettative che gli host avevano e hanno dei profili degli studenti che decidono di ricevere.
Si affianca poi il lavoro con il gruppo degli studenti a cui verrà somministrato un questionario online per indagare motivazioni, aspettative, e immaginari delle aree dove hanno trascorso il periodo di mobilità. Si concluderà con un focus-group con un gruppo selezionato di studenti al fine di raccogliere dati qualitativi integrativi sul tema. Tra le tecniche qualitative si farà inoltre uso degli strumenti dell’analisi visuale al fine di facilitare l’emergere di percezioni e rappresentazioni. In particolare, l’uso di fotografie realizzate da parte degli studenti per meglio comprendere il loro sguardo sul rurale e il significato che gli attribuiscono.
L’obiettivo sarà quello di capire e inquadrare come le immagini di questi territori sono state pensate dai candidati selezionati in partenza, se le motivazioni alla base di queste percezioni – e poi rappresentazioni – trovano la loro identificazione all’interno di sentimenti come nostalgia, rivendicazione di un’assenza o aspirazione. È un tentativo di comprendere come la dinamica tra rappresentato e rappresentante si evolve sinergicamente ma soprattutto delineare come questi attori si collocano all’interno di una lettura più ampia sulle popolazioni che si interfacciano in questi luoghi, nel loro carattere di soggetti mobili che partecipano – in misure differenti – alla costruzione sociale del rurale nel quadro ampio dello sviluppo locale.
Alla base di questa prospettiva analitica risiede il riconoscimento dell’importanza di leggere le aree rurali – così come lo sono le città – come terreno di scambio in termini di significati e persone piuttosto che come realtà date, statiche e omogeneamente definite. Questo approccio analitico ci rimanda direttamente a un quadro di progetto dello sviluppo locale, all’interno del quale le immagini perdono in potenzialità e senso se non collegate a iniziative collettive e analisi mirate capaci di tener conto di soggettività multiple relazionate.
Dialoghi Mediterranei, n. 61, maggio 2023
[*] Le autrici ringraziano i Prof. Vittorio Martone e Giacomo Pettenati per i suggerimenti ricevuti in fase di stesura del contributo.
Note
[1] Per la partnership italiana fanno parte del gruppo di lavoro e coordinamento scientifico: Vittorio Martone in qualità di Principal Investigator (UNITO), Giacomo Pettenati, iniziale proponente della proposta di progetto (attualmente UNIUPO), Cristiano Giorda (UNITO), Egidio Dansero (UNITO). Supportano le attività di ricerca Giuseppe Muti (UNINSUBRIA), Elena Brusadelli (UNITO) e Francesca Uleri (UNITO).
[2] https://univ-unita.eu/Sites/
[3] Iniziativa annunciata nel quadro della LTVRA. Il nuovo patto, pensato per chiamare le autorità pubbliche e i portatori d’ interesse ad agire in funzione delle esigenze ed aspirazioni delle comunità rurali, fornirà un quadro comune per coinvolgere e collaborare con gli attori attivi nelle strategie di sviluppo rurale a livello UE, nazionale, regionale e locale. https://rural-vision.europa.eu/rural-pact_en
[4] Documento programmatico presentato dalla Commissione Europea nel 2021 per definire un piano d’azione per contrastare le differenti criticità dei territori rurali e cogliere le nuove opportunità di sviluppo dal punto di vista economico, sociale e ambientale. https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_21_3162
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Elena Brusadelli, svolge attività di ricerca nell’ambito della Sociologia dell’Ambiente e del Territorio presso il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino. Nel marzo del 2022 si è laureata in Area & Global Studies for International Cooperation con una tesi sul valore delle aree rurali. L’elaborato finale è una ricerca-azione svolta grazie alla partecipazione al programma di Rural Mobility promosso da UNITA, per cui ha collaborato come tirocinante presso il Gruppo di Azione Locale di Belchite, in Spagna. Ha lavorato in Ecuador durante sei mesi per il FEPP, ONG che supporta lo sviluppo rurale delle comunità indigene andine della Provincia del Chimborazo, contribuendo a progetti di empowerment comunitario delle associazioni femminili del Cantone di Guamote.
Francesca Uleri, svolge attività di ricerca nell’ambito della Sociologia dell’Ambiente e del Territorio presso il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino. Precedentemente assegnista presso il Gruppo PAGE (Pisa Agricultural Economics) dell’Università di Pisa e il Gruppo Studi Rurali dell’Università di Bolzano (sede di Bressanone). Nel 2020 ha ottenuto il dottorato in Agro-Food System presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. È stata visiting researcher presso l’Inter-American Institute for Cooperation in Agriculture (La Paz-Bolivia) e il gruppo di Sociologia Rurale dell’Università di Wageningen (Paesi Bassi). Collabora con l’Associazione Terras-Laboratorio per lo Sviluppo Locale “Sebstiano Brusco”.
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