Un vero “maestro” non si smentisce mai, neppure quando, alla veneranda età di novant’anni compiuti, affronta un tema ostico come la biografia di un personaggio controverso qual è Nunzio Nasi: L’Italia rovesciata. Nunzio Nasi. Una biografia politica (Màrgana edizioni, Trapani 2020). Salvatore Costanza è autore di numerosi lavori, alcuni dei quali, pietre miliari della storiografia siciliana del secondo dopoguerra, erano talmente “avanti” coi tempi, quando vennero pubblicati, da restare ancora oggi insuperati. Come non ricordare la descrizione della rivolta contro i “cutrara” di Castellammare del Golfo, con le pagine esemplari dedicate all’elevazione sociale della “famiglia” criminale dei Ferrantelli, investigata attraverso documentazione non solo giudiziaria e di polizia ma soprattutto catastale e notarile (La patria armata, 1989)? O il pionieristico studio sull’emigrazione in Australia di Francesco Sceusa, ex internazionalista e socialista siciliano (Socialismo emigrazione e nazionalità tra Italia e Australia, 1992)? O quello sulla modernizzazione economica in età borbonica ed immediatamente postunitaria, con i suoi scompensi, della provincia trapanese (La libertà e la roba, 1999)?
La stessa scrupolosa attenzione all’uso e alla valorizzazione delle fonti inedite è presente nella biografia di Nasi. Ma lo è ancor più il distacco dall’oggetto/soggetto investigato, che è la cifra caratteristica del grande storico, dato che rende possibile una disamina quanto più obbiettiva e veritiera dei fatti e del pensiero dei protagonisti del passato. Nunzio Nasi, ma prima di lui i patrioti del Risorgimento, i ribelli di Castellammare, i socialisti dei Fasci dei lavoratori e Francesco Sceusa – a prescindere dalle simpatie personali e dalle comunanze ideali dello storico – assumono un’aura atemporale che li consegna a noi nella loro integrità sostanziale. Non è nell’autore ma nel lettore che risiede il giudizio storico e/o morale.
A questa biografia Costanza lavorava da decenni, precisamente da quando, nel 1965, ebbe modo di accostarsi alle Carte di Nunzio Nasi, affidategli in parte dal figlio Virgilio per salvarle dall’incuria mediante deposito presso la Biblioteca Fardelliana (la parte restante, il cosiddetto “Archivio romano”, sarà successivamente, dallo stesso Costanza, collocata presso la Società Trapanese di Storia Patria). Queste carte egli aveva utilizzato in più occasioni, come nella straordinaria e innovativa silloge di testimonianze della vita e morte per mafia di Sebastiano Bonfiglio, socialista e organizzatore sindacale (Sebastiano Bonfiglio, 1979), e per ultimo nella minuziosa ricerca sugli anni giovanili di Giovanni Gentile (Cultura e informazione a Trapani fra Otto e Novecento, 2006 e Giovanni Gentile, 2011), con quel gusto costante per il riverbero che personaggi e fatti locali possono avere sulla politica e la società nazionali.
Nella Storia di Trapani, 2009, Costanza aveva parlato anche dell’affaire Nasi, attribuendolo ad una serie di concause politiche e socio-economiche che avevano portato, oltre all’ostilità di Giovanni Giolitti nei confronti di Nasi, «alla spaccatura in seno alla classe dirigente siciliana, che si era riconosciuta in Nasi quando questi era ormai avviato alle più alte cariche governative». Accenniamo brevemente alla vicenda: Nasi, deputato di Trapani ininterrottamente dal 1886 (lo sarà fino al 1926), Ministro delle Poste nel 1898-99 con Pelloux e della Pubblica Istruzione nel 1901-1903 con Zanardelli, in predicato di assumere la carica di Ministro dell’Interno o di Presidente del Consiglio – sottraendola a Giolitti –, era stato travolto nel 1903, oltre che da una gestione disinvolta e personalistica del Ministero della Pubblica Istruzione (verrà accusato di essersi appropriato di oggetti e denari ministeriali, e condannato definitivamente nel 1908 per “peculato continuato”), da una incomprensione di fondo dei nuovi equilibri politici a livello locale e sovralocale, che gli avevano sottratto il controllo dei ceti sociali su cui aveva fino ad allora esercitato il suo potere di mediazione. Potere che tra l’altro era andato sbilanciandosi sempre più verso una destra che non lo amava.
Nella biografia di Nasi, Costanza non si dilunga particolarmente sulla questione, tra l’altro ampiamente dibattuta in sede storiografica, per scegliere invece «una prospettiva di più ampio contesto storico», come anticipa nell’Introduzione al libro. Ribadisce tuttavia che Nasi «si trovò in seria difficoltà a cercare una mediazione tra le direttive di Giolitti al prefetto di Trapani [che invitava ad accogliere le rivendicazioni dei contadini per la revisione dei patti agrari] e l’atteggiamento conservatore dei grandi proprietari». Quel che rimane in sospeso è l’esatta definizione dell’esteso movimento che nella stessa Trapani lo sostenne durante il processo e lo portò alla rielezione alla Camera fino al 1924, e che aveva il suo perno nel Municipio trapanese, retto quasi ininterrottamente, dal 1900 al 1923, dai radicali nasiani Eugenio Scio e Carlo Guida, e nel “blocco” clientelare costituitosi a livello municipale e urbano.
Seguendo un’indicazione dello storico Filippo Curato, Costanza tratta brevemente, sempre nell’Introduzione, anche d’un punto tuttora aperto: se cioè Nasi fu vittima di un complotto ordito da Giolitti e dagli agrari siciliani, o se costoro non fecero che approfittare di una situazione contingente, provocata da uno scontro con la burocrazia ministeriale che il neo ministro avrebbe voluto ridimensionare. Comunque sia, l’affaire Nasi si configura a tutti gli effetti come una resa dei conti fra lobby di potere, in cui le accuse di corruzione e clientelismo si rincorrono senza esclusione di colpi.
E difatti, la corruzione e il clientelismo sono tra i “convitati di pietra” in questo libro su Nasi. A leggere fra le righe si scopre, ma non è una novità, un comportamento politico che sopra abbiamo definito “disinvolto” ma che in effetti costituiva uno dei cardini dell’agire politico nell’Italia postunitaria, e nel Meridione in particolare. Esiste un’ampia letteratura storica sull’argomento, seguita al bel saggio di Luigi Musella del 1994, che descrive i meccanismi relazionali su cui si costruivano le fortune dei deputati nel Meridione d’Italia a fine Ottocento. La carriera politica di Nunzio Nasi non fa eccezioni. Essa, quando non progredì sotto il segno della mediazione di cui Nasi fu invidiabile attore, si svolse sotto quello delle amicizie, delle clientele, delle raccomandazioni, dello scambio di favori e di voti, degli intrighi e dei compromessi, ecc.
Peccati veniali se rapportati a quelli dei suoi principali avversari politici, a Roma e in Sicilia. Scriveva Gian Salvatore Cassisa sull’ “Avvenire Anarchico” di Pisa del 3 maggio 1912, per giustificare il proprio operato pro-Masi: «L’ho difeso perché l’assassinio del Nasi era voluto dallo ‘svaligiatore della Banca Romana’ come mandante, e dal ‘brigante di Castelvetrano’ come sicario». I riferimenti erano a Giovanni Giolitti, presidente del Consiglio, e a Vincenzo Saporito, deputato e grande protettore della mafia trapanese. Tra parentesi: Cassisa, anarchico, autore dell’Inno Nasi e direttore del “Giornale di Trapani”, organo dei comitati Pro Nasi, aveva, come Capuana, Pascoli e molti altri sostenitori di Nasi, un “debito di riconoscenza” nei confronti del ministro trapanese.
Eppure, proprio da una sottobranca della “questione morale”, il ripudio del trasformismo, aveva preso avvio la sua carriera politica. Occorre riconoscere al politico trapanese, in ciò distintosi dalla gran parte dei suoi colleghi in Parlamento, di essersi mantenuto coerentemente antitrasformista, fino alla fine dei suoi giorni, antico discepolo di Francesco Crispi qual era.
E qui va aperta una parentesi sul sicilianismo di Nasi. Il libro di Costanza ci illumina sulle riserve ch’egli manifestò nei confronti del movimento costituito in suo nome, quello dei comitati Pro Nasi, e successivamente del Partito Siciliano e della Lega Meridionale. Alla difesa della presunta onorabilità di Nasi, fortemente contestata dai deputati socialisti Ettore Ciccotti e De Felice Giuffrida (tutt’altro che settentrionali!), e quindi alla denuncia dell’ingiustizia subìta, questo movimento aveva aggiunto la rivendicazione sicilianista, contro «la maniera com’è stato governato il popolo di Sicilia dall’indomani del plebiscito». Appunto in questa rivendicazione, che aveva una lunga storia e profonde radici nella crisi economica che colpiva allora l’Isola, Nasi stentava a riconoscersi.
Da “crispino anomalo” – come lo definisce Costanza, facendo riferimento alla sua adesione al riformismo crispino in materia amministrativa ma non economica –, il concetto dell’unità della patria era sempre stato per lui irrinunciabile. Come Crispi, egli conservò una predilezione per forme di decentramento amministrativo a cui, negli anni ’20, unì il progetto di una cauta autonomia, da contrapporre all’accentramento politico che individuava fra le cause dei mali del Mezzogiorno. Ma non poteva condividere l’idea indipendentista e/o separatista che serpeggiava nei movimenti sicilianisti.
Allo stesso modo, Costanza considera problematico il rapporto di Nasi con l’istituzione massonica, alla cui adesione tardiva e piuttosto tiepida vanno probabilmente ricondotte motivazioni strumentali alla sua scalata al potere e al suo rapido declino (il Grande Oriente d’Italia lo espellerà nel 1904, all’indomani della sua incriminazione).
La figura del deputato trapanese, resa così da Salvatore Costanza nella sua complessità, oltre a consegnarci uno spaccato dei vizi e delle virtù (poche) della classe politica che ha traghettato la Sicilia dall’Unità al fascismo, fa giustizia degli stereotipi e dei pregiudizi che l’hanno finora accompagnata.
Dialoghi Mediterranei, n. 46, novembre 2020
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Natale Musarra, libero ricercatore, ha fatto parte della “Rivista Storica dell’Anarchismo” (1994-2004) e del Comitato di redazione del Dizionario biografico degli anarchici italiani (voll. 2, 2003-2004). Dal 2008 collabora col Centro Internazionale Studi Garibaldini di Marsala, per il quale ha curato il volume Marsala e l’Unità d’Italia (2010). Ha presentato relazioni a diversi convegni di studi e suoi scritti si trovano in volumi collettanei e riviste.
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